La Misura in Fisica La fisica si occupa della comprensione razionale di alcuni fenomeni naturali. Lo strumento principale che essa adotta nello studio di tali fenomeni è la matematica. Le leggi fisiche sono formulate matematicamente tramite equazioni che stabiliscono relazioni fra le grandezze fisiche. Tali leggi nascono dallʼosservazione e dalla misurazione dei fenomeni naturali. Definizione Una grandezza fisica è tutto ciò che si può determinare quantitativamente (che può essere misurato). Per definire una grandezza fisica è perciò necessario stabilire come si misuri. Si dice quindi che la definizione di una grandezza fisica è una definizione operativa. La misura di una grandezza fisica viene effettuata confrontandola con una grandezza ad essa omogenea che viene chiamata unità di misura. Per grandezza omogenea si intende un oggetto o un fenomeno fisico che ha la stessa proprietà caratteristica della grandezza fisica da misurare. Lʼunità di misura deve essere: - confrontabile: deve essere facilmente confrontabile con le grandezze che misurerà; 1 - riproducibile: deve essere facilmente riproducibile in modo da poterla utilizzare in più di una misura; - immutabile nel tempo (e nello spazio): deve dare lo stesso risultato per la stessa grandezza in ogni punto dello spazio ed in ogni istante di tempo; Al termine di una misura una grandezza fisica viene associata ad un numero e allʼunità di misura adottata. Esempi: Lunghezza" " " Unità di misura" METRO (m) Tempo" " " Unità di misura" SECONDO (s) Corrente Elettrica" " Unità di misura" Ampère (A) " A B Sole Terra Terra C Figura 2.1 Stella 2 Le unità di misura sono state definite in modo man mano più assoluto e preciso negli anni. Il metro fu originariamente definito come la quarantamilionesima parte del meridiano terrestre (1971). Tale definizione è stata sostituita nei tempi più recenti dalla seguente: il metro è la distanza percorsa dalla luce nel vuoto in 1/299792458 di secondo (1983). Il secondo è stato originariamente (1960) definito come la 1/86400 parte della durata del giorno solare medio (in particolare quello del 1900). Oggi è definito come un multiplo del periodo della radiazione elettromagnetica emessa dal Cesio 133 in una particolare transizione (1967). 3 Misure Dirette-Indirette Le misure dirette sono quelle ottenute tramite il confronto diretto con una unità di misura (o un suo multiplo o sottomultiplo). Non sempre è tuttavia possibile fare misure dirette. Si pensi ad esempio a dover determinare la distanza di una stessa o di un punto non accessibile. In questi casi si misurano direttamente delle grandezza che sono legate matematicamente alla grandezza da misurare. Esempio (vedere figura 2.1) Per determinare la distanza della stella in C si utilizzano considerazioni sul moto terrestre ed un poʼ di geometria: la terra ruota intorno al sole in 365 giorni (circa). Se misuriamo gli angoli A e B del triangolo ABC in due punti opposti dellʼorbita e conosciamo la misura della distanza AB allora adottando il teorema dei seni: AB BC AC = = . sin(180 ° −  − B̂) sin  sin B̂ Le distanze AC e BC risultano quindi perfettamente determinate. Esistono grandezze fisiche che si definiscono operativamente in modo indiretto. Un esempio è la massa! 4 La massa (o massa inerziale) è la proprietà di un corpo legata allʼaccelerazione che esso subisce quando soggetto ad una forza. Essa si misura in chilogrammi (Kg). Per determinare la massa di un corpo è necessario imprimere una forza nota F a tale corpo e calcolare lʼaccelerazione a cui è sottoposto. La massa sarà data da || F || m= . || a || Si noti che la massa di un corpo è una proprietà intrinseca del corpo ed è profondamente diversa dal peso (che comunemente ed erroneamente si confonde con essa). Il peso è una forza e si misura in Newton (unità di misura della forza). Operativamente il peso di un corpo si misura tramite una bilancia; la bilancia misura, tramite la deformazione di una molla, il peso di un corpo. Tale misura darà risultati differenti a seconda che ci troviamo sulla terra o sulla luna quindi il peso di un corpo non è una proprietà intrinseca di quel corpo poiché, ad esempio, dipende dalla sua posizione nello spazio. Tuttavia in prossimità della superficie terreste massa e peso di un corpo sono proporzionali rispetto alla costante || g || ed è per questo che comunemente vengono confusi. 