Corporate Social Responsability e Azienda

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Corporate Social Responsability e Azienda
1. Premessa
Negli ultimi anni, la Corporate Social Responsability (CSR) o Responsabilità Sociale
dell’Azienda (RSI) ha trovato l’interesse di molti
studiosi
e di molte discipline; sono
proposte chiavi di lettura varie e specifiche, che hanno contribuito alla formazione di un
insieme di conoscenze che si caratterizza per essere ancora non stabile, quale risultato di
una costante contaminazione di scienze e culture tra loro assai differenti. Dall’altro lato,
sul fronte della realtà, qualcosa è cambiato nel modo di fare azienda. Ad esempio, attività
di lobbying da parte di organizzazioni non governative, regolamentazioni e politiche
pubbliche, spinte dalle agenzie assicurative a ridurre i rischi, pressione dei grandi fondi
pensionistici, aziende assicurative e bancarie che ricercano investimenti di tipo etico,
associazioni di categoria per la costruzione dell’immagine, associazioni di lavoratori e di
consumatori, la comunità locale circa gli impatti delle attività delle aziende nell’ambiente
circostante (Willard 2002, Elkington 1997). E negli ultimi trenta anni sempre più aziende si
sono impegnate in attività tradizionalmente intese come socialmente responsabili o hanno
percepito e vissuto l’idea di responsabilità sociale come positiva, utile o, almeno,
conveniente.
E’ andato così progressivamente a definirsi un campo di ricerca e sperimentazione
particolarmente interessante e innovativo rispetto al quale si pone oggi un bisogno di
razionalizzazione, completamento e verifica empirica per far divenire la CSR un valore, una
componente che ne permei da dentro e dal sotto l’azione e non sia un artefatto artificiale,
un obbligo, una costrizione.
In questo quadro, il gruppo di lavoro AIDEA può porsi tre obiettivi principali:
1. Ricognizione, analisi e sintesi dei contributi teorici sinora prodotti dalla dottrina
economico-aziendale (a livello nazionale e internazionale), dei contributi offerti da
altre discipline che nel tempo di sono espresse sul tema (si veda in particolare
quanto prodotto in merito dalla dottrina macro-economica, sociologica e giuridica),
dei principali risultati finora offerti dai ricercatori e dagli operatori aziendali.
2. Individuazione dei confini del tema di studio e delle “regole del gioco” proprie
dell’Economia d’Azienda.
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3. Individuazione di una “agenda aperta” di riflessione teorica e di indagine empirica.
2. Dimensioni fondamentali di indagine
Quando si parla di responsabilità prima di tutto bisogna ricordare che essa è collegata al
concetto di obbligo o dovere. Significa avere un dovere di adempiere una certa
responsabilità o essere responsabili per un certo dovere (De George, 1999).
Come da autorevoli commentatori hanno già avuto modo di osservare, prassi e dottrina
dibattono prevalentemente due temi complementari: la responsabilità sociale come mezzo
per aumentare il valore dell’azionista (shareholder) o come fine insito nella “cura” del
soggetto di istituto (stakeholders) (Masini, 1970). Abbiamo così due possibili concezioni
della CSR:
-
quella che fa propria una concezione del finalismo di azienda tutto orientato alla
creazione di valore economico per l’azionista (portando la CSR a occuparsi della
responsabilità sociale dell’azienda in una logica di tipo strumentale/funzionale);
Secondo questo approccio, i cui esponenti principali sono Friedman e Levitt, l’unica
responsabilità delle aziende è quella di massimizzare il valore per gli azionisti.
Questa massimizzazione richiede il rispetto della legge e l’aderenza a norme sociali,
che identificano e circoscrivono appunto la responsabilità sociale dell’azienda;
-
quella che è vicina ai concetti di “istituto” e di portatori di interessi (da cui poi
l’etichetta di stakeholder, costituiti da dipendenti, fornitori, clienti, investitori,
istituzioni, associazioni, clienti, enti intermedi ecc.) e che sostiene la necessità di
equilibrare le ragioni dell’efficienza con quelle dell’equità, integrando così la
responsabilità sociale nella funzione obiettivo d’azienda. In tale prospettiva, gli
interessi degli stakeholders non sono necessariamente di natura economica, e il
valore creato può essere letto anche secondo dimensioni diverse da quelle
economico-finanziarie.
