legge - Sentenze Italia

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NOTA A SENTENZA
2538/2011 - 9 marzo 2012 - Sez. I - Scardino c. Questore di Avellino - (Ricorso
straordinario).
1. - Misure di prevenzione e di sicurezza - Avviso orale - Forma scritta - Legittimità - Condizione.
1. - Il provvedimento col quale il Questore può avvisare oralmente una persona
che esistono sospetti a suo carico, in applicazione degli artt. 3 e 4 L. 27 dicembre
1956 n. 1423, può legittimamente essere adottato in forma scritta dandone comunicazione all’interessato mediante convocazione e consegna dell’atto ad opera di un ufficiale di pubblica sicurezza, in quanto in tal modo rimangono soddisfatte le esigenze
di certezza e garanzia assicurate dalla verbalizzazione dell’atto orale.
CONSIDERATO: La Sezione premesso che, dalle circostanze sopra rappresentate
emerge chiaramente in merito al ricorrente che trattasi di persona che, per il comportamento tenuto e i precedenti e i pregiudizi a suo carico, può attendibilmente ritenersi dedita alla commissione di reato e pericolosa per la sicurezza pubblica, ritiene
il provvedimento adottato legittimo e ben motivato, in quanto basato su elementi indiziari e precedenti di polizia che hanno rilevato un’apprezzabile probabilità di commissione di reati da parte dell’interessato e hanno indotto il questore, nell’ambito di
una valutazione ampiamente discrezionale sulla potenziale propensione del soggetto
a compiere azione criminose, ad adottare il provvedimento impugnato nell’interesse
della salvaguardia della sicurezza e della tranquillità pubblica e il prefetto a respingere il ricorso gerarchico. Per quanto riguarda la doglianza secondo la quale il rigetto
della richiesta di revoca dell’avviso orale è stato notificato oltre il termine di 60 giorni
dalla richiesta previsto dall’art 4 comma 3 legge n. 1423 del 1956 (“La persona alla
quale è stato fatto l’avviso può in qualsiasi momento chiederne la revoca al questore
che provvede nei sessanta giorni successivi. Decorso detto termine senza che il questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata”) va rilevato che la disposizione di legge fa riferimento al momento dell’adozione del provvedimento e non alla
sua comunicazione.
Riguardo alla doglianza relativa al vizio del provvedimento discendente dalla
mancanza di oralità, in quanto formulato per iscritto, la Sezione concorda con il rilievo dell’Amministrazione secondo la quale nel vigente sistema delle misure di prevenzione l’aver esercitato il potere in forma scritta, ma dandone comunque comunicazione all’interessato mediante convocazione e consegna dell’atto ad opera di un ufficiale di pubblica sicurezza, soddisfa le esigenze di certezza e garanzia, assicurate
dalla verbalizzazione dell’atto orale.
In conclusione, le censure avanzate dal ricorrente, sulla base di quanto sopra rilevato e di quanto convincentemente dedotto dall’Amministrazione appaiono infondate.
Ne deriva il rigetto del ricorso.
L’AVVISO ORALE DEL QUESTORE PUÒ ESSERE NON ORALE
SOMMARIO: 1. - Premessa. 2. - La natura giuridica dell’avviso orale. 3. - La de-
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legabilità. 4. - La forma dell’avviso orale. 5. - La verbalizzazione. 6. - La formazione
del silenzio assenso nel procedimento di revoca. 7. - “Il tradimento delle leggi”.
1. - Premessa. - Il parere offre numerosi spunti di ricerca, in quanto, se da un
lato non dà luogo ad interpretazioni particolari sui presupposti di adozione delle misure di prevenzione(1) di competenza del Questore, dall’altro spinge a rimeditare
sulla forma degli atti amministrativi e sulla formazione del silenzio significativo(2)
della Pubblica amministrazione.
Il Consiglio di Stato affronta le questioni giuridiche prospettate dal ricorrente
contestualmente al ricorso al Capo dello Stato, offrendo la propria opera ermeneutica
in sede consultiva.
In particolare, nel caso portato all’attenzione del Collegio, l’interessato ha presentato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ex art. 8 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, per l’annullamento del decreto con il quale il prefetto aveva
respinto il ricorso gerarchico avverso il rigetto dell’istanza di revoca dell’avviso orale
disposto dal Questore ai sensi dell’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423.
È opportuno comunque rilevare che, in seguito alle modifiche apportate dalla L.
18 giugno 2009 n. 69, l’attività consultiva del Consiglio di Stato è divenuta vincolante(3).
Il Ministero, pertanto, non ha più un effettivo potere decisorio e la sua proposta
al Presidente della Repubblica si riduce ad un adempimento formale(4), essendo l’esito del ricorso ormai rimesso al Consiglio di Stato(5).
(1) C. GUERRA, La nuova disciplina delle misure di prevenzione, in La rivista nel diritto, 2012, 4,
pag. 569; CISTERNA, Il Codice antimafia tra istanze compilative e modelli criminologici, in Dir. Pen.
Proc., 2012, 2, pag. 213; L. FILIPPI-M. F. CORTESI, Il Codice delle Misure di Prevenzione, Torino,
2011; N. E. LA ROCCA, Questioni vecchie e nuove in tema di misure di prevenzione: i limiti “pregiudizievoli” del sindacato di legittimità (nota a Cass. pen., Sez. II, 15 maggio 2009, ud. 24 aprile 2009 n.
20511; Cass. pen., Sez. VI, 23 aprile 2009, ud. 22 gennaio 2009 n. 17229), in Giur. It., 2010, 4, pag.
938; E. CAMMARATA, Le misure di prevenzione: acquisizioni indiziarie e modelli formulativi, in Riv. Polizia, 2007, 11-12, pag. 811; R. GUERRINI-L. MAZZA, Le misure di prevenzione, Padova, 2004; M. F.
CORTESI, Misure di prevenzione patrimoniali antimafia: tutela processuale e potere di intervento dei
terzi (nota a Cass. pen., Sez. VI, 18 settembre 2002, Diana ed altro), in Dir. Pen. e Processo, 2003,
pag. 1107; R. LI VECCHI, Alcune problematiche in tema di misure di prevenzione e di sicurezza, in Riv.
Pen., 2002, pag. 515; E. LOMONTE, Marginalità sociale e prognosi di pericolosità nelle misure di prevenzione personale. Le ragioni di un disagio, in Questione Giustizia, 1999, pag. 730; A. CARDONE, La
prevenzione antimafia. Le misure personali, in Giur. di Merito, 1994, pag. 564; MILETTO, voce Misure
di Prevenzione (profili processuali), in Digesto delle Discipline Penalistiche, VIII, Torino, 1994, pag.
125 e segg GALLO, voce Misure di Prevenzione (profili sostanziali), in Enciclopedia Giuridica, XX,
Roma, 1990, pag. 1 e segg. VASSALLI, Misure di Prevenzione e Diritto Penale, in Studi Petrocelli, III,
Milano, 1977, pag. 631 e segg.
(2) E. ZAMPETTI, Silenzio assenso, diniego espresso, prescrizione del diritto al conguaglio (nota
a T.A.R. Bari, Sez. II, 4 dicembre 2009 n. 3022), in Corriere del Merito, 2010, 5, pag. 576; C. LAMBERTI, DIA e silenzio assenso dopo la legge 69/2009, in Urbanistica e appalti, 2010, 1, pag. 5; D. LAVERMICOCCA, Il nuovo volto del silenzio-assenso, in Il nuovo procedimento amministrativo, a cura di
F. CARINGELLA - M. PROTTO, Roma, 2009, pag. 212; E. BOSCOLO, Il perimetro del silenzio-assenso
tra generalizzazioni, eccezioni per materia e norme previgenti (nota a Cons. Stato, Sez. VI, 29 dicembre 2008 n. 6591), in Urbanistica e appalti, 2009, 4, pag. 457; G. BARDELLI, Silenzio-assenso e condizioni dell’azione in materia di commercio (nota a Cons. Stato, Sez. V, 14 gennaio 2009 n. 107), in
Urbanistica e appalti, 2009, 4, pag. 438; DELLO SBARBA F., Il silenzio assenso e la tutela dei beni costituzionalmente rilevanti (nota a T.A.R. Lazio, Sez. II bis, 16 marzo 2009 n. 2690), in Urbanistica e
appalti, 2009, 6, pag. 755; A. SCOGNAMIGLIO, Silenzio assenso e “interesse pubblico” all’annullamento (nota a T.A.R. Palermo, Sez. I, sentenza 20 agosto 2007 n. 1971), in Giornale Dir. Amm., 2008,
4, pag. 411; S. TATTI, Applicabilità del rito di cui all’art. 21-bis della l. n. 1034/1971 a ipotesi di silenzio significativo (nota a T.A.R. Sardegna, Sez. II, 14 marzo 2007 n. 452), in Riv. Giur. Sarda, 2008,
1, pag. 186; G. VESPERINI, La denuncia di inizio attività e il silenzio assenso, in Giornale Dir. Amm.,
2007, 1, pag. 83.
