Ri essioni sul concetto di temperatura e sulla sua - INFN

Riessioni sul concetto di temperatura e
sulla sua misura
Fabrizio Minganti
2011
Sommario
In queste poche pagine si vuole ripensare brevemente al concetto di temperatura, nonché a
quello della sua misura. Lo scopo é quello di comprendere meglio quale sia, in eetti, la
nozione più consona da utilizzarsi alla luce di quelle che sono stati gli sviluppi della sica. Si
prendono innanzitutto in considerazione i risultati di termodinamica puri, ovvero quei risultati
dipendenti dal solo principio zero e totalmente scorrelati da qualsiasi ipotesi sui costituenti
della materia. Risulta poi estremamente interessante calare questi risultati nell'ipotesi cineticomolecolare al ne di comprendere meglio alcuni fenomeni naturali. Il processo di chiarimento
è dal microscopico al macroscopico ; in particolare, reinterpretando le grandezze microscopiche
in termini macroscopici, ci rendiamo conto che, in alcuni ambiti, sarebbe più comodo denire
nuovamente le grandezze tipiche della termodinamica.
L'intera trattazione, inoltre, cerca di prescindere il più possibile dai risultati empirici della
termodinamica classica, a favore di un approccio assiomatico.
Indice
1 Temperatura secondo la termodinamica classica
1.1 Principio zero e denizione di temperatura . . . .
1.1.1 Stati termodinamici ed equazioni di stato .
1.1.2 Equilibrio termico . . . . . . . . . . . . . .
1.2 Temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1.2.1 Il concetto di temperatura . . . . . . . . .
1.2.2 Proprietà della temperatura . . . . . . . .
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2 Temperatura e ipotesi atomica
2.1 Teoria cinetica dei gas . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1.1 Ipotesi fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Interpretazione della pressione di un gas . . . . . . . . .
2.2.1 Metodo di Bernoulli per il calcolo della pressione
2.3 Temperatura e velocità quadratica media . . . . . . . . .
2.3.1 Temperatura assoluta ed energia cinetica . . . . .
3 Temperatura come energia
3.1 Il problema della misura . . . . . . . . . . . . . . . .
3.1.1 L'unità di misura nella termodinamica classica
3.1.2 Conferme dalla teoria cinetica . . . . . . . . .
3.2 Temperatura ed entropia . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2.1 L'entropia di Boltzmann . . . . . . . . . . . .
3.2.2 Il problema dimensionale . . . . . . . . . . . .
3.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A Temperatura e calore
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A.1 Breve storia del ogisto, del calorico e del calore . . . . . . .
A.2 Termometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
A.3 Distinzioni essenziali tra calore e temperatura . . . . . . . .
A.3.1 Calore e temperatura nella termodinamica classica .
A.3.2 Calore e temperatura nell'ipotesi cinetico-molecolare
B Denizione operativa della temperatura
2
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4
4
4
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5
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7
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. 9
. 9
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14
14
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20
20
21
22
22
22
24
INDICE
3
C Disordine e Informazione mancante
25
Bibliograa
27
C.1 Il diavoletto di Maxwell . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25
Capitolo 1
Temperatura secondo la termodinamica
classica
1.1 Principio zero e denizione di temperatura
1.1.1
Stati termodinamici ed equazioni di stato
Secondo la meccanica classica lo stato di un sistema è determinato se si conoscono in un
dato istante tutte le velocità e le posizioni delle sue particelle. Poiché sia la velocità che la
posizione sono vettori di R3 , per un sistema composto da N particelle ci occorrerebbero 6N
variabili. Dal momento che la termodinamica si occupa principalmente del comportamento
medio e macroscopico delle grandezze di un sistema, la conoscenza di queste variabili sarebbe
superua, oltre che quasi impossibile.
A questo punto risulta utile introdurre il concetto di sistema e stato termodinamico. Un
sistema termodinamico è una regione di spazio della quale si studiano le proprietà separandola
dal resto dell'universo termodinamico. Un sistema termodinamico è caratterizzato da un insieme di variabili (A1 ...An ) e di costanti (a1 ...an ). Diciamo cioè che le variabili di un sistema
termodinamico sono univocamente determinate da un equazione
(1.1)
f (A; ...; AN ; a1 ; ...; an ) = 0
La (1.1) è detta equazione di stato. Diciamo poi che lo stato termodinamico è l'insieme degli
stati dinamici attraverso i quali passa il sistema. Lo stato di equilibrio è quello per il quale
le grandezze considerate rimangono costanti (ovvero il sistema rimane inalterato), a meno che
non si perturbi il sistema (non cambino le condizioni esterne). Due delle più comuni grandezze
che caratterizzano un sistema termodinamico sono la pressione e il volume. Nel caso di sistemi
non omogenei, e composti da più parti, spesso risulta utile anche la concentrazione1 .
1.1.2
Equilibrio termico
Introduciamo ora la denizione di equilibrio termico tra due sistemi termodinamici:
1A
riguardo si veda [4]
4
CAPITOLO 1. TEMPERATURA SECONDO LA TERMODINAMICA CLASSICA
5
Due sistemi A e B si dicono all'equilibrio termico se, una volta messi a contatto o
comunque in grado di scambiare tra loro energia, mantengono le loro proprietà e grandezze
caratteristiche immutate.
In aggiunta, dati tre sistemi A, B , C , tali che A è in equilibrio con B e B è in equilibrio con
C , ci risulta allora immediato enunciare il principio zero della termodinamica :
se due sistemi A e B sono in equilibrio con un terzo sistema C , allora A e B sono in
equilibrio termico tra loro.
Mediante il concetto di equilibrio termico è ora possibile introdurre il concetto di temperatura.
1.2 Temperatura
Diciamo che due sistemi in equilibrio termico possiedono la medesima temperatura2 . Utilizzando ora il principio zero della termodinamica, ci è possibile considerare uno strumento
chiamato termometro ; questo è semplicemente un sistema termodinamico mediante il quale
è possibile dedurre se altri due corpi con i quali viene messo a contatto sono alla medesima
temperatura. Il suo funzionamento è assai semplice: considerando i sistemi A e B , se ponendo
il termometro C a contatto prima con l'uno e poi con l'altro non si registrano variazioni nelle
sue grandezze tipiche, concludiamo che i due sistemi A e B sono alla stessa temperatura3 .
1.2.1
Il concetto di temperatura
Fino ad ora abbiamo denito la temperatura per due o più sistemi posti a contatto fra loro.
Vogliamo ora cercare di capire quale è la funzione che ci consente di ottenere il valore della
temperatura e quali siano le sue caratteristiche. Consideriamo due sistemi A e B all'equilibrio
termico, negli stati (X0 ; Y0 ) e (V0 ; W0 ) 4 . Si trova che, cambiando lo stato di A, esiste un secondo
stato (X1 ; Y1 ) in equilibrio termico con (V0 ; W0 ) di B . Una serie di esperimenti mostrano che
esistono una serie di stati (Xn ; Yn ) che soddisfano questa condizione. Per il principio zero,
questi stati sono in equilibrio fra loro poiché lo sono col sistema B . La curva che denisce
questi stati viene detta isoterma. In modo analogo all'isoterma di A, possiamo trovare un
isoterma di stati (Vn ; Wn ) per B . ognuno di questi sarà in equilibrio con gli stati (X; Y ) di A.
