Weil – Montanari - genere e dintorni

Irene Montanari
Schedatura di
Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale
I.
1. Simone Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, Adelphi,
ottava edizione, Milano, settembre 2008
2. Réflexions sur le causes de la liberté et de l’oppression sociale, prima pubblicazione 1955,
prima edizione Adelphi ottobre 1983
3. Simone Weil scrisse le Riflessioni nel 1934, ma non le pubblicò riproponendosi di rivederne
e migliorarne la forma. A causa delle sue condizioni di salute non riuscì ad effettuare la
revisione e il suo saggio fu pubblicato solo nel 1955, dopo la sua morte, in Oppression et
liberté, Parigi. Questa travagliata vicenda riguardo la pubblicazione mette in luce come lo
scritto di Simone Weil potesse essere attuale e illuminante anche vent’anni dopo la sua
stesura.
4. Il testo si colloca nell’ambito filosofico e social-economico. I temi principali trattati sono il
concetto di rivoluzione, in particolare nella dottrina marxista, di libertà e di oppressione
sociale, di organizzazione ed etica del lavoro, di struttura economica.
5. Il genere è il saggio. La scrittura di Simone Weil è scorrevole, precisa e concisa. Non fa un
uso eccessivo di espedienti retorici, preferisce strutture paratattiche e utilizza periodi
relativamente brevi che favoriscono una chiara schematizzazione dei concetti.
II.
1.
Libertà:
1
l'essere libero, la condizione di chi è libero, stato di chi non è prigioniero; 2 facoltà
dell'uomo di agire e di pensare in piena autonomia; 3 estens., l'essere esente da legami,
responsabilità, oneri; condizione di indipendenza da legami, spec. di carattere sentimentale;
4indipendenza di una comunità politica dalla dominazione straniera o da una dittatura interna,
godendo di libere istituzioni; 5 mancanza di controllo nel comportamento o nel linguaggio; 6
condizione di chi può agire nella vita pratica secondo le proprie scelte, grazie a un potere specifico
riconosciutogli dalla legge; 7 filos. nella filosofia scolastica, capacità dell'uomo di determinare le
proprie azioni scegliendo tra due o più alternative ugualmente possibili. [dal Dizionario italiano
De Mauro]
La definizione che Simone Weil dà di libertà è complessa e molteplice. È prima di tutto una
definizione cercata non nell’astrazione del concetto, bensì nella sua applicazione teorica ad
un modello di società. Proprio per questo sin dall’inizio dell’argomentazione l’autrice
riconosce la libertà come un sogno, un ideale a cui, nonostante sia irraggiungibile, è
necessario tendere per cercare di conseguire una condizione che sia quanto meno di
maggiore libertà dell’attuale. Essa non può essere semplicisticamente definita come assenza
di necessità fisiche e spirituali, poiché questa condizione è per natura estranea ed
incompatibile con l’uomo; se così fosse, il termine non avrebbe alcun significato concreto in
sé e ciò farebbe risultare insensato il sentirsi privati della vita in mancanza di libertà. Simone
Weil quindi ridefinisce il concetto di libertà come un rapporto tra il pensiero (1attività
psichica che consente all'essere umano di elaborare contenuti mentali, di acquisire coscienza di sé e
della realtà esterna e di costruire schemi concettuali in base ai quali interpretare la realtà; la facoltà
del pensare; la mente, in quanto sede di tale attività 2filos. attività propriamente speculativa
dell'uomo, anche in quanto contrapposta all'azione; 3estens., indirizzo speculativo dominante in una
determinata epoca, insieme di teorie, di dottrine filosofiche proprie di un periodo, di una scuola o di
un singolo pensatore; 4nel linguaggio politico di gruppi maoisti, poi comunemente, spec. scherz., in
relazione a nomi propri di persona, sempre premessi; 5modo di pensare proprio di qcn., idea,
opinione; ciò che si pensa; contenuto, oggetto di un ragionamento; 6estens., ansia, preoccupazione;
7estens.,
progetto, proposito, intenzione; 8prova di affetto e di gentilezza, attenzione; 8piccolo dono,
regalo di modesta entità. [dal Dizionario italiano De Mauro]) e l’azione, ovvero afferma che
l’uomo libero è colui che è in grado, stabilito un obbiettivo, di ragionare le sue azioni in
modo da utilizzare propriamente i mezzi a sua disposizione per la realizzazione del suo fine.
