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XI Congresso Nazionale “L’ingegneria Sismica in Italia”, Genova 25-29 gennaio 2004
Esame delle caratteristiche tipologiche e del danneggiamento del
patrimonio edilizio di San Giuliano di Puglia
M. VONA
M. Dolce, A. Masi, C. Samela, G. Santarsiero,
Dipartimento di Strutture, Geotecnica, Geologia applicata all’ingegneria, Università della Basilicata,
Potenza, Italia
G. Zuccaro, F. Cacace,
2
LUPT, Università “Federico II”, Napoli, Italia
F. Papa
Servizio Sismico Nazionale, Roma, Italia
SOMMARIO: A seguito del terremoto dell’ottobre-novembre 2002 un gruppo di lavoro delle
Università di Basilicata e di Napoli ha effettuato un rilievo sistematico delle caratteristiche tipologiche e del danneggiamento degli edifici del centro abitato di San Giuliano di Puglia. I dati,
raccolti adoperando la scheda MEDEA e la scheda AeDES opportunamente integrata e modificata (Dolce, Masi e Zuccaro 2003), sono stati informatizzati e georeferenziati in un GIS.
Nel presente lavoro, dopo una breve descrizione degli strumenti di rilevamento, vengono riportati i principali risultati emersi dall’analisi dei dati rilevati evidenziando le principali caratteristiche tipologiche degli edifici, dunque la loro vulnerabilità, e la distribuzione del danneggiamento sia in termini quantitativi che qualitativi (meccanismi). Infine, l’analisi quantitativa del
danneggiamento, unitamente alla caratterizzazione geologica del suolo, ha permesso di fare una
stima degli effetti di amplificazione locale che giustificano, così, il maggiore danneggiamento
riscontrato in alcune zone dell’abitato.
1 INTRODUZIONE
La sequenza sismica che ha colpito il Molise, è iniziata il 31 ottobre con una serie di scosse
di magnitudo compresa tra 2.6 e 3.5, ed ha raggiunto il picco con l’evento registrato alle 11.32
del 31 ottobre avente magnitudo 5.4 Ml (5.7 Mw) [Protezione Civile Nazionale, 2002]. Tale
evento è stato seguito da numerose altre scosse con magnitudo comprese tra 2.5 e 3.8, fino ad
arrivare ad un secondo evento di forte intensità avente magnitudo 5.3 Ml (5.7 Mw), registrato il
1 novembre alle 16.08. Mentre è stato registrato un diffuso danneggiamento in oltre 50 comuni
collocati nell’area epicentrale (collocata a circa 200 Km a sud-est di Roma), l’area del danneggiamento più elevato è apparsa da subito quella circostante il paese di San Giuliano di Puglia.
Questo evento sismico, al di là del cordoglio e del dolore causato dalle vittime, ha richiamato
l’attenzione dei ricercatori impegnati nel costante miglioramento delle metodologie di analisi di
vulnerabilità e di agibilità delle strutture edilizie. La valutazione dell’entità e delle modalità del
danneggiamento alle strutture, tanto in muratura che in c.a., così come la individuazione di eventuali specifici casi di danno di particolare interesse verificatisi nei Comuni limitrofi, rientra
tra le finalità di ricerca del GNDT-INGV. In particolare il gruppo di lavoro coordinato dai
Proff. M. Dolce e G. Zuccaro nell’ambito del progetto SAVE, finanziato dallo stesso ente, ha,
tra gli obiettivi, la verifica delle tecniche di valutazione della vulnerabilità e delle funzioni che
la descrivono nonché l’introduzione e la sperimentazione di tecniche innovative in tal senso.
Inoltre, la mancanza a tutt’oggi di una robusta base dati sul danno alle strutture in c.a. impone
di non tralasciare nessuna occasione per migliorare, tanto le attuali funzioni di vulnerabilità disponibili tanto la comprensione delle principali dinamiche di collasso nonché l’influenza di alcune caratteristiche tipologiche delle strutture in c.a. attraverso l’attenta analisi di casi di danno
reale.
Il proliferare delle schede di rilevamento del danno “in tempo di guerra”, che assumono poi
la funzione di schede di previsione statistica della vulnerabilità “in tempo di pace” necessita di
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una attenta riflessione sui parametri essenziali cui riferirsi. A tal proposito, si è ritenuto di
grande interesse la possibilità che un gruppo di tecnici specializzati svolgessero una campagna
di raccolta dati a tappeto sul comune di San Giuliano, utilizzando più di una tipologia di scheda
con l’intento di calibrarne i parametri ed indirizzarne l’uso a specifiche funzioni. Ci si riferisce
in particolare alle schede di agibilità introdotte e sviluppate con l’intento di offrire una guida al
tecnico chiamato in fase post sismica a dare un giudizio sulla statica del singolo fabbricato, alle
schede di rilevamento del danno statistico per trarne future correlazioni danno- tipologia- intensità ed alla scheda MEDEA che nasce dall’omonimo manuale multimediale di addestramento
per tecnici agibilitatori sviluppato su iniziativa del SSN dalla CAR progetti srl.
