Pensiero magico, pensiero mitico Il pensiero magico ha rappresentanto uno degli elementi portanti delle discipline antropologiche, specie in una prima stagione orientata allo studio e al riconoscimento di "mentalità primitive" come sistemi "chiusi", ancorati a forme di credenze e modelli di comportamento che elaborano le proprie analogie esplicative ignorando (o sottovalutando) le alternative teoretiche estranee alla propria cultura. Cosicché il mondo magico veniva vissuto come l'unica possibile spiegazione (e l'unico corredo di tecniche o di sistemi conoscitivi) in grado di assolvere efficacemente ai bisogni di un dato gruppo sociale, non dotato di categorie speculative di natura scientifica. James Frazer, padre dell'antropologia evoluzionista, considerava così la magia una forma di "aberrazione intellettuale" tipica dell'uomo primitivo, una sorta di "scienza imperfetta" che denunciava in chi la praticava l'assenza di coerenza logica. E le forme del pensiero magico si fondavano sull'idea errata che "imitando la natura la si poteva influenzare" (magia imitativa) o che due oggetti venuti a contatto avrebbero una volta per tutte conservato un potere di "contagio" che ne condizionava l'interdipendenza (magia contagiosa). Una teoria ben più raffinata fu quella elaborata in seno alla corrente "funzionalista" da B. Manlinowski, il quale interpretò la magia non come un sapere alternativo (e difettivo) rispetto alla scienza, ma piuttosto come un sistema di pratiche strumentalmente efficaci e commisurate ai bisogni di un dato gruppo, il cui fine garantiva al tempo stesso il controllo della sfera sociale, l'equilibrio dell'individuo, la coesione del gruppo stesso. Nella tradizione di studi italiani, una prospettiva specifica, ancorata a un impianto "storicistico", è quella maturata nelle ricerche condotte da Ernesto De Martino nelle culture subalterne del Mezzogiorno d'Italia, che connette il pensiero magico alla prospettiva metastorica, ovvero al bisogno di dare una risposta culturalmente e ritualmente protetta alla "crisi della presenza" che insorge nell'individuo e nella comunità di fronte a scacchi radicali (come la morte) o a forme di "miseria psicologica" e sociale che mettono in crisi l'equilibrio del gruppo (malattie, disagi mentali, mortalità infantile, ecc.). Come altre forme del pensiero, anche il pensiero magico confida in un sistema metaforico e simbolico che prende forma nella specificità di ciascuna cultura (dove ad esempio le metafore del corpo sintetizzano le forme del sentire condivise dal gruppo). E si àncora ai sistemi di pensiero che rinviano a una struttura mito-logica coerente, in relazione a sistemi cosmologici e cosmogonici, ovvero alle origini del cosmo, del genere umano, dei beni materiali e culturali di ogni gruppo dato. Il pensiero mitico ha per secoli sostenuto la coscienza storica di ogni singola cultura, dando forma al pensiero delle origini, alle relazioni tra umani e tra mondo umano e sovra-umano, al motivo religioso della dea-madre e del dio-padre, alle narrazioni connesse con i culti degli eroi. Strettamente connessi con il tempo ciclico, i miti vivono in un orizzonte temporale metastorico milto simile a quello delle fiabe (il c'era una volta senza tempo) e i loro personaggi agiscono o abitano in luoghi inattendibili (astri, cielo, zone infere), mentre la natura si antropomorfizza (piante, animali, esseri inanimati appaiono dotati di un linguaggio, di sentimenti, di emozioni tutte umane). Il linguaggio del mito, in altri termini, può essere inteso come un sistema di pensiero volto a separare il caos dal kosmos, a stabilire un ordine originario, un equilibrio cosmico, nel segno di un continuo lavoro di rottura e di recupero dell'equilibrio socio-economico e socioculturale di un gruppo dato. Miti teogonici, antropogonici, di fondazione, di autoctonia, sono tutti sistemi di pensiero "fondativo", connessi con l'organizzazione della vita sociale e materiale, ovvero con l'affermazione di sistemi normativi organici a un gruppo dato (come l'istituto del matrimonio, la proibizione dell'incesto, la pratica dell'esogamia). I personaggi mitici hanno spesso caratteristiche che confliggono con l'ordine umano: esempio rappresentativo, il trickster, che incorpora caratteri opposti e contraddittori. Ibrido tra un umano e un animale, talora bugiardo, spesso irresponsabile, privo di freni, incestuoso, ermafrodita, tuttavia crea, inventa, genera, fabbrica, trasforma, quindi plasma la realtà con tutte le contraddizioni con cui gli uomini la esperiscono. In questa prospettiva, con le sue storie e i suoi personaggi, il pensiero mitico assolve a una poliedrica funzione sociale: ordina il mondo naturale e umano secondo criteri speculativi, classificatori, pedagogici; fissa codici di comportamento, disposizioni etiche e legittima lo stato del presente; "maschera" la storia, sottomettendo la società che lo assume a precise regole sociali e culturali. Esempi tratti dal mondo mediterraneo....