Il balkan nel Salento e la riscoperta dell`Est Europa

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Il balkan nel Salento e la riscoperta dell’Est Europa - Storia
di incontri, contagi e tempi dispari
Autore: Albania News
Categoria : Tradizioni Albanesi
Data : 10 dicembre 2011
La cripta della Cattedrale dei Martiri d'Otranto ha molte colonne in stili diversi. Romano, greco,
egizio, orientale. Secondo una tesi suggestiva, la varietà sarebbe il simbolo dell'accoglienza
idruntina nei confronti delle genti arrivate via mare. Ognuno doveva poter trovare in quel luogo
di culto un segno della propria cultura, un calore ospitale.Partendo da questa suggestione,
analizzeremo l'immigrazione salentina per capire qual è il ruolo della musica nell'integrazione,
come l'incontro di culture diverse può generare nuove espressioni artistiche e arricchire
culturalmente popoli accoglienti e accolti.
L'Italia è infatti un sistema multiculturale (coesistono, spesso forzatamente, più culture che
appena si tollerano) e poco si fa a livello istituzionale per evolverlo in interculturale (in cui le
culture possano interagire, dialogare e contaminarsi). Cosa accade invece in musica?
Cominciamo dall'immigrazione balcanica (specie albanese), generatrice di un pensiero
salentino che opera sulla sintesi tra le cifre musicali d'oltre Adriatico e quelle occidentali,
soffermandoci sulle esperienze cruciali nell'ultra-decennale storia del fenomeno.
Appena 80 km separano le due sponde del canale d'Otranto e un'antica storia di migrazioni
unisce la nostra penisola alla Shqipëria (“Paese delle aquile”). La diaspora albanese comincia
difatti nel XV secolo, quando la comunità Arbëreshë si stanzia nel sud Italia, dove ancora
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mantiene la sua lingua. Secondo i dati ufficiali (che escludono però gli irregolari), il Salento è tra
le prime province del Sud per numero di albanesi: è questo uno dei motivi per cui iniziamo da
qui, seguito dal loro estro musicale e dal successo raggiunto.
L'Albania in musica
Il regime comunista di Enver Hoxha è assai attento alla formazione musicale, dal secondo dopo
guerra fioriscono scuole di musica e danza, orchestre, cori, ensemble professionistici e
amatoriali. Grande cura è riservata alla musica tradizionale, diffusa dai media e sostenuta dalle
istituzioni nell'ottica di un nazionalismo comunista. L'isolamento economico-politico in cui Hoxha
trascina l'Albania, però, diviene anche culturale e a questo si aggiunge il bando della musica
occidentale coeva (jazz, rock, pop).
Di necessità virtù: i compositori albanesi attingono per le loro opere dal repertorio popolare e lo
rielaborano. Così ogni genere è profondamente intriso di tradizione. Una tradizione ricchissima.
I canti monodici ed epici e le musiche pastorali dei Gheghi del Nord, accompagnati da lahutë
(viella a singola corda), flauti e cornamuse. L'iso-polifonia dei Toschi e dei Lab del Sud (canto
corale oggi patrimonio dell'Unesco), la musica urbana che, specie al Nord, ha subìto l'influenza
ottomana nelle melodie e nei ritmi, eseguiti con llautë (liuto) o çifteli (liuto a manico lungo con
due corde) – sostituiti oggi dalla fisarmonica –, gërnetë (clarinetto), violino e def (tamburo a
cornice).
Buona parte della musica balcanica ha infatti assorbito caratteristiche (ritmi, modi melodici,
tecniche, strumenti) da quella araba, a causa della secolare dominazione dell'Impero ottomano,
in un lungo processo di contaminazione.
Vengono dal mare
Dopo la caduta del regime, nel '91 cominciano le grandi emigrazioni e sulle rotte verso le coste
pugliesi ci sono molti musicisti. Alcuni ripartono, altri rimangono e determinano l'incontro diretto
tra le due culture.