In particolare, si è ritenuto che la raccolta di un campione di danno su tipologie di edifici aventi varietà e distribuzione concentrata all’interno di un comune piccolo come San Giuliano,
offrisse l’opportunità di svolgere interessanti studi tesi all’avanzamento della ricerca del settore.
Dal punto di vista scientifico, l’obiettivo principale di una campagna di rilevamento postsisma è quello di migliorare le conoscenze del comportamento sismico degli edifici per la messa a punto di più efficaci strategie di prevenzione ed al contempo migliorare gli strumenti di rilevamento del danneggiamento e della vulnerabilità.
1.1.1 2. METODOLOGIA E STRUMENTI DI RILIEVO
squadre specializzate, rilievo a tappeto finalizzato alle tipologie ed al danno (eslcudendo l’agilità).
Evidenziare le modifiche allo strumento
Lo strumento di rilievo della vulnerabilità e del danno utilizzato è una scheda ottenuta modificando opportunamente la scheda di rilievo AeDES 05/2000 il cui obiettivo principale è quello
di fornire una scheda di rilievo in grado di dare immediate indicazioni circa l’agibilità e gli interventi di emergenza volti a tutelare la pubblica incolumità. (maggiori dettagli circa la scheda
AeDES). Nel caso della ricerca descritta nel presente lavoro, l’utilizzo di tale strumento di rilievo da un lato lasciava alcune perplessità circa la completezza delle informazioni riportate,
dall’altro avrebbe comportato la compilazione di parti di scarsa utilità per i fini scientifici preposti e che comunque avrebbe richiesto un prolungarsi dei tempi di realizzazione del rilievo inaccettabili considerando le condizioni di emergenza nelle quali si è operato. Inoltre, gli obiettivi propri della ricerca in corso richiedevano l’introduzione di alcune significative modifiche.
Le modifiche introdotte nello strumento di rilievo sono state dettate dalle seguenti necessità:
1. valutazione dell’influenza degli elementi non strutturali sul comportamento degli edifici in muratura;
2. introduzione di dettagliate informazioni relative agli edifici in c.a.;
3. più ampia descrizione dei livelli di danno, introducendo le indicazione della EMS98
(ESC 1998).
Nella scheda di I livello AeDES, la parte della sezione 3 relativa agli edifici in muratura è
fortemente orientata ad una descrizione che porta il rilevatore ad individuare la vulnerabilità
dell’edificio in funzione del comportamento dello stesso in presenza di azioni sismiche. In altri
termini, il discostarsi in modo più o meno marcato dal classico ed ottimale comportamento scatolare determina un inevitabile spostamento del giudizio verso una maggiore vulnerabilità
dell’edificio.
Inoltre la forte influenza sulla risposta sismica degli edifici in muratura esercitata da alcune
caratteristiche non strutturali (osservati nelle primissime visite post-sisma a San Giuliano) ha
suggerito l’introduzione di specifiche voci nella scheda di rilievo. Tra questi aspetti meritano
sicuramente attenzione la dimensione (in proporzione alla dimensione complessiva della parete
muraria) e posizione all’interno dell’edificio delle aperture. È importante cioè, ai fini della valutazione della vulnerabilità, valutare la percentuale di aperture rispetto alla parete riferita al
singolo piano. La presenza, inoltre, di nicchie più o meno grandi, impianti canalizzati a
tutt’altezza (canne fumarie) e vecchie aperture richiuse senza gli opportuni accorgimenti circa il
collegamento con la muratura circostante, possono dar luogo ad una riduzione anche significativa delle capacità del maschio.
Nella versione modificata della scheda AeDES, quindi, si è cercato di descrive al meglio le
lacune sopra evidenziate
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È innegabile, inoltre, che la scheda AeDES originaria trascuri completamente la descrizione
delle caratteristiche tipologica degli edifici in c.a.. Tra i fattori tipologici di rilievo, introdotti
nella scheda AeDES si ricordano i seguenti: interasse medio tra i pilastri, dimensione media
degli elementi strutturali, tipologia dell’eventuale giunto, regolarità in pianta, presenza di elementi tozzi, posizione delle tamponatura, in pianta ed elevazione, rispetto al sistema resistente.
Di tali fattori si è tenuto conto introducendo alcuni nuovi campi, mantenendo una forte analogia con la scheda di rilievo utilizzata nel Progetto Catania [Faccioli e Pessina].
Per quanto riguarda la descrizione del danneggiamento si è introdotta anche una descrizione
estremamente sintetica che si rifà alle definizioni di danno presenti nella EMS98 (ESC 1998).
Il danno descritto nella scheda AeDES originale, si presenta come un indicatore del danno
complessivo ed è sicuramente molto utile nella definizione di eventuali costi di riparazione. Tale descrizione è affetta dalla evidente difficoltà ad operare un rilievo completo del danno in tutte le parti dell’edificio e dalla scarsa propensione a restituire un unico e sintetico indice di danno. La descrizione dettagliata delle modifiche operate sulla scheda AeDES del maggio 2000, è
riportata estesamente in (Dolce et al. 2003).
