Teca tematica - Biblioteca Nazionale di Napoli

Abitare la vita, abitare la storia. A proposito di
Simone Weil
Autore: a cura di Maria Concetta Sala
Editore: Martinetti, Milano
Anno: 2015
Data inserimento: 01/07/2016
Gruppo: Memorie dei luoghi attraversati da donne
I contributi di questa raccolta nascono dalla necessità e dal desiderio di cogliere i varchi e i rimedi offerti dal
pensiero estetico, politico, spirituale di Simone Weil di fronte ai mali che stanno alla base della nostra convivenza.
Attraverso le letture della città che le autrici e gli autori danno sotto diverse angolazioni, pur ispirandosi tutti in
misura minore o maggiore all’opera di Simone Weil, si mette in rilievo il processo di lenta fermentazione delle sue
nozioni di bellezza, di giustizia, di bene nei diversi ambiti del pensare e del vivere.
La sfida che essi lanciano riguarda una questione ineludibile: è possibile recepire i modi creativi di abitare la vita e
di abitare la storia, porre al centro dell’attenzione le relazioni umane, dare spazio alle interazioni costruttive
presenti all’interno delle comunità?
In altre parole, è possibile scardinare il sistema di pensiero, gli assetti mentali, le posture aderenti alla logica del
potere e del prestigio sociale, così da ripensare ex nova la città, «un ambiente umano del quale non si ha maggior
coscienza che dell’aria che si respira»?
Palermo - Real educandato Maria Adelaide - Refettorio
foto da: www.delcampe.net [1]
Il soddisfacimento dei bisogni sia dei corpo sia della «parte terrestre dell’anima» in vista del radicamento
dell’essere umano, auspicato da Weil nel 1943, rimane ancor oggi disatteso; per di più si registra nel presente un
crescente disamore nei confronti degli ambienti vitali e delle istituzioni pubbliche, esasperato dal discredito
simbolico delle figure autorevoli e delle “autorità”, sicché chi si sente emarginato o disprezzato reagisce ora con
l’indifferenza ora con la repulsione, e in misura costante come un bambino che avanza continue pretese e si rifiuta
di obbedire. Come far sì dunque che quell’appello al radicamento trovi un’eco nelle intime fibre di ciascuno/a e
pungoli non solo a contrastare la disgregazione interiore e l’incoerenza morale ma anche a trasfigurare l’ignavia,
lo svilimento, la collera individuali in atti di giudizio e in scelte di vita fattivamente orientate a rendere giustizia al
mondo? […]
Nella nostra epoca di globalizzazione dei flussi dei capitali finanziari, dei mercati degli esseri umani e del sesso,
della precarizzazione dei ceti più esposti, dell’abbrutimento e della segregazione delle e dei più deboli,
dell’asservimento spietato della natura - una vera e propria economia canaglia (Loretta Napoleoni) - bisogna
interrogarsi ex novo sul senso che diamo al vivere e al convivere. […] C’è un solo rimedio per arrestare questa
perversione e rimanere umani e salvare il vivente: cogliere la ricchezza della differenza che è dentro e non fuori di
noi, mutare il nostro assetto mentale e fisico, in modo da sentire il fatto di essere qui sulla Terra come qualcosa «al
di sopra di ogni immaginazione», il solo fatto di esistere come un evento «al di sopra di ogni merito minimamente
sospettato», e il puro e semplice fatto di vivere come una «cosa sovrumana» (Anna Maria Ortese, Corpo celeste).