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Uno dei primi è il fisarmonicista Admir Shkurtaj, oggi anche affermato compositore
contemporaneo, che a Lecce scopre il jazz, ne rimane folgorato, lo studia, lo suona e infine lo
“tradisce” per la passione di sempre: la musica classica e del '900. Dal 2002 infatti compone
per la fondazione Ico “Tito Schipa” e per il Conservatorio. Ma Shkurtaj è anche un tramite
perfetto per l'apprendimento della musica balcanica da parte dei musicisti e del pubblico
salentini.
Per la verità, negli stessi primi anni '90 anche altri artisti, questa volta locali, si interessano ai
suoni d'oltre Adriatico. Antongiulio Galeandro, fisarmonicista di Ostuni, punta l'antenna della sua
radio sulle frequenze albanesi. È grazie a lui che il trombettista leccese Cesare Dell'Anna
scopre il balkan, la sua varietà stilistica, i tempi dispari e irregolari, le melodie fiorite e
microtonali.
Comincia a ricercare e lo seduce «la dolcezza dei clarinetti d'Epiro, […] la sensualità della lingua
albanese, la polifonia struggente, i fiati bulgari, le fanfare bosniache e macedoni». I due amici
esplorano quel nuovo mondo musicale e sperimentano i primi connubi. Nasce così l'idea
originaria di un progetto che nel '98 diverrà Opa Cupa, oggi band di successo nella scena
balkan jazz internazionale. Al gruppo si uniscono Shkurtaj e Adnan Hozic, cantante e chitarrista
bosniaco giunto in Italia nel '90, attivo soprattutto tra Napoli e Bari, grande maestro e
personaggio chiave di questa storia, oggi purtroppo compianto.
Già altri in Italia s'erano interessati alla musica dei Balcani, almeno dagli Area di Luglio, agosto,
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settembre nero ('73) e Cometa rossa ('74). Ma è l'arrivo di Hozic che stimola una ricerca più
approfondita tra i musicisti del Sud. A Napoli il musico bosniaco conosce Daniele Sepe,
Carmine Guarracino e Lello di Fenza e con loro fonda nel '92 Balkanija. Insieme frequentano i
campo rom, stringono amicizia con gli zingari, apprendono la loro musica e la fondono con
quella napoletana. Un vero progetto di ricerca e sintesi musicale che si farà disco omonimo nel
'97, edito da Il Manifesto.
Sul finire del decennio l'interesse scoppia anche in Puglia. Galeandro e Dell'Anna portano nei
baresi Folkabbestia il balkan e con loro registrano nel '98 il brano Ju flet Tirane, incluso
nell'album "Breve saggio filosofico sul senso della vita" (autoproduzione, 1998). L'anno dopo
sono le Faraualla, quartetto vocale femminile del barese, a esordire con brani come Rumelaj,
Vrlicko Kolo e Szerelem, da "Faraualla" (Amiata Records, 1999).
Incontri di civiltà
Lo stesso Hozic, dicevamo, influisce sul Salento attraverso Galeandro e Dell'Anna, già sensibili
alla musica dei venti adriatici. Nasce anche qui, sul tramonto del secolo, un disegno organico e
costante che ha i suoi punti focali nelle varie tradizioni balcaniche e nella sintesi con elementi
occidentali.
Accanto agli Opa Cupa ci sono i Ghetonìa. Mentre i primi nascono con il dichiarato intento (fin
dal nome) di muoversi intorno al balkan, il gruppo di Roberto Licci si dedica prevalentemente
alla musica grika ed è l'ingresso di un musicista che arricchisce l'opera: Admir Shkurtaj.
Gli anni di fine secolo sono di incontri, scambi, dialoghi e notti insonni di idee che si svelano tra i
solchi dei primi dischi. I
Ghetonìa pubblicano “Mari e lune a est del Sud” (1999), gli Opa Cupa “Live in contrada
Tangano” (Sottosuono/Edt, 2000).
Cambia millennio cambia musica.
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Il primo è ancora un disco “salentino”, impreziosito a tratti dal sentire albanese del
fisarmonicista, soprattutto in Artigiana di Luma, un classico della sua tradizione.
L'esordio degli Opa Cupa è invece un fulmine a cielo limpido. Il disco, introdotto da Canti
polifonici albanesi (esempio di iso-polifonia), è tutto concentrato sui suoni d'oltremare. Forse
perfino troppo. Il trio Dell'Anna-Hozic-Shkurtaj – Galeandro si è nel frattempo defilato, si
muoverà soprattutto nel circuito “popolare” e nella musica per film, ma di balkan resterà
impregnato il mantice del suo strumento –, circondato da tanti ospiti, concepisce una parure di
tradizionali e brani inediti.
