1 detti e contraddetti 1994 – 1° semestre

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DETTI E CONTRADDETTI 1994 – 1° SEMESTRE
6 gennaio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. La casa da costruire. Una casa di libertà / di giustizia / d’amore. /
È questo il nido / costruito a paglia e paglia / mattone a mattone / a fare muraglia contro l’avido / il
volgare / l’arido / l’accidia / l’invidia del mondo (Gigliola Spinelli Venturi). Dopo la prima
deposizione di Craxi al processo Cusani per la maxi-tangente Gardini. Fa ricordare un verso di
Cardarelli: Io sono un cinico che crede in quello che fa (Italo Pietra).
Su questa terra. Non vivere su questa terra come un inquilino, oppure come uno in vacanza. Vivi in
questo mondo come se fosse la casa di tuo padre. Credi al grano, al mare, alla terra; ma soprattutto
credi all’uomo. Ama la nuvola, la macchina, il libro; ma soprattutto ama l’uomo (Nazim Hikmet,
1902-1963, poeta turco).
Potere e prestigio. Il potere uno lo può agguantare in tanti modi, il prestigio invece fiorisce dalle
qualità della persona (Levi Appulo).
Il viaggio più lungo. Il viaggio più lungo / è il viaggio verso l’interno (Dag Hammarskjold). Una
giusta divisa. Credete in ciò che fate, fate ciò in cui credete (tema rotariano del 1994). Non con la
mia complicità. Se anche il male dovesse dominare, che non domini né con la mia complicità, né
col mio consenso (Aleksandr Solzenicyn).
Ora che il tramonto discende. Ritrovo nell’aria perlata / la primavera del cuore: / le nostre prime
carezze... / E tremo della dolcezza / che l’aria ridesta nel cuore, / or che il tramonto discende /
sempre più intinto di te (Bruno Rombi, Riti e Miti, Tacchi editore, Pisa).
PER LA MIA PATRIA. Un augurio ed una preghiera per la mia e la vostra Patria, all’inizio di
questo nuovo anno. Formulerò l’uno e l’altra con le parole di un poeta polacco, Cyprian K. Norwid
(1821-1883).
«Per la mia Patria / io ti prego, Signore. / Che il mio popolo abbia / cuore senz’ombre / e testa senza
cavilli; / che sia / per il “sì, sì”, “no, no” senza finzione alcuna. / Che finalmente per il mio Paese /
possa avverarsi / ogni più alta attesa».
CHI HA VINTO IN ITALIA? Leonardo Sciascia in una intervista per la tv, andata in onda tre anni
dopo la sua morte (e precisamente nel novembre del ’92), parla delle letture che più hanno inciso
sulla sua formazione: Diderot, Hugo, Manzoni. Ecco quello che dice dei Promessi Sposi.
«Un incontro straordinariamente importante per me è stato Manzoni, il nostro scrittore che più si
nutrì di cultura francese. I Promessi Sposi l’ho letto sempre non come un libro consolatorio, ma
oserei dire come un libro disperato. Ho pensato sempre che protagonista del libro fosse Don
Abbondio e che Don Abbondio è il vero vincitore. Perché se anche i due sposi promessi poi si
sposano, è un fatto che sono stati costretti ad emigrare. Chi resta invece trionfante su tutto, sui
lanzichenecchi, sulla peste, su Don Rodrigo, è Don Abbondio. Visto da quest’angolazione, il libro
appare molto diverso. A scuola lo danno come una lettura consolatrice e invece non è consolatrice
per niente. Direi addirittura che è desolante, perché l’Italia continua ad essere l’Italia delle grida di
Manzoni».
PER L’ECOLOGIA DELLA MENTE RAFFREDDARE LA TV. «Modesta proposta: ridurre con
una legge regolarmente discussa e votata dal Parlamento le ore quotidiane di trasmissione di tutte le
televisioni, pubbliche e private. Motivi per appoggiare detta proposta: numerosi, e di tipo assai
vario, a cominciare da quelli economico finanziari. Limitare le ore di trasmissione al
pomeriggiosera aiuterebbe poi a mantenere un po’ più alta la qualità complessiva del “prodotto”: i
programmisti non avrebbero più la possibilità di mettersi a posto la coscienza collocando i
programmi culturali, o solo un po’ meno beceri, in ore impossibili (sette di mattina, mezzanotte e
mezzo e via dicendo).
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E inoltre: non dovendo trasmettere ventiquatt’ore su ventiquattro non sarebbero costretti a inquinare
l’etere con le tante sciocchezze che hanno diritto di cittadinanza solo perché c’è del tempo da
riempire. Dico inquinare proprio nel senso ecologico del termine. La televisione non può essere
considerata soltanto, e forse neanche principalmente, alla stregua dell’editoria della carta stampata:
è da vedere anche come un’industria che, con le sue emissioni, ha un pesante impatto sull’ambiente.
Non si gridi alla censura: la legge che qui ipotizzo non toccherebbe i contenuti delle trasmissioni;
deciderebbe solo che, per motivi di sanità pubblica, le emittenti televisive devono restare spente per
un certo numero di ore ogni giorno. La diffusione di videocassette toglierebbe anche ogni sapore
“proibizionista” alla faccenda» (Gianni Vattimo, Tuttolibri-La Stampa, 18 dicembre 1993).
L’ANGOLO DI SENECA. Chi è re? «È re chi nulla ha da temere. / È re chi non desidera nulla. /
Una simile dignità regale ciascuno può conferirla a se stesso» (Rex est qui metuit nihil. / Rex est qui
cupiet nihil. / Hoc regnum sibi quisque dat). Thyst, 388-390.
Fa’ pure l’arrogante tu! «Esercita pure il tuo dominio, arrogante! Accresci pure la tua insolenza! /
Un Dio vendicatore incalza alle spalle i prepotenti», Herc. fur. 11, 385-386.
13 gennaio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Fino a quando durerà l’uomo. Io credo che il giorno in cui non ci
sarà più la poesia, non ci sarà nemmeno l’uomo (Giuseppe Ungaretti). «Il mondo non perirà certo
per mancanza di meraviglie, ma per mancanza di meraviglia» (Gilbert K. Chesterton). Che cos’è la
poesia? Poesia è rifare il mondo / dopo il discorso devastatore / del mercadante (David M.
Turoldo). Radicale insufficienza di ogni descrizione non poetica. Il mondo è più complesso di
quanto qualsiasi formula ci possa dire. Non esistono formule che possano spiegare la verità,
l’armonia, la semplicità del mondo (John David Barrow, astrofisico e matematico inglese).
Come il martello che spaccala roccia. La mia parola - oracolo del Signore - non è forse come un
martello che spacca la roccia? (Geremia 23, 29). Viva, efficace, tagliente. La parola di Dio è viva,
efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio. Essa penetra fino al punto di divisione
dell’animo e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore
(lettera agli Ebrei 4, 12). La verità prima libera, non senza dolore, dopo consola. Nostro Signore
non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ma il sale. Ora il sale su una pelle a vivo è una
cosa che brucia, ma le impedisce anche di marcire...La verità prima libera, dopo consola. La parola
di Dio è un ferro rovente; chi l’insegna non può non scottarsi le mani (Georges Bernanos, Diario di
un curato di campagna, ritradotto da Garzanti).
PER LA STORIA DI QUESTO SECOLO. Ho letto con vivo interesse il volume di Henri De Lubac
Memoria intorno alle mie opere, edito da Elio Guerriero presso la Jaca Book. De Lubac è stato non
solo un grande teologo, ai miei occhi, il maggiore di questo secolo, ma anche un grande cristiano
ingiustamente sospettato ed emarginato dagli integristi prima e dai cosiddetti progressisti poi.
Rimane, però, a tenerci compagnia e a illuminare i nostri passi la sua opera vasta, chiara, nata da
quell’amore indiviso di tradizione e profezia da cui sempre ha origine ogni autentico rinnovamento.
Registrando con precisione e con minuziosa diligenza dibattiti e atteggiamenti relativi ai suoi
contributi storici e teologici, De Lubac ci porta nel cuore delle grandi questioni. Chi vorrà intendere
la storia della teologia di questo secolo non potrà fare a meno di questo libro, che è anche un
commosso, continuo omaggio ad amici e maestri quali Blondel, Gilson, August Valensin, Gaston
Fessard, Jean Danielou, Teilhard de Chardin, Hans Urs von Balthasar. Tra le cento cose che
meriterebbero di essere portate a conoscenza dei lettori, ne scelgo una: la pagina in cui De Lubac
parla di sua madre.
«MIA MADRE ERA UNA DONNA SEMPLICE». I miei genitori erano poco agiati. Eravamo sei
fratelli. Ci hanno allevato seguendo i principi di una severa economia, ma eravamo inondati dalla
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loro tenerezza. Mia madre era una donna semplice. Tutta la sua educazione era avvenuta in
campagna e nel chiostro di un monastero della Visitazione, secondo un’usanza del tempo. Tutta la
sua cultura si basava sulla tradizione e sulla pietà cristiana. Io non ho mai visto in lei che
abnegazione e bontà. Rimasta vedova per un quarto di secolo, aumentò l’intimità tra noi. Quando,
verso il 1950, un religioso indiscreto credette di far bene andando a turbarla a proposito della mia
ortodossia e del mio comportamento, ella gli rispose con dolcezza: - Conosco mio figlio; so che sarà
sempre un figlio sottomesso alla Santa Chiesa. Quando le comunicarono che ero stato eletto
all’Institut e, più tardi, che ero stato chiamato a Roma per il Concilio, preoccupata perché le
sembrava che questi fossero degli onori, nelle due lettere che mi inviò mi diceva pressappoco con le
stesse parole: - Prego nostro Signore perché ti conservi nell’umiltà.
ALLA VOCE «ANDREOTTI GIULIO» Sfoglio il volume Stato del mondo 1994, appena edito da
Il Saggiatore e da Bruno Mondadori. Mi soffermo alla voce «Andreotti Giulio». «È quel politico
italiano di grande sagacia manovriera, che si guadagnò fama di spregiudicatezza e di cinica
strumentalizzazione dei più drammatici problemi del Paese, dal terrorismo alla mafia, all’uso
deviato dei servizi segreti, a fini di conservazione del regime e del potere, finché non fu travolto
anche lui dalle inchieste giudiziarie aperte nel clima di Tangentopoli». Andreotti è vivo, ma il suo
epitaffio è stato già scritto.
L’ANGOLO DI SENECA. Rivendica te a te stesso. «Fa’ come ti dico: rivendicate a te stesso. Tieni
in serbo e custodisci il tempo che finora ti veniva tolto o che ti sfuggiva». Ad Luc. 1, 1.
Abbi cara ogni ora. «Abbi cara ogni ora. Potrai dipendere meno dal domani, se diverrai padrone
dell’oggi. A forza di rimandare, si dilegua la vita che tu pure vorresti vivere». Ad Luc. 1, 2.
20 gennaio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Il delitto di chi gira la testa. Quando Caino replica a Dio Sono
forse io il custode di mio fratello?, la sua risposta è raccapricciante solo perché è una bugia che
copre la realtà dell’omicidio - il primo nella storia dell’uomo - oppure essa esprime l’essenza
dell’omicidio come tale? Caino, in altre parole, non sarebbe comunque un omicida anche se la sua
risposta non fosse stata preceduta dall’atto materiale di uccidere? La nostra coscienza educata
dall’Antico e dal Nuovo Testamento non esita a rispondere: è il non sentirsi responsabile per l’altro
la vera base dell’omicidio, la radice di ogni violenza, forse l’essenza stessa di tutto ciò che non
possiamo non considerare come peccato (Gianni Vattimo, La Stampa del 17 dicembre ’92).
L’educazione in casa. Non si considera necessaria l’educazione in casa, e con il pretesto che in
fondo ci si ama ci si dispensa dall’essere cortesi. Perché? perché con l’abitudine subentra la
trascuratezza, con la trascuratezza la noncuranza, con la noncuranza l’egoismo. E l’egoismo non è
generoso, fa soffrire soltanto (H.F. Amiel, Diario intimo, ed. Città Nuova, 1992, 23 marzo 1855). Il
buon senso. I fantasmi passano, il buonsenso rimane. Conviene dunque fidarsi di lui e della
coscienza e fare affidamento su una decisione (H.F. Amiel, ibid).
L’ANGOLO DI SENECA. Solo il tempo non si può restituire. «Nulla ci appartiene, solo il tempo
può essere nostro (Omia aliena sunt, tempus tantum nostrum est) e può essere da noi donato agli
altri. Tuttavia è l’unico bene che neppure una persona riconoscente è in grado di restituire». Ad Luc.
1, 3.
Giovani, mettete a frutto il tempo. «Tu fa’ un’economia oculata del tempo in tuo possesso e
comincia subito, fin d’ora. Perché, come dicevano bene i nostri vecchi, “è troppo tardi centellinare
quando si è giunti al fondo”. Sul fondo, infatti, rimane non solo poco vino, ma il peggiore». Ad Luc.
1, 5.
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27 gennaio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Mi piacciono le persone distratte. Mi piacciono le persone
distratte: è segno che hanno delle idee o che sono buone, perché soltanto i cattivi e gli imbecilli non
perdono mai la loro presenza di spirito (Charles-Joseph de Ligne). Resta in eterno. L’erba si secca,
il fiore cade, ma la parola del Signore resta in eterno (Prima Epistola dell’apostolo Pietro 1, 24). Un
verso-preghiera. Insegnaci a superare la nostra follia / Teach us to outgrow our madnes) (Wystan
Hugh Auden).
Vinci te stesso invece di condannarti. Il metodo da seguire dovrebbe essere vincerti invece di
condannarti. Infatti il disgusto per se stessi uccide il coraggio e la virilità, innervosisce e spinge
l’animo a compiacersi del proprio snervamento (H.F. Amiel, Diario intimo, 11 agosto 1855). Se la
vita fosse deserta di bellezza. Privi della bellezza, Signore, quanto saremmo miseri! Mediante lei
tutto in noi si rinnova: facoltà sensibili, immaginazione, sentimento, intelletto, volere tornano
insieme, come le ossa inaridite al comando del profeta, e si ricostituiscono in una forza unica (ibid.,
3 agosto 1856).
NON ARROSSIRE DI ESSERE TENERI. Non bisogna arrossire né scusarsi di essere teneri: è un
onore di cui essere fieri, è una grazia da diffondere, perché dove non c’è tenerezza, non si dà né si
riceve gioia. So bene che si può abusare del proprio cuore, si può guastare il proprio corpo e la
propria anima in tenerezze debilitanti e sterili.