Il fatto di vivere, di esistere, di essere qui è davvero cosa sovrumana, quale che sia la vita che conduciamo, un
quasi paradiso o un inferno, ma noi non siamo al di là dell’umano, e per fortuna, dato che fin dalla nascita
riceviamo sia l’impronta della dipendenza dai rapporti necessari naturali e dalle relazioni umane - prima fra tutte
quella con la madre, nei riguardi della quale dobbiamo imparare ad avere gratitudine - sia il marchio della
vulnerabilità. Saranno per l’appunto la dipendenza e la vulnerabilità liberamente accettate nel corso dell’esistenza
con il loro carico di gioia, di sofferenze, di sventura a permetterci di accedere al mistero supremo che in questo
nostro cosmo ha il volto della bellezza. A ragione Weil insiste in tutti i suoi scritti sul rispetto dovuto all’essere
umano nella sua interezza e sulla necessità di proporre «un sistema di istituzioni tale da portare il più possibile alle
funzioni di comando» quanti siano capaci e desiderosi di rispondere alla sua aspettativa di bene e di udirne il grido
che si leva sotto la sferza della sventura […]. Per inventare, al di sopra delle istituzioni mediane dirette a proteggere
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le persone, i diritti, le libertà democratiche, istituzioni altre «destinate a discernere e abolire tutto ciò che nella vita
contemporanea schiaccia le anime sotto l’ingiustizia, la menzogna e la bruttezza» (Simone Weil, La persona e il
sacro) occorre mettere in gioco nel sociale la nostra capacità di riflessione e individuare i mali cui porre rimedio
grazie a mediazioni e scambi e, al tempo stesso, apprendere singolarmente quel distacco da sé che apre un varco
interiore attraverso cui discenda come un dono inatteso l’ispirazione, e con essa parole, pensieri, gesti traducibili in
mutamenti non fittizi che proteggano ogni essere umano nella sua interezza. (Maria Concetta Sala, La linfa e il
lievito, p. 10-11)
Se abbiamo dunque a cuore la città, non è per la città stessa, ma perché la sentiamo come un luogo vivo che ci
permette di intravedere altro. E per questo ci spinge a cogliere nella concretezza delle sue case, cultura, lingua,
opere d’arte, il tralucere di un qualcosa che ci attrae. Ha un di più di reale ed è questo che ci muove. […]
Non è costituita solo dalle case, le strade, le piazze, dalle sue istituzioni storiche e dai costumi e i riti. Non è la
somma di fatti storici. Suggerisco qui un’altra immagine, più vegetale, animale, più organica. La città è un
organismo in continua evoluzione, la cui melodia si trasforma e ci trasforma. […] Non ci rendiamo conto che quel
colore delle case che insiste, quella tonalità della pietra, quel vivere corpo a corpo con l’odore del mercato, la
presenza delle persone, il suono di lingue diverse ci fanno diventare un po’ tutto ciò. Noi siamo infatti sempre un
po’ oltre i confini della nostra individualità. Siamo noi e siamo anche in quella qualità della luce, in quel disporsi
della città nel territorio, in quegli sguardi che incrociano i nostri, donne e uomini che vengono da altrove e sono qui
con noi.
Si pensi anche solo all’aspetto architettonico, e dunque storico delle città. Le case di stile barocco, arabo,
normanno, i ruderi romani, i palazzi modernisti e razionalisti: tutto ci coinvolge. […] Gli stili, le rovine, le ricostruzioni,
le modificazioni nel tempo, il fatto che i luoghi dell’infanzia sono due volte veri - per come sono e per come erano
-, tutto questo mostra come il nostro inconscio sia coinvolto profondamente nella esperienza percettiva del luogo.
[…] aggiungerei la qualità evocativa dell’incontro con donne e uomini, con i loro sguardi, i colori dei vestiti, lo stile
nell’andare, di chi è nato nella città e di chi viene da altrove, portando una storia diversa dalla nostra nella lingua,
nei colori, nella presenza. […] Mi sembra anche - e questo è un presupposto del mio discorso - che chi fa politica in
relazione a una città avverta il vivo, il vivente verso cui la città fa da ponte. […] C’è un modo di fare politica che è
quello più conosciuto, istituzionale. Ha come fine il governo della città, regolandola e trasformandola secondo piani
urbanistici, cercando risorse eco-nomiche. Tale governo è legato a progetti e finalità da raggiungere, secondo le
quali modellare e sviluppare la città. […]
C’è un altro modo di fare politica, che vive la città in modo diverso, come se fosse l’estensione del corpo proprio.
Mi riferisco innanzitutto al movimento politico delle donne, che può essere visto per differenza con altri movimenti
politici. Ciò che caratterizza la politica delle donne è di vivere la città dall’interno senza pensare di poterla
governare come se fosse un oggetto esterno rispetto alle nostre soggettività. Qualsiasi azione politica è allora nodo
di un tessuto di cui partecipiamo. Si è attrici dell’azione e al medesimo tempo testimoni […] La trasformazione
politica della città avviene per questo esserne parte integrante in prima persona, senza rappresentanza:
modificando il proprio agire, si modifica il tessuto vivente di cui si partecipa.
In questa seconda forma della politica non c’è scarto tra la realtà della città e gli scopi che si vorrebbero
raggiungere. […] Non c’è governo della città e tempi di realizzazione di progetti, ma modificazione secondo tempi
non soggettivi, dettati piuttosto da una relazione con i lati onirici, visionari che abbiamo con essa e al medesimo
tempo con i bisogni che essa esprime, di cui siamo testimoni.
