L`editoria padana tra Otto e Novecento

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Note a convegni
L’editoria padana tra Otto e Novecento
Pasquale laccio
L’editoria è un tema che, seppure di estremo
interesse per la storia della cultura e per la
storia in generale, è stato in Italia a lungo
trascurato dalla storiografia ufficiale e affi­
dato unicamente a bibliografi ed eruditi. Ne­
gli ultimi anni, però, si è verificata una mag­
giore attenzione nei riguardi di questo setto­
re che è entrato nella sfera di interessi dello
storico e comincia ad essere inserito nel più
vasto ambito della storia economica, sociale
e delle idee. Nonostante ciò bisogna a tutt’oggi rilevare un ritardo (rispetto agli studi
svolti in paesi come la Francia e, in parte,
l’Inghilterra) delle ricerche prodotte dalla
storiografia italiana. Se si esclude una parti­
colare attenzione per il Cinquecento, e cioè
l’epoca d’oro della stamperia soprattutto ve­
neta, gli altri secoli sono rimasti piuttosto in
ombra. Si possono ricordare poche eccezio­
ni come, per esempio, i lavori sull’area vene­
ta di Mario Infelise, relativi soprattutto al
Seicento e, in parte, al Settecento, e il noto
volume di Marino Berengo su Milano. Le
zone d’ombra riguardano non solo alcuni
periodi in particolare ma anche specifiche
aree geografiche. Per quanto riguarda l’Ita­
lia centro-meridionale sussistono, ad esem­
pio, forti ritardi, nonostante in tempi recenti
siano state compiute alcune ricerche in que­
sta direzione (gli studi di Palazzolo sulla ca­
sa editrice Sandron di Palermo e di Mascilli
Migliorini sulla Morano di Napoli).
Opportuna è stata, quindi, l’iniziativa del
convegno promosso a Gargnano (dall’Istitu­
Italia contemporanea”, giugno 1993, n. 191
to lombardo per la storia del movimento di
liberazione in Italia, dall’Istituto di storia
medievale e moderna dell’Università statale
di Milano, dalla rivista “Padania” e dalla
Regione Lombardia) il 13-15 ottobre 1992,
per chiamare a raccolta gli studiosi dell’area
padana per un primo confronto e scambio
di esperienze. La novità e l’eterogeneità del
tema poteva far temere un qualche impaccio
nel dispiegarsi dei lavori, timore tuttavia su­
perato sin dalla prima relazione, in cui Pa­
trizia Zambon ha ricostruito in dettaglio la
vicenda editoriale di Ippolito Nievo. Dopo
di ciò i lavori sono andati avanti spediti con
una serie di contributi che hanno testimonia­
to il rigore delle ricerche intraprese e le po­
tenzialità dello studio dell’editoria.
Volutamente non si è privilegiato un solo
angolo di visuale, ma si è sollecitato l’impe­
gno di studiosi appartenenti a discipline di­
verse: storici (non soltanto dell’editoria),
italianisti, bibliotecari, ecc. Si è scelto, per­
tanto, il criterio dell’interdisciplinarità (un
criterio tanto facile da evocare quanto diffi­
cile da mettere in pratica).
Un quadro degli studi sull’editoria è stato
tracciato da Gianfranco Tortorelli che ha ri­
cordato che solo negli ultimi dieci anni que­
sta disciplina si è completamente rinnovata.
Per quanto riguarda l’area padana, Torto­
relli ha sottolineato le diversità esistenti tra
Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Di­
versità legate ad un complesso di ragioni
storiche e culturali che non è difficile intui-
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Pasquale laccio
re. Tutto ciò ha confermato anche per la
storia dell’editoria l’importanza degli studi
su specifiche realtà locali, siano esse di pro­
vincia (è il caso della vicenda dei Melandri,
editori della bassa Romagna all’inizio del­
l’Ottocento, ricostruita da Sante Medri) o
cittadine (come nel caso degli editori, delle
riviste e dei circoli letterari della Milano de­
gli anni venti illustrato da Anna Modena o
della produzione di carattere urbanistico a
Bologna tra Ottocento e Novecento ripreso
da Paola Penzo). La relazione della Penzo,
dedicata ad un materiale definito minore,
introduce un settore editoriale a cui in que­
sto convegno si è dato grande importanza.
In effetti, molti degli studiosi presenti si so­
no dedicati a quelle espressioni editoriali che
di solito sono state trascurate da altre ricer­
che, alcune delle quali sono perfino di incer­
ta classificazione secondo i criteri tradizio­
nali. È il caso della cosiddetta “editoria
d’occasione” , un termine che veniva e viene
generalmente usato in senso dispregiativo.