Accanto alla descrizione quantitativa del danneggiamento operata tramite la scheda AeDES,
al fine di ottenere la distribuzione dei meccanismi di collasso degli edifici in muratura, durante
la campagna di rilievo è stata compilata anche la scheda MEDEA che nasce dalla naturale applicazione dei criteri di valutazione del grado di danno sismico alle costruzioni descritto
nell’omonimo CD-Rom [rif. ??]. Quest’ultimo è un manuale interattivo indirizzato
all’addestramento dei tecnici preposti alla raccolta dati sul danno sismico ed alla verifica di agibilità su strutture edilizie ordinarie in muratura. Per entrambi gli aspetti citati, raccolta dati
sul danno ed agibilità, l’univocità del giudizio del rilevatore e’ di grande importanza, sia per gli
aspetti più squisitamente sociali per una equa stima dell’agibilità sia per i notevoli risvolti
scientifici che derivano da una misura standard del danno (utile al perfezionamento delle funzioni di vulnerabilità).
La compilazione della scheda MEDEA, quindi, consiste nell’individuazione dei meccanismi
di collasso che affliggono gli edifici in muratura, che il tecnico rilevatore deve riconoscere in
una casistica standard composta da 23 tipologie di danno alle strutture verticali, 13 tipologie di
danno alle strutture orizzontali, 7 tipologie di danno alle scale, 6 tipologie di danno agli
elementi non strutturali. Tale casistica di meccanismi è documentata graficamente attraverso
una ampia iconografia allegata alla scheda. Per ogni meccanismo riconosciuto, inoltre, è
necessario attribuire un livello di gravità compreso tra 1 e 3 (1 lieve, 2 medio grave, 3
gravissimo-crollo). A completare le informazioni relative ad un singolo edificio ci sono il
danno globale EMS e i dati identificativi (numeri di aggregato ed edificio), desunti in questo
caso dalla scheda AeDES modificata. Anche per la scheda MEDEA, una descrizione più
dettagliata è reperibile in (Dolce et al. 2003)(Rapporto).
La grossa mole di dati raccolta nella campagna di rilievo sul campo, per mezzo delle schede
AeDES modificata e MEDEA (circa 450 edifici rilevati) è confluita in due basi di dati che hanno costituito il punto di partenza di tutte le considerazioni, sia qualitative che quantitative, sui
caratteri di vulnerabilità e di danneggiamento del patrimonio edilizio di San Giuliano di Puglia.
In virtù dell’importanza dei dati raccolti, è stata indubbia la necessità di creare, al fine di rendere più fruibile possibile nelle fasi successive di elaborazione dei dati, mettendo in atto delle operazioni di verifica sia dal punto di vista informatico che dal punto di vista della correttezza e
completezza delle informazioni; quest’ultimo aspetto ha richiesto lo sfruttamento di tutte le informazioni aggiuntive rispetto a quelle contenute nelle schede (immagini fotografiche) compilate sul campo e di nuovi sopralluoghi.
Il risultato finale è stato la creazione di due database separati per la raccolta dei dati derivanti
dai due diversi tipi di schede AeDES e MEDEA. Parallelamente alla informatizzazione dei dati
rilevati, al fine di un pieno sfruttamento degli stessi, è stato creata una rappresentazione GIS del
territorio di San Giuliano di Puglia, che ha consentito di studiare con maggiore efficacia la distribuzione del danneggiamento ma non solo. È stato, infatti, possibile creare una serie tematismi recanti le distribuzioni spaziali di una qualsivoglia caratteristica degli edifici del comune
considerato, come ad esempio la classe di vulnerabilità, la tipologia di orizzontamento, o delle
strutture verticali.
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2 CARATTERIZZAZIONE STORICA E TIPOLOGICA DELL’EDIFICATO DI S.
GIULIANO DI P.
Lo studio dell’abitato di S. Giuliano è stato condotto considerando 5 macrozone di riferimento (figura 1). I criteri di individuazione di tali zone sono basati su considerazioni relative allo
sviluppo storico – urbanistico del paese, sull’osservazione della morfologia del territorio e sulle
informazioni di natura geologica (Commissione DPC 2003).
La zona 1 è caratterizzata dalla presenza diffusa di edifici in c.a. la cui conformazione strutturale è fortemente condizionata dalla morfologia del territorio. E’ usuale, infatti, imbattersi in
edifici in c.a. aventi un piano seminterrato nel quale sono presenti pareti in c.a. controterra inglobate nella struttura resistente. L’epoca di costruzione di tali edifici va dagli anni sessanta ad
oggi.
