Codice civile
Libro I
Delle persone e della famiglia
Titolo I
Delle persone fisiche
1. Capacità giuridica. – La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita (22 Cost.).
I diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita (320, 462, 687, 715).
(Omissis) (1).
(1) Seguiva un terzo comma abrogato dall’art. 1 del R.D.L.vo 20 gennaio 1944, n. 25 e dall’art.
3 del D.L.vo Lgt. 14 settembre 1944, n. 287.
Per capacità giuridica si intende l’idoneità di un soggetto ad essere titolare di diritti
e di obblighi giuridici.
Spetta indistintamente a chiunque e si acquisisce con la nascita.
La capacità giuridica si perde:
– con la morte (actio personalis moritur cum persona) che fa cessare anche ogni diritto di tutela della persona. La legge n. 578 del 1993, ha provveduto ad introdurre nel
nostro ordinamento una disciplina specifica che identifica il momento della morte
con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo;
– con la dichiarazione di morte presunta;
– con la commorienza;
– con la scomparsa;
– con l’assenza.
La legge può in alcuni casi valutare la condizione del concepito di volta in volta:
– è capace di succedere mortis causa [642];
– può ricevere donazioni [784].
Il nascituro può solo vantare il diritto di nascere sano, da intendersi, nella sua portata esclusivamente positiva, come diritto a che nessuno gli procuri, con comportamento omissivo o commissivo, doloso o colposo, lesioni o malattie.
D’altra parte la persona nata con malformazioni congenite non può pretendere alcun risarcimento dal medico che, per colpa, abbia omesso di informare la gestante
di tali malformazioni, impedendole di esercitare il diritto all’aborto.
Capacità giuridica: idoneità di un soggetto, persona fisica o giuridica che sia, riconosciuta indistintamente dall’ordinamento, ad essere titolare di situazioni giuridiche.
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art. 2
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2.  Maggiore età. Capacità di agire. – La maggiore età è fissata al compimento del
diciottesimo anno. Con la maggiore età si acquista la capacità di compiere tutti gli
atti per i quali non sia stabilita una età diversa.
Sono salve le leggi speciali che stabiliscono un’età inferiore in materia di capacità a prestare il proprio lavoro. In tal caso il minore è abilitato all’esercizio dei
diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro.
Per capacità di agire (capacità legale) si intende l’idoneità di un soggetto a compiere atti giuridici validi mediante i quali acquistare diritti (ovvero cederli) o assumere
doveri.
Si acquisisce con la maggiore età che il nostro legislatore ha fissato a diciotto anni.
La legge prevede istituti di protezione nel caso in cui il soggetto, seppur maggiorenne, sia incapace di intendere e di volere. Nel caso di stato di infermità mentale
grave è previsto l’istituto dell’interdizione, che comporta un’incapacità totale, ove
l’incapace di agire non può compiere atti né di ordinaria né di straordinaria amministrazione. In caso di stato di infermità mentale meno grave (uso abituale di alcool
o stupefacenti, prodigalità, cecità o sordomutismo), il soggetto può essere inabilitato.
In tal caso l’incapacità di agire è parziale e l’incapace non può compiere atti di straordinaria amministrazione.
Capacità di agire: idoneità di un soggetto a manifestare validamente la propria volontà negoziale compiendo atti giuridici.
3. [Capacità in materia di lavoro. – (Omissis)] (1).
(1) Articolo abrogato dall’art. 2, L. 8 marzo 1975, n. 39, attribuzione della maggiore età.
4. Commorienza. – Quando un effetto giuridico dipende dalla sopravvivenza di
una persona a un’altra (462, 791) e non consta quale di esse sia morta prima, tutte
si considerano morte nello stesso momento (61, 69, 2697, 2728).
La norma prevede soltanto la presunzione legale di non sopravvivenza con la conseguenza che chi afferma la sopravvivenza di una persona, ne deve dare la prova in base
al principio dell’onere della prova e può farlo con tutti i mezzi consentiti, ossia anche
mediante le presunzioni legali di cui agli artt. 58 e 61 che fanno coincidere, fino a
prova contraria, la morte con il momento in cui risale l’ultima notizia dell’assente.
In base a quanto stabilito dall’art. 21, L. n. 218/1995, laddove occorra stabilire la sopravvivenza di una persona ad un’altra e non consta quale di esse sia morta prima, il
momento della morte si accerta in base alla legge regolatrice del rapporto rispetto
al quale l’accertamento rileva.
5. Atti di disposizione del proprio corpo. – Gli atti di disposizione del proprio
corpo sono vietati quando cagionino una diminuizione permanente dell’integrità
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art. 6
(1) A norma dell’art. 1 della L. 19 settembre 2012, n. 167, in deroga al divieto di cui a questo articolo è ammesso disporre a titolo gratuito di parti di polmone, pancreas e intestino al fine
esclusivo del trapianto tra persone viventi.
Il concetto di integrità fisica può essere compreso solo in concomitanza con quello di
tutela del diritto alla salute inteso quale diritto fondamentale dell’individuo (art. 32
Cost.) e per il quale è previsto un risarcimento del danno in caso di lesione.
Dibattute sono le questioni in materia di bioetica.
È stato regolamentato il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla legge, qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità e solo quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione.
