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Natale a Milano
Idea per una drammatizzazione
di Raffaele Chiarulli
Primo quadro
Al centro della scena c’è un ragazzo: il narratore della storia,
in penombra. Alle sue spalle, sullo sfondo,vengono proiettate
immagini di Milano (Piazza Duomo, ovviamente, ma anche
S. Ambrogio, la Torre Velasca, il Pirellone…). La presentazione
delle immagini si ferma sull’ultima, fissa, che è una veduta di
Piazza Duomo.
In assenza di un proiettore, sullo sfondo possono esserci delle
fotografie, poster o manifesti di grandi dimensioni raffiguranti la
città, in modo che per il pubblico sia immediatamente riconoscibile.
Narratore:
“Mancavano tre giorni al Natale e per l’occasione il
sindaco aveva fatto dipingere di bianco splendente i
palazzi della città”.
La luminosità sul palco aumenta e si definisce l’immagine alle
spalle del narratore.
Narratore:
“Il sole non era ancora arrivato sul tetto del duomo ma il
cielo era già chiaro”.
“La piazza era avvolta dal silenzio e si sentiva solo il
grugare dei piccioni…” [effetto sonoro]
“…e il battito d’ali degli ultimi pipistrelli che andavano a
letto” [effetto sonoro]
“Nella piazza ancora deserta arrivarono due signori
ubriachi, poco raccomandabili, che sembravano stanchi
e confusi…”
Il narratore esce di scena ed entrano i personaggi dei due
signori. Sono vestiti con abiti firmati, appariscenti, o paludati
in giacca e cravatta, ma il loro aspetto è sciatto,trasandato.
Primo signore:
“Vieni qua, dove vai? Ti offro un’altra birra!”
Secondo signore:
“Non voglio un’altra birra! Voglio qualcosa di più forte!”
Il Primo signore dà uno spintone al secondo.
Primo signore:
“Così va bene? O ancora più forte?”
[scoppiano entrambi a ridere]
Secondo signore:
[smette di ridere]
“Ti offrirei io da bere, ma non ho più un soldo”.
Primo signore:
“Mi prendi in giro? È come se il mare dicesse: non ho
più acqua!”
Secondo signore:
“O come se il mare dicesse: tutta l’acqua è diventata vino!”
[Scoppiano di nuovo a ridere entrambi].
Entra di nuovo il narratore, che resta a un lato del palco,
mentre gli altri due personaggi restano al centro, ridendo
sguaiatamente.
Narratore:
“I due soci avevano passato la notte in piazza, a bere e a
parlare di soldi, potere, moda e successo”.
I due signori si danno gomitate d’intesa e pacche sulle spalle,
continuando a ridacchiare.
“I loro cuori erano devastati dall’egoismo e dall’avarizia”.
Primo signore:
“Cosa ti regalerai per Natale?
Io mi regalerò il nuovo modello di Iphone”.
Secondo signore:
“Il nuovo modello? E cosa te ne fai?
Hai appena comprato un nuovo cellulare!”
Primo signore:
“Nuovo? Nuovo finché… non ce n’è uno… ancora più
nuovo! Via le cose vecchie!”
Ricominciano a ridere.
Secondo signore:
“Via le cose inutili! Come questi piccioni!”
[dà un calcio per Terra, come per scacciare un piccione]
Primo signore:
Secondo signore:
“Sì, come regalo di Natale vorrei che questa città si
liberasse di tutto ciò che non serve! Liberiamo piazza
Duomo dai piccioni… e dagli extracomunitari!”
“Non se ne può più, vero? Questa città è troppo affollata!”
I due signori continuano a spintonarsi e a ridacchiare.
[gridando all’unisono verso il pubblico]:
Narratore:
“Fuori gli stranieri! Quello che è nostro ce lo godiamo
noi! Guai a chi viene a portarcelo via!”
“Aprirono gli occhi verso l’orizzonte e
videro una luce bianca…
…si avvicinarono pian piano sempre di più finché
la luce non divenne un muro”.
Cambia la diapositiva alle spalle dei personaggi. Lo sfondo
diventa completamente bianco. In mancanza di un proiettore,
può essere portata in scena una lavagna o un cartellone bianco
o fatto calare un fondale o un telone.
Primo signore:
“Guarda!”
Secondo signore:
“Hai ancora la tua bomboletta spray? Dammela!”
I due personaggi armeggiano davanti al muro, ridacchiando.
La nuova diapositiva mostra la scritta, in stampatello maiuscolo:
“FUORI GLI STRANIERI!”.
In mancanza del proiettore, sono i personaggi a scrivere sul
cartellone o sulla lavagna (A seconda dei materiali a disposizione,
si escogitano soluzioni sceniche diverse).
Primo signore:
“Fuori gli stranieri! Ben detto!”
Primo e secondo signore
Appena i due personaggi hanno finito di pronunciare la
battuta, s’inizia a sentire l’eco lontana di un tamburo africano.
Su questo rumore cala il… Sipario.