(3) F. CARINGELLA-R. DE NICTOLIS, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Manuale di Diritto processuale amministrativo, a cura di F. CARINGELLA-R. DE NICTOLIS-V. POLI, Roma,
2009, pag. 1008.
(4) A. TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Torino, 2012.
(5) A. AULETTA, Ricorso straordinario al presidente della repubblica: le questioni lasciate irrisolte
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Di conseguenza, si può ragionevolmente ritenere che i pareri che il Consiglio di
Stato redige ai sensi dell’art. 11 D.P.R. n. 1199 del 1971 hanno una portata precettiva equivalente alle decisioni adottate in sede giurisdizionale(6).
Infine, il parere in commento rappresenta l’occasione di puntualizzare le modificazioni apportate all’avviso orale dalla recente introduzione del c.d. codice antimafia
con D.L.vo 6 settembre 2011 n. 159, sebbene l’istituto sia rimasto sostanzialmente
invariato.
2. - La natura giuridica dell’avviso orale. - L’avviso orale è una misura di prevenzione personale di natura amministrativa disciplinata, per il tempo in cui si sono
svolti i fatti di cui al parere in commento, dall’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423,
come modificato dall’art. 5 L. 3 agosto 1988 n. 327, che ha inteso sostituire la vecchia misura della “diffida del Questore” con uno strumento più efficace(7).
L’istituto è oggi trasfuso, con qualche modificazione, nell’art. 3 D.L.vo 6 settembre 2011 n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione,
nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”.
Esso, come tutte le misure di prevenzione, è applicabile a soggetti considerati a
vario titolo socialmente pericolosi, per controllarne la pericolosità al fine di prevenire
la commissione di reati.
Notoriamente le misure di prevenzione sono anche dette misure praeter delictum, ante delictum, sine delictum(8) o extra delictum(9), poiché sono applicabili indipendentemente dalla commissione di un reato(10).
L’avviso orale è un provvedimento amministrativo di competenza del Questore(11)
nella cui provincia dimora la persona sulla quale gravano indizi di pericolosità.
In base a tale strumento, il Questore provvede ad avvisare oralmente il soggetto
pericoloso che esistono sospetti(12) a suo carico, indicando i motivi che li giustificano,
e lo invita a tenere una condotta conforme alla legge.
dalle recenti riforme che hanno interessato il rimedio, in La rivista nel diritto, 2012, 5, pag. 805. L’Autore rivela la dubbia costituzionalità dell’istituto del ricorso al Presidente della Repubblica in seguito
alle riforme che ne hanno fortemente mutato i connotati.
(6) F. CARINGELLA-R. DE NICTOLIS, Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Manuale di Diritto processuale amministrativo, a cura di F. CARINGELLA-R. DE NICTOLIS-V. POLI, Roma,
2009, pag. 1008. Gli Autori evidenziano che “il Consiglio di Stato non è un organo consultivo di una
singola Amministrazione, ma organo ausiliario del Governo, collocato in una peculiare posizione di autonomia, indipendenza e terzietà, mediante la quale la funzione consultiva concorre con quella giurisdizionale nel realizzare la giustizia nell’Amministrazione”.
(7) R. GAROFOLI, Manuale di diritto penale, Parte Generale, Roma, 2009, pag. 1269.
(8) C. GUERRA, La nuova disciplina delle misure di prevenzione, in La rivista nel diritto, 2012, 4,
pag. 570.
(9) L’espressione è di BRICOLA, Politica criminale e scienza del diritto penale, Bologna, 1997,
pag. 33.
(10) VASSALLI, Misure di Prevenzione e Diritto Penale, in Studi Petrocelli, III, Milano, 1977, pag.
631 e segg.; GALLO, voce Misure di Prevenzione (profili sostanziali), in Enciclopedia Giuridica, XX,
Roma, 1990, pag. 1 e segg.; MILETTO, voce Misure di Prevenzione (profili processuali), in Digesto
delle Discipline Penalistiche, VIII, Torino, 1994, pag. 125 e segg.
(11) D. RIGOLI, Il Questore ed il Prefetto: figure a confronto nella normativa vigente, in Nuovo
Dir., 1999, pag. 657; A. PISU, Sulla competenza del Questore di adottare i provvedimenti di cui all’art.
100 del TULPS (nota a T.A.R. Sardegna 2 maggio 2000 n. 378, Palmas c. Min. int. e altro; T.A.R. Sardegna 4 aprile 2000 (ord.za), Are e altro c. Questore Sassari), in Riv. Giur. Sarda, 2001, pag. 215; G.
CAIA, Questore, in Digesto Pubbl., XII, Utet, Torino, 1996, pag. 332; L. D’ONOFRIO, Il Questore, in Riv.
Polizia, 1996, pag. 393; M. R. MASINI, Le autorizzazioni di polizia amministrativa tra sindaco e questore, in Riv. Polizia, 1996, pag. 448; E. REGGIO D’ACI, Questore e questura, in Encicl. giur. Treccani,
Roma, 1991, vol. XXV; M. GIUSTI, Considerazioni sulle figure del prefetto e del questore dopo l’entrata
in vigore del nuovo ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza, in Riv. Polizia, 1990,
pag. 618; V. CREA, Sulla sussistenza o meno della competenza del questore in ordine alla sospensione
o alla revoca della licenza di un pubblico esercizio in applicazione dell’art. 100, del t.u.l.p.s., in Riv. Giur.
Turismo, 1989, fasc. 2, pag. 44; C. MEOLI, Questore, in Encicl. dir., Giuffrè, Milano, 1987, vol. XXXVIII,
pag. 125; M. DI FRANCO, Questore, in Novissimo dig., appendice VI, Utet, Torino, 1986, pag. 232; U.
CALANDRELLA, Obbligo del segreto istruttorio e dovere di riferire al prefetto ed al questore nel nuovo
ordinamento dell’amministrazione della pubblica sicurezza, in Amm. It., 1985, pag. 393.
(12) È sin d’ora opportuno precisare, come verrà meglio argomentato in seguito, che con il D.L.vo
n. 159 de3l 2011 il termine “sospetti” è stato sostituito con quello di “indizi”.
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Il giudizio sulla pericolosità sociale non richiede l’accertamento della commissione di reati da parte dell’Autorità di Pubblica Sicurezza, per la quale, al contrario, è
sufficiente avere constatato che sussistono dei semplici indizi, basati su elementi di
fatto, rivelatori di una personalità connotata di comportamenti antisociali. Gli elementi di fatto, inoltre, devono essere comunque attuali(13).
La valutazione della pericolosità sociale effettuata dal Questore attiene ad un potere ampiamente discrezionale, che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, il quale può verificarne la correttezza soltanto sotto i profili di abnormità
dell’iter logico o di incongruenza della motivazione(14).
Un provvedimento di avviso orale, pertanto, avrebbe maggiori probabilità di essere annullato mediante un mezzo di impugnazione giudiziale soltanto qualora risulti
completamente carente di motivazione, essendo, al contrario, molto più complesso
riuscire a dimostrare l’illogicità manifesta di un atto puramente discrezionale.
In questa direzione, nel parere in commento, il Consiglio di Stato ha ritenuto il
provvedimento ben motivato, proprio perché gli elementi che hanno indotto l’Autorità di Pubblica Sicurezza alla sua adozione sono stati frutto di una corretta valutazione discrezionale immune da vizi logici. In tal caso, è emerso che l’avviso orale è
basato su elementi indiziari e precedenti di polizia che hanno rilevato un’apprezzabile
probabilità di commissione di reati da parte dell’interessato.
3. - La delegabilità. - Il parere in commento affronta una questione giuridica di
considerevole interesse, riguardante la delegabilità dell’avviso orale da parte del
Questore.