Inoltre, sono presenti anche alcune strutture di recentissima edificazione o ancora in
corso di costruzione. La caratterizzazione geologica ha evidenziato la presenza di detriti e depositi argillosi e/o argilloso – sabbiosi alterati e rimobilizzati da attività antropica, con inclusi
calcarei. Lo spessore di tali depositi è variabile da 1 a 5 m. Si sono osservati in questa zona segni di smottamenti del terreno che hanno influito sul livello e la tipologia dei danni osservati.
Le Zone 2A e 2B sono le zone di espansione del centro abitato nel periodo tra gli anni ’30 fino ad oggi.
La Zona 2B è stata edificata dalla fine degli anni 30 e fino alla fine degli anni 60. Inoltre sono visibili numerosi interventi di ristrutturazione, ampliamento e sopraelevazione dei corpi originali realizzati in epoche più recenti. Anche in questa zona il livello di danno osservato è mediamente elevato. La geologia si caratterizza per la presenza di argille scure compatte e marne
chiare con rari e sottili livelli arenaceo sabbiosi di spessore variabile tra 130 e 150m. Nella zona 2B lo sviluppo dell’edificato ha avuto inizio nel corso degli anni ’30 con la realizzazione di
unità abitative di origine modesta con un corpo di fabbrica avente generalmente un livello seminterrato e due livelli fuori terra. La tipologia costruttiva tipica è simile a quella del nucleo antico ovvero impianto murario a sacco con due paramenti scollegati e pietre irregolari. Una caratteristica tipica di tali nuclei abitativi era la presenza della scala esterna a profferlo a servizio
del II piano. Tale caratteristica è visibile in alcune immagini dell’epoca. Nella configurazione
attuale gli edifici sono stati avanzati verso il centro del viale Vittorio Emanuele ed il profferlo è
stato inglobato nella strutture realizzate. Il numero di piani è rimasto spesso invariato mentre è
da notare la realizzazione frequente di strutture orizzontali ordite nella direzione parallela alla
prospetto principale senza alcun collegamento con lo stesso. In virtù di tale conformazione
l’apparecchio murario realizzato risulta quasi sempre di scarsa qualità sia dal punto di vista dei
materiali impiegati (laterizi forati) sia dal punto di vista dello schema statico (muratura a due
paramenti non collegati). Molto spesso, inoltre, le già scarse capacità delle pareti murarie sono
compromesse dall’intrusione di vuoti destinati alla allocazione di impianti tecnologici.
La Zona 2A è stata edificata in epoca più recente ma la tipologia edilizia caratteristica (muratura di scarsa qualità sia dal punto di vista dei materiali che della cura di realizzazione) è paragonabile a quella della zona 2B, rispetto alla quale si riscontra però una significativa presenza
di edifici in c.a. Le indagini geologiche hanno evidenziato la presenza di argille, arenarie, calcari e marne con spessori variabili tra 70 e 100m. Il livello di danno osservato è mediamente elevato. Nella zona 2A l’evoluzione dell’edificato è di epoca successiva alla Zona 2B e gli edifici
attualmente presenti non hanno subito lo stesso processo di evoluzione poc’anzi descritto. Tra
le murature catalogate come di cattiva qualità troviamo ancora una volta quelle realizzate con
due paramenti, non collegati, in laterizio; anche in questo caso frequenti le intrusioni di elementi non strutturali nelle pareti murarie portanti. Anche in tale zona sono presenti edifici con
l’arrangiamento tipico della muratura a sacco già descritto in precedenza. Le murature catalogate come di buona qualità sono in genere realizzate con blocchi di calcestruzzo o pietre ben
squadrate. Spesso si riscontra l’alternarsi di edifici in c.a. ed edifici in muratura, all’interno di
uno stesso aggregato, costruiti in totale aderenza, in cui le pareti perimetrali degli edifici in muratura sono state utilizzate come casseformi per la realizzazione degli elementi in c.a..
Sia nella zona 2A che nella zona 2B sono presenti soprelevazioni mal realizzate che hanno
causato gravi meccanismi di danno.
La Zona 3, situata sul versante a ovest del centro abitato, si caratterizza tipologicamente per
la presenza di edifici in c.a. ed in muratura costruiti dagli anni 60 ad oggi. Dal punto di vista
geologico è stata accertata la presenza di calcari, marne e subordinatamente sottili livelli argil-
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losi ben stratificati in strati di 5 – 20 cm. Lo spessore di tali depositi è non inferiore a 350 m. gli
edifici della zona 3 sono prevalentemente di edificazione recente data la significativa presenza
di costruzioni in c.a. spesso munite di pareti disposte su tutto perimetro al piano terra. Vi si trovano anche edifici in muratura, agglomerati perlopiù nella parte sud di questa zona, di media
qualità in buono stato di manutenzione. Il livello di danno rilevato è mediamente basso.
Figura 1. Suddivisione in zone omogenee e distribuzione delle tipologie nell'abitato di San Giuliano di P.
La Zona 4 corrisponde sostanzialmente al centro storico, di epoca medievale, del comune.