Sebbene non si possa ancora parlare di contaminazione né di fusione – «la fusione è un
processo molto lungo alla fine del quale non si distingue più il confine tra i generi», spiega
Shkurtaj –, il Salento comincia a familiarizzare con una nuova musica che si muove in Artigiana
e Kolo a ritmo di rumba (tipico dei Balcani e simile all'arabo malfouf), e in Opa cupa e Poloxia
su un horo (il famoso “un-za un-za”). Fratello balcanico e Heroi di Vig introducono invece i
tempi dispari, che rendono tanto attraente quanto complessa la musica balcanica all'orecchio
occidentale, abituato ai più regolari tempi pari, come il 4/4 (quattro quarti) della quasi totalità del
repertorio pop, rock e jazz.
Intanto, già da qualche anno, il balkan si diffonde nel mondo grazie al successo della musica e
dei film di Emir Kusturica (Underground è Palma d'oro a Cannes nel '95) e delle colonne sonore
di Goran Bregovic e Boban Markovic.
Così altri artisti locali se ne interessano. L'organettista Claudio Prima e i suoi compagni, dopo lo
studio della musica salentina e mediterranea, cominciano a ricercare anche in questa direzione.
«Il primo passo fu quello di riarrangiare in tempi dispari i brani tradizionali salentini». In “Tracce
di sud” (Finisterre, 2002), esordio dei Manigold, Mamma la rondinella è difatti riscritta in 5/4, ma
ritmi e sonorità balcaniche sono presenti anche in molti brani originali del disco, in particolare in
Santamarò, Fellini e Fumo.
Lo stesso procedimento è alla base di Aspro è to xartì, ballata grika (in un tipico tempo di 6/8)
che in “Terra e sale” (AnimaMundi, 2005) dei Ghetonìa assume l'affascinante profilo di un
balcanico 7/8.
Aspro è to xartì nella versione tradizionale in 6/8 dei Ghetonìa - (da "Per incantamento",
autoproduzione, 1995)
{youtube}v3FKNGkmC4s{/youtube}
Aspro è to xartì nella versione in 7/8 di "Terra e sale" (AnimaMundi, 2005)
{youtube}THFQ_tBv_BI{/youtube}
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Sono i primi tentativi, anche se ancora di superficie, di coniugare due tradizioni musicali in
apparenza assai distanti, salentina e balcanica. Ma i tempi maturano velocemente e il biennio
2005-2006 offre ottime sorprese. Shkurtaj arrangia la title-track dello stesso “Terra e sale”, un
altro tradizionale albanese, e anche Panta s'agapisa subisce una mutazione ritmica.
È però “Hotel Albania” (11/8 records, 2005) degli Opa Cupa che frantuma ogni barriera.
Shkurtaj non c'è più ma entra un altro ottimo musicista albanese oggi nostro concittadino, il
pianista Ekland Hasa.
Tra le migliori produzioni del world beat italiano, il disco mostra tutta l'evoluzione della band
verso un balkan progressive maturo. Nelle alzate d'ingegno di Dell'Anna il balkan si (con)fonde
con il jazz, la musica per banda, le melodie e i ritmi maghrebini.
Dalle irregolari Karavia e Ekland 9 alle liriche rumbe Allegria dei naufragi e Stelle salenti, dal
valzer-horo Chiari di luna fino alla rivisitazione di Byala stala (di Ivo Papasov) e alla jam Yasko
in Albania Hotel, con il virtuoso bulgaro del clarinetto Yasko Argirov. Albania Hotel è la factory di
Dell'Anna, che nella campagna di San Cesario ospita musicisti e genti nomadi per vocazione o
necessità. Si vive assieme, si suona, si crea. La musica del trombettista è questo: incontri.
{youtube}CuQz3zb7LGI{/youtube}
Parola chiave ricorrente, l'incontro è anche responsabile dei Talea, ensemble balkan jazz che
Shkurtaj fonda nel 2002.
