Se anche la reginetta del “corpo realistico” ricorre a

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IL CAFFÈ
26 gennaio 2014
virgolette
tra
libri
Democrazia diretta
e politica dei neuroni
R
MARIAROSA MANCUSO
C
Se anche la reginetta
del “corpo realistico”
ricorre a Photoshop
schermi
omplimenti. Bel colpo.
Diecimila dollari ben spesi.
E la conferma che si può
sempre contare su una donna per
critiche feroci a un’altra donna.
Con buona pace della sorellanza,
del femminismo, del fare gruppo,
del mettersi in cordata, delle belle
frasi vuote (personalmente, al
solo sentire “in quanto donna” o
“quote rosa” ormai viene l’orticaria, neppure l’educazione ormai
soccorre: è subito rissa).
Succede che il blog femminista
“Jezebel – Jezebel” come la regina
depravata della Bibbia, come un
vecchio film con Bette Davis,
come il nome che in inglese sta
per megera – ha messo una taglia
di diecimila dollari sulle foto non
ritoccate di Lena Dunham celebrata come esempio di “corpo
femminile realistico”. La ragazza è
apparsa sulla copertina di Vogue
America, numero di febbraio, negli scatti firmati Annie Leibowitz.
I provini prima del ritocco mostrano braccia un po’ più rotonde
e seno un po’ più florido – non è
che l’hanno piallata fino a cancellarle l’ombelico come accadde a
Isabella Ferrari in una pubblicità
di biancheria firmata dal candidato all’Oscar Paolo Sorrentino.
Le accuse sono state pesantissime: proprio tu che sembravi dalla
nostra parte, e che in “Girls” (la
serie tv che da tre stagioni Lena
Dunham scrive e dirige con gran
successo di critica e di pubblico)
ti mostravi nuda senza vergognarti del tuo corpo non filiforme e tatuato. Il fisico di Lena resta poco
canonico anche dopo le correzioni perpetrate con Photoshop (che
in altri casi fa sparire le cosce e
rende le modelle un po’ deformi).
Basta vedere come la ragazza si è
vestita ai Golden Globe (abito da
sirena giallo canarino, senza spalline) e agli Emmy dell’anno scorso
(un Prada verde a fioroni rossi) per
capire che anche la sua idea di eleganza da red carpet è originale.
Però se accetti un servizio fotografico per Vogue, firmato da una star
del mestiere, devi stare alle regole
(unisex, anche i maschi subiscono
il ritocco e nessuno si scandalizza). Se accetti di toglierti i vestiti
GIRLS
La 27enne
attrice
statunitense
Lena Dunham
scrive e dirige
la serie tv di
successo
“Girls”
MARCO BAZZI
che il tuo personaggio indossa nella serie tv – sembrano ricuperati
dai cassonetti dell’esercito della
salvezza – e ti sottoponi al trucco e
al parrucco, non c’è nulla di male
se ti levano un’ombra dal collo.
E invece no. Battaglia e scandalo.
Perché la vera colpa di Lena
Dunham è stata avere successo a
Taglia di 10’000 dollari
per la foto apparsa su
Vogue, ma non ritoccata
25 anni, in un mondo difficile
come quello della tv americana.
È stato incassare tre milioni di
dollari d’anticipo per il suo primo libro, ancora da scrivere. La
bravura e il talento sono difficili
da perdonare, il ritocco è uno
stupido pretesto.
NEUROPOLITICA
Timothy
Leary
ichard Nixon lo definì “l’uomo più pericoloso d’America”. Geniale e visionario, psicologo e guru delle droghe, Timoty Leary fu, per
gli Usa anni ‘70 una specie di Bin Laden intellettuale: un nemico pubblico numero uno. Tra il ’73 e
il ’76, mentre si trovava in carcere per possesso di
marijuana e per i suoi contrasti con l’amministrazione Nixon, scrisse “Neuropolitica” (Castelvecchi
editore). Questo saggio, in molte pagine profetico,
parla di politica, droghe, aree cerebrali che presiedono alle nostre attività, tendenze socio-sessuali,
formazione della personalità individuale...
Trent’anni prima dell’avvento di internet e dei pc,
Leary teorizzava una nuova forma di democrazia
diretta. Un modello che va ben oltre quello elvetico. “Un presidente eletto ogni quattr’anni per rappresentare 140 milioni di persone - scrive Leary -?
Questo sistema lento e goffo era necessario quando per fare arrivare una notizia da New Orleans a Boston ci volevano due settimane. Il governo rappresentativo da parte di sconosciuti
e partigianerie di partiti politici è superato. La
maggior parte degli americani non ha mai incontrato il proprio rappresentante”.
Secondo lo psicologo “il modello politico dovrebbe basarsi sul sistema nervoso: 140 miliardi
di neuroni, tutti connessi a una rete elettrica. La
comunicazione elettronica rende possibile una
democrazia a partecipazione diretta”. E spiega
come fare: “Tutti i cittadini hanno una scheda di
voto da inserire in macchine referendarie, e dei
computer centrali registrano e armonizzano i messaggi di ciascuna parte componente. La politica
neurologica elimina i partiti, i politici, le campagne
elettorali e le relative spese”.
Laary non spiega come, in assenza di dibattito politico, si formerebbe l’opinione pubblica, ma la sua
teoria è, oltre che visionaria, affascinante. “Il cittadino vota così come un neurone si attiva quando
c’è un segnale da comunicare - afferma -. Le voci
della cittadinanza informano continuamente i tecnici del servizio civile che eseguono la volontà non
della maggioranza (un’elevazione perfida e suicida
della mediocrazia) bensì di ciascun cittadino”.