Avviene della tenerezza umana come di tutte le cose belle: deve essere padrona di se stessa a
liberarsi dei suoi veli, come il sole del mattino che esce dalle foschie dell’alba. Si sbaglia perciò a
ridere di questo termine e di quella cosa che è l’affetto.
Alcuni, purtroppo, hanno creduto di escludere la tenerezza dall’ideale di perfezione cristiana, ma
così facendo hanno falsificato la personalità stessa di Cristo e il suo messaggio. Henri De Lubac
trovò sull’argomento un’annotazione illuminante di un gesuita francese e la trascrisse sulla sua
Memoria intorno alla mia opera: «Si può forse pensare che il cuore degli apostoli non abbia
traboccato di tenerezza? Si rileggano le lettere di San Paolo o quel meraviglioso passo degli Atti
che racconta l’addio del santo ai suoi fedeli di Efeso: scendono le lacrime dagli occhi della gente e
dell’apostolo che non si rivedranno più quaggiù. Si meditino soprattutto gli accenti profondi, il
ritmo ardente dì Paolo che scrive ai suoi fedeli, che ha generato nel Cristo e che sono i suoi figli.
Certamente, la tenerezza presenta i suoi pericoli, ma il modo di rimediarvi non è quello di
cacciarla: bisogna solo educarla. Invece di distruggere le simpatie, bisogna tendere a
universalizzarle... Se non c’è amore senza tenerezza, non c’è nemmeno tenerezza senza fortezza né
purezza. Il vino annacquato perde la sua qualità, il suo vigore e il suo aroma, però il vino torbido e
acido non è più vino. È meglio l’acqua».
DI FRONTE ALLA MINACCIA DEL FONDAMENTALISMO. «Occorre essere diffidenti con chi
cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia con i capi carismatici; dobbiamo
essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà. Poiché è difficile distinguere i
profeti veri dai falsi, è bene avere in sospetto tutti i profeti: è meglio rinunciare alle loro verità
rivelate, anche se ci esaltano per la loro semplicità e il loro splendore, anche se le troviamo comode
perché si acquistano gratis.
È meglio accontentarsi di altre verità più modeste e meno entusiasmanti, quelle che si conquistano
faticosamente, a poco a poco e senza scorciatoie, con lo studio, la discussione e il ragionamento, e
che possono essere verificate e dimostrate» (Primo Levi, Se questo è un uomo, Einaudi).
L’ANGOLO DI SENECA. Perché affaticarci tanto? «Perché affaticarci tanto, dimenticando
l’umana fragilità? L’ultimo giorno, se non è già quest’oggi, è in ogni caso vicino». Ad Luc. 15, 11.
Preoccupiamoci dì vivere bene. «Nessuno cerca di vivere bene, tutti si preoccupano di vivere a
lungo. Tutti, invece, hanno la possibilità di vivere bene, nessuno di vivere a lungo». Ad Luc. 22, 17.
La vita buona. «Non il vivere è buona cosa, ma il vivere bene». Ad Luc. 70, 4.
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Come una commedia, così una vita. «Come una commedia, così una vita: non importa quanto a
lungo duri, ma che sia ben rappresentata». Ad Luc. 77, 20.
3 febbraio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Il canto colmerà l’abisso. Anche se mai la Nube si scioglierà / e
nessuno mai a occhio nudo / ti potrà vedere, / ti raggiunga il canto del cuore, / il canto colmerà
l’abisso (David. M. Turoldo). «È la Notte la mia luce e la mia gioia / vera fede è il non conoscerti /
sapere solo che Tu mi conosci / fa di me la mia essenza» (David M. Turoldo).
I cinque paradossi della modernità. I cinque paradossi della modernità sono: 1) la superstizione
del nuovo; 2) la religione del futuro; 3) la mania teoretica; 4) il richiamo alla cultura di massa; 5) la
passione del rinnegamento (Antoine Compagnon, I cinque paradossi della modernità, Il Mulino,
Bologna, 1993).
Essere parte che non prevarica. Occorre dunque aderire al disegno, / obbedire con fierezza, /
essere eroicamente parte che non prevarica (Maurizio Cucchi, Poesie della fonte, Mondadori,
1993). La poesia. È scritta / col fuoco della mente, / con l’angoscia dentro il cuore, / col silenzio
della voce (Silvio Bellezza, Una pace precaria, Genesi Editrice, Torino, 1993). Auto-ironia. Oggi
30 aprile compleanno a casa / ascolto Bach per scordare la fuga del tempo (Silvio Bellezza).
Disprezzare i filosofi che fanno i tuttologi. Io non rispondo a certe questioni per il semplice motivo
che non le ho ancora studiate. È un atto di elementare probità da parte del filosofo (Henri Bergson).
L’UTOPIA NECESSARIA: UN ALTRO MODO DI ESSERE IN POLITICA. Se consideriamo che
tra i primi articoli scritti da Sturzo al suo rientro in Italia, ce n’è uno, comparso su L’Italia (Milano,
3 novembre 1946), che reca questo titolo ammonitore: Moralizziamo la vita pubblica, non possiamo
non rimanere sorpresi. Non c’erano ancora gli scandali, che oggi conosciamo, niente che potesse
assomigliare a quella piaga di Tangentopoli rivelatasi in questi anni, tuttavia Sturzo era convinto
che il problema principale di una democrazia moderna fosse di difendersi non solo dal pericolo
dell’inquinamento della vita pubblica, ma anche da quello della “insensibilità del popolo stesso di
fronte al dilagare dell’immoralità nell’amministrazione dello Stato” attraverso partiti, sindacati,
cooperative, enti assistenziali e simili.
Sturzo avvertiva nell’aria i sintomi della malattia, che come fiume sotterraneo incominciava a
correre nelle fibre della nostra società. “C’è tanta corruzione in giro, ci sono tanti appetiti ai danni
dello Stato, che non si ha più il senso della misura, né il pudore di richiedere quello che è
semplicemente giusto. Se non si mette una barriera in nome di principi saldi, sarà impossibile farvi
argine”. Nel concetto di moralità pubblica Sturzo comprendeva una gamma di infrazioni e reati che
andavano molto più in là dello sperpero del denaro, delle malversazioni e dei peculati. Il catalogo
degli atti di immoralità pubblica, da lui redatto merita di essere letto per la sua attualità, anche se, si
badi bene, reca la data del 3 novembre 1946. “Applicare sistemi fiscali ingiusti o vessatori è
immoralità; dare impieghi di Stato o di altri enti pubblici a persone incompetenti è immoralità;
aumentare posti d’impiego senza necessità è immoralità; abusare della propria influenza o del
proprio posto di consigliere, deputato, ministro, dirigente sindacale, nell’amministrazione della
giustizia civile o penale, nell’esame dei concorsi pubblici, nelle assegnazioni di appalti o alterarne
le decisioni, è immoralità”.
Gabriele De Rosa ha voluto ricordare il 22 gennaio ’94 ai fondatori del secondo Partito Popolare il
ruolo e l’esempio di Luigi Sturzo, richiamando l’utopia del piccolo, grande prete di Caltagirone.
Utopia che consiste propriamente non in un elenco di cose che avrebbero potuto farsi e che non si
sono fatte, ma in un altro modo di essere in politica. Un fare politica attraverso la più umana
pregiudiziale, quella morale, suscitando in sé e negli altri il senso dello Stato, il rispetto delle leggi
in attesa di averne di migliori, la responsabilità esercitata a tutti i livelli.
SULLE BRIGATE ROSSE UNA DOMANDA SENZA RISPOSTA. Negli anni dominati dal
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terrorismo rosso, e poi in seguito, mi sono chiesto più volte: i brigatisti pretendono di essere i
giustizieri del popolo, ma non hanno eliminato e neppure gambizzato uno solo dei criminali o dei
super-corrotti che dominano la scena politica.
Come si può spiegare tutto ciò?
Hanno colpito, invece, decine e decine di professori, giornalisti, giudici che avevano la passione
della libertà. Hanno ucciso vigliaccamente i Bachelet, i Taliercio, i Tobagi, i Moro.
L’ANGOLO DI SENECA. Il viaggio e la vita. «Un viaggio è incompiuto se ti fermi a metà strada o
comunque prima di arrivare a destinazione. La vita, invece, non è mai incompiuta, se onesta». Ad
Luc. 77, 4.
Ognuno muore ogni giorno. «C’è veramente qualcuno che dia il giusto valore al suo tempo e alla
sua giornata? Chi si rende conto di morire in un certo senso ogni giorno?». Ad Luc. 1, 2.
Lo sperpero più vergognoso. «Del tempo una parte ci viene strappata, una parte trafugata, una parte
va dispersa. Tuttavia lo sperpero più vergognoso è quello che si fa per negligenza». Ad Luc. 1, 1.
10 febbraio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Bibbia e letteratura. Se la Bibbia provoca la letteratura, soprattutto
occidentale, la letteratura offre una sua ermeneutica alla Bibbia (Gianfranco Ravasi). Ardente
desiderio o profezia? La conoscenza di Dio riempirà la terra come l’acqua ricopre il letto degli
oceani (Isaia XI, 9). Religione e libertà. Tutto è nelle mani del Signore, tranne il timore del Signore
(Testo ebraico: Hakol bidei shamayim chutz miyir’at shamayim).
L’onore di un popolo. Vi è per un popolo un interesse politico di prim’ordine, un interesse vitale ad
ottenere la simpatia ammirativa del resto del mondo (Henri Bergson). Filosofia e precisione. La
filosofia è una ricerca il cui metodo differisce per certi aspetti dalla scienza positiva, ma è
suscettibile della stessa precisione (H. Bergson). Né paura, né abuso delle riforme. Bisogna
guardarsi tanto dal rifiuto delle riforme quanto dal loro abuso. L’abuso è più raro, ma è anche più
pericoloso (H. Bergson).
Cadrà il muro d’ombra. Quando il peso mi sarà leggero / il naufragio concedimi, Signore / di quel
giovane giorno al primo grido (Giuseppe Ungaretti, L’allegria, 1914-1919). Economisti, ma non
solo. Non si è buoni economisti se si è soltanto economisti (John Stuart Mill). La malattia
dell’Occidente oggi. L’Occidente non vuol capire che è venuto il tempo del sacrificio. L’Occidente
non è pronto al sacrificio, senza il quale i vantaggi apparenti di oggi si tramuteranno in una rovina
totale (Aleksandr Solzenicyn).
COSÌ NON SAPPIAMO MAI COME VANNO A FINIRE LE COSE. «Tempo fa a Cortina
d’Ampezzo Alberto Tomba, dimenticando di non essere carabiniere vero ma solo un carabiniere
sciatore, usò un lampeggiatore sul tetto della sua macchina privata e superò una fila di auto lunga
una decina di chilometri solo per fare il ganzo con la sua bella. Il campione la bravata l’ha fatta, ma
poi qualcuno lo ha punito?
E, qualcuno sa quali risultati ha ottenuto la mini rivolta detta anche Jurassic School? Si è sciolta per
pigrizia degli studenti o per il loro senso di responsabilità con l’avvicinarsi della fine del
quadrimestre? Infine, sarà mai pubblicato un resoconto preciso della nota vicenda dei rimborsi
spese gonfiati da alcuni giornalisti della Rai? A volte si ha l’impressione che i quotidiani
garantiscano un’informazione di sola andata. Si dà la notizia e poi la si abbandona al suo destino,
facendola travolgere da altre notizie più fresche.
Ecco un gadget che i quotidiani potrebbero regalare ai loro lettori: il riassunto delle puntate
precedenti. Basterebbe una rubrichetta, quattro righe, in cui la memoria dei cittadini italiani potesse
essere sollecitata a ricordare e a vedere come vanno a finire le cose». (C. Sabelli Fioretti in Sette,
supplemento al Corriere della Sera, del 27.1.94).
I regimi falsamente pluralistici si comportano proprio così: le notizie che non si riesce a bloccare,
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bisogna non censurarle una volta pubblicate, ma farle sparire dalla circolazione,annegandole nel
mare di altre notizie. In questo modo nell’ultimo quindicennio in Italia si è coniugato diritto
all’informazione, sia pure. di «sola andata», e diffusa la prassi dell’impunità.
RELIGIONE E POLITICA. «Ogni mancanza alla parola data, ogni cinismo nel condurre gli affari
gia dello Stato distruggono il fondamento sul quale poggia il contratto sociale. Come il figlio che
vede suo padre tradire nella vita quotidiana i principi morali che questi gli inculca si rivolterà contro
di lui e contro i valori che egli predica, così allo stesso modo il cittadino non si sentirà per nulla
vincolato ai dettami morali professati da governanti che non agiscono in conformità agli stessi
principi che raccomandano. Non si tratta affatto di una visione utopistica; si può facilmente vedere
che cosa succede nelle nazioni nelle quali la verità ufficiale è molto lontana dalla situazione reale.
Tutto crolla rovinosamente, perché la parola dei governanti non ha più credibilità». (La religione
degli europei, Fondazione Agnelli, volume II, 1993 p. 140).
Questa riflessione è di Réné Samuel Sirat, presidente del Consiglio permanente della Conferenza
dei rabbini europei, e per noi italiani, che misuriamo oggi il baratro in cui ci ha gettato il divorzio
fra morale e politica, ha il significato di un «memento».
L’ANGOLO DI SENECA. Quando una vita è piena. «Che tu viva a lungo, non dipende da te;
spetta a te, invece, vivere pienamente tutto il tempo che ti è stato assegnato. La vita è lunga, se è
piena; ed è piena, quando l’anima prende possesso del bene che le spetta ed esercita una
incontrastata signoria su di sé». Ad Luc. 93, 2.
Come se fosse l’ultimo. «Ogni giorno è una tappa della vita e va programmato come se chiudesse la
serie, come fosse quello che conduce al termine la nostra esistenza e ne segna il compimento». Ad
Luc. 12, 6 e 8.
17 febbraio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Viva il principio di non contraddizione! Per la contradizion che
nol consente (Dante, Inferno 27, 120). Invito al colloquio confidente. Convienti ancor sedere un
poco a mensa» (Paradiso, 5, 37). La cultura è anche aver assimilato e non solo capire.... non fa
scienza, / sanza lo ritenere, avere inteso (Paradiso, 5, 41-42). Sappi guardare con la mente
attraverso gli occhi. Ficca di retro agli occhi tuoi la mente (Paradiso, 21, 16). Contro l’oblio
interessato e la confusione tra bene e male. Assolver non si può chi non si pente (Inferno, 27, 118).
