12 Dicembre 2012 IL METODO DELLE SCIENZE UMANE, DIRIGENTE SCOLATICO NICOLA D’ANTONIO. Prima di trattare delle scienze umane e della loro storia, è bene chiarire che i fenomeni umani sono più complessi da analizzare e da riprodurre rispetto a quelli scientifici, ergo, nello studio di suddette scienze è necessario l’ausilio di un metodo differente rispetto a quello delle scienze sperimentali. Il campo in cui operano le scienze sociali dell’origine (fine ‘800), sostiene il primato del sapere scientifico (metodo con ipotesi, verifiche, conclusioni) e un tipo di conoscenza fondata su fatti con una spinta progressiva. Un esempio di scienza applicata al progresso dell’uomo è descritta nella “Nuova Atlantide” da Francis Bacon. La sociologia e la psicologia delle origini ed un ampio settore della sociologia attuale, usano dati statistici per studiare l’uomo (motivazioni sociali-sociologia, motivazioni personali-psicologia). Vediamo le accezioni contemporanee di scienze sociali: per definizione “Le scienze sociali o scienze umane sono quelle discipline che studiano l'uomo e la società, in particolare l’origine e lo sviluppo delle società umane, le istituzioni, le relazioni sociali e i fondamenti della vita sociale.” (“Scienze sociali” in "Enciclopedia delle Scienze Sociali" - Treccani). Mai definizione fu più chiara, tuttavia è necessario spiegare come l’umanità sia arrivata a definire questo concetto. Fino al ‘700 la filosofia era l’unica scienza umana conosciuta. Durante la fine del medesimo secolo avvengono diversi mutamenti nella situazione storico/culturale europea che portano alla consapevolezza del bisogno di studiare l’uomo e alla nascita della psicologia e della sociologia: l’Europa termina l’espansione e consolida un sapere influenzato dalle culture esterne. Avviene, quindi, un cambio di mentalità collettiva; s’inizia a pensare all’uomo come organismo fisico (res extensa), corporeo e non solo come un essere pensante (res cogitans); avviene una trasformazione della società che influenza anche il modo di governare (negazione dell’origine divina del potere e teorizzazione del contratto sociale); viene data maggior importanza alle passioni umane; Nel ‘800, un ulteriore passo è compiuto nella definizione delle scienze umane. Ci si comincia a porre il problema dell’”uomo libero in una società che non lo è“. Inoltre nasce e si diffonde, grazie ad Auguste Comte, il positivismo e si sviluppa la ricerca di un metodo per studiare l’uomo. Alla fine del secolo, tuttavia, il positivismo vive una crisi, a causa dello stallo della scienza (data dall’idea che non ci siano verità stabili), delle difficoltà nell’applicare dati scientifici alla distribuzione di massa e della scomparsa della fiducia in un progresso incondizionato. Crisi che raggiunge l’apice durante la I Guerra Mondiale: lo sviluppo tecnico/industriale viene applicato agli affari di guerra; ci si rende, quindi, conto che la scienza stessa può distruggere l’uomo (concetto non del tutto nuovo, difatti l’ambiguità della tecnica era già stata approfondita da Francis Bacon) e ci si pone il problema etico dell’utilizzo della tecnica. A causa di questa crisi si sviluppano nuove idee, tra cui quelle dello stoicismo tedesco: l’esistenza umana dipende dalla storia; la visione del mondo è, dunque, influenzata dal contesto storico/sociale. Questo concetto porta alla divisione fra le scienze umane e le scienze della natura, poiché il fenomeno umano non può essere classificato in modo definitivo (la società si evolve nel corso della storia). Sintesi a cura di Alessandra Fumagalli, classe IVD del Liceo Statale Giovio