Con lui anche Hozic e un'altra albanese d'Italia, la cantante Meli Hajderaj. La scrittura del leader
e i brani tradizionali s'intrecciano col jazz degli altri membri (oltre a Hozic e Hajderaj, Gaetano
Partipilo e Alessandro Nocco al sax contralto, Giorgio Distante alla tromba, Giorgio Vendola al
contrabbasso, Vincenzo Bardaro alla batteria, Mario Grassi alle percussioni). La felicità creativa
ed esecutiva del gruppo è testimoniata dall'ottimo “Jarinà Jarinanè” (2006), album
imprescindibile del nostro discorso, in cui l'originalità compositiva di Frasi a catena e Pareti di
vetro – un rincorrersi di temi che se da un lato tradiscono i linguaggi jazz e balkan dall'altro sono
architettati con sapienza eurocolta – magicamente convive con perle balcaniche come Moj
selvije, Tate du fuston, Mujo kuje, Esmere e con Fratello balcanico (classico di Hozic).
Talea - Esmere_Tre dajre
{youtube}1j8rhO5QNcA{/youtube}
Intanto, nel 2004 alla squadra di Claudio Prima si unisce Redi Hasa (fratello minore di Ekland)
che, giunto da Tirana nel '98, è oggi tra i musicisti più virtuosi e apprezzati. Nascono così Ádria
e BandAdriatica. Entrambe provano a far confluire le due culture: la prima in forma di quintetto
capace di un poetico etno-jazz adriatico, la seconda con un impasto timbrico a metà strada tra
banda italiana e fanfara balcanica. La BandAdriatica ha prodotto due dischi e un video
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documentario. “Contagio” (Finisterre, 2007) è la prima opera compiuta della loro «musica
adriatica».
Dalla collaborazione con Naat Veliov (trombettista macedone leader della famosa Kocani
Orkestar, incontrata grazie alla Notte della Taranta 2006) nasce Pizzica estam, adattamento
della musica salentina al ritmo sincopato dell'estam, ma uguale fascino hanno la rumba de I
giorni del contagio e i bellissimi albanesi Lake Populake (ancora con Veliov) e Erdhi dethi tallas
tallas. Il disco si chiude con un'illuminante strofa di Prima: «Siamo stati costretti a ferirci per
capire che avevamo tutti il sangue dello stesso colore».
Il secondo lavoro della Banda è “Maremoto” (Finisterre, 2009), a cui è allegato "Rotta per
Otranto”: la Banda rivolge l'orecchio soprattutto al bacino dell'Adriatico (Italia, Albania, Croazia,
Istria), che nel maggio 2008 solca su un motoveliero assieme ad alcuni musicisti balcanici per
far scalo a Dubrovnik, Durazzo, Tirana e Otranto, dove l'equipaggio incrocia le varie tradizioni
musicali (come la klapa, forma corale a cappella della Dalmazia) e si esibisce dal vivo con gli
artisti locali.
L'avventura è testimoniata dal dvd mentre il cd mostra un “contagio” musicale più smaliziato
del passato. I tempi dispari infettano il cuban jazz (Strade alle strade), l'esuberanza dell'horo la
vena cantautorale di Prima (Lascia che sia la musica, Non ho più pace), il ritmo della pizzica
l'armonia corale del prestigioso Eva Quartet (quartetto vocale bulgaro de Le mystére des voix
bulgare ospite in Il mistero della pizzica bulgara). Bullet, infine, è un significativo scambio
culturale: la Banda suona in stile balkan mentre il chitarrista-cantante albanese Bojken Lako in
rock.
{youtube}XlYhZu6Plb4{/youtube}
Trailer del documentario "Rotta per Otranto"
{youtube}-qU4q4Om1_M{/youtube}
Gli Ádria hanno invece musicato “Il Salento dei poeti”, libro-dvd del Fondo Verri di Lecce, e
pubblicato il notevole "Penelope" (Volipiano, 2010), «delicato equilibrio fra canzoni dal lirismo
raffinato, ma miracolosamente naturale, e pezzi strumentali con l'esuberanza dei ritmi balcanici,
architetture complesse e una scrittura di ricerca» [recensione di chi scrive pubblicata su Il
giornale della musica, luglio/agosto 2010, nda].
