sperimentata nel tempo, i chelanti a base di calcio (meglio se l

Da: Milafarma- Direzione Scientifica
circolare 1
Oggetto: Caceton
Nell’insufficienza renale cronica (IRC), si viene a creare uno squilibrio nel rapporto fra le quantità
calcio/fosforo che ha come conseguenza, l’indebolimento del nostro apparato scheletrico e quindi,
da un punto di vista patologico, ipocalcemia e di conseguenza, iperfosforemia.
Ipocalcemia e iperfosforemia determinano aumento di livelli di un ormone molto importante nel
controllo dell’ione calcio che è il paratormone (PTH)
L’innalzamento del PTH provoca osteodistrofia accompagnata molto spesso da calcificazione ai
vasi arteriosi.
Secondo le linee guida della società italiana di Nefrologia non emerge alcuna differenza tra i
diversi chelanti nel controllo dell’iperfosforemia: in tutti gli studi, i chelanti a base
di calcio risultano parimenti efficaci rispetto ad altri non contenenti calcio (Renagel ,
Lantanio) pertanto per la loro validità e per la quantità importante di documentazione clinica
sperimentata nel tempo, i chelanti a base di calcio (meglio se l’acetato come il nostro
Caceton), vengono consigliati come farmaci di primo impiego soprattutto negli
stadi 3 e 4 della malattia.
Una frequente conseguenza dell’impiego di chelanti contenenti calcio, è l’ipercalcemia (alta
concentrazione di ioni Ca++ nel sangue)
Questo problema ha stimolato la ricerca di composti alternativi in grado di legare il fosforo
nell’intestino senza determinare assorbimento di un catione potenzialmente tossico (il calcio). Uno
di questi composti è il RENAGEL e di nuova generazione (immissione in commercio Ottobre2007),
il LANTANIO CARBONATO.
L’autorizzazione all’immissione in commercio del Renagel,viene concessa nel Gennaio 2002 e
solo “per circostanze eccezionali”( pazienti adulti in dialisi )
Nell’ultima gazzetta ufficiale Ottobre 2007, sul prodotto Renagel la commissione tecnicoscientifica ha espresso parere favorevole all’uso del prodotto Renagel ma ancora solo in queste
condizioni:
“Renagel è indicato per il controllo dell’iperfosfatemia in pazienti ADULTI sottoposti ad
emodialisi o a dialisi peritoneale” (vedi linee guida in allegato) e ancora “Somministrare
Renagel come terapia combinata associando integratori di calcio, e 1,25 diidrossi-vitamina D3
o uno dei suoi analoghi per controllare lo sviluppo della malattia ossea renale”
Molti sono gli effetti collaterali di Renagel tra cui diarrea, infezioni e vomito, depauperamento
della flora batterica con tutti i rischi che questo comporta; alte le dosi giornaliere (7-10
compresse/die); alti costi per il SSN.
Il Lantanio carbonato rappresenta come il sevelamer (Renagel), un’ulteriore opzione
terapeutica per i pazienti che in seguito all’assunzione dei sali di calcio, sviluppano
ipercalcemia.
La documentazione disponibile presenta una serie di limiti metodologici e informativi, che
non consentono ad oggi di collocare il Lantanio carbonato come farmaco di
primo scelta nel trattamento dell’iperfosfatemia in pazienti dializzati.
E’necessario infatti verificare ulteriormente nell’impiego clinico l’effettiva tollerabilità del
Lantanio rispetto alle altre terapie disponibili e soprattutto gli aspetti legati alla sua sicurezza
a lungo termine.
Anche per i pazienti trattati con Lantanio gli effetti collaterali sono elevati soprattutto a
livello gastrointestinale e rappresentano la principale causa di interruzione del trattamento.
Per quanto riguarda il profilo sulla sua sicurezza (si dispone di dati di sicurezza relativi a
trattamenti protratti per 2-3 anni), sono stati condotti studi per determinare la
concentrazione di Lantanio nell’osso e nel plasma;
il Lantanio si deposita nell’osso e nel plasma con rischi relativamente poco significativi a
breve tempo ma non valutabili ancora a lungo termine: in particolare nell’osso sono stati
notati livelli di lantanio in aumento nel tempo.
Non sono disponibili dati clinici sul deposito di Lantanio in altri tessuti.
Entrambi i farmaci Renagel e Lantanio vengono indicati nei soggetti adulti e
dializzati solo nello stadio 5 della patologia (vedi linee guida allegate nel Book)
Pertanto il farmaco di prima scelta nella patologia della IRC risulta essere il
nostro Caceton (calcio acetato), l’unico chelante del fosforo registrato in USA come
antiiperfosfatemico rappresentando esso, una alternativa valida e scientificamente provata di
alta valenza nel rapporto efficacia/sicurezza rispetto al calcio carbonato (nostro concorrente
diretto sul mercato) che tra l’altro non nasce per l’impiego nell’IRC.