5 In generale le leggi fisiche esprimono relazioni fra grandezze fisiche e quindi fra unità di misura. Eʼ per questo che alcune grandezze fisiche si possono scegliere come FONDAMENTALI ed altre come DERIVATE da esse. In genere vengono scelte come fondamentali le grandezze fisiche che permettono di definire operativamente in modo semplice la le grandezze fisiche derivate. Fissare le grandezze fondamentali equivale a scegliere un SISTEMA DI MISURA. Il sistema di misura comunemente adottato in fisica è il sistema internazionale (S.I.). Esso adotta metro, chilogrammo, secondo come grandezze fondamentali (M.K.S.). Teoria degli Errori Nella misura diretta delle grandezze fisiche si pone un problema: quando misuriamo una grandezza è possibile produrre un numero che rappresenti lʼesatto risultato della misura? Lʼesperienza ci insegna che non è possibile... Esempio Immaginate di dover misurare la lunghezza del lato di una stanza con un metro che riporta divisioni in centimetri. Vi potete rendere conto, se la lunghezza della stanza è abbastanza grande rispetto al metro, che non è assolutamente banale ottenere lo stesso risultato in due misure successive! Non solo: anche ammettendo di riuscire 6 a riprodurre la stessa misura più volte, probabilmente si porrà il problema di dover discriminare fra due divisioni successive sul metro poiché, ad esempio, la stanza risulterà compresa fra le divisioni che indicano 5,65 m e 5,66 m. In questo caso la ripetibilità della misura è dovuta al fatto che le divisioni sul metro sono piuttosto grossolane ma ciò porrà il problema di non poter discriminare il risultato della misura a meno di 1 centimetro (saremo solo in grado di affermare che la stanza misura fra 5,65 m e 5,66 m). Adottare un metro diviso più finemente (ad esempio suddiviso in intervalli di un millimetro) porterebbe, in linea teorica, ad esprimere la misura utilizzando un intervallo di un millimetro (o addirittura ad avere lʼillusione di aver ottenuto un risultato esattamente in corrispondenza di una tacca millimetrata) ma in questo caso sarà sicuramente molto più difficile ottenere lo stesso risultato ripetendo la misura più volte! Ogni misura è dunque soggetta ad un errore. Per errore si intende unʼincertezza legata alle imperfezioni del processo di misura. Tali imperfezioni possono essere mascherate dalla scarsa sensibilità dello strumento di misura (come nel caso del metro suddiviso in centimetri) ma anche in quel caso è evidente che non è possibile esprimere il risultato di una misura come un numero senza incertezze. 7 Perciò è necessario imparare a gestire questi errori includendoli nel risultato di una misura. Esistono due tipi di errori: gli errori sistematici e gli errori casuali (o accidentali). Gli errori sistematici sono quelli che avvengono sempre per eccesso o sempre per difetto e sono dovuti ad errori di metodo o a problemi strumentali. Gli errori casuali possono avvenire sia in eccesso che in difetto e dipendono dalla imperfezioni incontrollabili nel processo di misura. Esempio 1 Si misuri il lato di una stanza. - Possibile errore sistematico: il metro adottato non è conforme al metro campione. - Possibile errore casuale: imperfezioni varie nella lettura e nel posizionamento del metro. Esempio 2 Misura della velocità media di un auto - Possibile errore sistematico: il metro ed il cronometro adottati non sono conformi. - Possibile errore casuale: imperfezioni varie nella misura della distanza percorsa dallʼauto; imprecisioni a fare partire-fermare il cronometro in corrispondenza della partenza-arrivo dellʼauto; il 8 cronometro magari misura i centesimi di