PARTITOCRAZIA = STATALISMO = REGIME DI CORRUZIONE. Sturzo dal 1952 al 1959,
anno della sua scomparsa, scrisse ben 216 interventi sul Giornale d’Italia per mettere sull’avviso,
attraverso la denuncia di situazioni concrete, quelli che pure si chiamavano suoi discepoli, ma erano
incamminati a costruire uno Stato che, per ironia della sorte, sempre più veniva a somigliare a
quello degli aborriti regimi comunisti (burocraticismo, mafia della mano pubblica sull’economia,
strozzatura della libertà di mercato, moltiplicarsi del debito pubblico). Quegli articoli ora sono stati
raccolti in due volumi dall’editrice Palma Mazzone di Palermo con il titolo, quanto mai pertinente,
Battaglie per la libertà.
L’intervento del 19 marzo 1954, «Democrazia e partitocrazia», andrebbe letto tutto per intero e
rapportato alla vita politica di oggi. Sturzo difende la democrazia e critica chi ritiene che la
partitocrazia sia intimamente connessa alla democrazia. Osserva, infatti, che “fra partiti e
partitocrazia corre la stessa differenza che fra Parlamento e parlamentarismo, fra democrazia e
democratismo, cioè fra struttura sana e struttura ammalata; fra andamento esatto e andamento
disordinato; tra funzionamento morale e disfunzione”. La prima accusa che egli muove ai partiti è
di non osservare i limiti della propria finalità invadendo di continuo il campo dell’Amministrazione,
del Parlamento e del Governo. Il regime partitocratico, infatti, nasce proprio dalla volontà di non
rispettare le distinte competenze degli altri organi dello Stato e di mettere le mani su tutto,
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svuotando così la democrazia della sua stessa sostanza.
Il compito dei partiti, il cui corretto funzionamento in politica è necessario per evitare il
qualunquismo o l’assolutismo, Sturzo lo sintetizza così: “Il compito specifico dei partiti politici in
democrazia è quello di organizzare il corpo elettorale; prepararlo ed educarlo alla vita pubblica;
fare da intermediario tra l’amministrazione e il cittadino; aiutarlo nella difesa dei propri diritti;
indurlo allo scrupoloso adempimento dei doveri pubblici; correggerne l’istinto demagogico e
indirizzare al servizio pubblico l’impulsiva passionalità delle masse”.
L’ANGOLO DI SENECA. Il tempo che sprechiamo. «Nessuno fa stima del tempo, tutti ne usano
con incredibile prodigalità come se non costasse nulla. Gli uomini danno il loro tempo senza
rendersene conto. Lo danno in maniera da toglierlo a se stessi senza per questo giovare agli altri».
Brev. 8, 2 e 4 passi.
Il tempo perduto. «Gl’indaffarati dimenticano il passato, non colgono il valore del presente,
temono il futuro. Quando arrivano al termine della loro vita, troppo tardi quei disgraziati si
accorgono di essere stati così a lungo occupati senza far nulla». Brev. 16, 1.
L’impiego attento del momento presente. «Quello che si è perduto può essere riguadagnato con un
impiego attento del momento presente. Il pensare a compiere cose rette è la miglior garanzia di
ravvedimento». Nat. quaest. III praef., 3.
24 febbraio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Avanguardia e mercato. Da sempre in pubblico han litigato, / ma
poi fanno coppia fissa / avanguardia e mercato (Levi Appulo). I due grandi enigmi. La femminilità
e la morte sono i due più grandi enigmi della cultura occidentale (Sigmund Freud). La dimensione
religiosa. Come il lichene su un suolo roccioso, la dimensione religiosa dispone di ogni latitudine
per svilupparsi, nonostante gli elementi ambientali sfavorevoli (Emile Poulat, La religione degli
europei, Fondazione Agnelli, 1993, voi. II, p. 72).
Le cose che ci distruggono. Le cose che ci distruggono sono: / la politica senza principi; / il piacere
senza coscienza; / la ricchezza senza lavoro; / l’intelligenza senza carattere; / gli affari senza onestà;
/ la scienza senza umanità; / la fede senza opere; / l’adorazione senza sacrificio (Dal libricino Dio
benedica l’America, Edito dai Salesiani di New York).
Il piacere di lagnarsi. Tanto diletto / dà il lagnarsi / che per farne un lamento, / vorrebbe ognuno
avere un suo tormento (Calderòn de la Barca, La vita è sogno, I, 37-40). Non guardare la vita in
cagnesco. Il torto è guardare la vita in cagnesco, invece di reagire per cancellare l’irritazione e per
trionfare sugli ostacoli. La sfortuna è la disperazione; l’errore è il rilassamento della volontà; la
causa della debolezza è l’infermità della fede, la scomparsa di un punto d’appoggio. E tutto questo
ha una stessa causa: l’affievolirsi del fuoco divino, il torpore della coscienza, la perdita di Dio (H.F.
Amiel, Diario intimo, 23 giugno 1855).
L’ASPIRAZIONE POPOLARE PIÙ FORTE. «Una parola moralizzare la vita pubblica! Dove e
quando essa è stata mantenuta sulla linea della moralità? Non ieri, non oggi; non da noi, non dai
nostri vicini; non dai Paesi lontani. Eppure è questa l’aspirazione popolare: giustizia, onestà, mani
pulite, equità. Che cosa è mai la concezione dello Stato di diritto se non quella di uno Stato nel
quale la legge prende il posto dell’arbitrio, l’osservanza della legge sopprime l’abuso, la
malversazione e la sopraffazione non restano impunite? Bene - continua Sturzo - facciamo come si
fa nelle case: in primavera e in autunno pulizia generale! Si rivedono tutti gli angoli, si spolverano
tutti i mobili, si buttano via stracci e carte inutili: pulizia ci vuole! È vero, ci sporchiamo le mani;
ma c’è l’acqua e il sapone a ripulirle più volte... Noi vogliamo che lo Stato, come ente responsabile
della pubblica amministrazione, pur facendo valere le proprie benemerenze, riveda le sue colpe e si
emendi: in primo luogo giustizia, fundamentum regni, onestà, correttezza della pubblica
amministrazione, equità politica verso i cittadini».
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PERCHÉ LO STATO VIVA DEVE MORIRE LO STATALISMO. La stessa opposizione
insanabile che esiste fra democrazia e partitocrazia c’è fra Stato e statalismo «Il primo - scrive
Sturzo - è ordine necessario al vivere civile; il secondo, distruttore di ogni ordine istituzionale e di
ogni morale amministrativa... Pertanto statalismo è disordine, disarmonia, sopraffazione, violazione
della personalità umana, rottura dell’organismo statale. Lo statalismo non è per lo Stato, ma è
contro lo Stato. Se non ci intendiamo sul significato e l’uso dei vocaboli, saremo condannati alla
disgregazione sociale, della quale fu simbolo la torre di Babele, per via della confusione delle
lingue». I brani di Sturzo qui riportati sono tratti dai due volumi Battaglie per la libertà.
L’ANGOLO DI SENECA. Siamo noi ad abbreviare la vita. «No, non abbiamo poco tempo: la
verità è che ne perdiamo molto. Ci è stata concessa una vita abbastanza lunga, sufficiente al
conseguimento degli ideali supremi, purché la sappiamo impegnare come si deve. Invece, dopo che
l’abbiamo lasciata trascorrere nel lusso o nell’ignavia, dopo che non l’abbiamo impegnata in
nessuna impresa degna, quando, alla fine, si presenta la necessità ineluttabile, ci accorgiamo che è
passata senza che ne avvertissimo il trascorrere. È così: la vita non l’abbiamo ricevuta breve, ma
l’abbiamo fatta diventare tale, ed in ciò non siamo dei poveri, ma degli sciuponi». Brev. 1, 3-4.
Modi diversi di sprecare la vita. «Perché ci lamentiamo della natura? Con noi, è stata generosa: la
vita, se la sai utilizzare, è lunga. Ma ecco, uno è prigioniero di un’avarizia insaziabile; un altro si
perde in attività superflue; c’è chi è fradicio di vino e chi intorpidito dall’inerzia; questo è spossato
da un’ambizione sempre preoccupata dei giudizi altrui, quello si fa condurre per tutte le terre e tutti
i mari della frettolosa passione per il commercio e dalla speranza di guadagno. Certuni sono sempre
intenti a procurare pericolo agii altri o sono assillati per i pericoli propri; c’è anche chi si logora di
volontaria schiavitù nell’ingrato ossequio a chi sta in alto. Molti poi sono presi dalla passione per la
bellezza altrui o dal pensiero della propria. I più, però, non hanno propositi ben definiti e si lasciano
sballottare dalla loro irriflessività vagabonda, incostante e sempre insoddisfatta. Ci sono, infatti,
anche quelli che non scelgono mai una direzione di marcia, la morte li sorprende tra gli sbadigli,
disfatti dalla noia». Brev. 2, l-2.
3 marzo 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Sapersi accontentare. Stolti sono coloro che non sanno che spesso
la metà vale più del tutto (Esiodo, Le opere e i giorni). Rivalità naturale. Il vasaio ce l’ha con il
vasaio, l’artigiano con l’artigiano, il poeta con il poeta (Esiodo). Prima deve rompersi il muso. Lo
stolto impara solo soffrendo (Esiodo). Chi prepara mali agli altri. Prepara mali a se stesso chi
prepara mali agli altri: spesso i cattivi consigli si rivelano pessimi per chi li dà (Esiodo). Ciò che è
bello e ciò che è penoso. Tanto è bello poter approfittare di ciò che si ha, tanto è penoso aver
bisogno di ciò che non si ha (Esiodo). Poche parole, ma buone. Una lingua parca di parole è un
grande tesoro per gli uomini (Esiodo). Il giusto momento. In ogni situazione la cosa più importante
è la scelta del giusto momento (Esiodo).
Non solo confidarsi, ma rallegrare. Quando incontri un amico, dimentica le tue disgrazie (Appio
Claudio Cieco). Il peccato d’origine. Le cose malamente acquistate, devono svanire malamente
(Nevio, 275 - 201 a.C.). È prossimo a noi in senso stretto. Sii un buon vicino per il tuo vicino
(Marco Porcio Catone, detto il Censore, 234-149 a.C.). Di fronte alla morte. Non teme a morte chi
sa disprezzare la vita (Marco Porcio Catone). Le cose da dire e il come. Abbi ben chiare le cose da
dire e le parole verranno» (Marco Porcio Catone).
L’arte della vita. L’arte della vita sta nell’imparare a soffrire e nell’imparare a sorridere (Hermann
Hesse, 1877 - 1962, Aforismi, Tascabili Economici Newton, 1993). Nulla è più difficile. Nulla è più
difficile che condurre un uomo alla propria felicità (H. Hesse). In Leonardo come in Goethe. In
Leonardo come in Goethe è l’amore il mistero che sta alla base di tutte le cose. Dietro ogni pensiero
alberga uno struggente desiderio di abbracciare il mondo intero, di attirarlo a sé nella comprensione
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dell’amore, desiderio che arde fin nella fase più piccola, nelle singole parole, cui conferisce colore e
vita, come una forza elettrica (H. Hesse). È sempre una cosa sacra e miracolosa. L’esistenza di un
uomo puro e generoso è sempre una cosa sacra e miracolosa, da cui si sprigionano forze inaudite
che operano anche in lontananza» (H. Hesse).
CHE FARE DEGLI EX DEPUTATI E DEGLI EX SENATORI? Già con la designazione dei
candidati il 21 febbraio u.s. e ancora più con il voto del 27-28 marzo prossimo molti deputati e
senatori resteranno a casa. Quanti tra loro hanno gravemente demeritato e hanno violato le leggi,
tradendo gli ideali professati e la fiducia degli elettori, sarà bene che saldino al più presto i conti
aperti con la giustizia, sia restituendo il mal tolto, sia meditando per il tempo strettamente
necessario in qualche cella.
E gli altri, quelli che, sia pure tra comprensibili resistenze e compromessi, hanno cercato di fare con
onestà la loro parte in un Parlamento sempre più moralmente e politicamente delegittimato? Ad essi
va il rispetto che è sempre dovuto a chi esce di scena al momento giusto senza recriminare e senza
elemosinare, spesso proprio dagli avversari di ieri, una qualche poltrona. Quando si chiude
un’epoca, bisogna prender atto di ciò di cui è giunta l’ora e ridefinire il proprio ruolo e le proprie
responsabilità.
A quanti non siederanno più alla Camera o al Senato la gente chiede poche cose, ma non eludibili.
1) Tornino ai loro posti di lavoro, alle loro professioni con semplicità, senza ridicole nostalgie e
senza complessi, e se ciò non fosse più di loro gradimento, si godano la liquidazione e la pensione a
cui hanno diritto e che non è certo di fame.
2) Rompano comunque d’ora in poi con la vecchia, insopportabile, stomachevole, perversa logica
partitocratica di procacciarsi, quasi fosse un compenso dovuto, nuove prebende e nomine
lautamente retribuite in enti pubblici, banche, carrozzoni Rai, società autostradali ecc. ecc.
3) Se gli ex-deputati e gli ex-senatori amano veramente il loro Paese, e ogni autentico amore non è
mai mercenario, ebbene mettano senza indugio la loro competenza e il loro impegno a servizio degli
altri, senza percepire emolumenti di sorta sotto qualsiasi forma. Molti cittadini, giovani e non più
giovani, da anni lavorano con dedizione gratuitamente nei più diversi settori per rendere più
abitabile quell’angolo del mondo in cui sono chiamati a operare in concreto. È questo un onore che,
grazie a Dio, non sarà certamente negato ai reduci delle aule parlamentari.
4) Infine un’ultima preghiera solo in apparenza di poco conto. Il mandato parlamentare non è una
qualifica che si riceve sub specie aeterni: quindi anche il titolo di “onorevole” e di “senatore” deve
realmente cessare di essere usato quando non si esercita più la funzione corrispettiva. Anche questo
è un modo semplice e significativo per finirla di credere o di lasciar credere ciò che non si è,
comunque, per rifiutare adulazioni servili e spagnolismi sempre duri a morire.
L’ANGOLO DI SENECA. Il rinviare ostacolo al vivere. «Il peggiore ostacolo al vivere è il
rinviare, che è condizionato dal domani e frattanto perde ciò che è nell’oggi. Tu ti dai premura di
disporre del tempo che è nelle mani della fortuna, ed intanto lasci perdere quello che è in mano tua.