Nella misura in cui, evidentemente, le due prospettive citate permeano in maniera
differente strategie e comportamenti delle aziende, si pone quindi la necessità di una
scelta di fondo che, crediamo, coerentemente alla tradizione economica aziendale italiana
debba riferirsi alla seconda delle prospettive citate.
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La letteratura economico-aziendale italiana ha da sempre prestato grande attenzione alla
convergenza di interessi multipli all’interno dell’azienda: i classici contributi di Onida
(1954), Zappa (1957), Masini (1960; 1970), Rossi (1962), Amaduzzi (1963), Ferrero
(1968), Saraceno (1963) e Superti Furga (1975) identificano un’ampia gamma di interessi
e attese che le aziende devono soddisfare per poter prosperare. In particolare, l’azienda è
vista come un insieme di elementi legati da relazioni complesse ed è costituita da una
molteplicità di sistemi che mirano ad uno stesso obiettivo. Incorporare il concetto di
sistema all’interno del concetto di azienda automaticamente implica il riconoscimento di
una complessità di interessi che possono essere contrastanti tra loro. Inoltre, richiama
l’idea che un’azienda debba non solo adattarsi alle diverse e nuove circostanze, ma anche
rappresentare un driver pro-attivo dei cambiamenti che coinvolgono la società.
Ad esempio, secondo Masini, i fini dell’azienda sono:
-
la soddisfazione delle attese economiche e non economiche di coloro che apportano
lavoro contribuendo con le loro personalità al successo dell’azienda;
-
la soddisfazione delle attese di coloro che apportano capitale;
-
la partecipazione attiva allo sviluppo sociale ed economico dello Stato o della
Società in cui l’azienda opera e il mantenimento della propria autonomia in quanto
istituto della società.
A fondamento di questo approccio teorico vi è l’idea che società ed aziende siano due
entità interrelate e non separate e distinte, da cui discende che lo svolgimento d’azienda
influisce ed è influenzato dall’ambiente circostante (Zappa, 1957; Saraceno, 1970). E,
ancora, Coda (1988), nella formulazione della formula imprenditoriale, richiama un
concetto molto simile: le aziende devono presentare proposte di progetti sociali per
coinvolgere un maggior numero di interlocutori sociali, composto da dipendenti, investitori,
amministrazione pubblica, partiti politici e la comunità in generale.
Si approda così ad un concetto di CSR come un modello di governance allargata
dell’azienda in base alla quale chi governa ha responsabilità che si estendono
dall’osservanza dei doveri fiduciari nei confronti della proprietà ad analoghi doveri nei
riguardi degli stakeholders in generale. Secondo questa impostazione, largamente seguita
anche dalla dottrina manageriale, le aziende come istituzioni non hanno responsabilità
solamente nei confronti dei proprio azionisti, ma anche verso altri interlocutori e portatori
di interesse.
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Partendo da questa ipotesi, è allora possibile immaginare l’opportunità declinare il tema
del CSR su tre livelli di studio:
1. in funzione delle sue variabili di “incidenza” sul sistema aziendale. Tale variabili,
potrebbero rappresentare distinte aree di studio del gruppo di lavoro (“aree del
CSR”);
2. in funzione degli strumenti operativi posti in essere per la sua gestione;
3. in funzione del cambiamento culturale richiesto e prodotto.
Pertanto, a titolo esemplificativo, rispetto al primo livello di indagine, si citano le relazioni
tra:
-
responsabilità sociale e corporate governance;
-
responsabilità sociale e strategia d’azienda;
-
responsabilità sociale e comunicazione d’azienda;
-
responsabilità sociale, strutture organizzative e reti;
-
responsabilità sociale e rilevazioni d’azienda;
-
responsabilità sociale e sistema di gestione del personale.
Con riferimento al secondo livello, gli strumenti oggetto di indagine potrebbero essere:
-
il codice etico;
-
i sistemi di formazione etica;
-
le balance score card;
-
il social internal auditing;
-
il social audit;
-
il bilancio sociale;
-
la valutazione degli investimenti socialmente responsabili;
-
la del clima e della motivazione del personale.
Infine, sul fronte della cultura e del cambiamento, è opportuno ricordare che un tema
come la CSR non può che richiedere ed avere effetti sull’organismo sociale aziendale nel
suo complesso, compresi valori condivisi, abitudini di comportamento e routines
organizzative.
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Maurizio Decastri
tel. +393356245320
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