Poiché tutti i punti sulle isoterme sono in equilibrio tra loro, tutti i punti su una medesima
isoterma sono alla stessa temperatura.
Consideriamo ora un altro sistema all'equilibrio termico con A e B ; sia allora C di coordinate
(U ; Z). Poiché A e C sono all'equilibrio termico, questo sarà caratterizzato dalle quattro
2 E'
solo attraverso questo argomento che siamo riusciti ad introdurre il concetto di temperatura di un sistema
termodinamico in maniera univoca e misurabile. Si veda, ad esempio, [7]
3 Per una denizione operativa di temperatura data mediante i termometri, si veda nelle appendici Denizione
operativa di temperatura.
4 Assumiamo per semplicità che lo stato del sistema sia determinato da solo due variabili. La trattazione è
la medesima anche assumendo più variabili che caratterizzino i due sistemi.
CAPITOLO 1. TEMPERATURA SECONDO LA TERMODINAMICA CLASSICA
6
grandezze (X; Y ) e (U ; Z). Si può pensare che lo stato nale sia determinato da un'equazione
del tipo
(1.2)
fAC (X; Y ; U ; Z) = 0
La stessa cosa può essere fatta per il sistema B .
(1.3)
fBC (V ; W ; U ; Z) = 0
Le equazioni (1.2) e (1.3) sono in realtà combinazioni dell'equazione (1.1). Risolvendole rispetto
alla variabile U otteniamo:
U = gBC (V ; W ; Z)
U = gAC (X; Y ; Z)
Allora
(1.4)
gBC (V ; W ; Z) = gAC (X; Y ; Z)
Consideriamo ora i soli sistemi A e B . Poiché per il principio zero anche A e B devono
essere all'equilibrio, otteniamo
(1.5)
fAB (X; Y ; V ; W ) = 0
Dal momento che la (1.5) si riferisce alla stessa situazione di (1.4), la combinazione delle due
equazioni deve fornire una relazione delle sole (X; Y ; V ; W ), potendo esprimere una di queste
variabili in funzione delle altre. Allora otteniamo
hA (X; Y ) = hB (V ; W )
Ripetendo il ragionamento con le coppie di sistemi A, C e B , C otteniamo che all'equilibrio
termico dei tre sistemi possiamo pensare alla temperatura come
(1.6)
t = hA (X; Y ) = hB (V ; W ) = hC (U ; Z)
Pensando poi alla (1.6) otteniamo di fatto le funzioni che deniscono le isoterme dei tre sistemi
A, B e C . Ovvero deniamo la temperatura come la funzione che associa ad un dato punto la
sua isoterma 5 . Poiché possiamo stabilire una corrispondenza biunivoca tra le isoterme di un
sistema e la retta reale 6 , possiamo denire in maniera univoca la temperatura di un sistema.
5 L'intero
procedimento è giusticato a partire dalle ipotesi iniziali di equilibrio e dall'ipotesi di esistenza di
un isoterma per i sistemi A, B , C . Non si sono fatte ipotesi sulla forma della funzione. Si veda anche [9].
6 Le isoterme sono curve nel nostro spazio generico denito dalle grandezze (X; Y ) appartenenti allo spazio
S . Assumiamo che lo spazio sia reale. Possiamo ora associare ogni punto dello spazio S la sua isoterma. Poiché
noi deniamo la isoterma come luogo dei punti in cui è costante la temperatura di un dato sistema, avremo
per ogni isoterma del sistema un certo valore di temperatura. Sia allora T l'insieme delle possibili temperature.
Allora mediante due funzioni φ : S → I che associa al punto la sua isoterma a partire da (X; Y ) e γ : I → T che
associa ad ogni isoterma un elemento di T , otteniamo la nostra `temperatura'. Poiché T è in corrispondenza
biunivoca con R, ovvero ∃β : T −1−1
−→ R, possiamo allora associare ad ogni elemento di (A; B) ∈ S un elemento
SU
di R mediante una funzione t = β ◦ γ ◦ φ(A; B).
CAPITOLO 1. TEMPERATURA SECONDO LA TERMODINAMICA CLASSICA
1.2.2
7
Proprietà della temperatura
•
Intensività. Siano A, B , C , D quattro sistemi. Utilizziamo C e D come termometri
•
Grandezza scalare. La temperatura è uno scalare, poiché viene denita da un solo
•
Proprietà intrinseca del sistema. La temperatura è una caratteristica di un sistema
assicurandoci però che siano tra loro dierenti in massa e volume. A questo punto se i
sistemi A e B sono in equilibrio termico sia con C che con D, ne deduciamo che anche
C e D sono in equilibrio termico tra loro. Dal momento che sono dei termometri, essi
indicheranno una medesima misura, altrimenti si violerebbe il principio zero. Poiché per
ipotesi si sono presi C e D come dierenti tra loro in quantità di materia, otteniamo che
la temperatura di un sistema è una proprietà intensiva.
valore reale. Denendo temperature dierenti si può associare ad esse una serie di valori
scalari. Ovvero ssare la scala delle temperature signica adottare una serie di regole per
associare un numero ad una isoterma.
termodinamico ed è, di conseguenza, denita per ogni sistema termodinamico.
Denita in questo modo la temperatura, possiamo riassumere il tutto in un unico enunciato:
Esiste una grandezza scalare chiamata temperatura che è una proprietà di tutti i sistemi
termodinamici all'equilibrio. Diciamo poi che anché due sistemi siano in equilibrio termico
è necessario che siano uguali le loro temperature. Se due sistemi hanno temperature uguali tra
loro, un terzo sistema all'equilibrio con entrambi presenta la medesima temperatura.
Figura 1.1: Serie di isoterme
Capitolo 2
Temperatura e ipotesi atomica
Non discutiamo ora le varie conseguenze del primo principio. Assumiamo d'ora innanzi,
inoltre, conosciuti i concetti conseguenti al secondo principio della termodinamica, all'entropia
e alla teoria dei gas perfetti 1 .
2.1 Teoria cinetica dei gas
Le proprietà e leggi fondamentali della materia sono estremamente distanti e dierenti
rispetto al modello che noi utilizzeremo. D'altro canto a noi interesserà il comportamento
medio e statistico di un grandissimo numero di oggetti, ragione per la quale saranno giusticate
le ipotesi semplicatrici. Quello che noi cercheremo di fare è di ottenere una comprensione
elementare di fenomeni che, descritti a partire dalle leggi speciche della meccanica quantistica,
risulterebbero incredibilmente complicati 2 .
2.1.1
Ipotesi fondamentali
La prima ipotesi è quella della natura atomica della materia3 . Benché nel corso dei secoli
sia spesso cambiata 4 , una proprietà degli atomi nell'ipotesi atomica è rimasta invariata nel
corso del tempo: tutta la materia è costituita da unità elementari chiamate atomi.