Dove guardi? A che tendi? Tutto quello che ha da venire giace nell’incertezza: decidi, dunque, di
vivere subito». Brev. 9, 1.
10 marzo 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Quando la parola è dolce indizio di affetto. Ogni tuo dir d’amore
m’è caro cenno (Dante, Purgatorio 22, 27). Le parole che ogni educatore vorrebbe pronunciare.
Non aspettar mio dir più né mio cenno; / libero, dritto e sano è tuo arbitrio, / e fallo fora (= sarebbe)
non fare a suo senno (= non operare secondo i tuoi intenti): / per ch’io sovra te corono e mitrio (=
perciò io ti proclamo unico signore di te stesso» (Purgatorio 27, 139-182).
Stoltezza e avidità. Stolto è chi rinuncia ai beni che ha già, nella speranza di ottenerne di maggiori
(Esopo, vissuto tra il VII e il VI sec. a.C.). Se sparlano degli amici di ieri... Non dobbiamo fidarci
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delle persone con cui stringiamo amicizia e che mostrano di preferirci ai loro vecchi amici, perché
si comporteranno così anche con noi non appena ne incontreranno altri nuovi (Esopo).
Prevedere il brutto tempo. Nessuno deve pensare che, nel corso della vita, tutto debba sempre
andargli bene, perché la sorte è volubile: e dopo un lungo periodo di sereno è inevitabile che venga
il brutto tempo (Esopo).
Se il momento è inopportuno. Fatta in un momento inopportuno la cosa più bella suscita biasimo
(Esopo).
Non lusingare mai chi è malvagio. Se viene lusingata, la malvagità diventa ancora più temibile
(Esopo).
I DOVERI DELL’INFORMAZIONE PUBBLICA SONO SUPERIORI. «Nessun giro di parole e
nessun anatema lanciato da questo o quel bonzo dell’informazione di Stato, possono oscurare il
fatto che i doveri dell’informazione pubblica sono sicuramente superiori a quelli dell’informazione
privata: posso infatti scegliere di non finanziare un giornale la cui linea politica non mi piace
evitando, semplicemente, di comprarlo e danneggio, in termini di ritorni pubblicitari, una
televisione privata la cui posizione politica disapprovo se, insieme a molti altri cittadini, smetto di
guardarla, ma non posso, comunque, mi piaccia o no, che io la guardi o no, evitare di finanziare la
televisione pubblica. Ed ecco perché a quest’ultima competono (sempre, non soltanto durante le
campagne elettorali) particolari doveri di imparzialità e di correttezza.
Non so come usciremo dal pasticcio attuale di una comunicazione (non solo) televisiva così
spasmodicamente «abbarbicata alla politica», ma so che dovremmo uscirne» (Angelo Panebianco,
Corriere della Sera del 21 febbraio 1994).
L’ONDATA DA CUI NON DOBBIAMO LASCIARCI SOMMERGERE. Ricevo da Torino un
biglietto che riporto perché fotografa molto bene il clima di queste settimane.
«Carissimo professor Perrini, resto a disposizione della sua iniziativa, magari sul tema «Nuovo
regionalismo e unità nazionale», quando si sarà placata l’ondata di volgarità pre-elettorale. Suo
Piero Gastaldo».
PREGHIERA DI UN CIECO. «Dio Bellezza, donami la pace! / Della tua grande potenza / io non
sperimentai che le tenebre. / Fammi dono della tua grazia, / fa’ che io veda te / ininterrottamente!»
(Egitto, XIX dinastia, 1304 - 1184 a.C. Dal volume Preghiere dell’umanità di Pierre Miquel e Matteo Perrini, Queriniana, Brescia).
SI PUÒ VIVERE LA MORTE? «Vivere la morte è certamente una contraddizione nei termini, se
per morte s’intende il decesso: perché questo interviene quando la vita finisce ed è un fatto
constatabile solo per un altro, non per chi lo subisce. Ma se per morte si intende possibilità della
morte, si vede subito che l’esperienza della morte accompagna e condiziona tutta la vita» (Nicola
Abbagnano, 1901-1990, su La Stampa dell’1 febbraio 1966).
L’ANGOLO DI SENECA. Questo viaggio celerissimo... Quando la vecchiaia li coglie, gli affaccendati hanno ancora una mentalità infantile. Non si sono preparati e sono inermi di fronte ad essa.
Ci son caduti tutt’ad un tratto senza accorgersene, giacché non percepivano il suo avvicinarsi giorno
dopo giorno. Così come chi, durante un viaggio, discorre con qualcuno, o legge, o è assorto nel
pensiero di qualcosa d’importante: ed ecco, è già arrivato a destinazione e non s’era neppure accorto
che la méta stava avvicinandosi. Questo viaggio continuo e celerissimo della vita dalle persone
soverchiamente occupate non è avvertito se non nel momento in cui finisce» (Brev. 9, 4-5).
Dolce infanzia. «I figli già cresciuti possono esserci più utili, ma era più dolce la loro infanzia» (Ad
Luc. 9, 7).
A una certa età è doveroso fare i bagagli. «Se puoi, liberati con le buone dalle attività che ti
tengono occupato; altrimenti lasciale tu una volta per sempre. Abbiamo già sciupato molto tempo.
Cominciamo a fare i bagagli, ora che siamo entrati nelle vecchiaia. Qualcuno avrà qualcosa da dire?
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Siamo vissuti fra i rischi del mare aperto, moriremo in porto» (Ad Luc. 19, l-2).
24 marzo 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Nella luce senza tramonto. Lassù di sopra, in la vita serena (Dante,
Inferno 15, 49). C’è vita morale perché l’uomo è capace di scegliere.... poniam che di necessitate /
surga ogni amor che dentro a voi s’accende, / di ritenerlo è in voi la podestate ( Purgatorio 18, 6972). La sapienza creatrice. Colui lo cui saver tutto trascende (Inferno 7, 73). Quando la parola
esprime la letizia del cuore....m’avea parlato sorridendo (Paradiso XI, 17).
L’illusione e l’infelicità. Abbiamo finito col credere che tutto sia come la scienza e la tecnica, dove
il progresso è infinito, e invece in politica e in economia non c’è progresso infinito. Le merci non
possono produrre offerte a ripetizione, né tanto meno felicità. Abbiamo trasformato il lusso in una
necessità: siamo forse per questo felici? (Christopher Lasch). Che cos’è la rivoluzione? Un delirio
inspiegabile, un impeto cieco, un disprezzo scandaloso di quanto c’è di rispettabile fra gli uomini:
un’atrocità di nuovo tipo che non prende sul serio i propri fallimenti; una prostituzione impudente
della ragione e di tutte le parole nate per esprimere le idee di giustizia e di virtù (Joseph de Maistre).
L’uscita dal comunismo. Ci sono voluti 75 anni in Russia per cadere così in basso, ce ne vorranno
150 per risollevarla (Aleksandr Solzenicyn). Un passaggio sereno. Non ho paura di morire. Sarà un
passaggio sereno. Come cristiano, so che la morte è solo uno stadio, qualcuno potrebbe dire persino
una liberazione (A. Solzenicyn).
IL PARADOSSO CHE SCUOTE E CAMBIA LA VITA. La morale del Vangelo è essenzialmente
quella dell’anima aperta; eppure, non rasenta essa il paradosso, e persino la contraddizione, nelle
sue raccomandazioni più precise? Se la ricchezza è un male, non nuoceremo ai poveri
abbandonando loro ciò che possediamo? Se colui che ha ricevuto uno schiaffo porge l’altra guancia,
che cosa diventa la giustizia, senza la quale peraltro non c’è carità? Ma il paradosso cade e la
contraddizione svanisce, se si considera l’intenzione di queste massime, che è di creare uno stato
d’animo. Non solo per soccorrere i poveri, ma in primo luogo per se stesso, per non sprecare la sua
vita, il ricco deve essere interiormente libero di fronte alla ricchezza; quale che sia il ceto a cui
appartiene, beato è chi è povero «in spirito». Quello che è bello, dunque, non è essere privato di
qualcosa e neanche privarsi; è non sentire la privazione.
L’atto col quale l’anima si apre ha l’effetto di allargare e di innalzare alla pura spiritualità una
morale che diversamente sarebbe imprigionata e materializzata in formule. Questo è il senso
profondo delle opposizioni che si succedono nel Discorso della Montagna: “Vi è stato detto
che...Ma io vi dico che...”. Da una parte il chiuso, dall’altra ’aperto. La legge morale in vigore, sia
ben chiaro, non è abolita, bensì vista come una tappa lungo un itinerario progressivo. Non si
rinuncia all’antico metodo, ma lo si integra in uno più ampio e profondo, in cui l’elemento
dinamico riassorbe in sé quello statico e l’uomo accetta di farsi collaboratore di Dio.
UN ESEMPIO DI «ANTILINGUA». «Il brigadiere-ha scritto in una celebre pagina Italo Calvino è davanti alla macchina da scrivere. L’interrogato, seduto davanti a lui, risponde alle domande un
po’ balbettando, ma attento a dire tutto quel che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola
di troppo: “Stamattina presto andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi
di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena. Non ne sapevo niente che
la bottiglieria di sopra era stata scassinata”. Impassibile il brigadiere batte veloce sui tasti la sua
fedele trascrizione: “Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane nei locali dello
scantinato per seguire l’avviamento dell’impianto termico, dichiara di essere casualmente incorso
nel rinvenimento di un quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante al recipiente
adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato l’asportazione di uno dei detti articoli
nell’intento di consumarlo durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell’avvenuta
effrazione dell’esercizio soprastante”». (Italo Calvino, Per ora sommersi dall’antilingua, in Aa.
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Vv., La nuova questione della lingua, L’orsa Maggiore, Bari, 1969, p. 83).
L’ANGOLO DI SENECA. Il tempo sfugge. «Inafferrabile è la condizione della vita e il tempo
fugge alla nostra presa». Nat. quaest. VI, 32, 11.
Il tempo guarisce. «Qualunque sia la causa della tua agitazione, dà a te stesso tempo e spazio.
Spesso il tempo risana le piaghe che la ragione non può risanare». Agam. 1, 129-130.
Memori della brevità del tempo. «La pace senza affanni appartiene a quei pochi che, memori della
brevità della vita, utilizzano il tempo che non tornerà mai più». Herc, fur. 1, 174-177.
31 marzo 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Oltre ogni misura, oltre ciò che può esser detto. Quello infinito e
ineffabil Bene» (Dante, Purgatorio 15, 67). Quando una personalità superiore desta in noi una vita
più alta. Virgilio inverso me queste cotali / parole usò; e mai non furo strenne / che fosser di piacere
a queste uguali. / Tanto voler sopra voler mi venne / de l’esser sù, ch’ad ogni passo poi / al volo mi
sentìa crescer le penne (Purgatorio 27, 118-123).
Miele e fiele. L’amore è fecondo di molto miele e di molto fiele (Tito Maccio Plauto 254-184 a.C.).
Il gheriglio e la noce. Chi vuol mangiare il gheriglio della noce, deve prima rompere la noce (T.M.
Plauto). Decisione nell’agire. Quando fai qualcosa, fallo (T.M. Plauto). La serenità e il male. Nelle
avversità, un animo sereno riduce il male a metà (T.M. Plauto). Meglio sapere. Un male noto è
meglio di uno sconosciuto (T.M. Plauto). Ci son testi e testi. Un solo teste oculare vale molto di più
di dieci testi auricolari (T.M. Plauto).
Tipico dell’infanzia. Quanto più seria, pura e rispettosa sarebbe la vita di molti uomini se potessero
conservare, oltre la giovinezza, anche quel cercare, quel chiedere il nome delle cose, tipico
dell’infanzia! Che cos’è l’arcobaleno? Perché il vento geme? Perché i prati appassiscono e perché
rifioriscono, da dove viene il vento, da dove la neve? Perché noi siamo ricchi e il vicino Spengler
povero? Dove va il sole, la sera?» (H. Hesse, Aforismi, Tascabile economici Newton, Roma 1993).
LA NOTTE DI FUOCO DI PASCAL. La sera del 23 novembre 1654, mentre legge la Bibbia e prega, Pascal per due ore sperimenta la gioia trasfigurante dell’unione con Dio e la luminosa certezza
di voler camminare «per le vie insegnate nel Vangelo». Egli ne fissa, con mano febbrile, su un foglio il ricordo per sé soltanto, attraverso l’incalzare di espressioni bibliche di straordinaria sinteticità
e forza. Quel testo Pascal poi lo ricopiò fedelmente su pergamena. Per otto anni, da quella notte di
fuoco alla notte del 19 agosto del 1662 in cui spirò, Pascal cucì di volta in volta nella fodera della
giacca che indossava il foglio originario ripiegato con cura nella pergamena. La scoperta fu fatta casualmente pochi giorni dopo la morte, da un domestico. La pergamena è andata perduta (essa, però,
era stata riprodotta nei minimi dettagli dal nipote di Pascal, Louise Périer); si conserva, invece, il
foglio di carta su cui Pascal tracciò i pensieri che Dio gli ispirò e la nostra traduzione ne rispetta la
disposizione. Il documento-preghiera che qui riportiamo fu ben presto designato col termine
Mémorial perché l’autore lo aveva scritto... solo per sé e lo aveva custodito con grande cura allo
scopo di conservare la «memoria» di un evento che egli voleva sempre presente ai suoi occhi e al
suo cuore.
IL «MEMORIALE». «L’ANNO DI GRAZIA 1654)». Lunedì 23 novembre, giorno di S. Clemente
papa e martire / e di altri nel martirologio. / Vigilia di S. Grisogono martire, e d’altri. / Da circa le
ore dieci e mezzo della sera, fino / a circa mezzanotte e mezzo. / FUOCO. / Dio d’Abramo, Dio
d’Isacco, Dio di Giacobbe, / non dei Filosofi e dei sapienti. / Certezza, Certezza. Sentimento, Gioia,
Pace. / Dio di Gesù Cristo. / Deum meum et Deum vestrum. / Il Dio tuo sarà il mio Dio. / Oblio del
mondo e di tutto, fuorché di Dio. / Non si trova che per le vie insegnate nel Vangelo. / Grandezza
dell’anima umana. / Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto. / Gioia,
Gioia, Gioia, lacrime di gioia. / Io me ne sono separato. / Dereliquerunt me fontem acquae vivae. /
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«Mio Dio, mi abbandonerete voi?» / Che io non ne sia separato eternamente. / Questa è la vita
eterna, che riconoscano te solo vero / Dio, e colui che tu hai mandato G. C. / Gesù Cristo / Gesù
Cristo / Io me ne era separato. Io l’ho fuggito, rinnegato, crocifisso. / Che io non ne sia mai
separato! / Non si conserva che per le vie insegnate nel Vangelo./ Rinunzia totale e dolce».