Ádria - Canto
{youtube}ryR6supC9xM{/youtube}
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Nel frattempo, i Ghetonìa tornano nel 2009 con “Riza” (Italian world music), riproponendo i loro
classici nel cd-dvd di un live del 2008 a Calimera (Le). Il regista Davide Barletti (Fluid video
crew) gira nello stesso 2008 “Radio Egnatia” (AnimaMundi, 2009), docu-film sull'antica via che
proseguendo l'Appia congiungeva Roma a Costantinopoli, attraversando Salento, Albania,
Macedonia, Grecia e Turchia. La colonna sonora è curata da Raffaella Aprile e Antongiulio
Galeandro, il quale compare anche nelle riprese del film con la sua fisarmonica.
È uscito a dicembre 2010, invece, il terzo disco degli Opa Cupa, “Cpt (Centro di permanenza
temporanea)” (11/8 records). Anche questo, come il predecessore, conta tanti ospiti (Ivo Iliev,
Eva Salina Primack, Relù Merisan, Marian Serban, etc.), ha uguale capacità di leggere il
presente e uguale sound brillante, ormai trademark della 11/8 records. Ma accanto alle
bellissime melodie da banda (Vota Grillo e Neelie) introduce anche l'elettricità mutuata da Zina
– progetto parallelo di world beat mediterraneo – e il latin a là Manu Chao (Cpt), sfrutta
l'ambiguità tra ska e horo (Ebb Tide) e omaggia la storia del jazz nella visionaria versione di My
favorite things in tempo dispari.
Dopo più di dieci anni dalla sua nascita, dunque, il fenomeno non sfiorisce come moda, anzi si
ravviva nel presente e progetta il futuro.
Il futuro ci porterà inoltre l'esordio discografico dell'Admir Shkurtaj Trio, miscela luminosa di
musica contemporanea, improvvisazione jazzistica e colori balkan, in cui il leader è affiancato
da Redi Hasa al violoncello e Giorgio Distante alla tromba.
Passano gli anni e gli incontri, le tecniche si affinano e la sintesi si fa sempre più profonda:
chissà che tra qualche decennio o secolo gli studiosi non parlino di contaminazione (o ricontaminazione?). Ma al di là delle implicazioni estetiche, infine, i capiscuola pugliesi, albanesi,
bulgari, rumeni, croati, bosniaci, macedoni, stanno ricucendo un antico strappo, quello che
lacerò quasi del tutto i rapporti tra le due sponde dell'Adriatik all'epoca dell'invasione ottomana,
protratto fino a pochi anni fa dalla “cortina di ferro”. Viviamo un momento storico carico di
senso per il presente e il futuro di questo – e non solo – angolo del mondo.
Ed è significativo che in musica sia già cominciato, spontaneamente, il processo che dalla
multiculturalità porta all'interculturalità.
Approfondimenti:
www.osservatoriobalcani.org
www.musicaround.net (interviste e recensioni)
www.dunav.org.il (audio e video di danze balcaniche)
www.albanianews.it
chs119.chs.harvard.edu/mpc (Raccolta di canti epici degli Slavi del sud)
demo.istat.it
Rapporto Lecce e i suoi numeri 2008
Naufragi albanesi, K. Barjaba, G. Lapassade, L. Perrone, Sensibili alle foglie, Roma, 2006
Transiti e approdi, L. Perrone (a cura di), Franco Angeli, Milano, 2007
World music: the basics, Richard Nidel, Routledge, New York, 2004
The Mediterranean in music, D. Cooper, e K. Dawe, Scarecrow Press, Lanham, 2005
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Un sincero ringraziamento ad Admir Shkurtaj, Cesare Dell'Anna, Claudio Prima, Ghetonìa, Hari
Purkh, Viviana Leo, Erica Rizzo.
Per gentile concessione di Marco Leopizzi e www.MusicaAround.net. Pubblicato
originariamente su “Palascìa_l'informazione migrante” Anno 1, n. 1 - gennaio/aprile 2010.
Palascìa è un quadrimestrale d'intercultura della Società coop sociale Metissage, iscritto al
numero 1045 del registro della stampa presso il Tribunale di Lecce.
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