Un'altra ipotesi necessaria alla trattazione dei gas è la legge dei gas perfetti :
La variazione di temperatura di un gas perfetto è direttamente proporzionale alle sue
variazione di pressione e di volume.
Questa legge, ricavata sperimentalmente, ci consente immediatamente di collegare in un gas le
tre grandezze fondamentali (pressione, volume, temperatura) mediante il numero di molecole
di quel gas.
1 Si
vedano [4], [7], [6].
stessa cosa è sottolinata in [5]
3 Per l'intera trattazione sulle ipotesi alla base di questi risultati si vedano anche [3], [2]
4 Infatti in greco ατ oµoς signica indivisibile, cosa lontana dalla descrizione attuale della natura. Questo ci
fa capire quanto sia cambiata la concezione degli atomi nel corso del tempo. A proposito si veda anche [8].
2 La
8
CAPITOLO 2. TEMPERATURA E IPOTESI ATOMICA
9
Dato l'enorme numero di particelle, ci è poi necessario ricorrere alla statistica piuttosto che
adarci a calcoli o a conoscenze dirette. La nostra statistica non procederà sempre in modo
diretto, ma spesso si devono eettuare ragionamenti dettati dalle leggi della statistica senza
avere eettivamente i dati come punto di partenza. In altre parole, si dovranno introdurre delle
ipotesi plausibili e sviluppare le loro conseguenze. La conferma della nostra teoria deriverà, come
sempre, dagli esperimenti. La prima di queste ipotesi `logiche' è quella del caos molecolare :
Per le molecole di un gas rinchiuso in un recipiente, non soggetto ad alcuna forza, tutte le
posizioni e tutte le direzioni del moto sono equiprobabili.
Assumiamo inoltre le seguenti proprietà delle molecole del gas: le molecole sono delle sferette
rigide, gli urti sono elastici, non vi sono interazioni a distanza, gli urti con le pareti sono elastici
e privi di attrito.
2.2 Interpretazione della pressione di un gas
Fatte le precedenti assunzioni, si può ricavare una formulazione delle grandezze termodinamiche mediante lo studio del comportamento medio delle suddette particelle utilizzando solo
la meccanica classica. I risultati, le cui conferme sperimentali sono state innumerevoli, si adattano ovviamente solo per sistemi macroscopici. Quando la componente statistica non è più tale
da giusticare le ipotesi iniziali, il modello perde di senso.
Cominciamo innanzitutto col chiederci quali siano le velocità tipiche di un gas. Sappiamo
che il suono si trasmette alla velocità di circa 340 ms . Se ammettiamo che il nostro gas sia
fatto di particelle, possiamo immaginare che l'onda di pressione che caratterizza un gas5 sia
dovuta alle particelle; da questo possiamo ricavare che la velocità delle molecole sia dell'ordine
della velocità del suono. Questo ci consente di non utilizzare i correttivi legati alla teoria della
relatività.
2.2.1
Metodo di Bernoulli per il calcolo della pressione
Consideriamo un gas contenuto in una scatola. Vogliamo conoscere la pressione su una
faccia della scatola (Figura2.2.1). Sia allora A la sua supercie. Sia allora una particella di
velocità vi . Vogliamo conoscere la forza che questa esercita sulla parete per unità di tempo.
Abbiamo
(2.1)
F =
∆p
m(vf − vi )
dp
=
=
dt
∆t
∆t
Poiché l'urto è completamente elastico, la nostra particella avrà velocità nale uguale a quella
iniziale. Allora la (2.1) diventa
(2.2)
F =
2mvi
∆t
Consideriamo adesso tutte le particelle del nostro gas. Sia N il loro numero. Diciamo che
Nk è il numero di particelle con velocità compresa tra vk evk + ∆vk con ∆vk piccolo a sucienza
5 Si
veda ad esempio Fisica II di Mencuccini-Silvestrini, oppure Fisica 2 di Mazzoldi-Nigro-Voci.
CAPITOLO 2. TEMPERATURA E IPOTESI ATOMICA
10
Figura 2.1: Schema delle grandezze utilizzate per la diterminazione della pressione.
da poter essere considerata costante la quantità di moto delle nostre particelle. Avremo allora
M divisioni della velocità. Le particelle che andranno ad urtare contro la parete sono quelle che
si trovano ad una distanza xk ≤ vk · ∆t. Allora, detta n la densità delle particelle per volume,
otteniamo che il numero delle particelle che urtano contro la parete è
n˜k = nA
Nk 1
vx · ∆t
N 2
dove il termine 21 è giusticato dall'ipotesi che la metà delle particelle che si trovano nel volume
da noi considerato si stanno muovendo in direzione opposta rispetto alla pareta della scatola.
Sommando le forze di tutte le particelle, la cui legge è per variabili identica a (2.2) otteniamo
(2.3)
Ftot =
k=1
PM
k=1
M
X
Nk 1
2 Nk
nA
vxk · ∆t = mnA
vxk
∆t
N 2
N
k=1
M
X
2mvxk
2 Nk
vxk
è da denizione la velocità quadratica media lungo l'asse delle x. Poiché per
N
l'ipotesi del caos molecolare le direzioni sono
ovvero i loro valori quadratici medi
2 equiprobabili,
2
2
2
sono uguali, otteniamo che hv i = hvx i + vy + hvz i = 3 hvx2 i. Poiché la pressione è P = FAtot ,
otteniamo da (2.3)
(2.4)
P =
mn 2 v
3
Otteniamo una ragionevole stima delle grandezze che caratterizzano la pressione di un gas:
massa delle molecole, densità delle molecole per unità di volume e velocità media delle molecole.
Riscrivendo la (2.4) moltiplicando il membro destro e sinistro per il volume della nostra scatola
otteniamo
(2.5)
PV =
mN 2 v
3
CAPITOLO 2. TEMPERATURA E IPOTESI ATOMICA
11
2.3 Temperatura e velocità quadratica media
La legge (2.5), assolutamente generale, non può prescindere dall'ipotesi molecolare. La domanda da porsi è quale sia il signicato del termine hv 2 i. Consideriamo allora i risultati legati
alla termodinamica. Il primo, anche cronologicamente, è quello Boyle: P V = const se la temperatura è mantenuta costante. A questo seguono i risultati di Gay Lussac, ovvero le due leggi
che garantiscono che la pressione e il volume sono linearmente dipendenti dalla temperatura,
ovvero in uno stesso gas il volume e la pressione aumentano linearmente all'aumentare della
temperatura. Il sunto di queste leggi è espresso da P V = const(t + t0 ) = molR(t + t0 ). Se
rarontata con la (2.5), ci rendiamo conto che non riusciamo ancora a giusticare la relazione
che sussiste tra i termini legati alla temperatura e quelli legati alla velocità quadratica media.
Tutte queste misure, tuttavia, continuano a fare riferimento ad una t0 il cui signicato non era
ben chiaro. Inoltre il concetto di mole non è ancora ben denito.