L’ANGOLO DI SENECA. Timore e speranze. «Come un’unica catena tiene legati il prigioniero e il
suo guardiano, così queste cose, che sono tanto dissimili, procedono insieme: il timore tien dietro
alla speranza. L’uno e l’altra sono tipici di un animo incerto, reso ansioso dall’attesa trepidante del
futuro. Noi, infatti, siamo incapaci di vivere del presente e vogliamo anticipare col pensiero ciò che
è ancora lontano». Ad Luc. 5, 7-8.
Siamo tormentati sia dal futuro, sia dal passato. «La previdenza è uno dei più grandi beni concessi
all’uomo e tuttavia l’uomo la trasforma in un male. Infatti, mentre la memoria ci riporta il tormento
del timore, la previdenza lo anticipa. Noi siamo così tormentati sia dal futuro, sia dal passato. Molte
qualità, di per sé positive, possono nuocerci». Ad Luc. 5, 9.
Temiamo tutto da mortali, desideriamo tutto come se fossimo immortali. «Voi vivete come se
doveste vivere sempre, non vi si prospetta mai la vostra fragilità, non considerate quanto tempo è
già passato. Il tempo lo sprecate, come se attingeste ad una scorta completa e abbondante: in realtà,
proprio questo giorno che ci è concesso, forse è l’ultimo. Voi temete tutto da mortali, ma desiderate
tutto come se foste immortali». Brev. 3, 4.
14 aprile 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Quando si riesce a far politica. Una politica si riesce a farla se
esistono dei capi, cioè degli uomini che intendono tener ferma una data scala di valori (Altiero
Spinelli, Machiavelli nel secolo XX, Il Mulino). La differenza. I veri politici riescono a tener ferma
una determinata scala di valori, i politicanti riescono a tener ferma una determinata scala di favori
(Levi Appulo).
La prima radice. Donare viene dal cuore, non dalla ricchezza (massima tanzaniana). Il dare e il
ricevere. Vi è più gioia nel dare che nel ricevere (Atti degli Apostoli 20, 35). Il sogno, il risveglio, il
risultato. Sognavo che la vita fosse gioia. / Mi svegliavo: la vita era servizio. / Ho servito e nel
servizio ho trovato la gioia (Rabindranath Tagore). Come si sciupa la vita. Ecco che muore uno dei
nostri conoscenti e di nuovo ci si deve dire: - L’ho amato troppo poco (Ferdinand Ebner, pensatore
austriaco, 1882-1916).
Al freddo fuoco del televisore... oggi / per scaldarsi il cuore / l’uomo alza le mani / tremanti - quasi
una resa naturale - / al freddo fuoco del televisore (Giovanni Cristini, Cartoline per Natale). La
bambinaia elettronica. Ci sono dei genitori che si servono abitualmente e a lungo della televisione
come di una specie di bambinaia elettronica (Giovanni Paolo II, 24 gennaio 1994). Altro che nuovo
focolare domestico. La televisione può invogliare i membri della famiglia ad isolarsi nei loro mondi
privati, tagliandoli fuori dagli autentici rapporti interpersonali, ed anche a dividere la famiglia,
allontanando i genitori dai figli ei figli dai genitori. (Giovanni Paolo II, ibid.).
ANACRONISMI CHE NON SCOMPAIONO. In occasione delle elezioni politiche del 27-28
marzo ’94 ci siamo trovati ancora una volta di fronte ad atteggiamenti e fenomeni che ci
auguravamo fossero ormai superati. Si pensi al pronunciamento elettorale di un vescovo, mons.
Bettazzi di Ivrea: «Se Gesù Cristo fosse in Italia, voterebbe per la lista dei progressisti»; e, sul lato
opposto, all’abitudine mentale di quanti persistono nel confondere, ai loro propri occhi prima che a
quelli degli altri, la presenza religiosa della Chiesa nel nostro Paese con le vicende elettorali di una
formazione politica.
Per grazia di Dio, però, il cristianesimo non è un’ideologia, né ha il compito di far da supporto a un
determinato assetto della società, essendo messaggio universale di salvezza, e la Chiesa può e deve
proporre a tutti un’alta visione della vita personale e sociale proprio perché non è una delle parti in
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gioco, non è «partito». Questi principi elementari dovrebbero ormai essere evidenze acquisite per i
cattolici italiani alle soglie del Duemila, ma io temo che il moltiplicarsi di sottigliezze ed eccezioni
intorno ad essi consegua un solo risultato, quello di renderli irriconoscibili. Con grave danno per
tutti.
PADRI E FIGLI. Parlo di rado dei sacrifici e delle prove per cui sono passato nella mia
adolescenza. Possono capire gli uditori giovani che negli anni 1940-45, nelle città in cui era severo
il controllo annonario, che cosa significasse sperimentare la fame ogni giorno? Loro che
dispongono di qualsiasi classico, e a buon mercato, mi crederebbero se raccontassi che, grazie alla
complicità di un custode, potetti copiare a mano su di un quaderno il testo latino delle Elegie di
Tibullo, restando rinchiuso due notti nella biblioteca perché c’era una sola copia a disposizione di
cinquecento studenti? E come mi giudicherebbero se dicessi loro che La Scienza Nuova di Vico,
acquistata presso l’editore, ma a prezzo di mercato nero, mi costò l’equivalente di tre mesi di
stipendio di giovane supplente?
Sarebbe bello e utile comunicare almeno alle persone che ci sono più care le proprie esperienze di
vita, ma oggi questo non si può fare se non indirettamente, per accenni, quasi per caso e ciò per una
precisa ragione. Le nuove generazioni, non avendo esperienza degli antichi mali, non hanno dovuto
faticare per superarli. Così, mentre i genitori si rallegrano dello stato presente come di un acquisto
che ricordano di aver pagato caro, i figli vi prestano tanta attenzione quanto all’aria che respirano.
In compenso, sono sensibili, talora ipersensibili, ai fastidi che sono soltanto il risvolto dei vantaggi
da noi faticosamente conquistati per loro.
L’ANGOLO DI SENECA. Lo spirito di piccineria. Quando avrai deposto modi di pensare e
atteggiamenti infantili, la filosofia avrà atto di te un uomo. Non perdura in noi l’età puerile, ma,
quel che è peggio, la puerilità. E questa è tanto più riprovevole in quanto abbiamo l’autorità dei
vecchi e i vizi dei bambini. Ad Luc. 4, 2.
Le promesse della filosofia. La filosofia promette soprattutto buon senso, umanità, socialità. Ad
Luc. 5, 4.
Filosofia liberatrice. «Per ottenere la vera libertà - scrive Epicuro - devi farti schiavo della
filosofia». Chi ad essa si affida completamente non ha da aspettare neppure un giorno per essere
affrancato. Questo stesso servire la filosofia è libertà. Ad Luc. 8, 7.
21 aprile 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Sono poche le cose importanti. Prendi a cuore solo le cose
importanti (Solone, ateniese, 640 - 560 a.C.). Non tutto né a chiunque. Guardati bene dal dire tutto
quello che sai (Solone). I giudici devono obbedire alle leggi. Uno Stato è governato bene quando i
cittadini obbediscono ai magistrati e questi alle leggi (Solone). Solo allora ci sarà più giustizia. Gli
uomini impareranno a commettere meno ingiustizie quando anche chi non ha patito ingiustizie
parteciperà al dolore e allo sdegno di chi le ha patite (Solone). Scegliere significa anche recar
dispiacere a qualcuno. Nelle faccende importanti è difficile piacere a tutti (Solone).
LE DUE FACCE DEL «CASO ITALIANO». Secondo un’acuta annotazione di Antonio Acerbi
sembra che in Italia, fatte le debite eccezioni, la risposta cattolica all’ondata di laicizzazione,
verificatasi a partire dal ’68, sia stata in prevalenza di tipo neo-intransigente. Questa mentalità la
Chiesa italiana se la porta appresso, malgrado la mirabile apertura di orizzonti operata dal Concilio,
e finisce, in un modo o nell’altro, col legittimare giudizi e atteggiamenti che molti sentono ormai di
non dover condividere: una visione strumentale dell’azione sociale e politica, la pretesa di dare
risposte esaustive anche in campi che non sono quelli della fede e della vita morale, la tendenza ad
individuare i rischi per la fede non tanto all’interno del campo religioso quanto nella
secolarizzazione delle strutture politiche ed economiche o nel restringersi dei consensi intorno al
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partito che doveva rendere visibile la cosiddetta «unità politica dei cattolici».
Questo, però, è solo un aspetto del «caso italiano» e anch’esso non esiste mai allo stato puro; c’è,
infatti, anche l’altro, quello strettamente congiunto allo spirito innovatore del Concilio. C’è quella
parte del popolo di Dio, assai più numerosa di quanto non si creda, che coniuga coerentemente nel
quotidiano presenza sociale e approfondimento interiore, senso dello Stato e fedeltà al Vangelo,
mediazione culturale e testimonianza religiosa. Nessuno, certamente, si nasconde la gravità della
crisi morale che l’Italia attraversa e il parziale svuotamento del senso religioso; ci sono, però, mille
segni di una primavera cristiana. C’è lo slancio missionario della Chiesa italiana al servizio dei
popoli più poveri e oppressi. C’è la risposta plebiscitaria dei giovani per il mantenimento nelle
scuole dell’ora di religione. C’è la straordinaria vitalità di tante piccole comunità e parrocchie in cui
la Scrittura e la Liturgia hanno un posto centrale, non meno dell’azione caritativa. C’è, infine, il
miracolo quotidiano del volontariato cattolico, senza il quale l’Italia precipiterebbe nel caos e
proprio nei settori più a rischio.
ITALIA MIA... A tre settimane dalle elezioni del 27-28 marzo ’94 la situazione politica sembra
essere proprio quella indicata dalla vignetta di Elle-Kappa apparsa su L’Unità del 7 aprile.
All’elettore «progressista» che dice: «La destra è divisa, rissosa, confusa», il compagno risponde
con un ironico: «Vuol dire che combatteremo ad armi pari», perché anche la sinistra è divisa,
rissosa, confusa. Ed è perdente.
Dobbiamo constatare con dolore che alcuni degli aspetti peggiori della partitocrazia (la teatralità
pacchiana dei soliti riti, delle solite astuzie, dei soliti gesti; l’insulto plateale, l’enfatizzazione dei
contrasti, la disinvoltura cinica nel contraddirsi di continuo ecc. ecc.) dominano ancora la mentalità
e i comportamenti di parecchi tra coloro che pure si ergono a rappresentanti del «nuovo». E se le
cose stanno così, la transizione a una democrazia meno corrotta e più efficiente non sarà né facile né
breve. Tuttavia qualcosa di essenziale può già cominciare ad esistere, qualcosa che, malgrado tutto,
è lecito e doveroso attendersi dal nuovo Parlamento: che nessuna delle forze politiche cerchi la
propria legittimazione solo nelle insufficienze e nelle disgrazie altrui; che la prassi corruttrice del
consociativismo finisca una volta per sempre; che maggioranza e opposizione assolvano i loro ruoli,
senza settarismi e senza demagogia; che un centro rinnovato lasci tutte le poltrone e ritrovi
finalmente una forte capacità di elaborazione culturale e di concrete proposte politiche.
28 aprile 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Non perdere la nostra identità. Stiamo attenti noi italiani a non
perdere la nostra identità - non solamente etnica, ma storica ed estetica - formatasi nei secoli. Un
popolo senza stigmate caratteristiche è facile preda all’invadenza altrui e destinato ad imbarbarirsi
(Gillo Dorfles, Corriere della Sera, 7 marzo ’94). Da L’Unità del 7 aprile ’94, a pagina 23. A
sinistra cercasi leader. Dopo la sconfitta il polo dei progressisti guarda al futuro pensando al capo
che non ha. Senza leader - dice il filosofo Massimo Cacciari - la sinistra perde.
I voti non sono assegni in bianco. Nessun uomo politico, in una democrazia, ha il diritto di usare i
voti come se fossero assegni in bianco, di manovrare come se le posizioni politiche fossero le palle
di un giocoliere e di trattare i propri connazionali come bambini sciocchi a cui si possono fare
impunemente da un giorno all’altro dichiarazioni stravaganti, contraddittorie, irragionevoli e
burlesche (Sergio Romano, La Stampa, 6 aprile ’94).
Attenti a non «ammazzare» il tempo. Quando lavorate, lavorate; quando pregate, pregate; quando vi
riposate riposatevi. Ma non fate niente come capita, mediocremente. Non restate mai in ozio, senza
far nulla. State attenti a non “ammazzare il tempo”, perché mentre ammazzate il tempo,
ammazzatela vostra vita. (Padre Aleksandr Men’, 1935-1990).
IL FRANCESCANESIMO AUTENTICO. Ho avuto la gioia di conoscere di persona il prete
ortodosso Aleksandr Men’ nel novembre del 1989, quando gli fu permesso per la prima volta di
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recarsi all’estero. Egli era un autentico cristiano, un russo che amava profondamente la sua patria,
uno spirito ecumenico. Il suo brutale assassinio il 9 settembre del ’90, certamente a causa della sua
fede, accresce il dolore di quanti lo stimavano e lo amavano anche fuori dell’Unione Sovietica.
Men’ aveva una predilezione per San Francesco, ma quel che più conta era francescana la sua stessa
spiritualità. «Sin da quando ero bambino - ha scritto in una pagina autobiografica - la
contemplazione della natura è stata la mia Theologia prima. Entravo in un bosco o in museo di
paleontologia come in una chiesa. Ed ancora adesso un ramo con le foglie o un uccello in volo
hanno per me più significato di cento icone. E tuttavia, il panteismo come tipo di psicologica
religiosa mi è sempre stato estraneo. Ho sempre percepito Dio come una persona, come Colui che è
rivolto verso di me».
TOTALITARISMO CONCLAMATO E TOTALITARISMO SUBDOLO. «Nell’ambito politico la
veridicità nei rapporti tra governanti e governati, la trasparenza della pubblica amministrazione,
l’imparzialità nel servizio della cosa pubblica, il rispetto dei diritti degli avversari politici, la tutela
dei diritti degli accusati contro processi e condanne sommarie, l’uso giusto ed onesto del pubblico
denaro, il rifiuto di mezzi equivoci o illeciti per conquistare, mantenere e aumentare ad ogni costo
il potere, sono principi che trovano la loro radice prima - come la loro particolare urgenza - nel
valore trascendente della persona e nelle esigenze morali oggettive di funzionamento degli Stati».