Il Collegio, tuttavia, nel passaggio motivazionale sulla delegabilità sorvola la
questione, ratificando semplicemente le osservazioni dell’Amministrazione.
In verità, la delegabilità dell’avviso orale introdotto dall’art. 5 L. 3 agosto 1988
n. 327, è assi controversa, in quanto, allo stato, disciplinata da norme dalla vigenza
discutibile e riferite comunque ad istituti diversi non più in vigore.
L’Amministrazione, infatti, ritiene l’avviso orale delegabile per effetto dell’art.
305 R.D. 6 maggio 1940 n. 635, regolamento di attuazione al R.D. 18 giugno 1931
n. 773 (c.d. TULPS), che, in verità, disciplina la delega della “diffida”, istituto diverso
dall’avviso orale non più vigente.
L’argomento a sostegno dell’applicabilità della delega di cui all’art. 305 R.D. n.
635 del 1940 consiste nella considerazione che l’avviso orale è stato introdotto dalla
legge n. 327 del 1988 proprio in sostituzione della diffida(15). In tale prospettiva, la
disciplina originariamente applicata alla diffida sarebbe divenuta applicabile con riferimento all’istituto che ha sostituito il vecchio.
Secondo una diversa prospettiva ermeneutica, invece, che trova conforto nel
principio di legalità che governa il diritto amministrativo, la disciplina che regolava la
diffida dovrebbe ritenersi abrogata e, pertanto, non applicabile ad un istituto comunque differente.
A sostegno di questa più condivisibile prospettiva vi è la considerazione che la disciplina applicata sotto la vigenza della legge n. 1423 del 1956 ante riforma del 1988
(13) Trib. Monza, Sez. Mis. Prev., (decreto) 16 marzo 2010, in www.diritto24.ilsole24ore.com;
sull’attualità dei fatti, anche se con riferimento alla misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio
ai sensi dell’art. 2 L. n. 1423 del 1956, vedi anche: T.A.R. Napoli, Sez. V, 12 maggio 2008 n. 4176;
T.A.R. Toscana, Sez. I, 20 dicembre 2007 n. 5150; T.A.R. Napoli, Sez. V, 30 maggio 2007 n. 5845;
T.A.R. Umbria, Sez. I, 29 giugno 2006 n. 334; tutte decisioni rinvenibili in www.giustizia-amministrativa.it.
(14) T.A.R. Latina, Sez. I, 7 maggio 2010 n. 747, in www.giustizia-amministrativa.it, “Ai fini dell’applicabilità da parte del Questore dell’avviso orale a tenere una condotta conforme alla legge, previsto dall’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423, il giudizio sulla pericolosità sociale del soggetto non richiede la commissione di specifici reati, essendo sufficiente che l’Autorità di polizia sospetti semplicemente della presenza di elementi tali da ritenere la configurabilità di una situazione rivelatrice di personalità incline a comportamenti asociali o antisociali, posto che il giudizio di pericolosità sociale è tipica valutazione di merito, che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo se non
sotto profili di abnormità dell’iter logico o di incongruenza della motivazione”.
(15) C. GUERRA, La nuova disciplina delle misure di prevenzione, in La rivista nel diritto, 2012, 4,
pag. 570.
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non può essere applicata per l’avviso orale, poiché ai sensi dell’art. 1 legge n. 327 del
1988 “L’istituto della diffida del questore di cui all’art. 1 L. 27 dicembre 1956 n. 1423,
è soppresso ed ogni richiamo allo stesso, operato in disposizioni di legge, è abrogato”.
L’art. 305 R.D. 6 maggio 1940 n. 635, inoltre, è precedente alla diffida di cui all’art. 1 L. 27 dicembre 1956 n. 1423, prima della modifica apportata con legge n. 327
del 1988, e disciplina la delega della diffida di cui all’art. 164 TULPS, che è stato comunque dichiarato illegittimo(16) con sentenza n. 11 della Corte costituzionale del 3
luglio 1956.
Sennonché, nonostante la palese inoperatività delle disposizioni di cui all’art. 305
R.D. n. 635 del 1940, la giurisprudenza(17) si è schierata con il primo orientamento
illustrato, ritenendo che la facoltà di delega di cui all’art. 305 non ha subito alcuna
abrogazione ed è applicabile con riferimento all’avviso orale. La stessa giurisprudenza inoltre ha ritenuto che per la delega non è neppure necessaria la forma scritta.
Altra giurisprudenza(18), invece, ha ritenuto vagamente e genericamente applicabile la delega in ragione dei principi generali che governano l’azione amministrativa, eludendo le questioni relative alla vigenza dell’art. 305 R.D. n. 635 del 1940.
4. - La forma dell’avviso orale. - La rubrica del presente paragrafo appare decisamente tautologica, sembrando “ricorsivo” spendere delle parole per sostenere l’oralità di un istituto se questa è insita nella sua stessa qualificazione.
Preliminarmente è opportuno osservare che nell’ambito dell’azione amministrativa non v’è alcuna norma che disciplini l’obbligo di redigere provvedimenti in forma
scritta. Questa si ricava dalle norme che disciplinano l’obbligo di motivazione(19) ed il
contenuto del provvedimento di cui alla L. 7 agosto 1990 n. 241.
Alcuni autori(20), anche se in modo forzato, fanno derivare l’obbligo della forma
scritta dei provvedimenti amministrativi dalle disposizioni di cui all’art. 2 legge n. 241
del 1990, secondo il quale il procedimento deve concludersi con un provvedimento
espresso.
In verità, tale norma impone soltanto l’obbligo di esternazione del risultato del(16) Corte cost. 3 luglio 1956 n. 11, in CED Cassazione, 1956, “Il diritto di libertà personale non
si presenta come illimitato potere di disposizione della persona fisica, bensì come diritto a che l’opposto potere di coazione personale, di cui lo Stato è titolare, non sia esercitato se non in determinante
circostanze e con le dovute forme. In nessun caso pertanto l’individuo può essere privato o limitato
nella sua libertà se questa privazione o restrizione non risulti astrattamente prevista dalla legge, se un
regolare giudizio non sia a tal fine instaurato e se non vi sia un provvedimento dell’Autorità giudiziaria che ne dia le ragioni. L’art. 13 della Costituzione, sottraendo all’autorità amministrativa, salvo casi
eccezionali di necessità e di urgenza, i provvedimenti restrittivi della libertà personale, esprime un
precetto concreto e categorico con efficacia invalidante nei confronti delle disposizioni che con esso
contrastino. Pertanto sono costituzionalmente illegittimi gli artt. dal 164 al 176 del T.U. delle leggi di
pubblica sicurezza, concernenti la disciplina dell’ammonizione, disposizioni tutte fra di loro connesse e
organicamente dirette all’emanazione di un provvedimento restrittivo della libertà personale”.
(17) Cass. pen., Sez. I, 5 ottobre 1998 n. 4775, in Cass. Pen., 1999, pag. 2973, con nota di MOLINARI. “In tema di misure di prevenzione la comunicazione all’interessato dell’avviso orale, introdotto
in luogo dell’abrogata diffida, dalla L. 3 agosto 1988 n. 327, può essere legittimamente delegata dal
Questore, così come avveniva per la diffida, ad ufficiale di P.S., o soggetto equiparato, senza che, ai
fini della validità di detta delega occorra un apposito atto scritto”. Nella stessa direzione vedi Cass.
pen., Sez. I, 6 dicembre 1993 n. 5326, in Mass. Pen. Cass., 1994, fasc. 4, pag. 73; Cass. Pen., 1995,
pag. 161, “La formulazione all’interessato dell’avviso orale introdotto, in luogo dell’abrogata diffida,
dalla L. 3 agosto 1988 n. 327, può essere legittimamente delegata dal questore (così come avveniva
per la diffida), ad un “ufficiale di P.S.” (soggetto equiparato), ai sensi del tuttora vigente (pur con i necessari adattamenti) art. 305 del regolamento di esecuzione del T.U. delle leggi di P.S., senza che ai
fini della validità di detta delega occorra un apposito atto scritto”.
(18) Cass. pen., Sez. I, 6 marzo 1992, in Mass. Cass. Pen., 1992, fasc. 7, pag. 74, “è legittimo
l’avviso orale previsto dall’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423, qualora venga dato non dal questore,
ma da un ufficiale dei carabinieri da lui delegato, in quanto trattasi di provvedimento di natura amministrativa e, come tale, delegabile in base ai principi generali di diritto amministrativo”.