La legge di Avogadro sostiene che una mole di qualsiasi sostanza contiene lo stesso numero
N0 di particelle. Grazie a questo, riusciamo inne a legare la dilatazione volumica di un gas
(o il suo aumento di pressione) in maniera diretta con il numero di particelle al suo interno,
ovvero: R = kN0 , dunque
P V = kN (t + t0 )
Rimane tuttavia il problema della temperatura. Ci chiediamo ora quale sia il suo signicato
in relazione al termine hv 2 i.
2.3.1
Temperatura assoluta ed energia cinetica
Risultati sperimentali legati alla termodinamica classica portarono nell'800 alla determinazione di una legge che collegava le tre grandezze fondamentali di temperatura, pressione
e volume. Si riusciva, cioè, a determinare in maniera univoca, date la pressione e il volume di un gas, la sua temperatura. Rarontando ancora una volta le equazioni si otteneva P V = kN (t + t0 ) = 31 mN hv 2 i. Dalle leggi precedenti sappiamo che la variazione delle
grandezze P e V è lineare con l'aumento della temperatura, ovvero i graci P (t), V (t) sono
delle rette. Da ulteriori studi sperimentali, tuttavia, si arriva alla conclusione che, per tutti
i gas, indipendentemente dal numero di moli, le rette, se prolungate, convergono in un unico
punto. Fu Kelvin allora ad introdurre la nozione di temperatura assoluta, il cui zero coincideva esattamente con il punto di intersezione dei prolungamenti delle rette. Questo consente di
eliminare denitivamente il termine t0 , creando quindi una legge per i gas nella quale la dipendenza della pressione e del volume dalla temperatura (secondo Kelvin) è una retta passante
per l'origine. Dalla denizione di temperatura assoluta si ottenne la cosiddetta legge dei gas
perfetti 6 , espressa nelle sue due forme come
(2.6)
P V = nRT = kN T
dove n è il numero di moli, R è la costante dei gas perfetti, k è la costante di Boltzmann, N è il
numero di particelle, T è la temperatura assoluta. Confrontando la (2.6) con la (2.5) vediamo
6 Si
vedano anche [7], [6] per la parte riguardante la legge dei gas perfetti, mentre per la sua correlazione con
l'ipotesi atomica si veda anche [3].
CAPITOLO 2. TEMPERATURA E IPOTESI ATOMICA
12
Figura 2.2: Il prolungamento delle rette di dipendenza del volume dalla temperatura portarono
Kelvin a denire la temperatura assoluta.
come ci sia possibile scrivere
ovvero
1 kT = m v 2
3
3
1 kT = m v 2
2
2
(2.7)
Riettiamo ora sulle conseguenze della formula (2.7). Innanzitutto, pensiamo alla temperatura termodinamica assoluta. Abbiamo visto come sia denita a partire dalle leggi di
Gay-Lussac, nello specico osservando che, benché le rette di interpolazione dei dati tra P e T ,
così come quelle tra V e T , avessero dierenti pendenze, vi fosse convergenza in un ben preciso
punto. Ovvero risultava che la pressione e il volume di un gas perfetto dovessero essere nulle per
un valore di temperatura ben determinato. Guardando ora la (2.5), vediamo che il valore per il
quale si osserva (in linea teorica) un volume nullo, è quello per il quale l'energia cinetica media
delle particelle è nulla. Con uno sguardo più complessivo, la temperatura, riscalata per un
opportuno fattore 23 k risulta essere direttamente proporzionale a quella che si può vedere come
l'energia cinetica traslazionale media delle particelle del gas. Ovvero 12 kT è l'energia associata
ad ogni grado di libertà.
Chiediamoci inne da dove provengano i fattori che precedono T nell'eguaglianza della (2.7).
• Il fattore
proviene dalla trattazione del gas come sferette rigide e dall'ipotesi di equipartizione dell'energia; risulta, di conseguenza, intrinsecamente connesso con le nostre ipotesi.
3
2
• Il fattore k deriva dalle misure sperimentali sui gas7 . Dalla legge (2.6) stabiliamo una
correlazione tra i valori di pressione, volume e temperatura mediante due costanti: il
numero di moli della nostra sostanza e la costante dei gas perfetti R. R dipende solamente
dalle denizioni adottate in precedenza per la temperatura. Infatti, R assume il valore
del lavoro che 1 mole di gas compie quando si espande alla pressione P costante di 1
7 Si
vedano [6], [7].
CAPITOLO 2. TEMPERATURA E IPOTESI ATOMICA
13
atmosfera in seguito all'aumento di temperatura pari a 1K . La costante che lega R con
il numero di Avogadro è k. Si ha infatti che R = NA · k.
Vediamo dunque che l'intera dierenza dimensionale tra la temperatura e l'energia cinetica
traslazionale media è data da una costante k che, a sua volta, dipende dalla denizione dell'unità
di misura della temperatura.
Capitolo 3
Temperatura come energia
3.1 Il problema della misura
Fino ad ora non ci siamo domandati nello specico quale sia l'unità di misura della temperatura (o per meglio dire, quale dovrebbe essere alla luce del nostro ragionamento). Vediamo ora
di rispondere a questa domanda, mettendo in luce alcune conseguenze che derivano da questa
scelta.
3.1.1
L'unità di misura nella termodinamica classica
Si pone ora il problema di quale sia l'unità di misura della temperatura. Poiché nella nostra
trattazione non abbiamo implicato nessuna grandezza specica, i precedenti risultati risultano
essere indipendenti da qualsiasi tipo di assunzione si faccia ora sulle grandezze tipiche.
Si può vedere che le grandezze fondamentali che caratterizzano un sistema sono la pressione,
il volume e la temperatura1 . Dunque sono queste le grandezze che ci occorrono per denire la
temperatura in base alla (1.6).
Assumiamo ora che tutte le isoterme assumano la stessa forma (fatto provato anche in
maniera sperimentale e risultato evidente assumendo la legge dei gas perfetti). Ci chiediamo
ora come si possa passare da un'isoterma ad un altra in questo nostro spazio. Vediamo ora
le isoterme come classi di equivalenza della nostra funzione temperatura. Per passare da una
isoterma all'altra, il mio sistema deve cambiare la sua temperatura. Inoltre, poiché la nostra
temperatura è funzione solamente di pressione e volume, possiamo pensare di utilizzare il teorema della funzione inversa per vedere quale eetto produca una variazione di temperatura nella
pressione e nel volume.
Formalizziamo ora questi concetti. Consideriamo a questo punto un gas in un contenitore.
Variando la sua temperatura variamo di conseguenza l'isoterma sul quale il sistema giace.
La nostra isoterma, che è funzione della pressione e del volume, deve essere univocamente
determinata da una coppia di queste grandezze, ovvero due isoterme non possono incrociarsi in
uno stesso punto. Se così fosse, infatti, avremmo che, per la denizione di isoterme, i due sistemi
sarebbero all'equilibrio termico tra loro. Ma questo, per denizione stessa di temperatura,
signicherebbe che i due sistemi sono alla stessa temperatura, conducendo ad un assurdo.
1A
riguardo si veda [4], in particolare pg. [5,8].
