Leopardi

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Leopardi: la bellezza, l’infinito e le stelle
Da poeta del pessimismo, come ce l’ha sempre presentato la scuola, a cercatore di
bellezza e di felicità
Attività di approfondimento sulle sue più note poesie lette con l’aiuto di
D’Avenia, Baricco e Giussani nella classe 3 A (prof. Bruno Trevellin)
Come si fa a uscire dalla terza media senza sapere, a memoria, L’Infinito? Senza
conoscere A Silvia o Il canto del pastore errante dell’Asia?
(L’Infinito, primo e secondo manoscritto)
Introduzione.
Van Gogh: “La speranza è nelle stelle”
Einstein: “Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere
i suoi pensieri; in quanto al resto, sono solo dettagli”
L'astrofisico. «Il fascino delle stelle e la religiosità»
Antonio Giuliano martedì 28 marzo 2017 (da Avvenire)
Marco Bersanelli: per la prima volta dalla nascita dell'uomo, la nostra generazione non
sembra più desiderosa di alzare gli occhi al cielo.
La celeberrima «Notte stellata» di Van Gogh sarebbe stata dipinta all’alba del 19
giugno 1889 dall’ospedale Saint-Rémy de Provence
Ormai non ci sorprende più un cielo stellato, eppure fermarsi e alzare lo sguardo in una
notte buia e limpida è un gesto iscritto dentro di noi se era già comune agli uomini delle
caverne. Abbiamo smesso di “desiderare”: un verbo che non a caso rimanda alle stelle
(dal latino de-sidera). Ma non possiamo farne a meno perché sentiamo forte la
mancanza di qualcosa più grande di noi. È allora suggestivo il percorso tracciato da
Marco Bersanelli, uno che di astri se ne intende, nel libro Il grande spettacolo del cielo.
Otto visioni dell’universo dall’antichità ai nostri giorni ( Sperling & Kupfer, pp. 288,
euro 18).
L’astrofisico Marco Bersanelli: «È paradossale: oggi la tecnologia ci permette di
scrutare le profondità dell’universo a un livello inconcepibile, eppure stiamo perdendo
l’attrattiva dell’immensità del cosmo. Un fascino che si intreccia con la religiosità».
Docente di astronomia e astrofisica all’università degli Studi di Milano, Bersanelli ci
conduce in un appassionante viaggio ipergalattico che risale fino al tempo in cui
l’uomo fece la sua comparsa sulla Terra. Un volume da naso all’insù in compagnia non
solo degli scienziati, ma anche di poeti e artisti che si sono lasciati sedurre dalla
bellezza del cosmo. «È paradossale – spiega l’astrofisico –: oggi la tecnologia ci
permette di scrutare le profondità dell’universo a un livello inconcepibile anche solo
pochi decenni fa, eppure questa è la prima generazione che ha perso l’abitudine di
esporsi alla meraviglia del cielo stellato».
Perché mai siamo diventati così insensibili?
«Pesa senz’altro uno stile di vita più frenetico. Si è indebolita la contemplazione della
realtà, non ci stupiamo più di quel che ci circonda. Ci appare più attraente ciò che
produciamo, il virtuale. Eppure da sempre la bellezza della natura ha guidato l’uomo
alla verità e alla conoscenza profonda di sé».
I precursori degli “astronomi” risalgono addirittura alla preistoria.
«Sì, già l’uomo di Cro-Magnon era un abituale osservatore del cielo: sono stati ritrovati
calendari lunari scolpiti su ossa di animali e gruppi di stelle dipinte sulle pareti, come
nelle grotte di Lascaux. Noi stiamo perdendo l’attrattiva di tutte le culture antiche
davanti all’immensità del cosmo. Un fascino che si intreccia con la religiosità».
Una curiosità mistica che si ritrova anche tra i grandi scienziati come Einstein:
«Voglio sapere come Dio creò questo mondo. Voglio conoscere i suoi pensieri; in
quanto al resto, sono solo dettagli».
«Sì, è uno dei suoi tanti aforismi pungenti e significativi. Il motore che sta sotto la
passione con cui gli scienziati si muovono in questo campo è poter svelare qualcosa di
un ordine dato, che non abbiamo fatto ed esiste prima di noi. Non è un caso che la
Chiesa abbia attivamente sostenuto l’astronomia, tanto che la Specola Vaticana è uno
dei più antichi osservatori al mondo. Nella tradizione cristiana la bellezza della natura
e del cielo in particolare è il segno per eccellenza della grandezza del Creatore».