In questo consiste la libertà: rendere possibile il rapportarsi alla necessità senza una cieca
rassegnazione, ma con un attivo utilizzo del pensiero. L’autrice indica la matematica come
esemplificazione della libertà, affermando che il processo di risoluzione delle difficoltà per
un individuo libero dovrebbe essere accomunabile ad un problema matematico di cui si
possa ricavare la soluzione mediante l’atto del pensiero. Infatti è la sfida procurata da un
ostacolo da superare che permette all’uomo di esercitare la propria libertà per diventare,
attraverso le sue azioni, il reale artefice delle condizioni della propria vita. Simone Weil
infatti parlando in seguito del totalitarismo afferma non solo che un regime ha la possibilità
potenziale di controllare ogni cosa che ponga sotto il suo potere tranne il pensiero degli
uomini, ma anzi che un regime è possibile soltanto nel momento in cui non vi è più pensiero.
Ciò accade quando il pensiero viene “mutilato” privandolo del suo oggetto e in tal modo
diventa parzialmente utilizzabile, fragile. L’autrice distingue tre modi in cui il pensiero può
agire nella vita sociale: elaborando speculazioni teoriche, esercitandosi durante l’esecuzione
o attuandosi nel comando e nella direzione; ma tutti e tre i casi non possono essere
adempiuti pienamente dal pensiero: ciò è inevitabile in una società dove le nozioni sono
talmente numerose e complesse che diventano inaccessibili ad un singolo individuo. Esse
dunque appaiono fruibili sono da una collettività (1 l'essere collettivo, comune a più individui; 2
pluralità di persone considerate come insieme unitario, come comunità politica o sociale[dal
Dizionario italiano De Mauro]), ma ciò significa che sono inintelligibili. Infatti Simone
Weil afferma che la collettività è assolutamente inaccessibile per l’uomo che non può far
altro che esserne in balia. La collettività non pensa, poiché il pensiero è l’unica cosa che
l’uomo ha di unicamente personale, in quanto si forma nell’individuo in quanto tale, solo di
fronte a sé stesso.
Oppressione: 1l'opprimere e il suo risultato; sopraffazione continuata che nega i diritti fondamentali
dell'uomo; abuso di potere compiuto ai danni di una classe, di una categoria, di una popolazione;
2dominio, giogo; 3 fig., sensazione di angoscia e fastidio; 4 fig., sensazione di fastidio fisico. [dal
Dizionario italiano De Mauro]
Simone Weil dà nel suo libro questa definizione di oppressione: “[…]provocando una
separazione tra coloro che l’esercitano e coloro che la subiscono, essa mette i secondi alla
discrezione dei primi e fa così gravare fino all’annientamento fisico e morale la pressione di
quelli che comandano su quelli che eseguono”.
Per spiegare questo concetto parte dalla concezione che Marx elaborò, definendo
l’oppressione come “organo di una funzione sociale”. Così come Engels, ne trovava
l’origine nella divisione del lavoro, affermando che finché non ne sarebbero state cancellate
le cause non sarebbe stata possibile una società priva di sfruttamento. Ma questa definizione
non convince l’autrice, che prosegue la sua riflessione incentrandosi sulla ricerca del motivo
per cui ad un qualunque sistema oppressivo, una volta debellato, non possa che seguire un
altro sistema, diverso, ma con uno schema di sfruttamento assolutamente assimilabile al
precedente; problema a cui Marx non dà risposta. Simone Weil conduce a questo punto
un’analisi che parte dall’instaurazione stessa di un’organizzazione sociale. Sostiene che
l’oppressione sociale sia insita in una qualsiasi forma comunitaria che abbia sviluppato una
struttura avanzata rispetto a quella primitiva dei primi insediamenti. Infatti riconosce una
differenza non solo di grado, ma anche di natura fra i diversi livelli di sviluppo economico.
Infatti laddove la struttura sociale non è progredita dal livello minimo della sussistenza, è
possibile una condizione che si avvicina alla libertà, poiché ogni individuo, anche se
succube dei bisogni dettati dalla natura, è “in contatto immediato con le condizioni della
propria esistenza”. Col migliorare del controllo dell’uomo sull’ambiente, però,
l’assoggettamento alla natura viene dimensionato, ma dal momento in cui si palesa la
necessità di strutture sociali definite e quindi nascono poteri e privilegi, è inevitabile che si
attuino processi di oppressione: si passa così dall’oppressione della natura sull’uomo,
all’oppressione dell’uomo sull’uomo. Il sistema di potere che si viene ad instaurare è basato
sulla produzione in nome della quale tutto è sacrificabile, anche la libertà dei lavoratori.