Esso è collocato su di un colle ed è separato dal territorio a sud da dislivelli e pendenze naturali
elevate. La geologia del sottosuolo è identica alla zona 3. La tipologia strutturale verticale più
diffusa è caratterizzata da un impianto murario di bassa qualità realizzato generalmente a sacco,
con paramenti non collegati, realizzati con pietre sbozzate e/o non squadrate. La malta originaria realizzata con calce risulta in molti casi quasi inesistente. Sono presenti alcuni interventi di
sopraelevazione. Si sono osservati perlopiù danni di livello medio. Il livello di manutenzione è
scarso. Le strutture orizzontali più diffuse sono in legno (più antiche) o in putrelle di acciaio
poste in opera con delle voltine in laterizio o realizzate in opera mediante mattoni (figura 4.2.2).
I solai lignei presentano spesso elevate condizioni di degrado legate all’età di costruzione, ed
hanno spesso un effetto spingente e/o martellante sulle strutture murarie. Le coperture, realizzate quasi sempre in legno, presentano un solo ordito di travi e tavolato e sono spesso spingenti.
Tra le particolarità da segnalare (figura 4.2.4) vi è la presenza abbastanza frequente nei solai in
putrelle e tavelloni di un minimo effetto di ancoraggio alle murature perimetrali realizzato mediante barre di acciaio che fungono da ancoraggio in direzione orizzontale tra le putrelle portate
all’esterno delle pareti murarie e le pareti stesse. Sugli edifici più importanti la presenza delle
catene è maggiormente diffusa. In alcuni casi, prevalentemente negli edifici con origini ed uti-
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lizzi più nobili, sono presenti le volte al piano terra. E’ stata inoltre riscontrata la presenza di
volte non strutturali, realizzate con mattoni pieni con funzione di controsoffitto, che in alcuni
casi sono rovinosamente collassate.
La Zona 5 delimita la parte di più recente espansione del centro abitato. Sono presenti edifici
in c.a. di recente costruzione e, disposti in modo sparso tra questi, alcuni edifici in muratura. Il
livello di danno osservato varia tra lieve e medio Nella zona 5 sono presenti edifici in c.a. di recente costruzione aventi spesso configurazione a schiera. In questa zona sono presenti alcuni
edifici in muratura aventi le stesse caratteristiche descritte per la zona 2A. Gli edifici in c.a.
presenti nel centro abitato hanno in genere mostrato delle elevate carenze per quanto riguarda
sia la qualità dei materiali che la tecnica costruttiva.
3 ANALISI DELLA VULNERABILITÀ E DEL DANNEGGIAMENTO
Le analisi dei dati rilevati, appresso riportate, sono riferite sia all’intero centro abitato, sia alle zone 4 (centro storico) e 2 (A e B, zone di espansione lungo il Corso Vittorio Emanuele).
Considerato il numero esiguo di edifici ricadenti nelle zone 1 e 5, non verranno riportate le analisi effettuate.
Nella precedente figura 1 è riportata la distribuzione delle tipologie di strutture verticali ed
orizzontali nell’intero centro abitato le cui tipologie orizzontali più diffuse sono quelle in legno
o putrelle e voltine da considerare con elevata deformabilità nel piano. Tuttavia la presenza di
orizzontamenti in c.a. in edifici in muratura può considerarsi significativa (circa il 19%) ed è
conseguente a frequenti interventi di ampliamento, sopraelevazione, ecc. a cui però non sono
corrisposti adeguati interventi sulla struttura portante verticale in muratura. La presenza di volte
è limitata, a causa dell’origine modesta di molte costruzioni del nucleo antico del paese.
Le tipologie verticali più diffuse sono quelle in muratura che coprono circa l’80% del totale
(considerando anche le tipologie non identificate ma sicuramente in muratura). Gli edifici in
c.a. sono presenti per circa il 13% del totale.
3.1
Attribuzione delle classi di vulnerabilità agli edifici
L’assegnazione degli edifici del centro abitato del comune di San Giuliano ad una predefinita
classe tipologico-strutturale cui si attribuisce un predeterminato comportamento sotto l’azione
sismica, è stata condotta impiegando una tecnica di raffronto diretto tra le tipologie di San Giuliano e le tipologie strutturali definite dalle scale macrosismiche. Tale operazione riveste un
ruolo di cruciale importanza essendo alla base delle valutazioni statistiche del danno operate da
più autori nella calibrazione delle matrici di probabilità di danno (DPM) oggi disponibili.
L’assegnazione degli edifici ad una classe tipologica, dunque, può essere riguardata come una
implicita attribuzione di vulnerabilità dell’edificato..
Poiché il comune di San Giuliano non era classificato sismico, sia per le costruzioni in muratura realizzate ex novo, che per quelle ristrutturate, si sono sempre adottati criteri di progettazione ed intervento tipici degli edifici preposti a resistere ai soli carichi verticali. Allo stesso
modo, anche i nuovi edifici in c.a. sono stati progettati per resistere ai soli carichi verticali e,
pertanto, possono essere considerati non molto dissimili da quelli presenti nel database di vulnerabilità alla base delle DPM (classe C). Inoltre, va detto che gli edifici, sia in muratura che in
c.a., presentano in molti casi caratteristiche tecniche scadenti e non hanno subito miglioramenti
nel corso del tempo.