14
CAPITOLO 3. TEMPERATURA COME ENERGIA
15
Da questo possiamo dedurre allora che una variazione di temperatura deve condurre ad una
variazione della pressione e/o del volume. Ovvero, per passare da un'isoterma all'altra occorre
una variazione della quantità P · V in base alla legge dei gas perfetti. Poiché questa quantità
è di fatto un energia, risulterebbe logico, sotto questo punto di vista, denire la temperatura
come energia, opportunamente riscalata mediante una costante adimensionale.
Tuttavia, il fatto che gli sviluppi in termometria siano avvenuti molto prima della formalizzazione della teoria termodinamica e molto prima dei concetti rigorosi di temperatura ha fatto
sì che la storia dell'unità di misura di questa grandezza fosse dierente. Ancora oggi si conserva
l'unità di misura della temperatura come distinta da quella dell'energia, facendo di fatto della
temperatura una grandezza fondamentale.
3.1.2
Conferme dalla teoria cinetica
La precedente trattazione può sembrare molto astratta e poco utile da un punto di vista
sico; in realtà, come vedremo tra poco, la descrizione della temperatura come energia porta
notevoli vantaggi. L'avere mostrato che, anche dal punto di vista classico, questo è possibile è
utile al ne di dare maggiore forza alle conseguenze che discendono dalla visione dell'entropia
secondo Boltzmann.
Abbiamo visto che nell'equazione (2.7), l'unico contributo dimensionale in termini di costanti
derivi dalla costante di Boltzmann k. Ci chiediamo ora come cambi questa formula alla luce
del ragionamento appena eettuato.
Dalla teoria cinetica dei gas otteniamo, in tutta generalità che 32 kT = 12 m hv 2 i, indipendentemente dall'unità di misura della temperatura (si ricordi che questa legge deriva semplicemente
dal raronto di (2.6)(2.5)). Da questa legge risulta tuttavia evidente come la temperatura sia
correlata in maniera strettissima all'energia cinetica media delle particelle. Ricordiamo ora
anche il modo in cui abbiamo introdotto la temperatura assoluta. Un sistema termodinamico a 0K dovrebbe occupare un volume nullo e nulla dovrebbe essere anche la sua pressione.
Abbiamo poi visto mediante la (2.7) come collegare questa grandezza, la temperatura, con
la velocità delle particelle del sistema. Ovvero, sarebbe naturale pensare ad un collegamento
diretto tra temperatura T ed energia cinetica media delle particelle, anche dimensionalmente.
Proviamo, infatti ad invertire il ragionamento che abbiamo fatto per giungere no a questo
v2
punto. Sappiamo che il valore P V è determinato sia dal valore di N m h 3 i sia da una funzione
lineare della temperatura e del numero di particelle, ovvero N T . Pensando allora di denire
la temperatura esattamente come questa costante di proporzionalità, ovvero N T = P V , otteniamo immediatamente il risultato 21 mN hv 2 i = N T , ovvero la temperatura è esattamente la
misura dell'energia cinetica traslazionale media delle particelle di un gas perfetto:
1 2
m v =T
2
Ammettendo anche che all'interno della formula possa comparire la costante k, il ragionamento non cambia. Come abbiamo già visto, la dimensionalità di k dipende intrinsecamente
dalla denizione dell'unità di misura della temperatura. Ammettendo che la temperatura sia
misurabile come un'energia, la nostra costante k diviene adimensionale.
Accettando che la temperatura sia in realtà misurabile tramite un energia otteniamo una
denizione più `completa':
CAPITOLO 3. TEMPERATURA COME ENERGIA
16
Esiste una grandezza scalare chiamata temperatura, uguale per sistemi all'equilibrio, dotata
della proprietà transitiva. Nella corretta scala, quella della temperatura assoluta, questa
grandezza rappresenta l'energia cinetica traslazionale media di un gas di particelle,
opportunamente scalata di una costante adimensionale k , rispetto ad un grado di liberà.
3.2 Temperatura ed entropia
Mediante l'utilizzo delle sole grandezze della termodinamica classica è possibile denire una
grandezza, detta entropia, il cui valore in qualsiasi trasformazione di un sistema termodinamico
e viene detta in questa
isolato può solo aumentare o rimanere costante. Il suo valore è S = δQ
T
formulazione entropia di Clausius. Si può dimostrare che questa formulazione è esattamente
equivalente agli altri due enunciati del secondo principio della termodinamica 2 . E' possibile,
anche in questo caso, cercare di capire cosa signichi l'entropia da un punto di vista cineticomolecolare.
3.2.1
L'entropia di Boltzmann
Boltzmann partì da considerazioni del tutto generali sulla probabilità di una congurazione
di stati. Assumendo alcune ipotesi, tra le quali quella del caos molecolare, riuscì a dimostrare
la seguente formula3 . Considerando un sistema di N particelle. Dividendo lo spazio delle fasi
in M celle ognuna di volume gi e detto NM il numero di particelle presenti in ogni celletta, il
numero totale di combinazioni possibili di particelle (che pensiamo essere indistinguibili) che
mi possono dare il mio microstato è
W =
g1
g2
gM
N!
( )N1 ( )N2 · · · ( )NM
N1 ! · N2 ! · · · NM ! ∆
∆
∆
dove ∆ è un volume di base nello spazio delle fasi rispetto al quale rarontare i volumi gi .
Sviluppando questo risultato mediante la formula di Stirling e semplicando si giunge al
risultato
(3.1)
log(W ) = N log N +
M
X
i=1
Ni log
gi
∆Ni
dove W rappresenta il numero di combinazioni di particelle che corrispondono ad un macrostato, M è l'indice che caratterizza una particolare cella dello spazio delle fasi ed Ni è il numero
di particelle presenti in una data cella,gi è il volume della particella e ∆ è un volume di riferimento.
Imponendo
i vincoli sul numero di particelle e sull'energia totale, ovvero scrivendo che
Pm
Pm
i=1 Ni = N e
i=1 Ni i = Etot , dove i rappresenta l'energia di una particelle nell'iesima
cella, utilizziamo il teorema dei moltiplicatori di Lagrange per calcolare il numero di particelle
2 Per
l'equivalenza si vedano [6], [7], [4]. Per quanto riguarda invece la trattazione probabilistica dell'entropia
che segue si veda [6].
3 Questa formula è valida per un sistema chiuso, ma non per un sistema aperto. Per i nostri scopi, tuttavia
non è necessario apportare modiche alla formula.