Queste due forme di fare politica che ho descritto non sono necessariamente contrapposte.
Quando parlo di politica delle donne, mi riferisco a un movimento che ha una storia precisa. […] Una pratica di
relazione in cui è in gioco una creatività di rapporto con un’altra donna, un desiderio di trasformazione della città,
una intelligenza della realtà. Di relazione in relazione si creano reti […].
Al centro è l’amore per tutto ciò che è vivo, vivente, e che si sente di valore per sé e per gli altri e che si cerca di
creare nella città.
La via politica sperimentata da parte delle donne ha sollecitato esplorazioni politiche nuove, pratiche diverse sia in
altre donne sia in uomini attenti a un agire politico, relazionale, non istituzionale. […]
Oggi molti giovani parlano di reti di autorganizzazione. La politica delle donne è simile, ma pone, come abbiamo
visto, desiderio di politica e relazioni singolari, mentre nelle reti di autorganizzazione è presente una tendenza al
collettivo, alla cancellazione della singolarità relazionale in un’impresa comune.
[…] il termine chiave per capire questa politica sia la parola “fiducia”. Fiducia indica un legame simbolico dispari,
che abbiamo vissuto nella prima infanzia con nostra madre e che ci ha aperto al mondo. Il che non significa essere
ingenui, ma fare una leva politica di questa apertura infinita al mondo che si rinnova dentro di noi senza che
dipenda dalla volontà. Si rinnova nonostante le disdette e le ferite che la realtà procura. Nella fiducia, quando c’è,
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troviamo la radice per rilanciare il gioco della politica e delle relazioni.
La fiducia mostra un legame simbolico dispari con la realtà. La realtà è molto più grande, differente rispetto a come
la vorremmo, va in una direzione diversa dai nostri sogni, allo stesso tempo siamo dipendenti da essa. La fiducia,
pur accettando la dipendenza, fa sentire che però comunque abbiamo uno spazio per agire, modificare, far
nascere. Che sempre nuove possibilità si aprono, diverse da quelle che ci aspettavamo, ma nelle quali, nella
nostra invenzione, la realtà ci viene incontro. La fiducia è un legame simbolico molto più prezioso
dell’organizzazione o del denaro.
(da: La città è un ponte verso l’altro di Chiara Zamboni, p. 32-36)
l refettorio del convento di Palermo
foto da: www.cammino.it
[2]
Con quale sguardo contemplare allora una città che va a pezzi, rovina di chi la abita? Come uscire dall’incubo, e
non rimanere pietrificata dalla forza invisibile delle nuove mafie? Quali nuove pratiche agire?[…]
Ex voto d’argento, raffinati nella fattura, raffiguranti pezzi di corpo - un cuore, una gamba, un piede - guariti da
male oscuro per grazia di un’entità soprannaturale, brillano appesi alle braccia e al collo di Madonne dallo sguardo
estatico e misericordioso, protette dentro cappellette profumate di fiori che si affacciano tra puzzo di immondizia
che macera al sole, sui muri scrostati e cadenti. Tra questi scarti si aggirano giovani, disoccupati, immigrati,
clandestini.
Un luogo fatto di resti, dove orrore e bellezza, sacro e abiezione convivono e si mescolano.
Eppure, sono proprio questi i luoghi dove a Palermo si percepisce di più la sacralità che scaturisce dalla
com-presenza dei vivi e dei morti; del naturale e del soprannaturale.
Il compito che spetta a un pensiero che voglia cercare la verità, mi ricorda ancora Simone Weil, è rendere possibile
il contatto tra naturale e soprannaturale, che coesistono anche quando in apparenza neppure si sfiorano. A
Palermo, in certi quartieri, le due dimensioni non solo convivono, ma l’una, il “naturale” che vive in superficie, trae
forza dall’altra. […] La lingua materna, apprendo da Simone Weil, è il principale luogo di radicamento. La perdita di
contatto con le radici è la malattia più antica dell’Europa.
Radici invisibili allo sguardo, nascoste nel cuore della terra - e come tali senza frontiere - che solo gli sventurati,
coloro che hanno ricevuto ferite dalla vita e conoscono il dolore, riescono a “sentire”. Perché le ferite, siano esse
dell’anima o del corpo, oppure cicatrici sui muri di case in rovina, sono “porte” da attraversare. Passaggio ad
Altro: alla compassione. Alla cura
(da: Palermo come Venezia di Gisella Modica, p. 88-90)
Archivio storico di Palermo
foto da: www.archiviodistatodipalermo.it [3]
Daniela Dioguardi: già docente di Materie letterarie, è attualmente responsabile dell’Archivio dell’UDIPALERMO.