La superiorità del Caceton rispetto al calcio carbonato sta nelle sue
caratteristiche chimico- fisiche e quindi nel suo chimismo:
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Molto più solubile e più veloce nella disgregazione rispetto al carbonato, forma più legami con
i fosfati con un più evidente abbassamento dei valori di ipercalcemia (18% dei casi per
il Caceton contro il 31% dei casi per il carbonato) e di fosforemia in quanto è un ottimo
chelante del fosforo
Il dosaggio giornaliero del Caceton pertanto, è più basso rispetto a quello del
carbonato di calcio di ben oltre il 50% (dal 2 agli 8 gr. /die per l’acetato e dei 3 agli 11-12
gr./die per il carbonato)
Non è PH dipendente: cioè la sua azione e quindi la sua efficacia non dipendono dal PH
gastrico; infatti può essere usato prima, dopo e durante i pasti.
Nei pazienti giovani e in pazienti in predialisi
Nella maggior parte dei casi sono pazienti che vengono solamente messi a restrizione dietetica. E’
però risaputo dagli specialisti che diete ipoproteiche e quindi ipofosforiche per forza di cose sono
anche ipocalcemiche. In quest’ottica l’uso di integratori di calcio risponderebbe a un doppio
problema: mantenimento fisiologico dei livelli di fosforo e di quelli del calcio ritardando le
alterazioni del PTH e quindi i danni a livello dell’osso. Quale miglior risposta se non il Caceton
che è un chelante del fosforo potente e nello stesso tempo un integratore di calcio?
Inoltre, considerando che la patologia è irreversibile, questo potrebbe rappresentare un valido
aiuto nella prevenzione a lungo termine dei danni da insufficienza renale per pazienti ancora
“ leggeri” nella terapia e quindi molto ben disposti ad assumere piccole dosi giornaliere per
allontanare quanto più possibile i gravi problemi legati a questa malattia.
Target medico: nefrologi ma anche i medici di base i quali in questa fase iniziale possono gestire
molto bene una patologia così complessa e importante. A supporto di quanto prima detto e per
dare una maggiore valenza al vostro lavoro, l’azienda può fornirvi molti lavori clinici
sull’attività ed efficacia del Caceton.
Il CACETON è distribuito in commercio in confezioni da 60 compresse da 800mg.
Il prezzo è di €15,50 a confezione; (vi ricordo che dietro “piano terapeutico” approvato dalla ASL
di appartenenza, il paziente può ritirare il Caceton gratis in farmacia).
Una compressa da 800mg di acetato di calcio equivale a 132 mg di Ca++ elemento.
CONSIGLI D’USO: La posologia consigliata è da 2 a 6 compresse al giorno; la compressa non va
masticata, ma va deglutita intera.
Aspetti specifici:
In merito al controllo della bicarbonatemia, il calcio acetato concorre alla correzione
dell'acidosi metabolica più del carbonato in quanto libera un numero di basi superiore e
precisamente:
Caceton: 48,5meq.basi/g.
Carbonato: 24meq.basi/g
La percentuale di carboidrati presenti in una compressa è infinitesimale e anche se il paziente
dovesse assumere il massimo dosaggio consigliato, l’apporto calorico e l’influenza quindi sui valori
glicemici del paziente equivarrebbero a quelli di una caramella!
Background scientifico
Numerosi studi sono stati fatti per determinare il miglior legante di P in relazione non solo
all’efficacia , ma anche per i diversi effetti collaterali.
In particolare esistono alcuni studi che confrontano l’acetato di calcio con una miscela degli
altri leganti dimostrandone la sua superiorità, altri confrontano direttamente il calcio
carbonato con il calcio acetato da cui si evince: che l’acetato di calcio è piu’ efficace nel
ridurre i livelli di fosforo, con minor ipercalcemia.
I dati pubblicati dimostrano che tutti i leganti fosforici sono efficaci; la maggioranza degli studi si è
però concentrata su quelli a base di calcio e solo recentemente è stata dismostrata l’ efficacia del
sevelamer nei pazienti dializzati.
Negli stadi 3-4 della patologia spesso i pazienti hanno bassi livelli di calcemia, con un
consequenziale iperparatirodismo, avendo una minima funzionalità renale residua bastano pochi
dosi di chelanti a base di calcio per ottimizzare la terapia.
Nello stadio 5 l’atteggiamento corrente e le raccomandazioni da parte delle società scientifiche
è che la scelta del legante più appropriato venga in parte determinata dalla preferenza del
paziente basata sul numero dei leganti da assumere, il numero delle capsule, gli effetti
collaterali, i costi, l’efficacia.
Tuttavia i chelanti a base di calcio non dovrebbero essere usati in pazienti dializzati con
ipercalcemia elevata o con danni vascolari o con calcificazioni extra- scheletriche.
In conclusione l’indicazione ad utilizzare i chelanti di P non si è modificata, ma è ovvio che il
loro utilizzo deve essere attentamente valutato dal medico, che dovrebbe identificare e selezionare il
paziente giusto per ogni tipo di terapia. Nel mondo scientifico infatti si fa sempre più strada
l’atteggiamento terapeutico di “ ritagliare” la terapia sulla base del paziente e delle sue esigenze; i
pazienti non sono tutti uguali e non devono quindi essere suddivisi solo in base agli stadi di
funzionalità renale residua.
Riguardo al sevelamer (Renagel) pur essendo stato dimostrato il vantaggio del sevelamer nella
progressione delle calcificazioni arteriose, mancano ancora studi che dimostrano quanto questo
effetto positivo sulle calcificazioni vascolari si traduca poi in un effettivo vantaggio sulla
sopravvivenza dei pazienti.