CAPITOLO 3. TEMPERATURA COME ENERGIA
17
che rende massimamente probabile una certa distribuzione. Risolvendo, ci è possibile trovare
la probabilità della distribuzione delle particelle in funzione di una costante β come
(3.2)
Ni = gi Ae−βi
Utilizzando la statistica di Maxwell, è poi possibile dare un signicato a β . Esplicitando,
infatti, il termine di energia contenuto nella formula (3.2) per un gas monoatomico, ovvero
imponendo i = 12 mvi2 si vede che l'energia totale può essere scritta come Etot = 23 Nβ dove N
è sempre il numero totale delle particelle. Ipotizzando che questa sia solo cinetica, otteniamo
Etot = N 21 m hv 2 i che, per raronto con (2.5) fornisce
Etot =
3
1 3N
= N m v 2 = N kT
2β
2
2
ovvero
β=
1
kT
Calcolando ora l'espressione di d log W , si può dimostrare come questo sia, di fatto, proporzionale mediante la costante β alla quantità δQ di calore scambiato in una trasformazione
reversibile innitesima. Ovvero possiamo scrivere
d log W =
δQ
kT
Ragioniamo su cosa questa espressione signichi. La parte sinistra rappresenta il dierenziale
di un numero di stati. La parte destra, rappresenta una quantità di calore, ovvero un energia,
divisa per la costante k e la temperatura. Poiché la quantità di sinistra deve essere un numero
,
puro, anche quella di destra deve esserlo. Vedendo poi che, per denizione, l'entropia è dS = δQ
T
possiamo scrivere l'entropia di Boltzmann come:
(3.3)
S = k log(W ) + const
dove W è sempre il numero delle possibili congurazioni. A questo punto risulterebbe semplice
interpretare l'entropia come una sorta di `disordine' a cui tende una trasformazione muovendosi
verso lo stato che risulta più probabile, ovvero in cui le molecole sono meno `distinguibili'. Di
fatto, questa legge ci dice che l'entropia può essere vista come un conteggio. In questo senso,
tralasciando il fatto che la denizione è molto nebulosa e poco chiara, risulta tuttavia evidente
che l'entropia dovrebbe presentarsi come un numero puro. Nell'accezione classica dell'entropia,
tuttavia, questa si misura come KJ . Si noti che questa è anche l'unità di misura di k nel caso si
accetti di misurare la temperatura in Kelvin.
3.2.2
Il problema dimensionale
Abbiamo appena visto come questa formulazione, accettando una misurazione classica della
temperatura, porti all'inevitabile conseguenza che l'entropia non sia un numero puro, bensì una
grandezza caratterizzata da una precisa unità di misura. Tutto questo, tuttavia, non suona
molto naturale. L'entropia è mediante la (3.3) determinata solamente a partire dal numero di
CAPITOLO 3. TEMPERATURA COME ENERGIA
18
microstati che possono essere associati al sistema. Più un sistema è probabile, ovvero maggiore
è il numero di microstati che posso associare ad un macrostato, maggiore deve essere la sua
entropia. In questo senso si piò vedere l'entropia come una sorta di informazione mancante
da aggiungere a quella che si ottiene osservando il macrostato al ne di determinare l'esatto
microstato in cui si trova. Tuttavia, l'informazione è una quantità adimensionale4 .
Accettando, tuttavia, che la misura della temperatura debba essere un'energia 5 , otteniamo
, ovvero che l'entropia è un numero puro, benché
che la nostra entropia di Clausius è [S] = [J]
[J]
mantenga tutte le proprietà di una funzione di stato. Allo stesso modo, l'entropia di Boltzmann
diviene un numero puro (si è precedentemente mostrato che k sarebbe semplicemente un fattore
di scala). Sotto queste ipotesi ci è possibile identicare l'entropia in un modo molto più intuitivo,
ovvero semplicemente come il logaritmo del numero di congurazioni distinguibili e compatibili
con un dato macrostato. D'altro canto, il fatto stesso di non accettare che la temperatura
sia un energia comporta notevoli problemi per quanto riguarda una corretta interpretazione
dell'entropia e introduce notevoli dicoltà dimensionali nel calcolo delle probabilità.
3.3 Conclusioni
Cerchiamo ora di tirare le somme di queste considerazioni.
Dal punto di vista classico, risulterebbe utile (benché non indispensabile) utilizzare l'energia
come unità di misura della temperatura, vedendola, di fatto, come misura di una proprietà dei
punti del sistema. Punto fondamentale di questa trattazione della temperatura come energia
è che si può ripensare a molti dei punti chiave della termodinamica classica a favore di una
spiegazione più semplice e più comoda per un approccio alla teoria cinetica. Tutti i risultati della
termodinamica classica rimarrebbero, di fatto, immutati. Non è stata cambiata alcuna proprietà
e, inoltre, le considerazioni che portano a questa formulazione sono totalmente derivate dalle
ipotesi fondamentali della termodinamica. Il cambiamento dell'unità di misura prescinde cioè
da qualsiasi ipotesi sui costituenti della materia. Altro punto di forza è la possibilità di collegare
direttamente alcuni fenomeni quali l'espansione termica dei solidi e dei gas con il concetto di
temperatura e di mantenere l'entropia un numero puro, facilitando di molto la comprensione
dell'entropia secondo Boltzmann.
Dal punto di vista della teoria cinetica, d'altro canto, risulterebbe estremamente comodo
denire la temperatura in questo modo6 . Non solo perché si eviterebbero problemi legati alle
dimensioni delle costanti, ma anche per ragioni legate al calcolo dell'entropia. Punto fondamentale di questa decisione sarebbe, infatti, poter vedere l'entropia come un puro conteggio di
stati e, come tale, considerarla una grandezza adimensionale. Ciò, inoltre, rimuoverebbe alcuni
degli ostacoli che si interpongono nell'immediata comprensione dell'entropia come una sorta
di `disordine'; sotto queste premesse, risulta più utile e procuo interpretare l'entropia come
informazione mancante7 .
Permane di certo il valore storico dello sviluppo della termometria come branca indipendente
e precedente alla termodinamica. Tralasciando le possibili dicoltà di accettazione dell'ipotesi
4 Si
veda [1].
una trattazione più approfondita, si veda nuovamente [1]
6 Per tutta la discussione, si veda [1]
7 A proposito si veda l'appendice Disordine e Informazione mancante.
5 Per
CAPITOLO 3. TEMPERATURA COME ENERGIA
19
atomica, argomento oramai vecchio di un secolo, vi sarebbero alcuni problemi legati al concetto
di energia cinetica degli atomi per temperature molto basse. Tuttavia, nei sistemi termodinamici
`convenzionali', questi problemi di certo non sussistono.
Appendice A
Temperatura e calore
A.1 Breve storia del ogisto, del calorico e del calore
Il primo a `formalizzare' un concetto simile al calore fu Eraclito (V a.C.). Secondo la sua
teoria, la natura era composta da tre elementi, uno dei quali era il fuoco. Attraverso il continuo
usso di particelle di fuoco si veniva a creare un universo in continuo mutamento, animato
perennemente dal cambiamento.
La prima e più accreditata teoria che spiegasse in modo esaustivo i fenomeni legati al calore
fu quella del ogisto1 . Secondo questa teoria, i materiali prima della combustione sono composti
di una sostanza, detta ogisto, la quale nei processi di ossidazione viene liberata e degradata.