(19) In questa direzione vedi F. CARINGELLA, Manuale di Diritto Amministrativo, Roma, 2009,
pag. 1142; ma anche R. CHIEPPA - R. GIOVAGNOLI, Manuale Breve. Diritto Amministrativo, Milano,
2009, pag. 366.
(20) R. GAROFOLI - G. FERRARI, Manuale di Diritto Amministrativo, Roma, 2010, pag. 807.
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l’azione amministrativa, senza fare riferimento alcuno alla forma che è prevista dalle
singole norme che disciplinano i procedimenti speciali.
La giurisprudenza, inoltre, ha vigorosamente imposto l’obbligo della forma
scritta soltanto per l’attività contrattuale(21) della Pubblica amministrazione, ma non
per l’attività provvedimentale.
Per l’attività contrattuale l’obbligo della forma è disciplinato dagli artt. 16 e 17
R.D. 18 novembre 1923 n. 2440, dalla cui portata precettiva la giurisprudenza ha
elaborato il principio secondo il quale il contratto stipulato con una Pubblica amministrazione deve rivestire la forma scritta a pena di nullità, anche qualora quest’ultima
agisca jure privatorum.
Per l’attività unilaterale della Pubblica amministrazione, tuttavia, non è rinvenibile alcuna norma dal contenuto assimilabile a quello degli artt. 16 e 17 R.D. n. 2440
del 1923.
Da una tale considerazione deriva che un provvedimento amministrativo orale è
nullo per mancanza di elementi essenziali ex art. 21 septies L. 7 agosto 1990 n. 241,
soltanto in assenza di una norma espressa che disponga la forma orale.
Ai sensi dell’art. 4 L. 27 dicembre 1956 n. 1423, come modificato dall’art. 5 L. 3
agosto 1988 n. 327, il Questore provvede “ad avvisare oralmente” il soggetto interessato che esistono sospetti a suo carico, “invita la persona a tenere una condotta
conforme alla legge e redige il processo verbale dell’avviso al solo fine di dare allo
stesso data certa”.
Anche se la chiarezza della norma non lascia dubbi sulla forma orale dell’avviso,
questioni di natura eminentemente pratica hanno indotto gli Agenti di Pubblica Sicurezza ad aggirare l’obbligo dell’oralità, redigendo per iscritto l’avviso e comunicandolo soltanto successivamente all’interessato.
Secondo il parere in commento, le ragioni che hanno indotto ad eludere il dettato normativo sarebbero rinvenibili in esigenze di certezza e di garanzia del buon
funzionamento della Pubblica amministrazione. Del resto, in tale prospettiva, la
forma scritta sarebbe assicurata comunque dalla verbalizzazione dell’atto orale.
Secondo il Collegio, pertanto, la redazione di un avviso orale configurerebbe
un’ipotesi di vizio non invalidante di cui all’art. 21 octies comma 2 L. 7 agosto 1990
n. 241, secondo il quale il provvedimento adottato in violazione di norme sulla forma
non è annullabile qualora il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Sennonché, tale ricostruzione non è corretta e non può essere condivisa per almeno quattro ragioni differenti.
In primo luogo, non ricorrono i presupposti per l’operatività dell’art. 21 octies
comma 2 L. n. 241 del 1990, poiché tale forma speciale di “sanatoria” si applica ai
provvedimenti amministrativi che conseguono ad un’azione amministrativa vincolata,
priva di qualsivoglia valutazione discrezionale, mentre il procedimento di irrogazione
dell’avviso orale si caratterizza per la sua natura altamente discrezionale.
In secondo luogo, la consegna del provvedimento di avviso orale, avvenuta suc(21) Ex multis Cass. civ., Sez. II, sentenza 14 aprile 2011 n. 8539, in www.altalex.com, “Ai sensi
degli artt. 16 e 17 del regio decreto 18 novembre 1923 n. 2440, il contratto di prestazione d’opera professionale stipulato con una Pubblica amministrazione, ancorché quest’ultima agisca jure privatorum
deve rivestire, a pena di nullità, la forma scritta; l’osservanza di tale requisito, che risponde ad evidenti finalità di garanzia del regolare svolgimento dell’attività amministrativa, presuppone la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo legittimato a manifestare la
volontà dell’ente pubblico nei rapporti esterni, nonché l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e dell’entità del compenso, non risultando a tal fine sufficiente la delibera con cui l’organo competente a formare la volontà dell’ente abbia autorizzato il conferimento dell’incarico, la quale ha natura di atto meramente interno. La necessità della forma scritta, quale strumento per evitare arbitrii nell’interesse del
cittadino e per favorire l’esercizio della funzione di controllo, deve essere estesa anche alle modificazioni successive dell’incarico che comportino variazioni sostanziali nella natura delle prestazioni affidate al professionista e nella misura del compenso dovutogli, in quanto le stesse, risolvendosi in un
mutamento dell’oggetto del contratto, richiedono una nuova manifestazione di volontà, espressa nella
forma prescritta dalla legge ad substantiam, e non possono quindi essere desunte da comportamenti
concludenti delle parti o dalle determinazioni assunte al riguardo dall’organo deliberante dell’Ente”.
DOTTRINA
137
cessivamente al momento di redazione del verbale, elude la ratio dell’oralità ed attenua notevolmente l’efficacia del rimprovero. Un avvertimento svolto in forma scritta,
infatti, è privo della capacità intimidatoria che l’approccio personale con Agente di
Pubblica Sicurezza comporta.
In terzo luogo, la spersonalizzazione dell’avviso è contraria al principio di legalità
che governa l’azione amministrativa. Se il Legislatore ha stabilito che l’avviso deve
essere orale, l’avviso deve essere orale almeno fino a quando la norma non verrà modificata. A ben vedere, il Collegio, in tale occasione, è stato spinto da valutazioni sulle
esigenze di certezza e garanzia dell’azione amministrativa che dovrebbero spettare
agli organi del potere legislativo. Il Legislatore, infatti, facendosi carico di valutazioni
sul buon andamento dell’azione amministrativa, concepisce gli istituti in un modo
conforme alle finalità che si intendono perseguire. Interpretazioni pretorie eccessivamente ampie sminuiscono la ratio legis e nullificano l’operato del Legislatore.
Infine, le disposizioni di cui all’art. 4 comma 1 legge n. 1423 del 1956 dispongono che la redazione del verbale del tenuto avviso avviene “al solo fine di dare allo
stesso data certa”.
A conferma di tali argomentazioni vi sono precedenti(22) giurisprudenziali che
hanno considerato illegittimi provvedimenti di avviso orale tenuti in forma scritta, ponendosi nettamente in contrasto con il parere in commento.
Del resto, la categoria dei provvedimenti orali, sebbene poco diffusa, non è neppure del tutto assente nel diritto amministrativo, basti pensare, non solo ai casi più
noti degli ordini di polizia, ma anche all’atto di convocazione della Giunta o del Consiglio per esplicita previsione dello Statuto o dei regolamenti(23).
La tematica sull’oralità dei provvedimenti di pubblica sicurezza, inoltre, è ora più
accesa di un tempo, in ragione della recente introduzione di un istituto simile all’avviso orale che è stato interessato dalla stessa questione sulla forma.
L’art. 8 D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, convertito con modificazioni in L. 23 aprile
2009 n. 38, ha introdotto l’“ammonimento” del Questore(24), una misura di preven(22) T.R.G.A. Trento 7 ottobre 2004 n. 316, in www.giustizia-amministrativa.it, “È illegittimo il
provvedimento di avviso orale ex art. 4 legge n. 1423 del 1956 che risulta essere stato adottato solo
in forma scritta in palese violazione della procedura stabilita dalla stessa norma. Il provvedimento in
questione è un atto meramente orale, consistente in un avviso circa l’esistenza di sospetti a carico del
soggetto interessato e in un conseguente invito orale rivolto allo stesso di mantenere una condotta
conforme alla legge; la verbalizzazione è richiesta solo per fornire una data certa dell’avvenuto avviso
orale, poiché il verbale consiste in un documento che ha solo valore ricognitivo dell’avviso-invito rivolto dal Questore all’interessato”.