Questo procedimento si attua attraverso il ribaltamento del rapporto tra mezzo e fine: il fine
da ottenere diventano i mezzi per migliorare la propria situazione di vita e ciò viene reso
possibile dal raggiungimento di altri mezzi a loro volta precedentemente posti come fine.
Questo processo circolare fa venir meno la possibilità dell’utilizzo del pensiero che si basa
su un corretto rapporto di utilizzo del mezzo per il raggiungimento del fine e quindi, agli
uomini, intrappolati in questo meccanismo, viene a essere negata la libertà stessa. Ma in
ogni struttura sociale è indispensabile un sistema di potere (di qualsiasi tipo: economico,
religioso, politico) che per quanto per sua natura sia instabile rende la subordinazione
inevitabile, per questo Simone Weil arriva ad affermare che “si direbbe che l’uomo nasca
schiavo e la servitù sia la condizione che gli è propria”.
Rivoluzione: 1rivolgimento violento e profondo dell'ordine politico e sociale tendente a mutare
radicalmente governo, istituzioni, rapporti economici e sociali; 2rapida e radicale trasformazione
dell'assetto sociale ed economico di un paese sostenuta o guidata da determinate forze sociali o
politiche; 3estens., rapido e radicale mutamento di un sistema economico-sociale dovuto
all'introduzione e all'applicazione sistematica di nuove scoperte scientifiche e tecnologiche; 4fig.,
scompiglio, confusione; 5estens., profondo mutamento della mentalità, del modo di comportarsi e di
agire di una società o di larghi strati di essa - profondo mutamento e rinnovamento in campo
culturale o artistico in seguito a nuovi studi, nuove interpretazioni, esperienze, ecc; 6astron. moto
orbitale di un corpo celeste che compie un'orbita ellittica intorno a un altro. [dal Dizionario italiano
De Mauro]
Simone Weil dice chiaramente che secondo lei il termine rivoluzione è senza alcun
contenuto. Spiega questa affermazione chiarendo il fatto che con la rivoluzione si intende
uno sconvolgimento in grado di eliminare l’oppressione sociale: questo processo è
impossibile poiché una rivoluzione che raggiungesse questo obbiettivo dovrebbe portare
all’abbattimento di ogni governo, ovvero ad un’impossibile, utopica anarchia globale.
Inoltre la rivoluzione è definita un’ inversione dei rapporti di potere fra oppressi e oppressori
ovvero dei più deboli rispetto ai più forti. Questa affermazione è già di per sé contraddittoria
e storicamente priva di senso, poiché non è possibile che un parte più debole possa riuscire a
sconfiggere una controparte obbiettivamente più forte: nel momento in cui si verifica un
rovesciamento del potere si è piuttosto verificato un riassestamento delle parti, in cui coloro
che sono diventati i più forti si impossessano del comando.
Lavoro: 1impiego di energia diretta a un fine determinato; 2attività propria dell'uomo, volta alla
produzione di beni o servizi; 3esercizio di un mestiere, di una professione, di un'arte; occupazione
retribuita; posto dove si lavora; 4estens., solo sing., nel linguaggio marxista, la classe dei lavoratori; 5
spec. al pl., insieme di attività svolte da gruppi di persone, organi collegiali e sim.; 6cosa di cui ci si
sta occupando; 7risultato, prodotto dell'attività lavorativa; 8colloq., guaio, imbroglio; 9fis. integrale del
prodotto scalare di una forza per lo spostamento del suo punto di applicazione lungo la traiettoria
(simb. L) [dal Dizionario italiano De Mauro]
L’autrice considera il lavoro un valore umano e riconosce questa definizione come “l’unica
conquista spirituale che il pensiero umano abbia fatto dopo il miracolo greco”. Per tutto il
saggio, Simone Weil parla del lavoro come mezzo di emancipazione e di affermazione della
propria libertà ed identità. Il lavoro viene identificato come condizione base per
l’instaurazione di una comunità libera in cui la collettività condivida una “fraternità virile”
in cui l’amicizia renda possibile vedere gli uomini come uomini e rispettarli come tali. Il
lavoro dovrebbe essere uno dei mezzi di espressione del pensiero e con esso dovrebbe essere
in profonda interrelazione. Eppure il lavoro è anche il primo e diretto mezzo di sfruttamento
da parte del potere nella sua sfrenata corsa verso la supremazia attraverso la produzione.