Se questi principi non vengono realmente osservati nella pratica politica quotidiana, allora viene a
stabilirsi una perversa alleanza tra democrazia e relativismo morale.
A quel punto, al vuoto delle ideologie si sostituisce un altro vuoto non meno grave e distruttivo.
Infatti, se non esistono principi morali universalmente validi, che ispirino ed orientino l’azione
politica, allora le idee e le convinzioni possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere.
«Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto e subdolo, come
dimostra la storia». I passi riportati tra virgolette sono tratti dai paragrafi 101 e 46, dell’enciclica
Veritatis splendor, pubblicata il 3 agosto 1933.
L’ANGOLO DI SENECA. I grandi maestri del passato sono nostri contemporanei. «Fra tutti, i soli
che davvero dispongono del loro tempo sono coloro che attendono alla sapienza; sono i soli che
vivono e non si limitano ad amministrare bene i loro anni, ma aggiungono tutte le età alla loro. Tutti
gli anni trascorsi prima che essi esistessero fanno parte del loro patrimonio.
Se non vogliono essere più che ingrati, i famosissimi fondatori delle sacre scuole sono nati per noi,
ci hanno preparato un cammino di vita. Veniamo guidati verso realtà meravigliose che le fatiche
altrui hanno estratto dalle tenebre e portato alla luce: nessun’epoca ci è vietata, in tutte ci sentiamo
accolti e, se vogliamo uscire mediante un alto sentire dalle strettoie delle caducità umana, abbiamo
molto tempo in cui spaziare.
Ci è possibile disputare con Socrate, dubitare con Carneade, riposare con Epicuro, dominare la
natura umana con gli stoici, oltrepassarla con i cinici. E poiché la natura ci permette di subentrare
da compartecipi in tutta la storia, perché non dovremmo uscire da questa angusta e provvisoria
parentesi cronologica e darci con tutta l’anima a ciò che, essendo grande ed eterno, è condiviso dai
migliori?». Brev. 14, 1-2.
5 maggio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. La speranza. La speranza è il solo bene comune a tutti gli uomini
(Talete 642 circa 545 a.C.). Le molte parole. Molte parole non sono mai indizio di molta sapienza
(Talete). Il dominio di sé. Chi non sa controllarsi è pericoloso per sé e per gli altri (Talete). La cosa
più bella. La cosa più bella è l’universo, perché è opera di Dio (Talete). La cosa più difficile e la più
facile. La cosa più difficile è conoscere se stessi. La cosa più facile è dare consigli agli altri (Talete).
Il rispetto di sé. Se non hai tu per primo rispetto di te, nessuno può averne per te (Afranio, vissuto
tra il II e il I secolo a.C.). L’incertezza dell’esito. Nessuno sa cosa gli porterà la sera (Marco
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Terenzio Varrone 116 - 27 a.C.). L’eccesso di zelo. Non amo le persone troppo zelanti (Marco
Tullio Cicerone 106-43 a.C.). Farsi ingannare è... Farsi ingannare una volta è spiacevole, due volte
stupido, tre volte vergognoso (Cicerone). Dimmi con chi vai. Ciascuno si unisce di preferenza a
coloro cui si sente simile.(Cicerone).
Il lato diabolico della malinconia. Il lato diabolico della malinconia è quello non solo di ammaliare
le sue vittime, ma anche di renderle presuntuose e miopi, addirittura quasi superbe. Il malinconico
crede di essere come Atlante, che da solo deve reggere sulle spalle tutti i dolori e gli enigmi del
mondo, come se mille altri non sopportassero gli stessi dolori e non vagassero nello stesso labirinto
(H. Hesse, Aforismi, Tascabili Economici Newton). A proposito di San Francesco. Osservando la
vita e la natura di Francesco d’Assisi non si può fare a meno di pensare che quell’uomo deve aver
avuto una madre dolcissima (H. Hesse).
CHIESA CATTOLICA E LAICITÀ. «1. Se si intende proclamare la sovrana autonomia dello Stato
nel campo dell’ordine temporale, il suo diritto di reggere da solo tutta l’organizzazione politica,
giudiziaria, amministrativa, fiscale della società temporale, e, in termini generali, tutto ciò che
rientra nella tecnica politica ed economica, noi dichiariamo decisamente che questa dottrina è
pienamente conforme alla dottrina della Chiesa.
Se il clericalismo è l’intromissione del clero nel campo politico dello Stato, o quella tendenza che
potrebbe ritrovarsi in una società spirituale a servizio dei poteri pubblici per soddisfare la propria
volontà di dominio, noi dichiariamo solennemente che condanniamo il clericalismo come contrario
all’autentica dottrina della Chiesa.
2) La “laicità dello Stato”può anche essere intesa nel senso che, in un Paese in cui sono presenti
diverse credenze, lo Stato deve lasciare che ciascun cittadino pratichi liberamente la sua religione.
Questo secondo senso, se ben compreso, è anch’esso conforme al pensiero della Chiesa». La
dichiarazione qui riportata fu fatta collegialmente dai cardinali e arcivescovi di Francia nel lontano
13 dicembre 1945, vent’anni prima delle conclusioni a cui sarebbe pervenuto il Concilio Vaticano
II. Si può leggerla nel volume Chiesa e politica di Hippolyte Simon (trad. it. Queriniana, 1993).
LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE. «Ogni tre minuti una donna è molestata. / Ogni cinque
minuti una donna è picchiata. / Ogni dieci minuti una donna è violentata... / Ogni giorno / i corpi
delle donne vengono trovati, / in vicoli e stanze da letto, / orrendamente sfigurati». Sono alcuni
versi della poesia dell’afro-americana Ntozake Shange. Pubblicati nel ’72, a New York, nel volume
Nappy Edges, quei versi raccontano una vergogna universale, una tragedia che è di ogni tempo e di
ogni luogo.
Non c’è bisogno, infatti, di «una causa immediata» per molestare, picchiare, stuprare una donna
proprio perché la violenza contro le donne è originata in primo luogo da un modello socioculturale,
quello della subordinazione al maschio. È pertanto da considerare uno degli eventi più importanti
per il futuro dell’umanità che, in questa fine del secondo millennio, le vittime di tanta atrocità
abbiano cominciato a ribellarsi.
L’ANGOLO DI SENECA. La filosofia è vita. «Non è la filosofia un artificio per acquistare la
simpatia della gente; essa risiede non nelle parole, ma nelle cose. Non è un diversivo per far passare
il tempo, per vincere la nausea che nasce dal non far nulla. Essa forma e forgia l’anima, dà ordine
all’esistenza, ispira le azioni, mostra quel che si deve e non si deve fare, siede al timone e guida la
rotta di chi attraversa i pericoli. Senza di essa nessuno può vivere con intrepidezza, nessuno nella
sicurezza. In ogni momento i più vari eventi richiedono consigli che essa soltanto può darci.
Bisogna in ogni caso filosofare ed è nella filosofia che noi dobbiamo cercare la nostra difesa. Essa
ci esorterà a fare con tutta l’anima la volontà di Dio e a resistere sempre di nuovo alla fortuna.
C’insegnerà a seguire Dio e a sopportare i colpi e i capricci del caso». Ad Luc. 16, 3-5.
12 maggio 1994.
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LINEA RECTA BREVISSIMA. La lingua e il pensiero. Non permettere alla tua lingua di correre
avanti al tuo pensiero (Chilone, greco di Sparta, VI secolo a.C.). Quando il ritardo non è consentito.
I tuoi amici ti invitano a pranzo; arriva pure tardi, se vuoi. I tuoi amici ti chiamano perché tu li
consoli: affrettati (Chilone). Tre sono le cose più difficili. Tre sono le cose più difficili per l’uomo:
mantenere i segreti, impiegare bene il tempo libero e sopportare le offese (Chilone). Solo cose
oneste. La prima legge dell’amicizia è che agli amici si debbono chiedere solo cose oneste
(Cicerone). Veramente intelligente è. Veramente intelligente è colui che capisce da solo quello che
convenga fare: subito dopo viene colui che sa almeno capire le buone indicazioni che gli vengono
dagli altri (Cicerone).
Pubblica confessione. Sì, lo confesso, non amo il libro celebrato dagli spot (Giovanni Mariotti).
Dinanzi a noi c’è il mondo, non il vuoto. Noi non abbiamo mai, fosse per un giorno solo, / il puro
spazio innanzi a noi... è sempre il mondo / e giammai il vuoto, senza cosa alcuna (Rainer M. Rilke,
Elegie Duinesi, 8). E dentro l’infinito. Il quadro è uno spazio finito, limitato da, una cornice; è
necessario che vi sia incluso l’infinito (Simone Weil).
LE LETTERE TRA COCTEAU A MARITAIN. L’11 ottobre 1963 moriva Jean Cocteau, artista nel
significato molteplice della parola, poeta, pittore, autore di teatro, uomo di cinema. Trent’anni dopo
sono state pubblicate le lettere scambiate col filosofo francese Jacques Maritain. La Correspondance
Cocteau-Maritain 1923-1963 è un documento rivelatore di due personalità abissalmente diverse e
tuttavia legate tra loro da una schietta amicizia, perché se l’uno non nasconde il suo disordine
morale, l’altro non tace le esigenze imprescrittibili della legge morale.
Maritain era riuscito a riportare Cocteau alla fede nel 1925, aiutandolo in un momento di grave crisi
psicologica e morale, dovuta all’oppio e alla omosessualità. La conversione era stata sincera e tra il
filosofo e il poeta nel medesimo anno ci fu uno scambio di lettere. Scrive Cocteau: «Vorrei che
l’intelligenza fosse sottratta al diavolo e restituita a Dio».
Risponde Maritain: «Religione e poesia hanno le loro dispute, ma sono dispute di sorelle. L’artista
fatica assai a fare uso senza ferirsi di una virtù troppo dura per la sua sensibilità. Ma l’arte va
spontaneamente a Dio. A Dio come principio universale di ogni forma e di ogni chiarezza».
Tra i due nasce un’amicizia sincera, anche se Cocteau ritorna all’oppio e alle amicizie maschili.
Maritain, «dolce di cuore ma duro di testa» non abbandona l’amico, pur condannando il suo
comportamento. In una lettera del 6 luglio 1927 gli scrive: «L’amore è unitivo ed è fecondo.
L’omosessualità distrugge quest’ordine. Essa sta all’amore come la magia sta alla saggezza. Non è
per un pregiudizio di San Paolo, ma è per ragioni eterne che la Chiesa condanna l’omosessualità.
Non dimenticate la severità di Dio nell’antico Testamento, la storia di Sodoma. Aggiungo che non
basta amare Dio attraverso le sue creature e in esse. La grazia mette in noi un amore diretto e
immediato di Dio, essendo lui stesso nostro amico e commensale. Ma Dio è esigente, come lo sono
coloro che amano veramente».
Dall’America Maritain gli si rivolge con queste parole: «Che io sia di qua o di là dell’Atlantico
vedo sempre nel cielo una stella il cui riflesso porta il vostro nome e che è uno sguardo della bontà
di Dio» (7 novembre 1934). E quando Cocteau affresca la cappella di San Pietro a Villefranche
scriverà a Jacques in America: «Vi lascio immaginare come io pensi a voi e a Raïssa tra gli angeli
delle mie volte e come la vostra amicizia lontana e insieme vicina mi guidi».
L’ANGOLO DI SENECA. Il metodo filosofico: cerca ovunque l’anima di verità. «La procedura
che si applica in senato è, secondo me, valida anche per filosofare. Qualcuno avanza una proposta
che in parte condivido? lo invito a suddividere la sua mozione in punti distinti; io appoggerò solo
quei punti che approvo». Ad Luc. 21, 9.
Le cose come sono. «Poni bene attenzione a considerare le cose come sono e non come vengono
chiamate». Ad Lue. 110,3.
In profondità. Dobbiamo impegnare ogni nostra energia a indagare dove è stata riposta quella verità
che noi ora cerchiamo in superficie e con leggerezza». Nat. quaest. VII, 32 a 11.
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La vera gioia. «Scriverò cose che possano giovare sia a te che a me (Ego aliquid, quod et mihi, et
tibi prodesse possit, scribam). Ti esorterò alla saggezza, il cui fondamento e il cui vertice sono ben
individuati da queste parole: «Non godere di cose vane» (Ne gaudeas vanis!) Ha raggiuntola vetta
più alta chi sa di che cosa godere e non pone la sua felicità nelle mani degli altri. Ad. Luc. 23, l-2.
19 maggio 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. La grazia segno di nobiltà spirituale. Quando le parole e
l’intelletto non hanno grazia, che cosa vale essere nobili? (Focilide di Mileto, metà del VI secolo
a.C.). Sarebbe ben strano il contrario. Non si può piacere a tutti. Ma in questo non c’è niente di
strano (Teognide, di Mégara Nisea o forse di Mégara Iblea in Sicilia. Tra il VI e il V secolo a.C.).
Bravo, ma non in tutto. Nelle singole cose c’è chi è migliore di un altro e c’è chi è peggiore, ma non
c’è nessuno che sia bravo in tutte (Teognide). Il più turpe e facile degli inganni. Ingannare un
nemico non è facile, anche per chi lo odia; ma facile all’amico è ingannare l’amico (Teognide).
Anche chi è saggio deve temerla. La buona fortuna fiacca anche l’animo del saggio (Gaio Sallustio
Crispo, politico e storico romano, 86-35 a.C.). Il fondamento della vera amicizia (o il risultato?).
Volere le stesse cose e non volere le stesse cose: questo è, in definitiva, il fondamento della vera
amicizia (Sallustio). Fama e libertà, inversamente proporzionali. (Più si è in vista, meno si è liberi
di fare ciò che si vuole (Sallustio). Se fossimo determinati nel volere le cose belle e buone... Se si
dessero tanto pensiero delle cose belle e buone quanto se ne danno di quelle sconvenienti e inutili
per non dire dannose, gli uomini non sarebbero retti dai casi della vita, ma li reggerebbero essi
stessi (Sallustio).
