B. Autonomia negoziale a contenuto non patrimoniale.

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B. Autonomia negoziale a contenuto non patrimoniale.
a. Atti a contenuto non patrimoniale.
68. Premessa. La dottrina ha dato scarsa importanza agli atti a contenuto non patrimoniale,
concentrandosi sugli atti con regolamentazione patrimoniale; tuttavia, i dottrinari stanno
cercando di superare queste tipicità.
69. Negoziabilità senza patrimonialità. Il nostro codice e il nostro ordinamento pongono come
obiettivo centrale la realizzazione e la tutela dell’uomo; quindi appunto perché vi è questa
centralità della persona umana è sbagliato dire che l’ordinamento tutela soprattutto i beni di
natura patrimoniale ed è sbagliato asserire che l’ordinamento tutela i beni di natura non
patrimoniale solo perché esiste un interesse patrimoniale, ossia si dimostri che quei beni sono
negoziabili.
La patrimonialità è un requisito mutevole utilizzato per definire l’obbligazione e il
contratto e per definire i limiti dell’operatività delle norme; la negoziabilità, invece, serve a
verificare l’idoneità di un bene ad essere oggetto di atti di autonomia; essa è strettamente legata
alla meritevolezza, in quanto l’economicità di un bene deve realizzare interessi meritevoli di
tutela.
Un errore che non bisogna commettere è quello di considerare gli atti a contenuto non
patrimoniale come atti con operazioni contrattuali, mutando così la natura non patrimoniale del
bene in natura patrimoniale.
In conclusione non bisogna confondere i negozi di natura patrimoniale con gli atti a contenuto
non patrimoniale.
70. Specificità degli atti a contenuto non patrimoniale. La dottrina afferma che è impensabile
utilizzare le stesse norme adoperate per gli atti a contenuto patrimoniale per quelli a contenuto
non patrimoniale; ad esempio il principio dell’affidamento, vigente in materia contrattuale,
risponde a esigenze di sicurezza nel traffico giuridico ed è applicabile solo quando si parla di
diritti patrimoniali.
71. Segue. Talune ipotesi. Esempi di atti con contenuto non patrimoniale li ritroviamo nel diritto
di famiglia (es: accordi coniugali), nel diritto della personalità (es: atti di disposizione del corpo)
e nel fenomeno associativo; in questo ultimo caso è molto discusso il contratto costitutivo
dell’associazione, perché tale contratto non può non avere un ruolo economico e quindi
patrimoniale.
b. Atti di disposizione del corpo.
72. Fondamenti e limiti degli atti di disposizione dell’integrità psicofisica. L’articolo 5 del
codice civile vieta gli atti di disposizione del corpo quando comportano una diminuzione
permanente dell’integrità fisica o quando sono contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon
costume.
Tale norma è molto controversa e non poche volte è stato oggetto di discussione a causa delle
continue scoperte in campo biologico come la biogenetica e i trapianti.
Venne introdotta nel codice civile per eliminare i dubbi della configurabilità di un diritto
sul proprio corpo e per conservare l’integrità fisica al fine di eseguire i doveri verso lo Stato e
verso la famiglia.
In seguito tale visione fu rivista e all’uomo venne riconosciuta una certa libertà di disporre del
proprio corpo entro logicamente il limite di assicurare la tutela dell’interesse individuale e
collettivo alla salute (art. 32 Cost.), ossia di un valore psichico oltre che fisico.
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73. Trattamenti sanitari. Problemi e discussioni tuttora accese riguardano i trattamenti sanitari:
● circa il trattamento medico – chirurgico - l’ordinamento afferma che tale trattamento
trova la ragione della sua liceità non nel consenso del paziente, ma nel raggiungimento di
un interesse alla salute del paziente: perciò l’interesse è elemento essenziale ma non
sufficiente della liceità del trattamento;
● circa la sperimentazione - la sperimentazione, per l’incertezza degli effetti, è sottoposta
ai limiti imposti dall’art. 5, cioè non deve comportare diminuzioni permanenti
all’integrità fisica e psichica;
● circa la sterilizzazione - vi sono due opposte fazioni: la prima si oppone a tale
trattamento in quanto comporterebbe un pregiudizio permanente alla funzione procreativa
e quindi ritengono illecita la sterilizzazione; l’altra invece lo ritiene lecito in base al
principio di libertà di autodeterminarsi;
● circa il rifiuto di cure - questo è un argomento molto discusso e vasto, difatti
l’ordinamento, sotto la spinta di ricorrenti rifiuti, ha limitato le terapie al solo caso di
necessità; negli altri casi il soggetto può rifiutare anche se tale scelta gli comporta una
diminuzione permanete. Altro problema riguarda l’eutanasia passiva, ossia il rifiuto di
curarsi, dove tale rifiuto è lecito solo se è diretto a perseguire l’interesse a morire
naturalmente salvaguardando la propria dignità.