secondo quindi non è in grado di discriminare intervalli di tempo più piccoli. Esempio 3 Misura della profondità di un pozzo La misura della profondità di un pozzo non può essere effettuata direttamente, tuttavia è possibile misurare indirettamente tale profondità, ad esempio, facendo cadere un sasso nel pozzo e cronometrando il periodo che intercorre fra lʼistante in cui il sasso viene lasciato andare e lʼistante in cui si percepisce il suono del sasso che cade nellʼacqua del pozzo. Ovviamente il pozzo sarà tanto più profondo quando maggiore sarà lʼintervallo di tempo fra i due istanti. - Possibile errore casuale: la partenza e lo stop del cronometro sono ovviamente soggetti a possibili imprecisioni dovute al fatto che è impossibile essere certi di riuscire a mantenere lʼesatto sincronismo dei movimenti. - Possibili errori sistematici: I) imperfezioni negli strumenti di misura (cronometro); II) imperizia nel trascurare la velocità del suono: lʼistante in cui percepiamo il suono del sasso non è esattamente quello in cui il sasso ha toccato lʼacqua. Questo dipende dal fatto che il suono si propaga dallʼacqua al nostro orecchio con una certa velocità (circa 1000 Km/h) e quindi deve essere scorporato un certo intervallo di tempo dal valore segnato dal cronometro; 9 III) imperizia nel trascurare la resistenza dellʼaria: il sasso cade nel pozzo che non è vuoto, quindi il suo moto di caduta è quello di un grave in un fluido con una certa resistenza. Trascurare tale effetto può portare ad una sovrastima della profondità del pozzo e corrisponde quindi ad un certo intervallo di tempo da scorporare dal valore segnato dal cronometro; IV) imperizia nel trascurare il tempo di reazione: fra lʼistante in cui percepiamo il suono e lʼistante in cui fermiamo il cronometro intercorre un breve intervallo di tempo che corrisponde al nostro tempo di reazione. Tale intervallo (dellʼordine del decimo di secondo) va scorporato dal valore segnato dal cronometro. Ovviamente le fonti dei possibili errori sistematici sono diverse come emerge da questʼultimo esempio. Si tratta ovviamente di capire quali effetti sistematici abbiano un effetto decisivo nella misura e quali incidono poco rispetto alla precisione dello strumento di misurazione. Nel caso del pozzo gli effetti II) e III) sono decisamente trascurabili rispetto a IV) specialmente se la profondità del pozzo non è eccessiva. Si noti infine che ogni volta che facciamo una misura in qualche modo alteriamo il fenomeno fisico che stiamo misurando. Questo succede poiché il processo di misura prevedere unʼinterazione con la grandezza fisica che si osserva che viene perciò alterata in modo più o meno evidente. Si pensi ad esempio a voler misurare con un calibro un sottile strato di metallo: anche ammettendo che il calibro 10 sia sistemato in modo ottimale la pressione del calibro sulla lastra avrà lʼeffetto di modificarla nel punto di contatto e renderà una misura dello spessore un poʼ “schiacciata”. Lʼeffetto di questa interazione è tanto maggiore quanto più piccoli sono gli oggetti con cui dobbiamo misurare e nel mondo della fisica microscopica ha unʼimportanza tale che la stessa teoria (meccanica quantistica) che descrive la dinamica del mondo subatomico ne ha dovuto tenere conto. (principio di indeterminazione di Heisenberg) Preso dunque atto che gli errori non si possono eliminare completamente risulterà opportuno indicare il risultato di una misura con un intervallo di valori piuttosto che con un valore unico. Scriveremo che la grandezza x è x = x ± Δx indicando con il numero x il valore centrale (e più probabile) dellʼintervallo [ x − Δx, x + δ x ] e con Δx lʼerrore. Problema Come è possibile da una misura o una serie di misure produrre un risultato del tipo espresso sopra? E come è possibile ottimizzare lʼerrore in modo che lʼintervallo sia il più piccolo possibile (e quindi la misura più precisa)? Ovviamente i fenomeni fisici e le grandezze ad essi associate sono molto differenti fra di