Basandosi sull’accurato studio tipologico illustrato nei paragrafi precedenti, a ciascun edificio rilevato è stata attribuita una classe di vulnerabilità portando in conto, tra le tipologie strutturali verticali ed orizzontali presenti ai vari piani, l’accoppiamento più vulnerabile.
Le diverse tipologie strutturali sono state individuate, per gli edifici in muratura e gli edifici
misti, utilizzando la sezione 3 della scheda AeDES (AeDES 2002) rimasta sostanzialmente immutata. Agli edifici in c.a., descritti nella parte ad essi dedicata della stessa sezione 3, radicalmente modificata rispetto alla versione precedente (Dolce et al. 2003, Rapporto), è stata attribuita, in queste prime analisi preliminari la classe C senza un sostanziale diversificazione in
base alla reale tipologia. La tabella delle corrispondenze tipologia-classe di vulnerabilità è riportata in (Dolce et al. 2003, Rapporto). Le informazioni relative al tipo di copertura (spingente, non spingente pesante, spingente leggera o non spingente leggera) non sono state utilizzate
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in questa fase. Agli edifici in c.a. è stata attribuita la classe di vulnerabilità C. Nel prosieguo
tutte le elaborazioni svolte con differenti DPM riferite alla scala EMS (Dolce et al. 2001) o alla
scala MCS (Zuccaro et al. 2001) sono sempre riferite alle tre classi descritte nella tabella di riferimento. Nella precedente figura 1 è mostrata la distribuzione delle vulnerabilità dell’intero
centro abitato. Le classi di vulnerabilità assegnate con i criteri appena descritti sono state analizzate e confrontate sia per l’intero centro abitato (figura 1) che per le singole zone come si vede in (figura 2).
Zona2A
Zona2B
Zona3
Zona4
0,300
Frequenza
0,250
0,200
0,150
0,100
0,050
0,000
A
B
C
Classe di Vulnerabilità
Figura 2. Distribuzione delle classi di vulnerabilità per la zona 2°(Sostituite con un grafico senza bordo e
con colori meno accesi)
Le zone più vulnerabili sono certamente la 3 e la 4 a giudicare dalla percentuale di edifici in
classe A, ma anche la zone 2B presenta un’apprezzabile percentuale di edifici molto vulnerabili
ricadenti nella classe maggiormente vulnerabile.
3.2
Analisi del danneggiamento
La rappresentazione più efficace della distribuzione del danneggiamento nell’abitato del comune di San Giuliano è costituita dalla mappa GIS recante il danno globale rilevato secondo la
scala EMS 98. In tale mappa, riportata in figura 3, si nota come il danno maggiore ricorra nelle
zone 2A e 2B, con un elevata frequenza di crolli parziali e totali corrispondenti ai livelli 4 e 5
della succitata scala. Le zone, quindi, che risultavano essere meno vulnerabili si presentano
come le più danneggiate, e questo è confermato anche dalla distribuzione dell’indice di danno
medio il quale è un coefficiente sintetico definito come segue.
L’indice di danno medio, IDmed, viene valutato con la seguente espressione [Dolce et al.
1999]:
n
ID med = ∑
1
d ifi
n
dove di è il generico livello di danno (variabile da 1 a 5), fi la relativa frequenza percentuale e
n = 5.
I valore di IDmed per l’intero centro abitato è pari a 0.28 mentre per le zone 2 A e 2 B vale rispettivamente 0.42 e 0.46, mentre per le zone 3 e 4 è pari a 0.06 e 0.18.
Da queste considerazioni, avvalorate dai dati scaturiti dalle analisi geologiche del sottosuolo
di San Giuliano, nasce l’ipotesi che a causare questa distribuzione anomala del danneggiamento
possa essere intervenuto un qualche effetto di sito alla base di amplificazioni locali, principalmente nelle zone 2A e 2B, in cui si osservato un maggiore danneggiamento a fronte di una minore vulnerabilità. Al fine di avere un riscontro numerico di questa ipotesi è stato necessario effettuare un confronto tra il danneggiamento osservato e quello derivante da scenari di danno
valutati per diverse intensità macrosismiche e verificando che l’intensità macrosismica capace
di generare lo stato di danneggiamento nelle zone 2 A e 2 B fosse diversa e maggiore
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dell’intensità alla base del danneggiamento delle zone 3 e 4. D’ora innanzi non si terrà in conto
la zona 3, poiché in termini di danneggiamento non è significativa.
Si sono costruiti, quindi, gli scenari di danno per tre intensità macrosismiche IEMS = VI – VII
– VIII, tramite le matrici di probabilità di danno applicate alla distribuzione delle vulnerabilità
rilevata e gia analizzata in precedenza.