Il ogisto, in accordo con questa teoria, è inodore, incolore, trasparente e privo di massa. In
sostanza:
• ogni combustibile contiene ogisto;
• nei processi di combustione il ogisto esce rapidamente della sostanza;
• al termine della combustione la sostanza è priva di ogisto;
Si pensava inoltre che i metalli fossero estremamente ricchi di ogisto. Si ritenevano dunque
vere queste due reazioni:
carbone → cenere + f logisto
calce + f logisto → metallo
La teoria legata al ogisto venne denitivamente abbandonata grazie all'apporto di Lavoiser
che, mediante esperimenti sistematici e la sua formulazione della legge di conservazione della
massa 2 mostrò l'impossibilità dell'esistenza di un elemento come il ogisto. Postulò invece
l'esistenza di un uido, detto calorico, presente in maggior modo nei corpi caldi che in quelli
freddi3 ; lo scambio di calore avveniva per passaggio di calorico dal corpo più caldo a quello più
freddo.
1 Per
una più accurata trattazione si veda [8].
legge di conservazione della massa asserisce che in una reazione chimica la somma delle masse dei reagenti
è uguale alla somma delle masse dei prodotti. In realtà, questa legge può essere vista come un `corollario' della
legge di conservazione dell'energia.
3 Si noti come Lavoiser tendesse ad associare il calore e il calorico con la temperatura; i due concetti saranno
distinti solo molto più tardi.
2 La
20
APPENDICE A. TEMPERATURA E CALORE
21
La svolta essenziale nella teoria legata al calore si deve, come in molti casi nella storia
della sica, ad un osservazione pressoché casuale ma molto acuta. Sul nire del XVIII secolo
Benjamin Thompson era ministro della guerra nello stato tedesco della Bavaria 4 ; come tale,
uno dei suoi compiti era ispezionare i cannoni dell'arsenale, nonché la loro fabbricazione. Nel
processo di creazione delle bocche da fuoco, veniva utilizzato un particolare strumento, detto
alesatrice. Questo strumento serviva per fresare le pareti interne della canna. Thompson fu
sorpreso dalla quantità di calore generato da quel processo. In aggiunta, per tutto il tempo
dell'operazione, il calore non cessava di essere prodotto. Accettando le ipotesi di Lavoiser, tutto
questo non era assolutamente spiegabile; infatti, il calorico doveva essere trasferito da un corpo
all'altro, dal più caldo al più freddo. In questo caso non si capiva da dove provenisse, poiché i due
corpi erano inizialmente alla stessa temperatura. In aggiunta, uendo calorico nel cannone, nelle
immediate vicinanze si sarebbe dovuto registrare una diminuzione della temperatura. Nulla di
questo avveniva; al contrario, le regioni limitrofe al cannone registravano una temperatura più
elevata lungo tutto il processo di alesazione.
Thompson dunque stravolse l'intera teoria del calorico ammettendo che il lavoro meccanico potesse essere trasformato in calore 5 . Su questa scia James Prescott Joule mostrò che,
sperimantalmente, il lavoro meccanico può produrre calore6 . Inne, nel 1850, Rudolf Julius
Emanuel Clausius, aermò che né il lavoro meccanico né il calore sono conservati, ma piuttosto
la quantità chiamata energia, formalizzando così quello che oggi viene chiamato primo principio
della termodinamica.
A.2 Termometria
La termometria è quella branca della sica che si occupa della misura della temperatura.
Gli strumenti utilizzati per misurare la temperatura sono detti termometri.
Tipicamente, al ne di misurare il valore di T , si utilizzano alcune proprietà dette termometriche, ovvero proprietà tipiche della materia che sono correlate intimamente col valore della
temperatura. In generale queste proprietà non seguono una scala lineare, per cui è dicile sia
la determinazione della legge che caratterizza il fenomeno, sia la taratura dello strumento.
Storicamente, il processo di misura della temperatura ha di molto preceduto la sua denizione
rigorosa, fornita di fatto a partire dal principio zero della termodinamica. A questo proposito è
interessante notare quali proprietà siano state utilizzate sin dai primi termometri. Uno dei classici esempi di termometri, è quello a mercurio. In questo termometro, si correla la dilatazione
volumetrica del mercurio con la temperatura: in pratica, si assume che ad una data variazione
della lunghezza della `colonnina' di mercurio corrisponda una variazione della temperatura del
sistema. La proprietà soggiacente questo strumento è quella dell'espansione volumica di una
sostanza dipendente dalla sua temperatura. Altri esempi possono essere i termometri a gas
e i termometri a solidi, basati sulla stessa proprietà. Un altro tipo di termometro è quello a
4 La
Germania era infatti divisa in una miriade di staterelli. L'unicazione denitiva della Germania avvenne
con la costituzione dell'Impero tedesco solo nel 1871.
5 Si noti che le macchine termiche come la macchina a vapore in questo periodo erano abbondantemente
utilizzate. Il processo contrario era dunque assai conosciuto.
6 E' il famoso esperimento di Joule che portò anche a denire l'equivalenza tra calorie e Joule. Le misure ad
oggi più accurate riportano 1cal = 4, 1867999409J .
APPENDICE A. TEMPERATURA E CALORE
22
infrarossi. Questo si basa sulla legge di Stefan-Boltzmann I = σT 4 ; misurando l'intensità della
radiazione emessa, si può misurare la temperatura dell'oggetto 7 .
A.3 Distinzioni essenziali tra calore e temperatura
A.3.1
Calore e temperatura nella termodinamica classica
Dal punto di vista della termodinamica classica, la temperatura e il calore si congurano
come due grandezze totalmente diverse e tra loro distinte (benché strettamente correlate); anche
se il usso di calore segue sempre un gradiente di temperatura, possiamo riassumere le principali
dierenze in :
• Dierenti unità di misura: mentre il calore è una forma di energia, la temperatura è una
grandezza fondamentale.
• Estensività del calore e intensività della temperatura: miscelando due uguali masse di gas
alla stessa temperatura, il calore che è possibile trasmettere ad un altro corpo raddoppia
mentre la temperatura rimane costante.
• Proprietà di un corpo: la temperatura è una grandezza caratteristica di un corpo mentre
il calore può solo essere denito mediante un usso.
In particolare, a creare un ulteriore `imbarazzo' nelle possibili correlazioni tra temperatura e
calore sono i cosiddetti calori latenti di fusione e di evaporazione. Si può facilmente vedere che,
somministrando calore ad una sostanza solida (ovvero mantenendola a contatto con un corpo
a temperatura più alta), durante il processo di fusione si continua a cedere calore mentre la
temperatura non aumenta. Analoghi fenomeni si vericano durante i processi di evaporazione.
A.3.2
Calore e temperatura nell'ipotesi cinetico-molecolare
Ammettendo l'ipotesi cinetico molecolare, si può vedere come la temperatura sia intimamente legata al concetto di energia cinetica media delle particelle. Se pensiamo ora al passaggio
di calore tra due corpi, che assumiamo per semplicità due gas, si può dare una spiegazione in
termini statistici del passaggio di calore.
