18 18 INSERTO SPECIALE ociologo e filosofo, docente universitario e giornalista, politologo ed esperto di politica internazionale, studioso del pensiero politico da Machiavelli a Toqueville, Raymond Aron rappresenta un punto di riferimento per la cultura filosofico-politico liberale del XX secolo. Soffermandoci sulla sua molteplice personalità, possiamo notare che egli ebbe sempre una forte tensione all’unità, senza perdere di vista l’attenzione al particolare; ed inoltre è facile constatare che egli coltivò l’esigenza dell’universale, senza mai tradire la concretezza dell’individuale. Questo abito mentale lo portò ad avvicinarsi allo Storicismo tedesco e ad approfondire autori come Dilthey e Weber. Di ritorno in Francia, dopo essere stato in Germania e avere vissuto da vicino l’ascesa del nazismo, Aron pubblicò nel 1938 due opere: “La philosophie critique de l’histoire” e “L’introduction à la philosophie de l’histoire”. Nella prima opera Aron sostiene che il pensiero tedesco, alla luce della rinascita della filosofia neokantiana, tende ad estendere il criticismo kantiano dalle scienze della natura alle scienze dello spirito e a quelle storico-sociali. Per Aron, con il neokantismo, da un lato inizia quel processo di corrosione dello storicismo speculativo ed assoluto che in Germania ebbe nel sistema hegeliano l’espressione più comprensiva e definitiva, dall’altro si inaugura una nuova fase più attenta ai presupposti scientifici, epistemologici della conoscenza storica e della interpretazione del mondo storico. Aron riassume e approfondisce i temi proposti dai più qualificati esponenti dello storicismo tedesco contemporanei: da Dilthey a Rickert, da Simmel a Weber, non per dare vita ad una semplice rivisitazione del loro pensiero, ma piuttosto per fruire di un apparato concettuale critico-speculativo che costituisca una idonea possibilità di conoscenza di quella particolare esperienza che sono le forme e i prodotti del mondo, dell’uomo storico, sociale e politico. In quest’ottica bisogna dire che le posizioni filosofiche di Aron si avvicinano di più a quelle di Dilthey e di Weber, dal momento che egli dedica un’analisi più sommaria agli altri due filosofi neokantiani. In buona sostanza sia Dilthey sia Weber indicavano una nuova direzione nella conoscenza storica, cioè una svolta rispetto alla filosofia speculativa della storia. Così Aron esordisce nell’introduzione preposta al suo saggio “Philosophie critique de l’histoire”: la filosofia tradizionale della storia trova la sua conclusione nel sistema di Hegel. La filosofia moderna della storia comincia con il rifiuto dell’hegelismo. L’ideale non è più quello di determinare il significato del divenire umano. Il filosofo non si crede più il depositario dei segreti della Provvidenza. La “Critica della ragion pura” negava la speranza di potere accedere alla verità del mondo intelligibile, così la filosofia critica della storia rinuncia a raggiungere il senso ultimo dell’evoluzione. L’analisi della conoscenza storica sta alla filosofia della storia come la critica kantiana sta alla metafisica dogmatica. Come Kant mette in luce le difficoltà di raggiungere una conoscenza metafisica scientificamente certa, così Aron evidenza l’impossibilità di cogliere esattamente il senso della storia attraverso la filosofia della storia. Questa convinzione dei limiti della filosofia della storia consente ad Aron un approccio conoscitivo del mondo storico che impegna il pensiero entro i confini dell’analisi del dato storico e dell’esperienza vissuta (Erlebnis). Dato storico e coscienza storica, cioè esterno del mondo storico e inter ior ità del r ivivere il dato storico, costituiscono la dimensione trascendentale della conoscenza storica. Nell’“Introduction à la philosophie de l’histoire” egli intende sviluppare la sua riflessione nella direzione di una interrogazione sulla condizione S LA RIVISTA DELLA SCUOLA Anno XXX, 1/31 dicembre 2008, n. 4 Appr ofondimenti di Raymond Aron e del XX storica dell’essere umano e sui limiti dell’oggettività storica. La sua seconda tesi costituisce, quindi, un motivo di riflessione per tutti quelli che si interrogano sulla condizione storica dell’essere umano e sui limiti dell’oggettività storica. Nelle prime pagine dell’Introduction à la philosophie de l’histoire, ecco come Aron definisce l’oggetto del suo studio: “la storia, nel senso stretto, è la scienza del passato umano. Nel senso largo, studia il divenire della terra, del cielo e delle specie e anche quello delle civiltà. D’altra parte, nel senso concreto, il termine storia designa una certa realtà, nel senso formale, la conoscenza di questa realtà”. Come si può notare, il Nostro sdoppia l’oggetto della storia in uno più circoscritto, il passato umano, e in uno più largo, il passato