(23) Lo ricorda il T.A.R. Bari, Sez. I, 20 maggio 2004 n. 2227, in www.giustizia-amministrativa.it,
“gli atti della Pubblica amministrazione, anche quelli che hanno natura privatistica adottati in osservanza al regime comune ma comunque rispondenti ad una funzione tipica dell’amministrazione, anche
in assenza di una legge che imponga la forma scritta devono essere redatti per iscritto, e ciò come
principio di portata generale tendente a soddisfare un’esigenza di certezza e di garanzia del buon funzionamento della p.a. in base a quanto stabilito dall’art. 97 Cost.; la forma scritta è richiesta ad substantiam e soltanto qualora sia la legge a prevederlo espressamente tali atti possono essere adottati
oralmente (es. gli ordini di polizia, l’atto di convocazione della Giunta e/o Consiglio per esplicita previsione dello Statuto o dei Regolamenti)”. Con riferimento ai provvedimenti del Sindaco, nella casistica
giurisprudenziale di senso contrario, è degna di nota Cass. pen., Sez. III, 9 novembre 1994 n. 12921,
in Cassazione Penale, 1996, pag. 1596, ma anche in Giustizia Penale, 1995, II, pag. 703, “L’autorizzazione regionale per l’esercizio di una discarica, ai sensi degli art. 6 lett. d), 10 comma 1 e 2, e 25
D.P.R. 10 settembre 1982 n. 915, è prescritta non soltanto per i privati, ma anche per i sindaci dei comuni. Tale obbligo non è in contrasto né con le direttive della comunità economica europea delle quali
il D.P.R. n. 915 del 1982 costituisce attuazione né con l’obbligo dei sindaci di provvedere allo smaltimento dei rifiuti. I provvedimenti contingibili e urgenti di cui all’art. 12 del citato D.P.R. n. 915 del
1982 non possono essere adottati oralmente né essere considerati impliciti nel comportamento concretamente assunto dalla P.A., ma, per la loro stessa natura, debbono rivestire la forma scritta ed essere adeguatamente motivati”. Ancora degna di nota è Cass. civ., Sez. I, 4 settembre 2009 n. 19206
in Urbanistica e Appalti, 2009, 11, pag. 1314, ma anche in Giornale di Diritto Amministrativo, 2009,
11, pag. 1201, “In materia di appalto di opere pubbliche l’ipotesi di ordine orale di esecuzione è del
tutto eccezionale poiché va seguita dalla formale stipulazione del contratto”.
(24) Sulla problematica relativa all’oralità di tale istituto sia consentito rinviare a L. PRESUTTI,
L’ammonimento orale come strumento di prevenzione dello stalking, in www.neldiritto.it, Rivista Telematica di Diritto, 2012, n. 70.
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zione che consiste in una diffida mossa ad un soggetto indiziato di atti persecutori ex
art. 612 bis Cod. pen.
Ulteriore esempio di provvedimento orale assai noto è il “richiamo orale” ex art.
2 D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737, sulle sanzioni disciplinari per il personale dell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza, che consiste in un ammonimento con cui vengono punite lievi mancanze non abituali oppure omissioni di lieve entità causate da
negligenza o da scarsa cura della persona e dell’aspetto esteriore.
Si può concludere, pertanto, che nel diritto di polizia provvedimenti amministrativi orali sono diffusi e una previsione normativa che impone l’oralità di un rimprovero
non deve suscitare stupore. La ratio dell’oralità è da rinvenire nella considerazione
secondo la quale il provvedimento orale è connotato di una capacità intimidatoria che
quello scritto non possiede e, pertanto, ha anche una maggiore efficacia.
5. - La verbalizzazione. - Contestualmente all’atto dell’avviso, ai sensi dell’art. 4
legge n. 1423 del 1956, deve essere redatto processo verbale al solo fine di dare
prova certa dell’avviso tenuto oralmente.
Il principio dell’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, in tal caso, è osservato per mezzo della verbalizzazione, la quale deve contenere una narrazione sufficientemente esaustiva delle ragioni che hanno indotto il Questore ad adottare il suo
potere autoritativo.
Lo stesso art. 4 della legge citata, infatti, prevede che il Questore debba indicare
i motivi che giustificano i sospetti a carico dell’interessato.
Per tali ragioni, non si può sostenere che il comportamento di avvisare per
iscritto l’interessato sia giustificato dall’esigenza di rispettare il principio dell’azione
amministrativa secondo il quale i provvedimenti amministrativi devono essere motivati.
In calce al verbale, ai sensi dell’art. 3 comma 4 legge n. 241 del 1990, dovrà essere indicato il termine di impugnazione e l’autorità cui è possibile ricorrere. Obbligo
analogo è previsto anche dall’art. 1 comma 3 D.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199, ai
fini dell’esperimento del ricorso gerarchico.
È noto che la violazione di tale disposizione è considerata una mera irregolarità
ai sensi dell’art. 21 octies comma 2 legge n. 241 del 1990, inidonea a provocare l’annullamento giudiziale o giustiziale dell’atto impugnato.
La giurisprudenza, tuttavia, non ha reso la violazione completamente improduttiva di effetti, ed ha elaborato il principio di non decadenza dall’impugnativa per l’omessa o erronea indicazione del termine.
Il cittadino, inoltre, non decade dall’impugnativa soltanto se sia configurabile
l’errore scusabile e, pertanto, qualora, nel caso concreto, ci sia una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili ovvero sul termine decadenziale
da parte del destinatario dell’atto(25).
Anche sotto il profilo della violazione dell’art. 3 comma 4 legge n. 241 del 1990
e dell’art. 1 comma 3 D.P.R. n. 1199 del 1971, il Consiglio di Stato in sede consultiva,
nel parere in commento, sorvola la problematica ratificando le argomentazioni dell’Amministrazione.
(25) Cons. Stato, Sez. VI, 28 gennaio 2011 n. 642, in questa Rassegna 2011, I, 137, “L’omessa
indicazione in calce al provvedimento (nella specie le note inviate dall’Amministrazione all’impresa appellata da cui risultava l’esclusione della medesima dalle successive fasi di gara) del termine e dell’Autorità cui ricorrere, in violazione dell’art. 3 legge n. 241 del 1990, rappresenta una mera irregolarità. Tale omissione può costituire presupposto per ravvisare un errore scusabile, purché nel caso concreto ci sia una qualche giustificata incertezza sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del destinatario del predetto atto”; nella stessa direzione vedi T.A.R. Catania, Sez. III, 12 giugno 2009 n.
1093, “Costituisce jus receptum che la carente od erronea indicazione dell’Autorità o del termine per
l’impugnazione degli atti amministrativi non ne determina la nullità bensì una mera irregolarità, che si
risolve nell’impedimento al verificarsi di preclusioni processuali in pregiudizio dell’interessato”; ancora: T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 17 settembre 2009 n. 4979; T.A.R. Napoli, Sez. V, 26 maggio 2009, n.
2931; T.A.R. Napoli, Sez. VII, 4 maggio 2009 n. 2284; T.A.R. Toscana, Sez. II, 6 aprile 2009 n. 565;
T.A.R. Napoli, Sez. V, 29 dicembre 2008 n. 21530, tutte le pronunce citate sono consultabili in
www.giustizia-amministratia.it.
DOTTRINA
139
Nel caso di specie, il vizio consiste nell’indicazione errata del decreto del Questore,
che prevedeva un termine di impugnazione di trenta giorni in luogo dei sessanta previsti per il ricorso gerarchico ex art. 4 comma 2 legge n. 1423 del 1956, in deroga alla disciplina generale di cui all’art. 2 D.P.R. n. 1199 del 1971 che ne prevede solo trenta.
Tale vizio certamente non può essere idoneo a provocare l’annullamento dell’avviso orale e, in caso di impugnazione tardiva, non potrebbe configurare neppure errore scusabile, visto che l’indicazione di un termine errato minore, in luogo di quello
corretto superiore, non può avere effetti negativi per l’interessato.
6. - La formazione del silenzio assenso nel procedimento di revoca. - L’istanza di
revoca dell’avviso orale può essere proposta al Questore in qualsiasi momento, poiché ai fini della fruibilità di tale strumento giuridico non è previsto alcun termine decadenziale dall’adozione della misura di prevenzione.
Una volta proposta l’istanza, il Questore ha l’obbligo di provvedere nel termine di
sessanta giorni.