Secondo quadro:
Lo sfondo è quello di un ricco e affollato bar. Si possono
usare immagini d’interni di bar, ristoranti, cucine. In scena
ci sono gli stessi personaggi di prima, compreso il narratore,
circondati da una ventina di altri ragazzi, tutti vestiti con
abiti colorati.
Tutti i personaggi in scena parlano a bassa voce, alimentando
un brusio. Non si capisce quello che dicono. Poi, dopo qualche
secondo di brusio, tutto tace e alcuni ragazzi iniziano a
parlare, mentre comincia a sentirsi il battito del tamburo.
Primo ragazzo:
“Non ne possiamo più! Basta! Andiamo via!”
Secondo ragazzo:
“Ma che cosa dite? Questo è pur sempre il nostro paese,
la nostra città!”
Terzo ragazzo:
Narratore:
“Non hai letto anche tu ‘Fuori gli stranieri’?”
“I panettoni e i dolci di Natale ben esposti nelle vetrine
e accatastati nei depositi industriali scoppiarono
sbriciolandosi tutti. Le varie spezie di cui erano composti
si diressero alla volta dell’India e degli altri paesi di
provenienza”.
Il battito del tamburo aumenta d’intensità.
Narratore:
“Così la mattina presto, in un crescendo di brusio, la
città fu tutta in subbuglio. Le saracinesche dei negozi
appena spalancati videro per prime uscire pacchetti di
cacao e scatole di cioccolatini: volevano tornare a casa
loro, nell’Africa Orientale”.
Due ragazzi escono di scena. I due signori si voltano a guardarli
con aria smarrita.
Zenzero:
“Io sono lo zenzero e torno in Birmania!”
Cannella:
“Io sono la cannella e torno nello Sri Lanka!”
Primo signore:
Chiodo di Garofano
“Dove andate?”
“Io sono il chiodo di garofano e torno nello Zanzibar!”
Un altro ragazzo prende la parola…
Narratore:
Caffè:
“All’uva passa spuntarono le lacrime. Si lamentava. Non
sapeva infatti se era di razza siciliana o se insieme allo
zibibbo era stata mischiata uva dell’Algeria, del Marocco
o di altri paesi. Non vi dico poi del trambusto provocato
dalla migrazione interna dei biscotti:
“Io sono il caffè e torno in Brasile!”
…ed esce di scena. Seguono tutti gli altri ragazzi che, uno alla
volta, dicono chi sono e dove vanno ed escono così di scena.
Durante tutta la scena silente, leggero, il battito del tamburo.
Durante tutto lo svolgimento, i due signori si guardano attorno
sempre più smarriti.
Primo biscotto:
“Io torno a Pavia!”
Ananas:
Secondo biscotto:
“Io sono l’ananas e torno in Florida!”
“Io a Novara!”
Banana:
Terzo biscotto:
“Io sono la banana e torno in Ecuador!”
“Io a Saronno!”
Narratore:
“Era il tramonto quando i mazzi di fiori si divisero e
partirono ognuno per il suo paese d’origine [altri ragazzi,
tre o quattro, escono di scena].
I legni tropicali si liberarono dagli infissi in cui erano
costretti e tornarono nelle foreste dei loro paesi caldi
[un altro ragazzo esce di scena].
L’oro, i diamanti, le pietre preziose, salirono su aerei
noleggiati a caro prezzo verso il Congo, l’Angola, il Ghana,
il Mali e il Sud Africa [altri cinque ragazzi escono di scena].
Il Primo signore:
[sbigottito, indica verso un ragazzo presente in scena]
“Guarda! Quello è… il mio regalo di Natale!”
Iphone:
“Io sono un Iphone e me ne torno in Cina!”
I due signori assistono alla scena esterrefatti.
Narratore:
“Lungo la tangenziale il traffico era paralizzato”.
[effetto sonoro dei rombi dei motori e dei
clacson delle automobili].
Le automobili francesi, svedesi, tedesche e giapponesi
tornavano a casa.
[effetti sonori delle suonerie dei cellulari e
dei ronzii di accensione dei computer]
Tutti gli strumenti ottici, i giochi elettronici, i telefonini, i
computer, si dirigevano verso l’Asia”.
Alcuni dei ragazzi che erano usciti rientrano in scena ad
affollare il palco ma solo per uscire dalla parte opposta.
Narratore:
“S’incrociavano con macchine a pezzi perché l’alluminio
tornava in Giamaica, il ferro in Brasile e le gomme in
Indonesia”.
Ogni volta che il narratore finisce una battuta, uno o due
personaggi escono di scena.
“Si videro tappeti orientali svolazzare nel cielo”.
“Anche il camminare era diventato difficile, per via del
gasolio e della benzina che in mille rigagnoli scorrevano
verso il Medio Oriente”.
Tutti i ragazzi presenti in scena escono. Appena il narratore
finisce di parlare, esce di scena anche lui. Rimangono sul
palco solo i due signori, che si guardano attorno smarriti.
Il rumore del tamburo si fa più veloce e più intenso. Quando
le luci si abbassano, il tamburo finisce improvvisamente di
suonare per lasciare spazio al… Sipario.
Terzo quadro:
Sullo sfondo viene proiettata l’immagine di un cielo stellato.