Consideriamo due recipienti A e B contenenti la medesima quantità dello stesso gas, ma
alle temperature TA e TB , tra loro distinte (si veda FiguraA.1). Supponiamo per comodità
che sia TA > TB . La termodinamica classica asserisce che vi sarà un passaggio di calore da A
a B . Assumendo le molecole caratterizzate solamente da urti elastici (ipotesi non totalmente
corretta nel caso si stia considerando il calore), nell'urto tra due molecole vi è semplicemente
uno scambio di velocità da parte delle particelle. Poiché la velocità media delle particelle a di
A è maggiore di quelle b appartenenti a B , vediamo che negli urti tra a e b nella maggioranza
dei casi la particella b rinculerà con la velocità precedentemente posseduta da a. Il processo
continuerà nché le particelle in B avranno la stessa energia cinetica media di quelle in A.
7 Sulla
costruzione dei termometri e la loro taratura si vedano [6], [7], [9].
APPENDICE A. TEMPERATURA E CALORE
23
A questo punto, benché gli urti avvengano ancora con inversione delle velocità, in media si
bilanceranno. Da un punto di vista macroscopico si è raggiunto l'equilibrio.
Immaginiamo ora di richiudere i due contenitori e di separarli. La cessione di calore da parte
del gas contenuto in A a quello contenuto in B può allora essere visto come una diminuzione
dell'energia del gas contenuto in A a favore di quello contenuto in B . Poiché l'energia del gas
nella sua parte cinetica è strettamente legata, nel nostro modello, alla temperatura, vediamo che
il gas in A ora presenta una velocità quadratica media inferiore. In questo caso, la diminuzione
di energia cinetica media delle particelle del gas può essere vista come diminuzione dell'energia
interna. Il usso di calore in B potrà essere correlato ad un aumento di temperatura, poiché la
sua energia cinetica media è aumentata.
La spiegazione per i calori latenti di fusione e di evaporazione può essere invece trovata
complicando il modello. Nel caso l'energia trasferita non divenga cinetica ma potenziale una
sostanza rimarrà alla stessa temperatura, anche se l'altra sostanza sta cedendo calore.
Nel caso tuttavia di trasformazioni che coinvolgano puramente l'energia cinetica, possiamo
associare al usso di calore una variazione della velocità media delle particelle.
Figura A.1: Schema dei due contenitori di gas a due temperature dierenti
Appendice B
Denizione operativa della temperatura
Benché possa essere data una denizione della temperatura in base ai principi della termodinamica, è anche utile fornire una denizione operativa 1 che chiarisca in parte le ragioni delle
scelte assiomatiche fatte. Possiamo sintetizzare i requisiti in:
1. Quotidianamente ci si rende conto della distinzione di oggetti `caldi' da oggetti `freddi'.
2. Si osserva che gli oggetti più caldi tendono ad assumere volumi maggiori (dilatazione
termica).
3. Si osserva che, mettendo a contatto due corpi, di cui uno più caldo, dopo un certo tempo
i due corpi tenderanno all'equilibrio termico, ovvero avranno la stessa temperatura2 .
4. Sfruttando la dilatazione termica3 si costruisce un termometro, ovvero uno strumento che
associa ad una certa temperatura la variazione di una o più dimensioni spaziali; mediante
questo si conducono esperimenti sulla fusione dei solidi e l'evaporazione dei liquidi.
5. Sperimentalmente si ottiene che a pressione costante i solidi fondono e i liquidi evaporano
alla stessa temperatura. Da questo si è portati a credere che la temperatura di un certo
fenomeno sia la stessa purché si mantenga costante la pressione.
6. Prendendo due punti di temperatura ssi, si crea una scala dividendo in parti uguali
l'intervallo di spazio legato alla dilatazione termica. Riportando la medesima suddivisione
anche per temperature più alte e più basse, si conducono esperimenti sulla materia.
1 Si
veda anche [6].
può essere visto come equivalente al principio zero della termodinamica.
3 Solitamente si utilizzano i termometri a gas poiché in questi l'eetto della dilatazione termica è osservabile
con grande facilità.
2 Questo
24
Appendice C
Disordine e Informazione mancante
Storicamente, le prime interpretazioni dell'entropia secondo Boltzmann sono state fatte in
base al concetto di disordine. Attualmente1 si congura sempre più necessario abbandonare
questo concetto per alcune ragioni sia di carattere concettuale che di univocità.
Ordine e disordine sono concetti totalmente soggettivi e poco adattabili ad una specica
denizione matematica. Inoltre, benché si possa cercare di darne una rigorosa denizione,
risulta molto dicile determinare l'entropia in base a ordine e disordine; l'aumento di entropia
può essere visto come uno spread di energia; a livello atomico permane comunque la poca
chiarezza nel parlare di ordine o disordine. Inoltre il concetto di disordine presenta un notevole
problema: non è una `proprietà' chiaramente estensiva. Presi due gas, alla stessa temperatura
e nella stessa congurazione, l'entropia totale è di certo il doppio di quella di ciascun sistema.
Del disordine, tuttavia non si può dire con tale facilità altrettanto.
D'altro canto, Shannon riuscì a dare una denizione univoca di informazione. Risulta che
nell'evoluzione di un sistema termodinamico, la quantità d'informazione presenta un minimo
nella situazione di equilibrio. Questo può essere visto come l'aumento di entropia di un sistema. Allora, l'entropia può essere interpretata in termini di informazione mancante, ovvero
dato un macrostato, l'entropia sarebbe l'informazione mancante per determinare un microstato
specico.
C.1 Il diavoletto di Maxwell
Un interessante ed immediato esempio di come si possa interpretare l'entropia come informazione è il diavoletto di Maxwell (FiguraC.1). Un diavoletto che è in grado di vedere le singole
molecole può aprire e chiudere uno spiraglio che separa due scatole, una inizialmente vuota,
l'altra piena di gas. Quando una molecola con una velocità in un certo range si avvicina allo
spiraglio, il diavoletto lo apre e la fa passare. Al trascorrere del tempo tutte le molecole della
velocità desiderata si troveranno nella seconda scatola, quella inizialmente vuota.
Se guardiamo a questo fenomeno dal punto di vista della termodinamica classica, l'entropia
sembra essere diminuita. Questo si dimostra essere falso, poiché il diavoletto non solo deve
spendere lavoro per aprire e chiudere lo sportellino, ma deve anche prestare attenzione a che
1 Si
veda [1].
25
APPENDICE C. DISORDINE E INFORMAZIONE MANCANTE
26
le particelle già passate dallo spiraglio non tornino indietro. Se trascuriamo il contributo del
diavolo, l'entropia della seconda scatola è comunque più bassa rispetto al gas di partenza.
Chiediamoci ora in termini di informazione cosa stia facendo il diavoletto. Lui prende un
sistema in cui l'informazione è minima (gas all'equilibrio) e da questo ottiene un oggetto a
informazione tutt'altro che minima, ma con una velocità e temperatura specici. Ovvero il
microstato che il diavoletto crea è ben determinato. Per fare ciò, più o meno implicitamente, va
a creare una cosa: informazione. Ciò signica che il diavoletto è in grado, mediante un aumento
di informazione, di diminuire la mancanza di informazione totale. Questo può essere correlato
in maniera molto stretta con il concetto di entropia.
Figura C.1: Il diavoletto di Maxwell apre e chiude la porta a suo piacimento per lasciar passare
solo alcune molecole
Bibliograa
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27