Potere: 1facoltà, capacità, possibilità concreta di fare qcs., di raggiungere uno scopo; 2capacità di
influire sul comportamento altrui influenzandone le opinioni, le decisioni, le azioni, ecc; 3totale
dominio, piena autorità; 4 autorità suprema nell'ambito di un gruppo, di una comunità, di uno Stato; il
complesso degli organi che assolvono a tale funzione; 5 dir. ciascuna delle sfere di funzioni giuridicoistituzionali attribuite, nell'ordinamento giuridico, a un soggetto in quanto titolare di un ufficio. [dal
Dizionario italiano De Mauro]
Il potere in ogni sua forma produrrà sempre oppressione. Esso è teso all’aumento di sé
stesso attraverso l’incremento della produttività, del controllo e della distruzione dei mezzi
dei suoi rivali. Per fare ciò tende ad estendere i propri fondamenti sociali fino al limite,
come il potenziamento dell’apparato bellico o l’ampliamento dei propri mercati e traffici
commerciali. Però il potere è fortemente limitato: esso tende per definizione a sorpassare le
proprie possibilità andando a corrodere le sue stesse basi e in tal modo si indebolisce
ulteriormente; ogni forma di potere ha in sé in germe della sua stessa distruzione. Inoltre,
per ogni potere sarà sempre in atto una lotta, infatti è sia contrastato al suo interno, sia teso
ad imporre la sua egemonia ai poteri esterni limitrofi.
2. L’autrice con questo saggio si propone di condurre un’attenta analisi sulle dinamiche che
intervengono nella società. Per fare ciò affronta più temi: presenta un’argomentazione critica
riguardo alla dottrina marxista, analizza con esempi le questioni contrapposte
dell’oppressione e della libertà trattando temi quali il lavoro, l’economia, la natura del
potere, il pensiero, il progresso scientifico, le strutture della società, poi propone, alla luce di
tali osservazioni, un’analisi della società dei primi anni ’30 in piena e tumultuosa
trasformazione. Nella conclusione pare trapelare dalle parole dell’autrice un monito alle
generazioni future affinché esse facciano un uso della storia oculato e fruttuoso, non fine a
sé stesso, da cui possano trarre un insegnamento per la società che dovranno ricostruire. A
ciò Simone Weil sicuramente ha dato un grande contributo. A mio parere, uno degli
obbiettivi del saggio è anche di suggerire a coloro che verranno dopo quelle tragedie che
saranno il nazifascismo e la seconda guerra mondiale, che in molti punti l’autrice dà chiaro
segno di aver percepito, di crearsi una coscienza personale, una reale capacità di pensiero
come difesa contro l’oppressione sociale inevitabile, per “smettere di credersi suoi complici
perché non si fa nulla di efficace per impedirla”.
3. Simone Weil definisce il lavoro come un valore umano e questa definizione come l’unica
conquista che lo spirito abbia fatto dai tempi della grande filosofia greca. Ma possiamo
condividere oggi questo pensiero? Oggi il lavoro è vissuto come un mero mezzo di
sostentamento, per moltissimi nemmeno sufficiente, come costrizione e dovere imposto.
Aggiunge poi che il lavoro vero rende liberi, in quanto atto di sottomissione cosciente alla
necessità, e che il lavoro manuale dovrebbe essere alla base della civiltà migliore in quanto
valore supremo. Ritengo che una simile concezione del lavoro non possa essere proposta in
alcun modo nella società in cui viviamo, nel modello economico di cui facciamo parte. Il
lavoro manuale è quanto mai declassato e subordinato, addirittura fonte di vergogna. Il
lavoro non può essere visto oggi come un mezzo per raggiungere la libertà quando in molti
casi nemmeno la scelta del lavoro stesso è una scelta libera poiché ciò che dà la libertà,
intesa proprio come rapporto tra pensiero e azione, è il denaro, non il lavoro. Al giorno
d’oggi siamo talmente inseriti nel sistema basato sul rovesciamento del rapporto fra mezzo e
fine che il fine tende addirittura a scomparire o a identificarsi con la sopravvivenza. Le
prospettive di lavoro per i giovani non sono spesso altro che compromessi, non si può
rivolgere il pensiero all’azione per godere del proprio lavoro, ma c’è la necessità di orientare
ogni propria capacità verso il sostentamento. “Il lavoro rende liberi” ormai è
un’affermazione che pochi fortunati possono permettersi di condividere, ma per la maggior
parte è in per sé una contraddizione.