Una bellezza cantata in maniera “scientifica” anche dai letterati di ogni tempo...
«Emblematico il caso di Dante, che nella descrizione sublime del Paradiso anticipò
un’intuizione ripresa soltanto 6 secoli dopo: l’ipersfera. Oppure Shakespeare che
nell’Amleto cita quella che per alcuni studiosi è la “nuova stella” di Tycho del 1572».
Abbagliato dal cielo fu anche un poeta descritto sempre come ricurvo sulle sue
carte.
«Leopardi a soli quindici anni scrisse un trattato di storia dell’astronomia, la “più
sublime, la più nobile tra le scienze fisiche”. Nel cosmo secondo lui si rispecchiava la
domanda ultima dell’uomo, sul significato della sua vita e del mondo, come nel Canto
notturno di un pastore errante dell’Asia. E d’altra parte Leopardi aveva colto come
nell’essere umano c’è qualcosa di più grande dell’intero universo, che non può essere
ridotto a nessuna misura. La ragione riconosce che ci sono eventi che i numeri non
possono spiegare: come la nascita di un bambino, davanti a cui anche un miliardo di
anni luce rimarrà sempre e soltanto un numero».
Ha fatto scalpore di recente la scoperta di sette piccoli pianeti intorno alla stella
Trappist-1.
«C’è stato un eccessivo clamore mediatico. Alcuni pianeti erano già noti e non è vero
che sono paragonabili alla Terra, hanno solo alcune grossolane caratteristiche simili.
La presenza di acqua non è sufficiente per dire che sono “abitabili”. E di pianeti
extrasolari di questo tipo ne sono stati censiti già a migliaia. Se non altro però questa
notizia ha spinto molti ad interrogarsi sul grande mistero dell’universo. Io stesso mi
sono innamorato di questi studi da ragazzino, quando è già grande la curiosità di sapere
che cosa c’è oltre quello che vedi. È fondamentale anche dal punto di vista educativo
imparare a lasciarsi interrogare e stupire dalla realtà, anche solo da una falce di Luna.
È stato questo il segreto dei grandi artisti».
Da Giotto a Gaudì non sono pochi coloro che son riusciti a ritrarre il respiro
dell’universo.
«Il passaggio della cometa di Halley del 1301 stupì così tanto Giotto da immortalarlo
nella Adorazione dei Magi della Cappella degli Scrovegni, dando inizio alla tradizione
della “stella di Betlemme” come se fosse una cometa. E Gaudì si ispirava sempre nelle
sue architetture al movimento degli astri: nella navata della Sagrada Familia davvero
le colonne degli alberi lasciano intravedere le stelle. C’è però un’opera nella storia
dell’arte che più di tutte “parla”».
Quale?
«È la famosa Notte stellata di Van Gogh che ritrae le nebulose nel cielo stellato come
Lord Rosse le aveva viste per la prima volta col suo gigantesco cannocchiale. Da
sempre le stelle rimandano al destino dell’uomo. E anche per l’artista olandese
rimasero fino alla fine il segno di un’ultima speranza possibile. Al fratello confidò che
“la speranza è nelle stelle” e spiegò che le sue tante raffigurazioni notturne nascono da
“un bisogno tremendo di – userò la parola – religiosità, per questo alla sera vado fuori
e dipingo le stelle”».
Prima tappa: il libro e l’intervista ad Alessandro D’Avenia su TV2000
«Non avevo intenzione di scrivere un libro su Leopardi, ma poi vedevo gli occhi dei
miei studenti rapiti dai suoi versi… Noi presentiamo loro Leopardi come il poeta del
pessimismo e loro lo sentono come il poeta cercatore della felicità. Allora mi sono
detto: qui sto sbagliando qualcosa…». L’arte di essere fragili, il nuovo libro di
Alessandro D’Avenia edito da Mondadori, è appena uscito in libreria e presto viaggerà
per l’Italia, al centro di un racconto teatrale. Il grande poeta recanatese è il
destinatario delle lettere di D’Avenia-professore, ma anche del D’Avenia-uomo che
ricorda lo stupore di quanto, da ragazzo, Giacomo Leopardi gli ha aperto gli occhi e lo
ha portato ad abbracciare coraggiosamente la terra dei “forse”.