Con riferimento alla questione del testamento biologico contenente la richiesta di
eutanasia, la Cassazione ha sostenuto che ove il malato giaccia da moltissimi anni in
stato vegetativo permanente, con conseguente radicale incapacità di rapportarsi al
mondo esterno, e sia tenuto artificialmente in vita mediante un sondino nasogastrico
che provvede alla sua nutrizione ed idratazione, su richiesta del tutore che lo rappresenta, e nel contraddittorio con il curatore speciale, il giudice può autorizzare la disattivazione di tale presidio sanitario unicamente in presenza dei seguenti presupposti:
a) quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile;
b) sempre che tale istanza sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo, tratta dalle sue
precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi
convincimenti, corrispondendo al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di
incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona.
Codice civile
fisica, o quando siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon
costume (1343, 1354, 1418; 32 Cost.) (1).
Integrità fisica: assenza di menomazioni del proprio corpo dovute ad eventi lesivi o
patologici.
Ordine pubblico: parte dell’ordinamento giuridico che riguarda i principi etici e politici il cui rispetto è essenziale all’esistenza dell’ordinamento ed al conseguimento
dei suoi fini essenziali.
Buon costume: principio generale che riassume i canoni fondamentali di onestà,
pudore ed onore espressi dalla società in un determinato momento storico.
6. Diritto al nome. – Ogni persona ha diritto al nome (22 Cost.) che le è per legge attribuito.
Nel nome si comprendono il prenome e il cognome (6022).
Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi
e con le formalità dalla legge indicati (149).
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art. 7
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Il diritto al nome è un diritto della personalità. Il diritto della persona al nome si
acquisisce al momento della nascita ed in base al rapporto di filiazione e quindi va
riscontrato essenzialmente alla stregua degli atti di nascita o di battesimo, mentre
l’utilizzazione protratta nel tempo del nome medesimo, non può avere di per sé valore acquisitivo del relativo diritto. Quando si tratta di bambini di cui non sono conosciuti i genitori, l’ufficiale dello stato civile impone ad essi il nome ed il cognome.
Ad essi non possono essere imposti nomi o cognomi che facciano intendere l’origine
naturale, o cognomi di importanza storica o appartenenti a famiglie particolarmente
conosciute nel luogo in cui l’atto di nascita è formato.
7. Tutela del diritto al nome. – La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso
del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente (8, 9, 2563 ss.; 9 c.p.c.) la cessazione del
fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.
L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più
giornali (120 c.p.c.).
La tutela del diritto al nome (intesa come diritto all’identità personale), nel caso che
altri contesti alla persona il diritto all’uso del proprio nome o ne faccia indebitamente
uso con possibilità di arrecargli pregiudizio, è duplice e si risolve nella facoltà di chiedere la cessazione del fatto lesivo ed il risarcimento del danno. Ai fini della tutela risarcitoria – non sostituibile col rimedio della pubblicazione della sentenza, che attiene,
invece, alla “restitutio in integrum”, sotto il profilo del completamento delle disposizioni
concernenti la detta cessazione – non è, tuttavia, sufficiente l’illegittimità della condotta dell’agente, essendo necessario, perché sussista il danno risarcibile, che ricorra il fatto illecito, ai sensi dell’art. 2043, e quindi il dolo o la colpa dell’autore della violazione.
8. Tutela del nome per ragioni familiari. – Nel caso previsto dall’articolo precedente, l’azione può essere promossa anche da chi, pur non portando il nome
contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse (100
c.p.c.) fondato su ragioni familiari degne d’essere protette.
È il caso della donna coniugata che conserva il diritto al cognome di origine ed è
quindi legittimata a promuovere azione per tutelarlo; ovvero, dichiarato lo scioglimento del vincolo coniugale, la donna, pur perdendo il diritto ad un uso generalizzato del cognome maritale, può continuare ad utilizzarlo in ambito commerciale ed
artistico qualora a ciò l’abbia autorizzata l’ex marito e tutelarlo con l’esercizio delle
azioni di cui all’art. 7.
9. Tutela dello pseudonimo. – Lo pseudonimo, usato da una persona in modo
che abbia acquistato l’importanza del nome (602), può essere tutelato ai sensi
dell’art. 7.
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art. 10
Oltre al nome, degno di protezione (ex art. 7) è anche lo pseudonimo, o nome d’arte,
quando riveste o abbia acquisito la medesima importanza del nome. L’importanza
dello pseudonimo risiede non tanto nella sua obiettiva originalità, quanto in relazione all’uso pubblico di esso e al conseguente risultato. È illecito l’utilizzo come pseudonimo del nome di una persona realmente esistente, quando per le circostanze
nelle quali l’uso avviene, debba ritenersi fatto a scopo scandalistico e diffamatorio,
oltre che con grave imprudenza.
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10. Abuso
dell’immagine altrui. – Qualora l’immagine di una persona o dei
genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui
l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio
al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità
giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il
risarcimento dei danni.
L’immagine (il ritratto) di una persona non può essere esposta, riprodotta o messa in
commercio senza il consenso di questa. Non occorre, invece, il consenso della persona quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio
pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici
o culturali, quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o
messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio
all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritratta.
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