Figura 3. Distribuzione del danno globale nel comune di San Giuliano di P.
Questi scenari sono, poi, stati confrontati con il danno rilavato nelle varie zone al fine di valutare quale fosse l’intensità macrosismica relativa. In figura 4 si vede tale confronto per la zone
2A, 2B e 4.
Da questo confronto si vede che l’intensità macrosismica occorsa nella zona 2A può dirsi
compresa tra IEMS = VII ed IEMS = VIII anche se, per i livelli di danno più elevati, sembra più vero simile lo scenario IEMS = VII. Lo stesso vale per la zona 2B anche se a livelli di danno elevati, la stima si sposta invece verso l’intensità IEMS = VIII. Per quanto riguarda la zona 4
l’intensità più appropriata è invece IEMS = VI. Tali risultati confermano che nell’abitato di San
Giuliano di Puglia l’intensità sismica non è stata uniforme a causa, probabilmente, della geologia del sito (presenza di strati di terreno deformabili) che ha, localmente, favorito fenomeni di
amplificazione sismica.
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1.00
0.90
VI
VII
0.70
VII
VIII
0.60
VIII
Frequenza
Frequenza
0.60
Rilevato
0.80
VI
0.70
Zona 2B
0.90
Rilevato
0.80
0.50
0.40
0.50
0.40
0.30
0.30
0.20
0.20
0.10
0.10
0.00
0.00
0
1
2
3
4
5
Livelli di Danno
0
1
2
3
4
5
Livelli di Danno
1.00
Zona 4
0.90
Rilevato
0.80
VI
0.70
Frequenza
1.00
Zona 2A
VII
0.60
VIII
0.50
0.40
0.30
0.20
0.10
0.00
0
1
2
3
4
5
Livelli di Danno
Figura 4. Confronto tra danno rilevato e danno stimato per le zone 2A, 2B e 4.
È stato, inoltre, evidenziare ulteriormente e quantificare la presenza di tali effetti di amplificazione locale, per mezzo di una tecnica di normalizzazione del danno in grado di rivalutare il
danno rilevato su ogni edificio in funzione della propria classe di vulnerabilità (Dolce et al.,
2001). Il danno così definito è indipendente dalla classe di vulnerabilità e, dunque, dalle caratteristiche tipologiche dell'edificio. Pertanto, la distribuzione di danno ottenuta, è riferibile ad un
ideale patrimonio edilizio isovulnerabile, potendo evidenziare differenze che vanno attribuite
essenzialmente all’entità dell’azione sismica, dunque, ad effetti di amplificazione locale.
A partire dal danno relativo ad una generica classe di vulnerabilità, è stato determinato il
danno che, per un edificio di classe A, fornisse lo stesso valore cumulativo del danno. La normalizzazione è condotta utilizzando le distribuzioni di probabilità di danno e le corrispondenti
funzioni cumulative, definite sulla base delle DPM di Braga et al. (1982).
Il risultato della procedura di normalizzazione del danno, applicata al database degli edifici
di San Giuliano, è illustrato mediante la mappa del danno normalizzato riportata in figura 5
(mappa tematica realizzata mediante l’utilizzo del GIS).
Risulta evidente come i valori più elevati di danno normalizzato siano lungo il corso principale (mediamente valori da 0.5 a 1), mentre, nelle zone adiacenti ed in particolare nel centro
storico (zona a Sud dell’abitato), i valori di danno appaiono chiaramente inferiori (frequentemente inferiori a 0.5).
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Figura 5. Danno normalizzato nell’abitato di San Giuliano.
4 ANALISI QUALITATIVA DEL DANNEGGIAMENTO
La Scheda MEDEA ha consentito di raccogliere informazioni sui meccanismi di collasso incipienti riconoscibili sulle strutture in muratura danneggiate. Si sono qui diagrammati i risultati
ottenuti dalle indagini sul campo.
Dapprima si è indagata la frequenza del tipo di meccanismo previsto dalla scheda MEDEA rispetto al danno globale rilevato. Dal diagramma in figura 6 si evince il peso di ciascun meccanismo sul danno globale. I meccanismi nel piano di tipo 1 e 2 e quelli fuori del piano di tipo 3 e
4 risultano essere sicuramente quelli aventi maggior influenza sul livello di danno globale insieme a quello da sfilamento delle travi del solaio (tipo 10) e di tipo locale 13 da ribaltamento
del timpano. La scheda MEDEA consente il rilievo di tutti i meccanismi di collasso incipienti
presenti su ciascun edificio ed il loro livello di danno ottenibile, attraverso la sommatoria dei
livelli di danno manifestati da tutte le tipologie di danno compatibili con il singolo meccanismo. Si è, quindi, ritenuto di un certo interesse indagare le tipologie di meccanismo che avessero presentato il danno prevalente su ciascun edificio e correlarlo al danno globale. A questo
scopo e per brevità di rappresentazione si sono raccolti i meccanismi di collasso in quattro classi: 1) fuori del piano, 2) nel piano, 3) altri globali e 4) locali e si è calcolata la frequenza dei
meccanismi prevalenti rispetto al massimo danno globale registrato sull’edificio, dal diagramma di figura 7 si può osservare quanto segue:
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Figura 6. Frequenza delle tipologie di meccanismo di collasso rispetto al danno globale
i) i meccanismi nel piano (1) sono i prevalenti ed i più correlati al danno, presentano un andamento crescente con il danno sino ad un max in d3 (circa del 20%) il che dimostra la graduale
entrata in gioco del meccanismo al crescere del danneggiamento. Si osserva poi una frequenza
per d4 circa pari ancora al 9 %. Non sorprende il picco in d3 ed il decremento in d4 se si assume che nel percorso di danneggiamento che porta l’edificio da un danno medio d3 sino al collasso totale d5, si attuino importanti dislocazioni responsabili dell’insorgere contemporaneo di
altri tipi di meccanismo significativi.