Seconda tappa: L’Infinito di Alessandro Baricco e la mappa di Beck
L’Infinito spiegato da Baricco a Mantova Lectures (ottobre 2016). Il riassunto più
appropriato dell’idillio dovrebbe essere proprio quello da lui proposto: ‘Non so cosa
dire…ma mi succede qualcosa dentro’.
(da: Alessandro Baricco e "L'infinito" di Leopardi - YouTube)
Terza tappa: Cara beltà… di Luigi Giussani.
Se dell'eterne idee
L'una sei tu, cui di sensibil forma
Sdegni l'eterno senno esser vestita,
E fra caduche spoglie
Provar gli affanni di funerea vita;
O s'altra terra ne' superni giri
Fra' mondi innumerabili t'accoglie,
E più vaga del Sol prossima stella
T'irraggia, e più benigno etere spiri;
Di qua dove son gli anni infausti e brevi,
Questo d'ignoto amante inno ricevi.
‘Questa –dice don Giussani- è stata la strofa che mi ha travolto –lo posso dire- la vita
…a 15 anni’. ‘E’ come una delle più belle preghiere che si possano leggere nella nostra
letteratura’.
‘Perché dice: se tu, bellezza, che, quand’ero ragazzo, credevo di trovare per le
strade – ma non c’è in terra cosa che ti somigli! -; se tu bellezza sei un’idea di
Platone che vive nell’iperuranio, in qualche mondo astrale, oppure vivi in qualche
altro pianeta più felice della terra, perché “di sensibil forma / sdegni l’eterno senno
esser vestita”, perché sdegni di rivestirti di carne e “fra caduche spoglie / portar
[sic] gli affanni di funerea vita”, in un corpo carnale portare i dolori e la morte?
Se tu questo sdegni perché sei una delle realtà eterne, “di qua dove son gli anni
infausti e brevi / questo d’ignoto amante inno ricevi”.
Quando lessi questa strofa la prima volta – mi ricordo come se fosse oggi, la
giornata di inizio dell’anno scolastico del mio seminario, in prima liceo a 15 anni,
- dissi: ma come, che cos’è il messaggio, l’annuncio cristiano se non questo? È
l’annuncio che la bellezza, con la “B” maiuscola, non solo non ha sdegnato di
rivestire “l’eterno senno di sensibil forma”, non solo non ha sdegnato di “provar
gli affanni di funerea vita”, ma è morto [sic] per l’uomo’. [pp. 23-24]
Quarta tappa: le mie poesie imparate 45 anni fa!
La mia insegnante delle medie (prof. Platania), quando più di quarant’anni fa la Beato
Arnaldo da Limena la frequentavo io, mi fece imparare a memoria L’Infinito, Il passero
solitario, A Silvia e forse –ma non ne sono certo- un pezzo de Il canto notturno di un
pastore errante dell’Asia. Più avanti scopersi da me le altre, in un’edizione economica
de I canti: Alla luna, La ginestra, Alla sua donna.
Adesso riconosco che è per merito di Leopardi e di quella mia insegnante se uno come
me, che vive e che ha sempre vissuto in campagna, sa che la primavera, quando arriva,
veramente brilla nell’aria e per li campi esulta e che gli occhi ridenti e fuggitivi di
Silvia sono veramente quelli che ho visto in tante ragazze, e anche in tante donne.
Cosiccome è proprio vero che un tempo, ma non più oggi:
Tutta vestita a festa
La gioventù del loco
Lascia le case, e per le vie si spande;
E mira ed è mirata, e in cor s'allegra.
Sì, proprio di domenica, quando era d’obbligo mettersi tutti, grandi e piccoli, il vestito
da festa per andare a messa, quello che i miei compravano a Natale e a Pasqua, andando
al mercato o al negozio del paese, spendendo una parte del povero stipendio di mio
padre.
Quinta tappa: un’antologia poetica per la classe
Allora su quali poesie lavorare? Più di una, ovviamente. Più di qualcuna, direi. Solo
così i ragazzi possono capire. E almeno un paio da imparare a memoria e qualche strofa
di alcune altre.
L’infinito
A Silvia
Alla luna
Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (testo, parafrasi e commento in:
http://www.oilproject.org/lezione/canto-notturno-di-un-pastore-errante-dellasia-dileopardi-lettura-e-analisi-del-testo-1365.html)
Il passero solitario
Alla sua donna
Le attività
Leggere parafrasare commentare confrontare le poesie
Recitare a memoria
Scrivere poesie
Produrre una relazione scritta sull’attività
Scrivere una lettera indirizzata a Leopardi
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