In mancanza di un proiettore, è sufficiente uno sfondo nero
con delle stelle adesive. A rompere il silenzio, il frinire dei
grilli e il verso dei gufi. Entra in scena il narratore:
Narratore:
“Quella sera la luna era preoccupata perché tutte le
stelle si rifiutavano di guardare giù”.
Entra in scena di corsa, preoccupata, la luna:
Luna:
“Dove siete? Stelle della sera, dove siete?”
La luna corre dall’altra parte del palco.
Luna:
“Dove siete, stelle? Dovete illuminare il cielo!”
Entra in scena timidamente una stellina. La luna la guarda preoccupata.
Luna:
“Stellina! Stellina mia! Bisogna illuminare il cielo! Dove sono le tue sorelle?”
Stellina:
“Nessuna vuole guardare sulla terra stanotte”.
Luna:
“Ma manca poco a Natale!”
Stellina:
“Stanotte la Terra è più buia del cielo, è più buia del buio”.
La luna mostra di non capire.
Luna:
“Ma cosa dici?”
Narratore:
“La luna scese più vicino alla Terra per capire meglio…”
La Stellina si ritrae sul fondo del palco e si copre il viso con le mani, come se piangesse.
La luna si avvicina lentamente al centro del palco e da lì guarda verso il pubblico.
Luna:
[spaventata]
“I tuoni scuotevano i palazzi. I fulmini occuparono la
notte con lampi mostruosi”.
“Quanti innocenti!”
Il battito del tamburo si fa insistente e sempre più forte. Poi si
ferma all’improvviso.
Narratore:
La luna entra in scena di corsa, piangendo.
“Osservò in basso e vide la disperazione”.
Luna:
La luna corre da un lato del palco e da lì guarda il pubblico.
“Dove sei? Stella del Mattino, dove sei?”
Narratore:
“Guardò a destra e vide la paura”.
Narratore:
La luna corre dall’altro lato del palco e anche da lì
guarda il pubblico.
“La luna allungò un raggio tremolante verso le guglie
del Duomo ma la Madonnina, simbolo di Milano, era
sparita…”
Narratore:
Luna:
“Si girò a sinistra e vide l’odio”.
“Dove sei? Stella del Mattino, dove sei? Devi illuminare
la Terra e i cuori degli uomini!”
La luna, sempre più spaventata, indietreggia verso il centro del
palco mettendosi le mani nei capelli, poi afferra per mano la
Stellina e corre con lei fuori dal palco.
Inizia a sentirsi di nuovo il battito del tamburo.
Narratore:
“Quella sera su Milano si scatenò un violentissimo
temporale”.
[effetti sonori dei tuoni]
“Il Naviglio era gonfio di acque torbide e rosse”.
[se possibile, effetti visivi dei lampi e dei fulmini. Altrimenti si
possono proiettare sullo sfondo immagini di temporali].
La luna si guarda attorno smarrita, corre da un lato all’altro
del palco, poi si ferma al centro e guarda verso il pubblico.
All’improvviso ha come un’illuminazione.
Narratore:
“La luna non si dette per vinta, e infilò il suo raggio più
luminoso all’interno del Duomo”.
Entrano in scena Giuseppe e Maria. Giuseppe ha un sacco
sulle spalle.
Narratore:
Maria:
“Nel Duomo San Giuseppe preparava la famiglia per
il ritorno in Medio Oriente perché anche loro erano
stranieri”.
“Mostrerò la via della ragione ai grandi”.
Giuseppe si ferma e poggia il sacco per Terra per controllarne
il contenuto. Maria lo accarezza dolcemente e gli parla ma
non si sente ciò che si dicono.
Maria:
La luna scoppia a piangere.
Maria e Giuseppe si voltano a guardarla, si sorridono dolcemente,
poi Maria si avvicina alla luna e la abbraccia per consolarla.
Maria
“Luna cara, devi avere fiducia”.
La luna si tranquillizza e smette di piangere.
Altre due stelle entrano in scena.
“Mostrerò il cammino dell’amore e della pace a tutti”.
Altre due stelle entrano in scena.
Il narratore sorride ed esce di scena.
San Giuseppe si mette il sacco in spalla, sorride, annuisce ed
esce di scena anche lui.
Maria:
“Le persone capiranno che chi ama non è mai straniero”.
Altre tre stelle entrano in scena e circondano la Madonnina.
Maria
In tutto le stelle sono dodici.
“Non me ne andrò, stai tranquilla!”
Entra in scena la stellina che abbiamo visto prima. Dal lato
opposto del palco entra un’altra stella.
La luna ormai è serena, poggia il viso sul petto di Maria che
la accarezza come si accarezza una bambina in braccio. Maria
guarda ora verso il pubblico.
Maria:
Maria
“Illuminerò io la notte e il cuore delle persone”.
“…e che ogni uomo che ama è indispensabile agli altri
come ognuna di queste stelle è indispensabile alla Terra
e al cielo”.
Altre due stelle entrano in scena.
Maria:
“Mostrerò la strada di casa ai bambini”.
Altre due stelle entrano in scena.