ii) i meccanismi fuori del piano (2) si presentano con frequenze crescenti con il danno, trascurabili per danno d1 e pari al 6% per d4. Ciò conferma l’interpretazione data al punto precedente
sulla genesi del collasso globale della fabbrica. In altri termini i meccanismi fuori del piano,
tranne casi particolari, vengono evitati, ai gradi bassi di danno, dall’insorgere cioè dei meccanismi nel piano, per poi avvicinarsi alla frequenza di questi ultimi in prossimità del collasso, ovvero quando la risposta alle azioni taglianti nei maschi murari è sensibilmente compromessa.
iii) Gli altri meccanismi (3) così come i meccanismi locali (4) intervengono con frequenze aventi un andamento che ricalca i meccanismi di tipo 1 anche se per percentuali sensibilmente
inferiori. Tuttavia la loro presenza raggiunge livelli comparabili a quelli delle altre due classi al
crescere del danno generale della fabbrica in prossimità del collasso totale.
Figura 7. Frequenza dei meccanismi di collasso prevalente
suddivisi per classi rispetto al danno globale.
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Si riconosce in definitiva una priorità temporale nella comparsa dei meccanismi di collasso sulla fabbrica, a partire da quelli nel piano, di tipo 1 che offrono la prima risposta al sisma con la
comparsa in contemporaneo anche se in tono minore di altri meccanismi locali. Successivamente al crescere dell’azione e del danneggiamento globale crescono anche i meccanismi del tipo
fuori del piano sino al collasso totale ove tutti i meccanismi hanno medesima probabilità di
comparsa.
Molto gioca, in questo senso, la bontà dei collegamenti tra le pareti e tra queste e gli orizzontamenti oltre al tipo di materiale di cui la fabbrica è costituita.
5 CONCLUSIONI
L’elaborazione di scenari di danno per diverse intensità sismiche e per le diverse zone considerate omogenee, unita all’analisi della distribuzione del danno normalizzato e della geologia del
sito ha permesso di evidenziare incontrovertibilimente che l’accumulo di danno in aree specifiche del paese è attribuibile alla disuniformità dell’azione sismica che il 31 ottobre 2002 (e con
le successive repliche) ha investito l’abitato del comune di San Giuliano di Puglia.
Questo è stato possibile grazie alla conoscenza accurata delle tipologie edilizie e del danneggiamento di tutti gli edifici del comune colpito dall’evento sismico considerato, informazioni
raccolte con un’apposita missione di studio finanziata dal GNDT e svoltasi nell’immediato doposisma, cui hanno partecipato ricercatori del DiSGG dell’Univerisità della Basilicata, del
LUPT dell’Università “Federico II” di Napoli e del Servizio Sismico Nazionale.
In definitiva, sono state le zone denominate 2A e 2B, rappresentanti le aree di prima espansione del comune, ad aver subito i maggiori effetti di amplificazione, causati con tutta probabilità dalla presenza di strati di terreno deformabile, a differenza del nucleo antico del paese, che
si fonda invece su terreni molto consistenti e in alcuni casi roccia affiorante.
Di tali effetti di amplificazione locale si dovrà necessariamente tenere conto all’atto della ricostruzione del comune di San Giuliano con l’elaborazione di una puntuale mappa di microzonazione di cui, il presente lavoro, può, per i risultati mostrati, ritenersi un punto di partenza.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Commissione DPC, 2003. Un criterio per la microzonazione sismica in Molise dopo il terremoto del 31
ottobre 2002. XI Convegno “L’Ingegneria Sismica in Italia” Genova, Italia, 25-29 Gennaio 2004.
DPC 2000, Dipartimento della Protezione Civile, Manuale per la compilazione della scheda di primo livello di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell’emergenza postsismica.
Dolce, M., Masi, A., Zuccaro, G. (Coordinatori), 2003. Rilievo ed analisi sistematica del danneggiamento
di S. Giuliano di Puglia. Rapporto Tecnico GNDT.
ESC 98, European Seismological Commission. European Macroseismic Scale, Luxemburg 1998.
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