loro. Quando è possibile (se la misura è ripetibile molte volte) la cosa migliore da fare è eseguire quante più 11 misure possibile. Come già detto molte misure con uno strumento molto sensibile porteranno ad una tabella di dati (diversi fra di loro ma tutti intorno ad un certo valore). Se ad esempio facciamo N misure otterremo per ogni misura un numero xi . Il valore più probabile, x , si ottiene quindi facendo la media aritmetica degli xi ovvero: N x= ∑x i i=1 N . A questo punto ci sono possibilità diverse di calcolare Δx . I metodi più comuni sono: (1) adottare la “semi-dispersione massima” ovvero la semidifferenza fra il maggiore ed il minore degli xi . In questo caso Δx = xmax − xmin ; 2 (2) adottare la “media aritmetica degli scarti in valore assoluto”. Lo scarto per definizione è dato da Δxi = xi − x quindi il metodo N consiste nellʼadottare Δx = ∑ Δx i i=1 N ; N (3) adottare lo “scarto quadratico medio” dato da Δx = ∑ Δx 2 i i=1 N −1 . 12 In genere quando il numero delle misure è basso si adotta il metodo a) altrimenti il metodo c) è quello preferito. Il metodo a) tende a sovrastimare lʼerrore e quindi meglio non utilizzarlo se possibile. Quando invece la misura non è ripetibile allora x è il valore segnato dallo strumento e Δx è il minimo intervallo che lo strumento riesce a discriminare; oppure se lo strumento di misura permette di leggere lʼintervallo in cui cade la misura allora si adotta come x il valore di mezzo dellʼintervallo e come Δx la sua semi-lunghezza. Esempio 1: Nel caso si misuri il tempo di caduta di una foglia da un albero con un cronometro che è in grado di misurare i decimi di secondo sarà opportuno assumere come x il valore segnato dal cronometro e come Δx il decimo di secondo. Esempio 2: Nel caso si misurino le dimensioni di un foglio di carta con un righello millimetrato (misura ripetibile ma immaginiamo per un attimo che non sia tale) allora sarà possibile discriminare dalle divisioni sul righello entro quale intervallo cadano le dimensioni del foglio (ad es. 21,5 cm e 21,6 cm) e quindi si adotterà, per lʼesempio citato, x = 21, 55cm e Δx = 0, 05cm . 13 Se facciamo molte misure di una grandezza fisica e le rappresentiamo con un istogramma scopriamo una caratteristica molto interessante del comportamento degli errori casuali. Immaginiamo si misurare il lato di una stanza con un metro millimetrato. Per ogni millimetro creiamo un bin sul nostro istogramma e contiamo su ogni bin le misure che hanno reso quel determinato valore. Si verrà a formare un istogramma con una forma piuttosto caratteristica Misura della stanza 150 100 50 0 5,25 m 5,26m 5,27m 5,28m 5,29m 5,30m 5,31m 5,32m 5,33m La curva che fitta questo istogramma ha la forma di quella che si chiama funzione Gaussiana: f (x) = A e − ( x− xv ) 2 µ2 dove xv è il presunto valore “vero” della grandezza fisica ed è molto vicino a x quando il numero delle misure è molto grande, mentre σ 14 si chiama deviazione standard ed è molto vicino allo scarto quadratico medio quando il numero delle misure è grande. La funzione Gaussiana (o di Gauss) è la curva degli errori ovvero gli errori casuali di una operazione di misura si distribuiscono seguendo la legge descritta da questa funzione. 15 CINEMATICA La cinematica si occupa dello studio del moto dei corpi. In generale la cinematica si interessa semplicemente della descrizione del moto dei corpi e non del motivo per cui essi assumono le traiettorie osservate. Il primo problema che poniamo è dunque quello di definire la posizione di un punto nello spazio. Si noti anzitutto che il concetto di posizione assoluta di un punto nello spazio non ha senso. Quando parliamo della posizione di un punto ci riferiamo sempre alla posizione del punto rispetto ad un altro punto scelto come riferimento. Per descrivere matematicamente la posizione possiamo : i) fissare un sistema di riferimento cartesiano con con origine nel punto scelto come riferimento e tre assi ortogonali di orientamento arbitrario. La posizione del punto