Il principio di libertà di autodeterminarsi afferma che ogni soggetto è libero di disporre del
proprio corpo senza alcun limite dettato dall’integrità fisica o dalla salute; a tale principio si
oppongono molti dottrinari che affermano che la salute è non solo un diritto, ma un dovere, cioè
l’uomo ha il dovere inderogabile di provvedere alla conservazione della propria salute.
74. Natura degli atti di disposizione. Gli atti di disposizione del corpo non possono essere intesi
come atti di disposizione delle situazioni patrimoniali, perché dagli atti di disposizione del corpo
il soggetto può trarre solo la realizzazione ottimale della personalità.
Per gli atti di disposizione del corpo, il consenso ha un ruolo fondamentale: deve essere reale,
consapevole, revocabile e conferisce al destinatario la facoltà di compiere determinati atti che
senza il consenso sarebbero considerati illeciti.
75. Atti di disposizione e legislazione speciale. Tra gli atti di disposizione del corpo troviamo:
● disposizione del rene al fine di trapianto terapeutico; tale atto è consentito ai genitori, ai
figli, ai fratelli del paziente e, in assenza di questi, a donatori esterni, inoltre deve essere
tassativamente a titolo gratuito. Affinché si possa procedere al trapianto è necessaria
l’autorizzazione del giudice, che constata se il disponente è legalmente e naturalmente
capace di agire e se è consapevole delle conseguenze personali;
● prelievi di organi o tessuti da cadaveri; ultimamente tale materia è stata disciplinata con
il principio del consenso espresso dal soggetto e tale dichiarazione nega ai familiari di
opporsi all’espianto. Non possono essere espiantati l’encefalo e le ghiandole sessuali e il
consenso del soggetto può essere espresso o palesemente in vita, manifestando la propria
volontà all’espianto, oppure con dichiarazione all’ASL;
● donazione di sangue a fini trasfusionali; le donazioni di sangue e plasma devono essere a
titolo gratuito e fatte da persona legalmente capace; non devono, logicamente,
compromettere permanentemente l’integrità fisica;
● mutamento del sesso; l’adeguamento dei caratteri sessuali è fatto solo previa
autorizzazione del tribunale che verifica il reale mutamento psicologico e la capacità del
soggetto;
● interruzione della gravidanza; la gravidanza può essere interrotta se essa può comportare
un serio pericolo alla salute fisica o psichica della madre, previa autorizzazione del medico,
oppure volontariamente entro 90 giorni;
● attività sportiva; riguarda i controlli medici che vengono effettuati agli atleti delle attività
agonistiche.
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76. Atti di disposizione di parti staccate del corpo e maternità surrogata. Le parti staccate del
proprio corpo diventano, al momento del distacco, oggetto di proprietà della persona della quale
si distaccano, o se derelictae, appropriabili da terzi per occupazione.
Esse sono non solo i capelli e il sangue, ma anche gli organi, i tessuti, le cellule somatiche, il
DNA, gli zigoti e gli embrioni; tali parti non possono essere utilizzate dall’uomo come fonte di
profitto, infatti, la compravendita di parti del corpo è NULLA.
È dichiarato nullo anche il contratto con il quale una donna si lascia impiantare un embrione e
porta a termine una gravidanza rinunciando al diritto di madre; la nullità si ricerca nella illiceità
della causa (maternità surrogata).
Molti problemi sorgono soprattutto in merito alla fecondazione artificiale:
l’inseminazione artificiale è omologa quando il seme proviene dal marito, è eterologa se
proviene da un donatore.
Manca, tuttavia, per questa materia una determinata e specifica disciplina: difatti esempio
tangente di ambiguità è la possibilità del padre di disconoscere il figlio nato da inseminazione
eterologa, anche se il padre ne aveva dato il consenso: in questo caso il marito non è padre
biologico.
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