Lo ha giustamente ricordato Fabrizio Dolci
che si è dedicato proprio a questa particola­
re produzione. Ma anche gli almanacchi, og­
getto dell’attenzione di Gabriella Salari, non
godevano e non godono di una buona stam­
pa, anche se sono da sempre tra le pubblica­
zioni più vendute e più lette. Ed il motivo
della scarsa considerazione va ricercato pro­
prio nella loro eccezionale fortuna tra il
pubblico popolare. Un’altra produzione,
anzi un vero e proprio genere editoriale, al­
trettanto poco considerato quanto fortunato
tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del
Novecento, è quello dei “segretari galanti” ,
trattato da Bruno Wanroij. Su queste edi­
zioni si sono applicate generazioni di lettori
appartenenti ai ceti subalterni, che spesso le
hanno usate come strumento di accultura­
zione. Wanroij ha anche accennato ad un
problema che dovrà necessariamente essere
approfondito in seguito: quello dei destina­
tari. Infatti ricerche come la sua, e quelle di
quasi tutti gli altri relatori, riescono a illumi­
nare il carattere dell’emittente (per usare il
linguaggio della comunicazione), i suoi mo­
delli culturali e gli stereotipi che veicola at­
traverso i libri che stampa e diffonde. Molto
più arduo, per molteplici ragioni, risulta ri­
costruire la mentalità, i modelli culturali,
l’immaginario dei lettori a cui queste edizio­
ni sono destinate. Altro problema di difficile
soluzione è l’indagine sugli effetti che le
pubblicazioni di carattere popolare provoca­
no sulla mentalità dei lettori in rapporto al
loro grado di istruzione, alla loro cultura
d’origine, all’area geografica d’appartenen­
za, all’ambiente sociale in cui vivono, ecc. È
un tema, quello del destinatario, presente a
chiunque si dedichi allo studio di qualsiasi
prodotto culturale in qualsiasi periodo. Per
quanto riguarda l’età contemporanea però,
le forme di editoria popolare si devono col­
legare alle profonde trasformazioni dell’im­
magine (e allo sviluppo dell’audiovisivo nel
suo complesso) che hanno profondamente
modificato il rapporto tra lettori e pubblico.
In particolare è necessario considerare in
quale misura ha inciso nel campo dell’edito­
ria l’avvento dei moderni mezzi della comu­
nicazione di massa: il cinema muto degli an­
ni dieci e venti (più esattamente cinema con
didascalie, come hanno rilevato gli studi di
Raffaelli), la radio, il cinema sonoro, il do­
cumentario, soprattutto quello di genere pe­
dagogico, la comunicazione di vario tipo at­
traverso manifesti, volantini, ecc., la canzo­
ne di musica leggera incisa su disco e tra­
smessa alla radio a partire dagli anni trenta,
la pubblicità nelle varie forme (e tutte le al­
tre innovazioni avutesi nel settore della gra­
fica e della fotografia), la televisione degli
anni cinquanta, il fotoromanzo. È appena il
caso di ricordare che moltissime pubblica­
zioni fiorite in questo periodo, fortunatissi­
me dal punto di vista del successo di pubbli­
co, si ispiravano o veicolavano i contenuti di
queste nuove forme di cultura e di comuni­
cazione di carattere popolare: i canzonieri, i
libretti su feste popolari come quella di Pie-
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Note a convegni
digrotta, le pubblicazioni dedicate agli emi­
grati, i giornali, gli opuscoli e i periodici sul
cinema e le sue storie, le riviste dedicate ai
filodrammatici e ad altre forme di teatro po­
polare (da quello radiofonico a quello dopo­
lavoristico), i romanzi d’evasione o d’ap­
pendice, la letteratura popolare di genere
esotico, il fumetto, le pubblicazioni di carat­
tere dialettale, ecc.
Un altro filone tematico che si è delineato
nel corso dei lavori è stato quello dei rap­
porti tra editoria e regime politico. Interes­
sante in proposito la storia di come è stato
interpretato, presentato e manipolato per il
pubblico italiano, delle varie epoche e dei di­
versi climi politico-culturali, La Légende de
Thyl Ulenspiegel, un classico della letteratu­
ra olandese che sembrava prestarsi partico­
larmente ad interpretazioni anche opposte:
opera drammatica e opera comica, cattolica
e anticattolica, ecc. Una visione accurata­
mente univoca è, invece, quella della “buo­
na stampa” cattolica, specie se destinata ad
un pubblico femminile. Oriana Maroni ha
ricostruito i temi e le valenze pedagogiche
presenti in una serie di letture destinate alle
giovani dell’Azione cattolica.
Impossibilità di scelte autonome e censure
di vario genere si verificano invece quando
editori e autori si pongono in rotta di colli­
sione con le tendenze di un regime autorita­
rio al potere. È il caso delle scelte della casa
editrice Guanda, esaminate da Aroldo Benini, che si trovò a sperimentare le asprezze
dei veti fascisti quando tentò di uscire dal­
l’ortodossia imperante. Ancora più vessatori
furono gli interventi del potere (ricostruiti
dall’autore di questa nota) contro un autore
che pagò a caro prezzo la sua intransigenza
antifascista: Roberto Bracco. Tale genere di
ricerche sposta l’attenzione dalla ricostru­
zione della politica editoriale di alcune case
editrici (che è stata fatta negli anni scorsi per
grandi case come Mondadori, Einaudi, Laterza, per fare qualche esempio) alla politica
in senso più lato, con tutte le implicazioni
che ciò comporta. Il particolarissimo clima
della resistenza e dell’editoria clandestina,
che fiorì nonostante l’occupazione nazifasci­
sta, è stato, infine, ricordato da Marina
Zancan che ha anche mostrato alcune rare
edizioni di testi antifascisti celati sotto inno­
centi copertine come quella delle Avventure
di Pinocchio.
In conclusione i lavori del convegno, che
verranno pubblicati in un numero monogra­
fico della rivista “Padania” , hanno dimo­
strato i progressi registrati negli ultimi tempi
anche in Italia nel campo della storia dell’e­
ditoria e, allo stesso tempo, gli immensi spa­
zi di ricerca e di approfondimento che que­
sto settore ancora riserva agli studiosi che ad
essi intendono dedicarsi.
Pasquale laccio
Cattolici ebrei e valdesi in provincia di Torino 1940-1945
Marta Margotti
I primi risultati di una ricerca sull’identità e
sul ruolo delle comunità religiose locali in
provincia di Torino negli anni del conflitto
mondiale sono stati presentati nel capoluogo
piemontese nel corso di una giornata di stu­
dio (27 novembre 1992) dedicata a “Vita re­
ligiosa e società civile nella seconda guerra
mondiale: comunità cattoliche, ebraiche ed
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