BEN VENGA L’ALTERNANZA, PURCHÉ SIA INTELLIGENTE. Il regime parlamentare è stato
proprio concepito, in gran parte, per incanalare il malcontento. I governanti non raccolgono che
elogi moderati per ciò che fanno di buono, giacché sono lì proprio per operare il bene; ma le loro
colpe, anche le più piccole, pesano, e il loro accumularsi trascina con sé la caduta di un governo o di
un regime. Se si trovano di fronte due partiti avversi e soltanto due, il gioco continuerà con una
certa regolarità; se son più di due, vuol dire che la terza forza farà da ago della bilancia, come hanno
fatto in Germania i liberali, sostegno indispensabile ora ai governi a guida socialdemocratica, ora a
quelli presieduti da democristiani. Ciascuna delle due parti tornerà al potere con il prestigio offerto
dai principî rimasti apparentemente intatti durante tutto il tempo in cui non c’erano responsabilità
da prendere: i principî, come si sa, stanno per così dire di casa nell’opposizione. In realtà ciascuno
dei contendenti avrà beneficiato, se sarà intelligente, dell’esperienza compiuta dall’altro,
modificando più o meno il contenuto delle sue idee e, di conseguenza, il significato stesso dei suoi
orientamenti di fondo. Così diventa possibile il progresso, nonostante l’oscillazione,o piuttosto per
mezzo di essa.
L’ESSENZA DEL CRISTIANESIMO. La vigilia della sua morte, padre Aleksandr Men’ aveva
tenuto una conferenza sul cristianesimo che aveva terminato così: «E se noi ci domandiamo ancora
una volta quale sia l’essenza del cristianesimo, dovremo rispondere: è la divino-umanità, l’unione
dello spirito umano che è finito, limitato nel tempo, con il divino che è infinito. È la santificazione
della carne, poiché a partire dal momento in cui il Figlio dell’Uomo ha assunto le nostre gioie e le
nostre sofferenze, ciò che noi costruiamo, il nostro amore, il nostro lavoro, la natura, il mondo, tutto
ciò in cui Egli si è trovato immerso, in cui è nato come uomo e Dio-uomo, tutto questo non è
respinto, non è umiliato ma elevato a un nuovo livello. Nel cristianesimo il mondo è santificato, il
male, le tenebre e il peccato sono vinti. Ma è la vittoria di Dio. Questa vittoria è cominciata la notte
della resurrezione e continuerà finché il mondo esisterà».
L’ANGOLO DI SENECA. Lo strappo necessario. «Dagli atti ti vengono noie, ma i crucci più
grandi sei tu a darteli. Tu sei molesto a te stesso, non sai quello che vuoi. Approvi i retti principi
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con una convinzione che poi si smorza quando devi metterli in pratica. (Vides, ubi sit posita
felicitas, sed ad illam pervenire non audes). Ecco quello che, in ultima analisi, ti impedisce di
progredire e che tu non scorgi chiaramente: dai troppa importanza a ciò che stai per lasciare e,
quando ti sei proposto di raggiungere la tranquillità, ti trattiene il falso splendore del tuo modo di
vivere. Sei in errore: dalla vita presente a quell’altra, si sale. C’è la stessa differenza che corre tra la
luce naturale e quella artificiale: quella ha in sé la fonte della sua luminosità, questa rifulge di luce
riflessa, per cui qualsiasi cosa si interponga subito l’offuscherà, proiettando una fitta ombra.
L’esercizio del filosofare farà risplendere la luce che è dentro di te» (Ad Luc, 21, 1-2).
2 giugno 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Che cos’è un nome? O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo?
Rinnega il tuo padre e il tuo, Tu sei sempre te stesso anche senza essere un Montecchi. Che cos’è un
nome? Rinunzia ad esso, che non è parte di te e in cambio prendi tutta me stessa. Anche una rosa,
chiamata con un altro nome, avrebbe lo stesso Profumo (W. Shakespeare, Romeo e Giulietta).
L’ideale della libertà. L’ideale della giustizia e dell’eguaglianza è lo stesso ideale della libertà,
quando essa sia intesa non come la libertà che si possiede, ma come la libertà che si vuole, cioè
come l’altrui libertà (Alessandro Galante Garrone, Libertà liberatrice, Edizioni La Stampa, Torino).
Ognuno deve osare personalmente. Ognuno deve osare personalmente, non c’è nessuna garanzia. Il
futuro può fiorire soltanto da ciò che i singoli osano (Rudolf Bultmann).
DIREZIONE SPIRITUALE, NON TIRANNIA. Uno degli spiriti più religiosi che io conosca, un
laico coraggioso che sa rivendicare il primato della coscienza e del Vangelo su tutto il resto, si reca
di frequente da Roma a Torino, per incontrare il suo venerato direttore spirituale. Non è vero,
dunque, che oggi non si avverta il bisogno di autentici maestri di vita, di autentici interpreti della
Parola.
Oggi, però, la coscienza del credente rifiuta con forza la falsa direzione spirituale, cioè
quell’atteggiamento per cui il consigliere e la guida si trasforma in tiranno e giudice esorbitante.
Anche su questo punto Padre Aleksandr Men’ aveva visto giusto. Ecco le sue testuali parole:
«Spesso si crede che, nel rapporto col proprio padre spirituale, si debba osservare il principio
dell’obbedienza. In realtà questo principio riguarda essenzialmente la vita monastica. Il monaco fa
voto di obbedienza e si impegna a compiere tutte le richieste del padre spirituale. Un parroco non
deve proporre la stessa cosa a un laico e non può arrogarsi il diritto di dare degli ordini perentori.
Deve contentarsi di richiamare i comandamenti della Chiesa, di orientare la vita spirituale del
fedele, aiutarlo nei suoi sforzi interiori». Deve evitare il paternalismo e l’autoritarismo (Y. Hamant,
Aleksandr Men’ pastore e martire, La Casa di Matriona, 1994).
UOMO E DONNA. 1. Una verità su cui non riflettiamo. «Gli uomini dovrebbero smettere di usare
la maschilità di Gesù per legittimare la loro volontà di dominio, mentre dovrebbero piuttosto
prenderlo come esempio di maschilità riuscita» (Beatrix Schiele, cattolica, tedesca. Citazione tratta
da Concilium 2 1994).
2. Una Bestemmia che non cessiamo di ripetere. «Donna, tu sei la porta del diavolo» (Tertulliano,
De cultu feminarum 1, 1).
IL MEGLIO E IL PEGGIO. La Repubblica, Venerdì 13 maggio 1994. «Non so che cosa farà il
neoministro per la famiglia, Antonio Guidi, che fu a lungo un collaboratore della Cgil per i
problemi dei disabili. Ma la sua prima dichiarazione la trovo molto ragionevole. “Lo Stato” dice
“concede una misera indennità di accompagnamento agli handicappati, ma paga fino a 5 milioni al
mese per la degenza in clinica. Mi sembra che sarebbe più opportuno offrire un maggior aiuto alle
famiglie per evitare sradicamenti e garantire, nel proprio ambiente familiare, una migliore dignità di
vita».
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Sembra anche a me, in verità (Miriam Mafai).
Il Sole 24 ore, venerdì 13 maggio 1994. Due titoli, che mettono il dito su due piaghe purulente del
regime partitocratico. Il primo: «La decadenza di un’élite». Difficoltà a essere classe dirigente nelle
aziende pubbliche e smarrimenti da fine consociativismo. La svolta politica smantella le carriere
predatorie e rende difficili i tentativi di ricollocazione».L’articolo è di Pierluigi Celli, direttore del
personale Rai.
Il secondo: «Irpinia, industria dimezzata. Nelle 20 aree del cratere solo 123 imprese su 243
finanziate sono entrate definitivamente in produzione. Da Roma parte intanto una nuova tranche di
fondi dopo la fine dell’intervento straordinario».
L’ANGOLO DI SENECA. Filosofia e sanità mentale. «Senza filosofia l’anima è malata e il vigore
stesso del corpo, per quanto grande, è sregolato, come la forza dei furiosi e dei deliranti. Cerca,
dunque, innanzi tutto la salute dell’anima e poi, senza affaticarti molto e senza sprecare molto
tempo, anche quella del corpo, se vorrai star bene nel senso buono della parola». Ad Luc. 15, 1 - 2.
Scienza ed arte della vita. «La vita non può essere felice e neppure tollerabile senza l’amore della
sapienza. Bisogna accrescere vigore alle nostre forze spirituali, con un continuo impegno e con la
meditazione quotidiana, affinché la buona volontà diventi condotta di vita». Ad Luc. 16, 1.
Nelle più grandi crisi e nei piccoli problemi. «Rigetta da te ogni futilità, se sei saggio; anzi, per
essere saggio. Tendi con lena e con tutte le tue forze a formarti una retta coscienza. Se qualche nodo
ti trattiene, scioglilo o taglialo. Tu non sai quanto sia di aiuto la filosofia in ogni circostanza: essa ci
soccorre, per dirla con Cicerone, nelle grandi crisi, ma ci viene incontro anche nei più piccoli
problemi». Ad Luc. 17, 1 - 2, 3.
9 giugno 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Vuoti come manichini. Se non ha la possibilità di interiorizzare i
modelli forti di riferimento, che aiutino a scoprire il gusto della vita, l’io soffre, fino a cercare la
morte (Aldo Carotenuto). La legge come rompicapo. Chissà perché nel nostro Paese una legge (e
pare che ce ne siano, in attività di servizio, oltre duecentomila) ha bisogno di un vademecum con
grafici per restare un rompicapo. Ma anche questa è un’altra storia. Di cui speriamo, ma dubitiamo,
che voglia occuparsi un Parlamento che di un rompicapo è il frutto. (da La Voce, 27 marzo 1994).
Quattro paradossi quotidiani. 1. Abbassando la testa mi si alza lo stipendio. 2. Il mio torto è che ho
ragione. 3. Pur di arrivare in cima è disposto a toccare il fondo. 4. Tutte le mie schiavitù sono frutto
di una libera scelta (da Vivere mi piace da morire, umani paradossi quotidiani di Fulvio Fiori,
Tranchida ed., 1993). Il silenzio, alito di eternità. Ciò che in campagna è naturale, cioè il silenzio
della notte, rimane per un uomo di città sempre un prodigio. Chi, dalla città, giunge in un podere o
in una fattoria e, la prima sera, si mette alla finestra o a letto, percepisce questo silenzio come la
magia di un porto sicuro, come se si fosse avvicinato a quel che è vero e sano e come se avvertisse
un alito di eternità (H. Hesse, Aforismi, Newton Compton, Roma, 1994). Se accade solo per amore.
Anche con le cose più umili, non appariscenti, / se accade solo per amore, / noi cominciamo (Rainer
M. Rilke).
VENERDÌ 14 ADAR, 25 FEBBRAIO, TRE MESI FA. Uno dei crimini più ripugnanti è certamente
quello commesso da un medico israeliano, amico personale del rabbino fondamentalista Kahane.
Ecco il modo in cui il primo ministro dello Stato di Israele Rabin ne dette l’annuncio il 28 febbraio
alla Knesset, il Parlamento: «Venerdì 14 Adar, 25 febbraio, nelle prime ore del mattino una tragedia
si è abbattuta sulle famiglie degli uccisi, sulla gente di Hebron, sul popolo palestinese, sullo Stato di
Israele e sul popolo ebraico. A Hebron, la città dove visse il padre di Israele e di Ismaele, la città
che ha conosciuto sia la convivenza che la tragedia dei pogrom antiebraici, a Hebron un ebreo ha
profanato la santità della tomba dei patriarchi. Mentre dei musulmani erano in preghiera, in piena
festa del Ramadan, un ebreo degenerato ha aperto il fuoco uccidendo decine di fedeli musulmani e
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ferendone altre decine».
Yizchak Rabin confessa il suo smarrimento dinanzi a tanta efferatezza: «Signori della Knesset, nei
miei peggiori incubi non avrei mai immaginato di trovarmi qui oggi, davanti a voi, in circostanze
così dolorose. Spero e credo che questo incubo sia destinato a passare, che ci sia speranza di dare
soluzione al sanguinoso conflitto che sembra non finire. E quella speranza è la pace. Vorrei
concludere con le parole del poeta Bialik: “Il dolore è grandissimo, / grandissima è la vergogna. /
Quale è più grande? / Decidi tu, o mortale”». Il giorno stesso della strage Ezer Weizman,
presidente dello Stato d’Israele, aveva detto: «Oggi è un giorno terribile e grave per ebrei e arabi in
questa terra. Nessuna giustificazione, nessuna indulgenza, nessuna riparazione è possibile per
questo orribile gesto. Esprimo le mie condoglianze alle famiglie, ai cittadini della città di Hebron e
alla popolazione araba in tutto il mondo». I testi integrali delle dichiarazioni di Rabin e Weizman si
possono leggere nel notiziario Nes (Via Eupili 8, Milano) del marzo ’94.
Fra i membri della Jihad islamica che spararono ai fedeli ebrei in preghiera nelle sinagoghe di
Istanbul, di Parigi, di Amsterdam, e il membro della Hamas ebraica che ha ucciso vigliaccamente a
Hebron c’è, evidentemente, una perfetta corrispondenza che attesta la comune. radicale disumanità
di chi si è votato alla violenza, all’odio, al terrore. Il linguaggio di Rabin e Weizman onora, invece,
l’umanità e ha la forza di costruire la pace.
L’ANGOLO DI SENECA. La povertà, il viatico migliore. «Molti avevano la vocazione filosofica,
ma le ricchezze sono state loro di ostacolo; chi è povero procede più spedito, più tranquillo. La
povertà è il miglior viatico della filosofia. La saggezza paga in contanti: rendendo del tutto inutili le
ricchezze, è come se ce le avesse già date». Ad Luc. 17, 3;10.
Di fronte al denaro. «Il sapiente non si ritiene indegno di nessun dono della sorte. Non ama le
ricchezze, però le preferisce ad uno stato di indigenza e non rifiuta quelle che possiede: egli le
controlla e vuole servirsene per ampliare il campo d’azione della sua virtù. Smetti dunque di
proibire il denaro ai filosofi: nessuno ha mai condannato la sapienza alla povertà. Il filosofo può
avere abbondanti ricchezze, purché non siano né sottratte ad altri, né siano lorde di sangue altrui. Le
ricchezze siano acquistate senza far torto a nessuno, senza lucri disonesti,e possono andarsene
pulitamente, come pulitamente sono venute; e non facciano gemere nessuno, eccettuati i maligni»,
Vita 21, 4; 23, 1.