L’art. 4 comma 3 legge n. 1423 del 1954 prevede un sistema speciale di silenzio
assenso secondo il quale “decorso detto termine senza che il Questore abbia provveduto, la richiesta si intende accettata”.
Il punto nodale da affrontare verte sul significato che si attribuisce all’espressione semantica utilizzata dal Legislatore, laddove si ritiene che qualora il Questore
non abbia “provveduto” nel termine di sessanta giorni dall’istanza di revoca si forma
un provvedimento di assenso tacito.
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato ha ritenuto che il provvedimento di rigetto
comunicato successivamente, ma adottato precedentemente alla consumazione del
termine di formazione del provvedimento di assenso tacito sia legittimo.
La ricostruzione ermeneutica del Collegio verte sulla distinzione concettuale tra
adozione e comunicazione dell’atto, poiché, ai fini dell’esistenza, il provvedimento si
forma con la prima ma produce effetti soltanto con la seconda.
In una tale prospettiva ermeneutica, la comunicazione del provvedimento costituisce atto integrativo dell’efficacia e, quindi, non rileva al fine della verifica del rispetto dei termini di massima durata del relativo procedimento, concluso alla data di
adozione del provvedimento finale(26).
Il principio appena enunciato si ricava dall’art. 21 bis legge n. 241 del 1990, secondo il quale il provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione.
Di conseguenza, la notificazione del provvedimento costituisce soltanto una fase
integrativa dell’efficacia, che non incide sulla sua esistenza, la quale, invece, si ha per
avvenuta al momento della formazione da parte dell’organo competente.
In una battuta, l’esistenza dell’atto non coincide con la sua efficacia(27), di talché
l’eventuale adozione in un tempo precedente alla comunicazione produce uno scollamento temporale tra il momento dell’esercizio e il momento dell’esternazione del potere.
La comunicazione, generalmente, produce effetti ex nunc, pertanto, il provvedimento(28) genera delle ricadute nella sfera giuridica dell’interessato soltanto in un
(26) Cons. Stato, Sez. V, 19 giugno 2008 n. 3078, in questa Rassegna 2008, I, 830; T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 28 maggio 2008 n. 5156; T.A.R. Lecce, Sez. II, 22 gennaio 2008 n. 153; Cons.
Stato, Sez. V, 23 novembre 2007 n. 6015; Cons. Stato, Sez. IV, 17 febbraio 2006 n. 675, ivi 2006, I,
239; T.A.R. Liguria, Sez. I, 28 giugno 2005 n. 985; Cons. Stato, Sez. IV, 22 aprile 2005 n. 1851, tutte
pronunce consultabili in www.giustizia-amministrativa.it, “La notifica del provvedimento di destituzione, attiene alla fase della sua efficacia e non a quella della sua perfezione o validità, dovendosi dunque ritenere il procedimento concluso e quindi insuscettibile di perenzione a seguito dell’adozione dell’atto finale”; nello stesso senso vedi Cons. Stato, Ad. plen., 27 giugno 2006 n. 10, in questa Rassegna 2006, I, 874 e in Vita Notar., 2006, 2, 1, pag. 728; Giornale Dir. Amm., 2006, 9, pag. 1006; Giur.
It., 2007, 2, pag. 486; Foro It., 2007, 1, 3, pag. 3 con nota di PERRINO; Corriere del Merito, 2006,
12, pag. 1499.
(27) R. GAROFOLI-G. FERRARI, Manuale di Diritto Amministrativo, Roma, 2010, pagg. 809-810.
(28) E. CASETTA, Manuale di Diritto Amministrativo, Milano, 2011, pag. 567. L’Autore rileva che
l’atto amministrativo è di regola irretroattivo.
140
DOTTRINA
momento successivo alla sua adozione(29). In tale prospettiva ermeneutica, una delle
conseguenze più significative per il privato, in caso di omessa comunicazione, è la
mancanza della decorrenza dei termini per l’impugnazione(30).
Sarebbe da chiedersi se per il diniego di revoca dell’avviso orale sia applicabile
l’ultimo alinea dell’art. 21 bis legge n. 241 del 1990, secondo il quale “i provvedimenti
limitativi della sfera giuridica dei privati aventi carattere cautelare ed urgente sono
immediatamente efficaci” a prescindere dalla loro comunicazione. Ma tale disposizione è stata ignorata dal parere in commento.
La ricostruzione ermeneutica offerta dal Consiglio di Stato non è condivisibile,
poiché non tiene conto della particolarità dei procedimenti che si concludono con un
provvedimento di assenso tacito, per i quali il momento di efficacia del provvedimento coincide con lo spirare del termine.
La previsione dell’art. 21 bis legge n. 241 del 1990 non dispone null’altro che la
preclusione per la Pubblica amministrazione di portare in esecuzione un provvedimento inefficace(31).
Per i procedimenti disciplinati dalla regola del silenzio assenso, l’inerzia della
Pubblica amministrazione equivale a provvedimento di accoglimento della domanda,
con la conseguente insorgenza di una legittima aspettativa del privato agli effetti disciplinati dalla norma.
Inoltre, in seguito alla L. 11 febbraio 2005 n. 15, che ha modificato l’art. 20 legge
n. 241 del 1990, la regola del silenzio assenso è stata rafforzata, tanto che è ormai
divenuta un principio generale dell’azione amministrativa.
Neppure si può sostenere che ai sensi dell’art. 20 comma 4 legge n. 241 del 1990
il principio del silenzio assenso non si applica agli atti e procedimenti riguardanti la
pubblica sicurezza, poiché di fronte alla disposizione speciale di cui all’art. 4 comma
3 legge n. 1423 del 1956 la norma generale diviene inapplicabile.
Nei procedimenti disciplinati dalle regola del silenzio assenso, il decorso del termine coincide con l’efficacia del provvedimento, i cui effetti possono essere rimossi
soltanto mediante l’attivazione di un procedimento di autotutela(32).
In questa direzione, una autorevole dottrina(33) ha addirittura ipotizzato la nul(29) Cons. Stato, Sez. VI, 9 settembre 2008 n. 4301, in questa Rassegna 2008, I, 1193 e in
www.giustizia-amministrativa.it, “Si deve ritenere che la regola di irretroattività dell’azione amministrativa sia espressione dell’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, oltreché del principio di legalità che, segnatamente in presenza di provvedimenti limitativi della sfera giuridica del privato (tali essendo quelli introduttivi di prestazioni imposte), impedisce di incidere unilateralmente e
con effetto ex ante sulle situazioni soggettive del privato. La regola del principio di irretroattività degli
atti a contenuto normativo, può ricevere deroga per effetto di una disposizione di legge pari ordinata
e non in sede di esercizio del potere regolamentare che è fonte normativa gerarchicamente subordinata; ne consegue che solo in presenza di una norma di legge che a ciò abiliti, gli atti e regolamenti
amministrativi possono avere efficacia retroattiva”.
(30) AA.VV., Commento sub art. 21 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in F. CARINGELLA-L.
TARANTINO, Codice Amministrativo, Roma, 2009, pag. 1312.
(31) AA.VV., Commento sub art. 21 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in F. CARINGELLA-L.
TARANTINO, Codice Amministrativo, Roma, 2009, pag. 1313.
(32) In questa direzione la giurisprudenza è davvero sterminata, a titolo esemplificativo vedi:
T.A.R. Palermo, Sez. II, 11 gennaio 2010 n. 253; T.A.R. Lecce, Sez. II, 4 giugno 2009 n. 1358, in
questa Rassegna 2010, II, 115; 2009, II, 863; T.A.R. Toscana, Sez. II, 26 gennaio 2007 n. 135;
T.A.R. Veneto, Sez. III, 31 dicembre 2007 n. 4134, “Lo spirare del termine comporta il perfezionamento del silenzio assenso con l’attribuzione automatica ex lege del comportamento silente della
P.A. della valenza provvedimentale. Tale piena equiparazione del silenzio ad un atto espresso implica, diversamente da quanto accade in materia di silenzio inadempimento, l’esaurimento del potere da parte della P.A. che non può più adottare tardivamente alcun provvedimento ed ove esso sia
comunque adottato dovrà ritenersi illegittimo”. Ancora nello stesso senso vedi T.A.R. Bari, Sez. II,
4 dicembre 2009 n. 3022, in Corriere del Merito, 2010, 5, pag. 575 con nota di E. ZAMPETTI, Silenzio assenso, diniego espresso, prescrizione del diritto al conguaglio; T.A.R. Abruzzo, Sez. I, 27
novembre 2006 n. 774, in Ragiusan, 2007, 281-282, 40; T.A.R. Piemonte, Sez. I, 19 aprile 2006 n.