umano nel divenire dell’ambiente fisico e culturale. Con ciò egli intende dire che la storia del passato umano non può essere avulsa dalla storia naturale in cui si situa e agisce l’uomo. In sostanza Aron integra con la sua distinzione di oggetto storico in senso stretto e oggetto storico in senso largo, la storia dell’umanità con la storia fisica, biologica e culturale del mondo. Altrettanto importante è la consapevolezza che ha Aron di dovere coniugare nel termine storia l’oggettivismo e il formalismo. Dopo aver stabilito le coordinate anzidette, passato umano e passato del mondo, conoscenza realistica e conoscenza formalistica, Aron si Alla luce di quanto sostenuto nel presente lavoro, sembra potersi affermare che lo storicismo politologico di Raymond Aron si nutra di pragmatismo e razionalismo. La sua concezione storiografica esclude motivi di ordine etico o psicologico dal racconto, anche se il suo giudizio su uomini e cose, reso acuto e puntuale dalla pluridecennale pratica del giornalismo, implica di per sé un giudizio di ordine morale. La scelta dei temi, oggetto della sua osservazione storiografica e politica, insieme, porta Aron ad acute osservazioni di ordine sociale ed economico, sulla scorta delle competenze a tutto campo che egli aveva maturato nella sua brillante carriera accademica e giornalistica, di cui la sua vasta bibliografia ci dà testimonianza. E tuttavia le tematiche passate al vaglio critico di Aron trovano nel culto della libertà e del suo consapevole esercizio il denominatore comune. Come politologo Aron si è mosso nella tradizione del realismo politico europeo del quale, tuttavia, non ha esitato a criticare l’esaltazione della forza e della volontà di potenza. Ad esso ha opposto, soprattutto nel campo della politica internazionale, la virtù della prudenza e la morale della saggezza, rimanendo sempre fermamente ancorato, nella lettura degli eventi, delle prospettive o delle soluzioni ipotizzate, all’etica della responsabilità weberiana da lui ampiamente condivisa e fatta propria. Dopo la morte, avvenuta nel 1983, la figura e l’opera di Aron hanno subito e continuano a subire una progressiva rivalutazione, giustificata dal trionfo del liberalismo, dopo il crollo delle ideologie del socialismo reale. Il mutamento d’epoca che segue il crollo del muro di Berlino sembra volere assegnare a questo autore, finalmente, il giusto posto che merita nel panorama della cultura europea contemporanea A. T. chiede, adesso: “In quale misura la critica storica riesce a distaccarsi da ogni metafisica”? A partire da tale domanda egli si pone il compito ambizioso di esplorare la possibilità di una ragione storica, fissandone la dimensione trascendentale e criticandone la facoltà. Da qui il progetto di una critica della ragione storica e il richiamo a Dilthey. A differenza dei moderni storici di professione quali Braudel e la schiera della Scuola delle Annales, per Aron, sulle orme di Dilthey, la storia non è storia evenementielle, come dicono i francesi, cioè non si scandisce sull’evento rapido e repentino, sulle date e le battaglie. La storia, invece, è una connessione dinamica, uno Zusammenhang di esperienze di vita soggettiva e dotti di ciò che Hegel chiama ‘lo spirito oggettivo ed assoluto’. Perciò, quando la coscienza rivive questi prodotti, lo spirito ritorna su se stesso, cioè si ripiega dall’assoluto verso il mondo umano storicosociale. Quindi il criticismo di Dilthey si fonda sull’analisi dei dati e sul rifiuto di ogni soluzione di tipo astratto. Pertanto: “Come Bergson, ma in un altro modo, Dilthey risale all’esperienza originale della coscienza e scopre l’insieme psichico”, secondo Aron. Ma a differenza di Kant, in cui si Gita sul lago oggettivata nelle istituzioni, un intreccio che si è formato nella lunga durata e che possiede la regolarità di leggi che non sono prese a prestito da quelle della natura. Senza discostarsi da Dilthey, egli si propone di rispettare due idee essenziali del filosofo tedesco: a) quella di prendere coscienza che la ricerca storica ha dei caratteri specifici; b) quella che riguarda la nozione stessa della critica della ragione storica. Egli si chiede se è legittimo mettere la ragione storica sullo stesso piano della ragione pura e se è anche legittimo stabilire se la ragione storica è quella che si applica alla conoscenza del passato o a quella che diviene attraverso la storia. Parafrasando Dilthey, e prendendo le distanze da Hegel, Aron dice che “l’uomo non arriverà mai ad inserire in una rete di concetti la totalità dell’universo, mai arriverà a riassumere e a prevedere, in una formula unica, il divenire inesauribile della vita”. Come si sa, nella visione di Dilthey, l’uomo per raggiungere la verità, deve basarsi sull’unica certezza immediata, fornita