16 giugno 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Si vuol aprire gli occhi, ma dopo. Abbiamo fretta di commettere
una sciocchezza, perché riflettendo non la commetteremmo più. La ragione dissolve il fascino
perverso della tentazione (Levi Appulo). Il dire e non fare. Se cerchi di migliorare una persona
dando il buon esempio, ne migliori due. Se cerchi di migliorare qualcuno senza dare il buon
esempio non migliori nessuno (Levi Appulo). Solo chi ci vuol bene. Quando da bambini
accusavamo la mamma di rimproverarci troppo, la sua saggia risposta era: “Dagli estranei non
avrete che cordialità superficiale o indifferenza. Soltanto chi vi vuol bene, vi critica”» (Levi
Appulo). Il narcotico più deleterio. L’autocommiserazione è il più deleterio dei narcotici: crea
assuefazione, dà un piacere momentaneo ed allontana la vittima dalla realtà (Levi Appulo). Ogni
parola un’idea. La forma più grave di spreco? Spendere un numero di parole superiore al reddito
delle idee (Levi Appulo). Non c’è padre che gli assomigli. In un vecchio taccuino trovo
un’annotazione: Deus! nemo tam Pater / Dio, non c’è padre che gli assomigli. Non so di chi sia quel
pensiero, ma esso basta a farci superare d’un balzo la spiegazione psicoanalitica, in verità fin troppo
parziale, dell’esperienza religiosa. (Levi Appulo). Il segreto della maturità. Sforzati di andare
adagio - scrisse Novalis -. Infatti il segreto della maturità sta nell’evitare le fruttificazioni artificiose,
premature, affrettate. La natura si svolge nel tempo» (Levi Appulo). L’insuperabile comunicativa.
Un bambino che spiega una cosa che lo ha entusiasmato è il più bell’esempio di comunicazione che
si possa sentire e vedere (Levi Appulo).
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LO FA PERFINO LA CIA. «Esiste in tutti i Paesi una zona del potere dove la luce chiara della
democrazia non penetra, o penetra molto poco e soprattutto in ritardo. E il luogo nel quale si
prendono le decisioni difficili che riguardano (o dovrebbero riguardare) la sicurezza dei cittadini.
Ed è superfluo aggiungere che gli strumenti con i quali queste decisioni vengono prese non possono
essere trasparenti per la semplice ragione che se fossero trasparenti non sarebbero efficaci.
Ma ci vuole misura, intelligenza ed onestà per amministrare questa zona ambigua e pericolosa del
potere che tutte le Costituzioni affidano ai governanti. Si deve garantire ai cittadini la possibilità di
controlli, magari in tempi differiti, come avviene ad esempio, in America, dove perfino la Cia apre i
suoi archivi ogni quindici anni a chiunque li voglia esaminare. Se questa consuetudine viene meno,
si concede di fatto una strana e pericolosa immunità a chi opera nella penombra». (Saverio Vertone,
Corriere della Sera, 30 maggio 1994).
BARZELLETTE... STORICHE 1. Ai funerali di Remo. «Ehi, Romolo, che inno suoniamo? Fratelli d’Italia». 2. Triste ritorno. «Bella figura mi fai fare! Sono l’unico Sabino al quale i Romani
non abbiamo rapito la moglie». 3. Flavio Gioia e la bussola. «Donò la bussola al Paese che più
spesso la perderà». 4. Papera dì Francesco I dopo Pavia. «Niente è perduto, fuorché l’onore». 5.
Anita Garibaldi. «Dopo di lei l’Italia non avrà altra eroina che la droga». 6. L’Italia pseudodemocratica. «Il Bel Paese dove ni suona. (Da La Storia d’Italia in 200 vignette, Rizzoli Milano,
1975).
L’ANGOLO DI SENECA. Senza pompa, con simpatia. «Per quanto ti è possibile, rifugiati nella
filosofia (Quantum potes, in philosophiam recede). Essa ti accoglierà nel suo santuario, in cui
troverai la libertà, o per lo meno una libertà maggiore rispetto a quella attuale. Della filosofia, però,
non dovrai fare ostentazione: sono molti ad esercitarla con presunzione in modi e tempi
inopportuni, ed essa è stata per loro cagione di pericolo. La filosofia ti insegni a sottrarre a te stesso
i vizi ed a non rompere con i costumi e gli usi correnti, a non darti mai l’aria di disprezzare tutto
quello che non sei tu a fare. Si può essere saggi senza pompa e senza attirarsi antipatie» (“Licet
sapere sine pompa, sine invidia”). Ad Luc. 103, 4-5).
Il tempo dischiude la verità. «Ci son delle cose false che hanno l’apparenza del vero e bisogna
conceder sempre a noi stessi un lasso di tempo: il tempo dischiude la verità» (De ira II, 22, 2-3).
«Ogni cosa di cui vorrai conoscere il modo di essere, affidala al tempo: non si riesce mai a
discernere accuratamente un oggetto che è in preda ai flutti» (De ira III, 12, 4).
Tenerla tra le mani. «La verità viene meglio in luce se la si tiene più spesso tra le mani» (De ira II,
29, 3).
23 giugno 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Un verso meritatamente famoso. La bellezza è difficile - Beauty is
difficult (Ezra Pound, Canti Pisani 74, 1948). L’incessante guerra. In questa guerra / contro l’ottuso
e il grasso - (In this war / as against thickness and fatness) (E. Pound, 74). Uomini vuoti. La mente
diviene satura quando nient’altro vi entra - (Mind come toplenum when nothing more will go into it)
(E. Pound). La qualità dell’affetto. Nulla ha valore, solo la qualità / dell’affetto - (Nothing matters
but the quality / of the affection) (E. Pound, 76). Il paradiso non è artificiale, neppure 1’inferno. Le
paradis n’est pas artificiel, / l’enfer non plus (E. Pound, 76).
Perché certi signori non correggono mai in tempo la loro rotta. Avendo ottenuto vantaggi e
privilegi, / non c’è nulla - un nulla da scrivere in corsivo - che non faranno / per tenerseli (E. Pound,
77). Amo, dunque sono. Amo ergo sum, e proprio nella stessa misura (E. Pound, 80). Di chi son
figlie le Muse? Le Muse sono figlie della memoria - The Muses are daughters of memory (E.
Pound, 74).
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GLI «UNERLOST», CIOÈ GLI IRREDENTI. Nietzsche è un critico assai maligno del
cristianesimo, di cui gli sfuggirono del tutto l’essenza e la funzione ma come fenomenologo delle
forme malate della coscienza religiosa non ha pari. Nietzsche diceva, ad esempio, che quello che
non lo convinceva nei cristiani era proprio il loro aspetto, perché guardandoli non si aveva la
sensazione che Cristo li avesse realmente liberati dal giogo del male, dalla maledizione dello
scoramento e della tristezza. Essi sembrano, infatti, essere dolorosamente “unerlöst”, “irredenti” e,
dunque, sempre vestiti a lutto, sospettosi e maledicenti.
Sì è proprio “maledicenti”,da “maledire”, nel senso forte delle parole.
È un’osservazione che fa pensare. Si può essere cristiani senza che un riflesso della gioia cristiana
ci scaldi il cuore? E perché mai l’allegria dovrebbe essere incompatibile con l’ascesi spirituale? Nel
Vangelo le due cose sono appaiate di continuo e proprio per questo Gesù scandalizzò, fino a
esasperarli, i «religiosi benpensanti» del suo tempo, della cui “serietà” mise a nudo il lato meschino
oltre che l’ipocrisia. È stato Gesù a rivolgere queste grandi parole ai suoi discepoli: «Il Padre mio è
glorificato in questo: che voi portiate molto frutto... Rimanete nel mio amore... La mia gioia sia in
voi e la vostra gioia sia completa» (Vangelo di Giovanni 15, 8; 9-11).
Chi poi volesse censurare, sia pure inconsciamente, quelle parole (e tante altre simili del Nuovo
Testamento), dovrebbe spiegarci come mai il messaggio di Gesù fu detto appunto «vangelo», cioè
«buona notizia».
PADRI E FIGLI. «Parlando di mio padre devo in qualche modo parlare di me. Perché alla fine,
dopo la polemica con il padre, il figlio finisce con l’assomigliargli, confondersi con lui, continuarlo.
Io mi sento ora il suo viso, i suoi modi, il suo corpo, le sue mani. Mi sento in qualche modo il suo
animo, e senza aver saputo per anni gran che della sua vita, mi sono bastati pochi accenni per capire
come passò i trent’anni che precedettero la mia venuta al mondo» (Corrado Alvaro, Il viaggio,
Morcelliana, Brescia, 1942).
L’ANGOLO DI SENECA. La capacità di unificare tutti i tempi. «Diciamo abitualmente di non aver
avuto la facoltà di sceglierci i genitori che il caso ci ha assegnati: gli uomini buoni, invece, hanno la
facoltà di nascere per propria scelta (bonis vero ad suum arbitrium nasci licet). I geni più insigni
hanno formato delle famiglie: scegli quella cui vuoi associarti. Con l’adozione non condividerai
soltanto il nome, ma anche i beni, e non dovrai custodirli con avarizia o gelosia, perché
aumenteranno quanto più li distribuirai. Quegli uomini ti avvieranno all’eternità e ti eleveranno ad
una dignità dalla quale non si può essere deposti. Questo è il solo modo di allungare la tua vita
mortale, anzi di mutarla in immortalità.
Gli onori, i monumenti, tutto ciò che l’ambizione ordina con i suoi decreti o realizza con le sue
costruzioni, ben presto crolla. Non c’è nulla che, col tempo, la vetustà non distrugga o non rimuova,
ma essa non può nuocere a ciò che è stato consacrato dalla sapienza. Nessuna epoca lo cancellerà,
nessuna lo sminuirà, anzi l’epoca che segue e le successive aggiungeranno motivi di venerazione,
poiché l’odio si sfoga sulle cose vicine, mentre guardiamo con maggior schiettezza alle lontane. La
vita del sapiente è dunque molto spaziosa; egli non è prigioniero del limite che racchiude gli altri, è
il solo esente dalle servitù dell’umana progenie. Le età gli sono tutte soggette come sono soggette a
Dio. Un tempo è passato? Egli lo abbraccia con il ricordo. È presente? Lo mette a frutto. È futuro?
Lo pregusta». Brev. 15, 3-5.
30 giugno 1994.
LINEA RECTA BREVISSIMA. Nemico, ma non per sempre. Quando parli di un nemico, non
dimenticare mai che forse un giorno diventerai suo amico (Periandro, greco di Corinto, 627-584
a.C.). Innanzi tutto prevenire. Non accontentarti di rimproverare coloro che hanno commesso una
colpa: cerca anche di trattenere chi sta per commetterne una (Periandro). Le parole e le cose. Studia
le parole a partire dalle cose, non le cose a partire dalle parole (Misone, vissuto tra il VI ed il V
25
secolo). Ai posteri l’ardua sentenza. I giorni ancora di là da venire sono i giudici più saggi (Pindaro,
518-438 a. C.). Il rischio. Imprese compiute senza rischi non contano niente (Pindaro). La misura.
C’è una misura in ogni cosa e tutto sta nel capirlo (Pindaro).
Se lo si fa a ragion veduta. Nessuna persona intelligente ha mai detto che cambiare opinione è
sintomo di incostanza (Cicerone). L’assurda pretesa. Non si può avere tutto subito (Cicerone). Di
più anime una sola. La forza dell’amicizia consiste nel fatto che fa di più anime un’anima sola
(Cicerone).a.C.). Il vero amico. Il vero amico è un altro se stesso (Cicerone). Amicizia e non
complicità mafiosa. La prima legge dell’amicizia è che agli amici si debbono chiedere solo cose
oneste (Cicerone).
«STRAPPA DA TE LA VANITÀ, TI DICO, STRAPPALA». Mi è capitato molte volte di prendere
in mano l’opera di un poeta, rileggermela per intero e, nel momento di scegliere le sole cose alte e
degne che meritano di essere proposte ai lettori, non sono stato in grado di citare più di 15-20 versi.
Questa regola ha pochissime eccezioni; una fin troppo evidente, è Dante. In queste settimane
l’esperienza si è ripetuta con I Canti Pisani di Ezra Pound. I versi citati nella Linea retta brevissima
del 16 giugno u.s. sono mirabili. Ma che cos’altro si può aggiungere ad essi?
Si deve aggiungere la parte finale del Canto 81. Eccola: «Quello che veramente ami rimane, / il
resto è scorie. / Quello che veramente ami non ti sarà strappato. / Quello che veramente ami è la tua
vera eredità... / Strappa da te la vanità, non fu l’uomo / a creare il coraggio, o l’ordine, o la grazia. /
Strappa da te la vanità, ti dico strappala...
Come son meschini i tuoi rancori / nutriti di falsità. / Strappa da te la vanità, / avido di distruggere,
avaro di carità, / strappa da te la vanità, / ti dico, strappala.
Ma avere fato in luogo di non avere fatto / questo non è vanità... / Aver raccolto dal vento una
tradizione viva / o da un bell’occhio antico la fiamma inviolata / questa non è vanità. / Qui l’errore è
in ciò che non si è fatto, / nella diffidenza che fece esitare».
In questi versi la magniloquenza, le maschere superumane e la stessa abilità del grande fabbro
cedono finalmente, come d’incanto, all’imperativo di mettersi in chiaro prima di tutto con se stesso.
Non c’è più bisogno allora d’incastonare ideogrammi cinesi e citazioni greche, o di affidarsi alla
pesante intrusione di inserti tedeschi francesi italiani e spagnoli. La ritrovata purezza dell’umiltà
rende il verso espressivo e in sé, compiuto, bello e verace.
ISRAELIANI-PALESTINESI: CHI HA PAURA DELLA PACE? «Gli israeliani vivono nel
territorio di Israele perché non c’è né, può esserci, per gli ebrei altra patria che questa. I palestinesi
si trovano in Palestina perché qui vivevano più di mille anni or sono i loro antenati. Laddove si
scontrano due posizioni entrambe giuste, deve prevalere un valore ancora più alto, e questo valore è
la vita» (Amos Oz, Non dobbiamo avere paura della pace, in L’Unità, 16 settembre 1993).
Dedico questo brano a quelli che hanno paura della pace - a Gaza, come a Tel Aviv, o a Brescia perché hanno concepito la loro esistenza come una «missione di odio» per l’una o per l’altra parte.
Vittime degli opposti fondamentalismi, costoro hanno l’impressione di essere defraudati di qualcosa
di essenziale se «il nemico» cessa di essere odiato, se la fatica per costruire un avvenire di fraternità
sostituisce l’ubriacatura ideologica e la pratica criminale del terrore.
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