1885, in questa Rassegna 2006, II, 545 e in Urbanistica e appalti, 2006, 7, pag. 836 con nota di
BOSCOLO.
(33) F. CARINGELLA, Corso di Diritto Amministrativo, Milano, 2008, pag. 946.
DOTTRINA
141
lità per carenza assoluta di potere del provvedimento espresso comunicato successivamente alla scadenza del termine per provvedere.
Ed invero, al decorrere del termine per provvedere il potere amministrativo si è
ormai consumato(34).
Il silenzio assenso, formatosi per decorso del tempo prescritto dall’inoltro dell’istanza, non può essere considerato dall’Amministrazione tamquam non esset(35), anche in considerazione, da un lato, del principio di legalità che governa l’azione amministrativa e, dall’altro, del principio del legittimo affidamento che tutela le aspettative
dell’amministrato.
L’interpretazione offerta dal parere in commento, peraltro, dà adito ad alcune
conseguenze paradossali. Si pensi al caso in cui il provvedimento espresso, pure
adottato nei termini, rimanga nei cassetti della Questura per anni.
In questa direzione, qualora la giurisprudenza maggioritaria accogliesse la
chiave ermeneutica data in questa occasione dal Consiglio di Stato, si avrebbero
incertezze spaventose, in patente contrasto con il principio della certezza del diritto.
Altra giurisprudenza(36), infatti, ha interpretato correttamente le disposizioni di
cui all’art. 4 comma 3 legge n. 1423 del 1956 in senso contrario al parere in commento, statuendo che il termine finale di sessanta giorni dopo il quale si forma il silenzio assenso dell’Autorità di Pubblica Sicurezza sulla richiesta di revoca dell’avviso
orale deve essere accertato con riferimento, non alla data dell’atto esplicito di diniego, ma a quella in cui detto atto è conosciuto dall’interessato.
7. - “Il tradimento delle leggi”. - Ceci n’est pas une pipe(37) è il déjà vu che si avverte leggendo il titolo dedicato a questo breve commento al parere del Consiglio di
Stato, Sez. I, 9 marzo 2012 n. 1194.
Nulla, infatti, meglio di un’opera di René Magritte riesce a descrivere il paradosso
delle interpretazioni pretorie della legge che, assai spesso, purtroppo o per fortuna,
riesce a dire, non solo ciò che non dice, ma addirittura il contrario di ciò che sembra
dire.
“Il tradimento delle leggi” è un fenomeno ricorrente per ogni operatore del diritto, il quale, molto spesso, avverte un senso di impotenza e spaesamento di fronte
ad un testo normativo che sia sfornito di annotazioni giurisprudenziali. Un dubbio latente avvolge il suo sforzo ermeneutico.
La sensazione è frustrante per gli avvocati, operatori giuridici di “prima linea”, i
quali, prima di incardinare una causa, hanno il dovere deontologico di fornire un giudizio prognostico al proprio assistito sull’utile esperibilità dell’azione.
Il parere in commento, per ben due principi, tradisce l’interpretazione giurisprudenziale pregressa, che in verità è stata decisamente più fedele al dettato normativo:
una volta in merito all’oralità dell’avviso del Questore, ed un’altra in merito al silenzio serbato dall’Amministrazione nel procedimento di revoca.
C’è da chiedersi se il principio di legalità, che governa l’azione amministrativa,
regoli anche l’azione giudiziaria, tralasciando per un momento la peculiarità del ri(34) E. ZAMPETTI, Silenzio assenso, diniego espresso, prescrizione del diritto al conguaglio, in
Corriere del Merito, 2010, 5, pag. 579, “in tanto si può ritenere illegittimo il diniego espresso successivo alla formazione del silenzio assenso in quanto si assume che il silenzio assenso, al pari d’un provvedimento espresso, determini la consumazione del potere”. L’Autore illustra la tesi dell’equiparazione
del provvedimento espresso adottato successivamente alla consumazione del termine per la formazione del silenzio all’esercizio di autotutela. In questa prospettiva il provvedimento sarebbe legittimo.
(35) In questi termini vedi Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2007 n. 1339, in www.giustizia-amministrativa.it.
(36) T.A.R. Latina, 13 febbraio 1995 n. 206, in TAR 1995, I, 1073; in Foro Amm., 1995, pag.
2000, “Il termine finale di sessanta giorni dopo il quale si forma il silenzio-assenso dell’autorità di P.S.
sulla richiesta di revoca dell’avviso orale di cui all’art. 5 l. 3 agosto 1988 n. 327 va accertato con riferimento, non alla data dell’atto esplicito di diniego, ma a quella in cui detto atto è conosciuto dall’interessato”.
(37) Nota opera di René Magritte, Il tradimento delle immagini (questa non è una pipa), 1928-29,
in Jacques Meuris, Magritte, Milano, 2004, pag. 120.
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corso al Presidente della Repubblica, istituto da sempre in bilico tra strumento giudiziario e amministrativo(38).
In verità, la violazione del principio di legalità dovrebbe essere sanzionata dal
potere giudiziario, mentre valutazioni sull’opportunità delle caratteristiche di un istituto dovrebbero appartenere al potere legislativo.
Il Legislatore nei tempi più recenti ha riformato la disciplina delle misure di prevenzione, sostituendo la L. 27 dicembre 1956 n. 1423, con il D.L.vo 6 settembre
2011 n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione,
nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia”.
L’avviso orale è stato trasfuso con modificazioni nell’art. 3 D.L.vo n. 159 del
2011 ed è rimasto pressoché inalterato, se non altro sotto tutti i profili trattati dal parere in commento.
Tra gli intenti del Legislatore del 2011 vi è stata certamente la volontà di conservare l’oralità dell’avvertimento in prospettiva della ratio legis, che verte sulla considerazione secondo la quale l’approccio personale con l’Autorità di Pubblica Sicurezza ha un effetto maggiormente intimidatorio, che la comunicazione scritta, magari
su un formulario prestampato, sbiadito e distorto dalle ripetute copie, non possiede.
Aspetto decisamente innovativo introdotto dalla riforma citata è che il nuovo avviso orale non è più presupposto per la richiesta della applicazione di alcuna misura
di prevenzione giudiziaria(39).
L’art. 3 D.L.vo n. 159 del 2011, infatti, trova una formulazione parzialmente
difforme dall’art. 4 legge n. 1423 del 1956, con evidenti ricadute sul piano applicativo dell’istituto.
L’avviso orale, prima della novella del 2011, costituiva presupposto necessario
per l’applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale, del divieto
di soggiorno e dell’obbligo di soggiorno di cui all’art. 3 legge n. 1423 del 1956, ma
non per il provvedimento di rimpatrio con foglio di via obbligatorio di cui all’art. 2
della stessa legge(40).
La nuova norma sostituisce l’espressione della vecchia, introducendo la mera
possibilità per il Questore di muovere l’avviso orale ed eliminando l’obbligo.
Del resto, l’avviso orale ex art. 4 legge n. 1423 del 1956 soltanto da un orientamento minoritario era considerato presupposto di procedibilità(41) dell’azione penale
sulla misura di prevenzione giudiziaria, mentre l’orientamento maggioritario(42) rite(38) A. AULETTA, Ricorso straordinario al presidente della repubblica: le questioni lasciate irrisolte
dalle recenti riforme che hanno interessato il rimedio, in La rivista nel diritto, 2012, 5, pag. 805.
(39) AA.VV., Il Codice Antimafia, a cura di M. E. MALAGNINO, Torino, 2011, pag. 9, gli Autori osservano che, per via della nuova formulazione della norma, il nuovo “avviso orale” ex art. 3 D.L.vo 6
settembre 2011 n. 159, non costituisce più necessario presupposto per l’applicazione di alcuna misura
di prevenzione.