dall’esperienza interiore, un’esperienza che non comporta nessuna mediazione concettuale, ma che è in grado di rivivere (nacherleben) i prodotti del mondo storico. Il criticismo di Dilthey consiste, dunque, nella facoltà che ha la coscienza di rivivere i prodotti dello spirito, intendendo con essi i pro- ravvisa la presa di coscienza della ragione da parte di se stessa, qui è la vita che si sforza “verso la presa di coscienza totale”. La vita, quindi, è per Aron, esperienza storica e le categorie, strutture del pensiero, nascono dalla vita e sono prodotto della vita, connesse con l’esperienza e per tale motivo, esse sono in grado di comprendere la realtà storica come processo di vita. Le categorie, pertanto, se e quando vengono applicate alla realtà umana, si esprimono compiutamente e rappresentano l’attualizzazione delle potenzialità dello spirito. Per il Nostro, infatti, sono i rapporti vissuti dell’essere e dell’ambiente che vanno posti alla base delle nostre conoscenze e non i rapporti astratti del soggetto e dell’oggetto: “Alla radice della conoscenza bisogna porre i rapporti vissuti dell’essere e dell’ambiente, non i rapporti astratti del soggetto e dell’oggetto”. Pertanto, egli condanna la filosofia della storia nell’interpretazione cristiana del mondo, perché essa, attraverso il peccato, la città di Dio e la Provvidenza vorrebbe spiegare la sorte dell’umanità, di motivarne il destino con una sola idea che abbraccia presente, passato e futuro e cioè anche l’eventuale e il probabile, l’incerto, l’opinabile, la dimensione del tempo che a nessuno è stato concesso di prevedere e di definire con un’analisi razionale compiuta: “in una sola idea, di abbracciare il passato, il presente e il futuro”. Ne discende che per Aron, la sola filosofia legittima sia quella che si sforza di comprendere l’uomo attra- di ALESSIO verso il suo passato e le sue opere, cioè attraverso l’essere vissuto e il vivere, escludendo la dimensione futura del vivere, in quanto quest’ultima non è storia ma, tutt’al più prospettiva, speranza. La vita è lo spazio temporale tra la nascita e la morte e, pertanto, ha per scopo solo se stessa e questo scopo si realizza in tutti gli istanti della storia. Gli eventi storici che fanno parte della vita dell’uomo, vengono compresi dalla filosofia della storia attraverso un processo di immedesimazione che consente di cogliere le differenti espressioni della vita culturale come sfere diverse che, però, interagiscono tra di loro, si presuppongono l’un l’altra e sono componenti della spiritualità umana. Così la filosofia della storia coincide con la scienza storica, che non è né erudizione, né semplice curiosità, ma conoscenza oggettiva della “vita”, colta nel tempo e, altresì, mezzo per l’uomo di situarsi e di scoprirsi in esso. Secondo Aron, Dilthey, sostenitore di una concezione organicistica nonché relativistica e immanente della storia, occupa un posto eccezionale nella panoramica del pensiero storico-filosofico contemporaneo. Egli, infatti, è pervenuto, mediante un processo logico-razionale, ad una filosofia dell’uomo, attraverso tre tappe significative: 1) critica della ragione storica; 2) negazione della filosofa della storia; 3) filosofia dell’uomo. Afferma il Nostro che tale percorso parte: “dalla negazione della filosofia della storia, passando attraverso la critica della ragione storica, per arrivare ad una filosofia dell’uomo”. Dilthey, infatti, (e, quindi, lo stesso Aron che ne condivide il pensiero) critica la conoscenza storica in quanto essa è relativa, soggettiva, settoriale, critica il carattere storico di ogni valore con le stesse motivazioni e approda, pertanto, alla filosofia dell’uomo come essere storico collocato nel tempo e nello spazio. Lo spettacolo della storia porta Aron alla conclusione che non esiste una vera filosofia né una filosofia che possa essere ritenuta vera, cioè in grado di proporre soluzioni reali, oggettive e quindi vere; spesso, infatti, negli scritti di Dilthey ritorna l’affermazione che per lui la verità totale è al di fuori della portata umana e quindi irraggiungibile. La coscienza storica, con tali conclusioni, ha decisamente condannato le pretese della filosofia, ritenuta non vera, non suscettibile di essere vera, incapace di condurci alla verità totale, mentre ha confermato le pretese della scienza. Aron sostiene tali conclusioni e le condivide con Dilthey con adeguate motivazioni. Appare, infatti, plausibile che tutto ciò che derivi da uno stato d’animo non possa avere valore universale in quanto l’uomo vive nel tempo, è soggetto ai cambiamenti che egli stesso si impone, attraverso le dinamiche socio-culturali che si snodano nel tempo, anche con modalità imprevedibili. Invece le scienze progrediscono perché sono isolate dalla totalità