Impegnata nel femminismo, ha organizzato a Palermo i primi incontri sul pensiero e la pratica della differenza
sessuale, dando vita a diversi gruppi di ricerca, riflessione e azione politica femminile. La passione politica l’ha
spinta, attraverso la relazione con alcune donne, a misurarsi con le istituzioni ed è stata parlamentare della Repubblica per due anni, dal 2006 al 2008. Ha pubblicato articoli e saggi inerenti alla libertà femminile e collabora con
la rivista «Mezzocielo».
Rita Fulco: dottora di ricerca in Metodologie della Filosofia (Università di Messina) e in Diritti umani: evoluzione,
tutela e limiti (Università di Palermo), collabora attualmente con la Cattedra di Filosofia Teoretica del Dipartimento
di Civiltà Antiche e Moderne (Università di Messina). Tra le sue pubblicazioni: Corrispondere al limite, Simone Weil:
il pensiero e la luce (Studium, Roma 2002); II tempo della fine. L’Apocalittica messianica di Sergio Quinzio
(Diabasis, Reggio Emilia 2007); Essere insieme in un luogo. Etica, politica, diritto nel pensiero di Emmanuel
Levinas (Mimesis, Milano 2013). Ha curato Manlio Sgalambro, l’ultimo chierico (Mesogea, Messina 2015).
Giancarlo Gaeta: ha insegnato Storia del cristianesimo antico e Storia delle religioni all’Università di Firenze. Ha
studiato l’esegesi antica e moderna dei Vangeli fino ad approdare a una loro versione commentata, pubblicata da
Einaudi nel 2006. Altrettanto lungo e impegnativo è stato il suo lavoro su e intorno a Simone Weil, a partire
dall’edizione italiana dei Quaderni (Adelphi, Milano 1982-1993). Questi due impegni hanno segnato la sua vita intellettuale e condizionato la lettura del tempo presente condotta attraverso studi e interventi su temi e personalità del
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Novecento, raccolti in Le cose come sono. Etica, politica, religione (Scheiwiller, Milano 2008).
Bruna Gambarelli: laureatasi al DAMS dell’Università di Bologna con una tesi sui rapporti tra Simone Weil e il
teatro, è docente a contratto di Letteratura e Filosofia del Teatro e Pratica e cultura dello spettacolo all’Accademia
di Belle Arti di Bologna. Insieme a Febo Del Zozzo è fondatrice e direttrice della compagnia Laminarie, che per la
particolare vocazione all’ascolto del territorio in cui opera ha ricevuto nel 2012 il premio speciale UBU; cura la
direzione artistica dello spazio DOM la cupola del Pilastro a Bologna. Su Laminarie si veda Tragedia e fiaba, a cura
di B. Gambarelli e C. Meldolesi, Titivillus, Corazzano (Pisa) 2008 e Ravvicinamento, a cura di F. Rocchi, Bologna
2014.
Stefania Macaluso: insegna Filosofia e Storia al liceo. Ha conseguito il diploma universitario in Scienze teologiche
presso la Facoltà Teologica di Sicilia e il dottorato in Filosofia presso l’Università di Palermo con una tesi dal
titolo La relazione come cifra antropologica. Un confronto tra l’empatia in Edith Stein e l’attenzione in Simone
Weil. Ha collaborato con diverse riviste nazionali e internazionali e ha pubblicato, tra l’altro, il saggio dal titolo II
metaxy. La filosofia di Simone Weil. Un approccio al femminile (Armando, Roma 2003).
Gisella Modica: fa parte della Biblioteca delle donne UDIPALERMO, dell’associazione Mezzocielo e della
redazione sia dell’omonima rivista sia di «Letterate Magazine», rivista on line della Società Italiana delle Letterate.
Per Stampa Alternativa ha pubblicato Falce, martello e cuore di Gesù, 2000 e Parole di terra, 2004; per Villaggio
Maori Edizioni, Mi dispiace don Fifì, 2013 e Le donne della Cattedrale, 2013. Nel 2015 ha vinto il primo premio
Città di Forlì per il racconto Buchi. Ha curato Le personagge sono voci interiori. Letture in scena, in corso di
pubblicazione per Vita Activa di Trieste.