(40) Secondo l’orientamento pregresso destinato ad estinguersi, “ai sensi del combinato disposto
delle disposizioni contenute nella L. 27 dicembre 1956 n. 1423, deve ritenersi che l’avviso orale costituisca presupposto necessario per l’applicazione delle misure di prevenzione di cui all’art. 3 di tale
legge (sorveglianza speciale, divieto di soggiorno, obbligo di soggiorno), ma non per il provvedimento
di rimpatrio con foglio di via obbligatorio, che è contemplato dall’art. 2 della citata legge n. 1423 del
1956” T.A.R. Catanzaro, Sez. I, 25 novembre 2008 n. 1515; nella stessa direzione vedi T.A.R. Milano,
Sez. III, 18 aprile 2007 n. 1812; T.A.R. Napoli, Sez. V, 28 novembre 2007 n. 15439 e Sez. IV 26 gennaio 2006 n. 1049, tutte pronunce consultabili in www.giustizia-amministrativa.it.
(41) Contra Cass. pen., 1 ottobre 1990, in Riv. Pen., 1991, pag. 759, “La diffida da parte dell’autorità amministrativa, oggi sostituita dall’avviso orale, rimane ancor oggi condizione di procedibilità
per l’applicazione delle misure di prevenzione diverse da quelle previste dalla l. 31 maggio 1965, n.
575 (disposizioni contro la mafia)”.
(42) Cass. pen., Sez. I, 5 dicembre 2002 n. 1379, in CED Cassazione, 2003, “In tema di misure
di prevenzione, per il disposto dell’art. 19 comma 1 L. 22 maggio 1975 n. 152, così come modificato
dall’art. 13 L. 3 agosto 1988 n. 327, che prevede che le disposizioni di cui alla L. 31 maggio 1965 n.
575 (disposizioni contro la mafia) si applichino anche alle persone indicate dall’art. 1, commi primo e
secondo, della L. 27 dicembre 1956 n. 1423, sussiste una completa equiparazione tra soggetti pericolosi in quanto indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso e soggetti pericolosi in quanto ritenuti abitualmente dediti a traffici delittuosi da cui traggono, almeno in parte, i mezzi di vita, risultando estesa a questi ultimi la disciplina introdotta per i primi. Ne consegue che qualora venga
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neva che fosse semplicemente un presupposto di validità della richiesta del Questore
per l’applicazione della misura giudiziaria(43).
Nella nuova disposizione è rimasta immutata la disciplina della revoca dell’avviso
orale che continua ad essere regolata dallo stesso sistema del silenzio assenso previsto dalla normativa pregressa.
È da chiedersi se il nuovo avviso orale come disciplinato dall’art. 3 D.L.vo n. 159
del 2011 sia ancora delegabile ai sensi della ormai remota disposizione dalla dubbia
vigenza di cui all’art. 305 R.D. 6 maggio 1940 n. 635. Non si sono ancora registrati
precedenti.
Intanto, l’incompletezza del nuovo “Codice Antimafia” è stata denunciata su vari
fronti.
Secondo alcuni autori(44), il nuovo codice avrebbe dovuto accogliere le norme relative ai delitti di mafia. Altri, sulla base della considerazione che le misure di prevenzione trasfuse nel Codice del 2011 sono applicabili anche ad indiziati di reati diversi da quelli di stampo mafioso(45), ritengono che il nuovo corpo normativo avrebbe
dovuto ospitare anche la altre misure di prevenzione dislocate in altre leggi speciali,
come, ad esempio, l’ammonimento(46) del Questore ex art. 8 D.L. 23 febbraio 2009
n. 11, convertito con modificazioni in L. 23 aprile 2009 n. 38, oppure il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive ex art. 6 L. 13 dicembre
1989 n. 401.
Del resto, nel nostro ordinamento giuridico, la disciplina delle misure di prevenzione è nata slegata dai fenomeni di tipo mafioso(47). Soltanto con la L. 31 maggio
1965 n. 575, le misure di prevenzione regolate dalla legge n. 1423 del 1956 sono
state estese agli indiziati di appartenere alle associazioni mafiose.
Tra gli aspetti di novità, è degna di nota l’osservazione che l’art. 3 D.L.vo n. 159
del 2011 prevede che “il Questore (…) può avvisare oralmente i soggetti (…) che esistono indizi a loro carico” e non più soltanto “sospetti”, come invece era previsto dall’art. 4 legge n. 1423 del 1956. L’innovazione, tuttavia, sembra quasi inoffensiva se
si considera che la giurisprudenza già da tempo ha riconosciuto applicabile la misura
di prevenzione solo sulla base di elementi di fatto.
Ma il nodo maggiormente problematico che si dovrà affrontare con riferimento al
instaurato validamente procedimento per l’applicazione di una misura relativa ad una pericolosità qualificata è ben possibile ritenere la pericolosità generica, anche se la proposta non sia stata preceduta
dall’avviso-diffida del questore, avviso che, comunque, ormai concerne soltanto la categoria residuale
indicata nel comma terzo dell’art. 1 legge n. 1423 del 1956”.
(43) Sul punto vedi E. STEVENAZZI, Misure di prevenzione personali: avviso orale e pericolosità
sociale, (breve nota a Trib. Monza, Sez. Mis. Prev., (decreto) 16.03.2010), in www.diritto24.ilsole24ore.com.
(44) CISTERNA, L’impegno a varare opportuni testi integrativi fa sperare in un corpus normativo
più completo, in Guida al Diritto, 2011, 41, pag. 84.
(45) O. LONGO, Le novità apportate dal recente codice antimafia in tema di misure di prevenzione, in www.justowin.it, 2012, 01. L’Autore rileva che “Codice delle leggi antimafia e delle misure di
prevenzione, nonché di disposizioni in materia di documentazione antimafia”, disciplinato dal D.L.vo 6
settembre 2011 n. 159, è stato “subito ribattezzato, dagli operatori del diritto, come “Codice antimafia”. È bene chiarire che quest’ultima denominazione - peraltro ripropositiva della prima parte dell’intitolazione ufficiale - appare, seppur suggestiva e di notevole impatto, nondimeno imprecisa (o, meglio, incompleta) in quanto sembrerebbe indurre a pensare che il provvedimento legislativo de quo riguardi, per quanto attiene alle misure ante delictum, esclusivamente il settore della prevenzione antimafia. Invero, com’è desumibile dalla stessa intitolazione ufficiale - laddove, dopo il riferimento alle
“leggi antimafia”, si richiamano sic et simpliciter le “misure di prevenzione” - la novella legislativa interessa il diritto della prevenzione tout court. Ciò è, peraltro, ulteriormente avvalorato dalla circostanza che l’art. 120 del decreto legislativo in discorso indica, in primis, tra le disposizioni abrogate la
L. 27 dicembre 1956 n. 1423, recante “Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose
per la sicurezza e l’incolumità pubblica”, che costituiva, prima della recente riforma, il testo base di
tutto il sistema di prevenzione ante delictum”.
(46) In tal senso, sia consentito il rinvio a L. PRESUTTI, L’ammonimento orale come strumento di
prevenzione dello stalking, in www.neldiritto.it, Rivista Telematica di Diritto, 2012, n. 70.
(47) C. GUERRA, La nuova disciplina delle misure di prevenzione, in La rivista nel diritto, 2012, 4,
pag. 570.
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nuovo avviso orale attiene alla sua lesività e conseguente impugnabilità innanzi agli
organi di giustizia amministrativa.
In considerazione che la misura specialpreventiva non costituisce più presupposto per l’applicazione di altre misure di prevenzione, la lesività di tale strumento risulta notevolmente attenuata, fino a far sorgere dei dubbi sulla sussistenza di un interesse diretto, concreto ed attuale dell’avvisato alla sua impugnazione. Del resto, la
medesima problematica aveva interessato già in passato(48) il vecchio avviso orale.
Le evoluzioni giurisprudenziali sapranno far luce sul dubbio appena enunciato.
Nel frattempo, non resta che affidarsi alla sapiente tecnica di redazione normativa del Legislatore del 2011, con la speranza che anche il nuovo corpus normativo
non tradisca l’operatore del diritto.
Luca PRESUTTI
(48) T.A.R. Liguria 25 gennaio 2000 n. 68, in Riv. giur. Polizia, 2001, pag. 79. “L’avviso orale
emesso dal questore ai sensi dell’art. 1 L. 27 dicembre 1956 n. 1423 è atto monitorio costituente parte
integrante del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale di
pubblica sicurezza e del divieto di soggiorno in uno o più comuni, la cui determinazione è affidata ai
tribunali ordinari, sicché per tale sua natura il suddetto provvedimento di diffida non appare suscettibile di autonoma impugnativa davanti al giudice amministrativo”.
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