Massimiliano Mori: nato a Palermo nel 1966, lavora da circa trent’anni nell’ambito della progettazione software
nel settore privato; nel 2004 si è laureato in Filosofia con una tesi in Epistemologia. La passione e la
frequentazione della natura lo spingono ad annodare fili e percorsi apparentemente distanti; milita nel mondo
dell’associazionismo e continua a promuovere varie esperienze di consumo critico (mercato dei produttori locali
‘A Fera bio a Palermo, progetto Fa’ La Cosa Giusta! Sicilia, RESSUD). Lo accompagnano in questo percorso la
moglie, Monica e, dal maggio 2014, la piccola Costanza.
Mariella Pasinati: insegnante di Storia dell’arte e presidente della Biblioteca delle donne e Centro di consulenza
legale UDIPALERMO, impegnata nella ricerca e nella pratica pedagogica, curatrice di progetti di didattica
sperimentale nell’ambito della differenza sessuale e di corsi di aggiornamento/formazione per insegnanti, ha svolto
studi e ricerche sul rapporto tra produzione culturale e soggettività femminile nelle arti visive, occupandosi
soprattutto dell’opera di artiste contemporanee. Collabora con «Mezzocielo», «Letterate Magazine» e «Taide
Magazine»; per la Biblioteca delle donne UDIPALERMO ha curato Parole di libertà e Rifatture (Ila Palma, Palermo
1992 e 1999).
Maria Concetta Sala: dopo aver lavorato a Milano nel campo dell’editoria, grazie all’incontro con l’opera di
Simone Weil si è dedicata allo studio delle filosofie in Germania, Francia e India. Rientrata in Italia, ha insegnato
nei licei e poi di nuovo all’estero, in Ungheria e in Francia, come lettrice nei dipartimenti di Italianistica delle università di Seghedino e di Clermont-Ferrand. Oggi vive a Palermo, dove condivide la politica delle relazioni delle
amiche della Biblioteca delle donne. Ha tradotto diverse opere di Simone Weil e ne ha curato l’edizione italiana.
Chiara Zamboni: insegna Filosofia all’Università di Verona. Da più anni si occupa di pensiero femminile e ha dato
vita con altre alla comunità filosofica Diotima. Tra le sue pubblicazioni: Parole non consumate. Donne e uomini nel
linguaggio (Liguori, Napoli 2001); Pensare in presenza. Conversazioni, luoghi, improvvisazioni (Liguori, Napoli
2009). Ha curato Maria Zambrano. Infedeltà alla parola vivente (Alinea, Firenze 2002); Il cuore sacro della lingua (II
Poligrafo, Padova 2006); L’inconscio può pensare? Tra filosofia e psicoanalisi (Moretti & Vitali, Bergamo 2013);
Una filosofia femminista. In dialogo con Françoise Collin (Manni, San Cesario di Lecce 2015). Ha collaborato ai
volumi di Diotima pubblicati dal 1987 a oggi.
Dall’Indice: Maria Concetta Sala, La linfa e il lievito; Mariella Pasinati, La fragile bellezza della città; Chiara
Zamboni, La città è un ponte verso altro; Giancarlo Gaeta, L’ideale politico di una città a misura d’uomo; Rita Fulco,
Potere, violenza, governo della città; Stefania Macaluso, II respiro della città; Bruna Gambarelli, Un senso nuovo;
Massimiliano Mori, Uno stile di vita sostenibile; Gisella Modica, Palermo come Venezia; Daniela Dioguardi,
Un’altra politica; Nota della curatrice; Elenco delle sigle delle opere; Bibliografìa generale; Profili delle autrici e degli
autori.
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Link al catalogo online della Biblioteca Nazionale di Napoli
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Collegamenti
http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/show/20/431
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Simone Weil, cura di Antonino Magnanimo [4]
Simon Weil. Parole al di sopra del cielo di Gisella Modica [5]
Intervento di Maria Concetta Sala [6] (filmato)
Biblioteca delle donne di Palermo [7]
Collegamenti
- [1] http://www.delcampe.net/page/item/id,156919944,var,PALERMO--Reale-Educando-Maria-Adelaide--Refettorio,language,I.html
- [2] http://www.cammino.it/giugno2001/foto28e.html
- [3] http://www.archiviodistatodipalermo.it/
- [4] http://www.filosofico.net/weil.htm
- [5] http://www.societadelleletterate.it/2012/11/parole-al-di-sopra-del-cielo/
- [6] http://www.youtube.com/watch?v=vQQIyuRXSZ8
- [7] http://www.sites.google.com/site/bibliotecadelledonne/project-definition
http://www.bnnonline.it/index.php?it/136/teca-tematica/show/20/431
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