sarà definita univocamente da una terna ordinata di numeri che rappresentano le coordinate (x, y, z) del punto nel sistema di riferimento scelto. ii) costruire il vettore posizionale. Il vettore posizionale è il vettore che congiunge lʼorigine al punto (con coda nellʼorigine) Le due descrizioni sono equivalenti. Si considerino infatti i tre versori ortogonali iˆ, ĵ, k̂ con le stesse direzioni e verso degli assi cartesiani del sistema di riferimento del punto i). Esprimendo le componenti del vettore posizionale del punto ii) usando questi tre versori otterremo proprio che le tre componenti sono (x, y, z) ovvero 16 le coordinate del punto. Ovviamente una qualsiasi terna di versori ortogonali può essere adottata per esprimere il vettore posizionale per componenti. Terne differenti corrisponderanno a componenti differenti (ma il vettore risultante dalla sovrapposizione sarà sempre lo stesso). Risulta perciò evidente che per definire univocamente la posizione di un punto sono necessari 3 numeri. Si ricordi comunque che i 3 numeri non hanno significato se non si specificano 3 assi orientati ed unʼorigine rispetto ai quali dare significato ai 3 numeri. Arriviamo a questo punto al problema di descrivere il movimento di un punto materiale. Studiare il moto di un punto materiale significa registrare la sua posizione al variare del tempo. Quando un punto si muove le sue coordinate cambiano nel tempo o equivalentemente il vettore posizionale varia nel tempo. Il punto descrive una traiettoria. La traiettoria è lʼinsieme delle posizioni occupate dal punto materiale durante il moto. Anche il moto è un concetto relativo. Supponiamo di essere su un treno in prossimità di una stazione ferroviaria. Fuori dal finestrino vediamo un altro treno e notiamo che si sta muovendo rispetto a noi. E’ impossibile da questa sola osservazione stabilire quale dei due treni si sta muovendo rispetto alla stazione. Ci sono due metodi per descrivere univocamente lo stato di moto di un punto materiale (una volta scelto un sistema di riferimento): 17 a) si può dare la traiettoria e la funzione spostamento sulla traiettoria (in questo caso parleremo di descrizione intrinseca del moto) b) si può dare il vettore posizionale in funzione del tempo (definendo una base di versori e quindi le tre componenti rispetto a questa base in funzione del tempo). Parleremo in particolare di descrizione vettoriale del moto; parleremo di descrizione cartesiana quando le tre componenti sono proprio le coordinate ( x(t), y(t), z(t)) . Si noti che la ricostruzione della traiettoria di un punto materiale (o del suo vettore posizionale in funzione del tempo) richiede lʼinterpolazione di una serie di dati: per studiare il moto di un punto possiamo registrare la sua posizione a certi istanti di tempo (ad esempio ogni 5 secondi) quindi, al termine della misura, siamo in grado di esprimere con certezza (a meno di errori di misura) solo alcuni punti della traiettoria. La nostra ricostruzione del moto risulterà più completa se saremo in grado di misurare la posizione del punto ad intervalli di tempo più piccoli fra una misura e lʼaltra. Descrizione intrinseca del moto La traiettoria di un punto che si muove è una curva nello spazio. Per semplicità se ci limitiamo ai moti piani (ovvero al moto di punti materiali su un piano) allora la traiettoria di questi punti può essere descritta da unʼequazione del tipo f (x, y) = 0 avendo scelto un 18 opportuno sistema di riferimento cartesiano sul piano (in questo caso con gli assi x,y sul piano e lʼasse z perpendicolare al piano). Esempi Se la traiettoria di un punto è una retta allora lʼequazione è del tipo ax + by + c = 0 ; Se la traiettoria è una parabola allora lʼequazione potrebbe essere del tipo y − ax 2 + bx + c = 0 (questa equazione descrive solo le parabole con asse di simmetria parallelo allʼasse y); Se la traiettoria è una circonferenza allora lʼequazione è del tipo x 2 + y 2 + ax + by + c = 0 ; 10 7,5 P 5 2,5 O -7,5 -5 -2,5 0 2,5 5 7,5 10 -2,5 19 Se la traiettoria è unʼellisse allora lʼequazione potrebbe essere del x 2 y2 tipo 2 + 2 − 1 = 0 a b (questa equazione descrive ellissi con i fuochi sullʼasse x). Ovviamente lʼequazione potrebbe essere molto più complessa. Una volta determinata la traiettoria del moto è necessario definire il modo in cui il punto materiale si muove su di essa. Per farlo si fissi su di essa un punto arbitrario “O” ed un verso di percorrenza (attenzione a non confondere in questo contesto il punto “O” definito sulla traiettoria e lʼorigine del sistema di riferimento cartesiano). La posizione di un punto “P” sulla traiettoria sarà 10 P 7,5 5 2,5 O -7,5 -5 -2,5 0 2,5 5 7,5 10 -2,5 univocamente data da un numero reale che rappresenti lo spostamento sulla traiettoria “s” ovvero la lunghezza dellʼarco OP (assumendo s positivo quando P è dalla stessa parte 20 dellʼorientamento scelto sulla traiettoria ed s negativo quando è dalla parte opposta) Esempio 1: Si immagini che un punto materiale abbia una traiettoria rettilinea y = 3x + 1 . Determinare s sapendo che O è scelto in corrispondenza dellʼintersezione con lʼasse delle ordinate, la retta è orientata in verso positivo nella direzione delle ascisse crescenti e sapendo che P ha coordinate (2,7). Soluzione: s è +OP essendo OP la distanza fra lʼorigine ed il punto. Tale distanza si può calcolare con il teorema di Pitagora, essendo note le coordinate di O e di P, come: OP = (2 − 0)2 + (7 − 1)2 = 4 + 36 = 2 10 . Esempio 2 Si determini s per il punto P sulla parabola di equazione y = 2x 2 + 1 essendo O (0,1), P (2,9) ed essendo positivo lʼorientamento nel verso delle ascisse decrescenti. Soluzione: s è dato dallʼopposto della misura dellʼarco rettificato OP (è quindi un numero reale negativo!). 21 Si noti che lo spostamento “s” non dipende semplicemente dalle posizioni relative di O e di P nello spazio ma dipende anche dalla traiettoria che li congiunge. Quando il punto P si muove sulla traiettoria allora lo spostamento s è una funzione del tempo s(t). Questa funzione calcolata ad un certo istante rende la posizione s del punto in quellʼistante. Velocità media e velocità istantanea Immaginiamo ora di conoscere la posizione s(t1 ) s(t 2 ) del punto agli istanti t1 e t 2 e la sua traiettoria. Definiamo velocità media del punto nellʼintervallo di tempo Δt = t 2 − t1 la quantità vm = essendo Δs = s(t 2 ) − s(t1 ) Δs Δt ovvero la distanza fra le posizioni del punto agli istanti t1 e t 2 calcolata sulla traiettoria! Un moto si dice uniforme se la velocità media è la stessa per qualsiasi scelta di t1 e di t 2 . Se il moto di un punto è uniforme esso copre archi di circonferenza uguali in tempi uguali. I moto che si osservano in natura difficilmente sono moti di tipo uniforme: si parla in questi casi di moto vario. Per questi moti la velocità media dipende dallʼintervallo di tempo considerato e quindi è una proprietà poco rilevante. In questi casi è necessario 22 introdurre il concetto di velocità istantanea. La velocità istantanea è la velocità media calcolata su intervalli di tempo infinitamente piccoli. Essa è definita solo teoricamente con unʼoperazione di limite: v(t) = lim Δt→0 s(t + Δt) − s(t) ds(t) = ; Δt dt sperimentalmente possiamo pensare che misure della velocità media fatte con strumenti sempre più precisi e su intervalli di tempo sempre più piccoli diano risultati molto vicini alla velocità istantanea. Nel caso di moti uniformi la velocità media e la velocità istantanea sono uguali. La velocità (sia essa media o istantanea) è un numero con un segno positivo o negativo. Il segno positivo ci dice che il punto P si sta muovendo (mediamente o istantaneamente) in direzione opposta rispetto allʼorientamento scelto sulla traiettoria. La velocità è ottenuta dividendo uno spostamento ed un intervallo di tempo. Se lo spostamento è espresso in metri e lʼintervallo di tempi in secondi allora la velocità sarà espressa in metri diviso secondi (m / s) . Si noti infine che le definizioni di velocità media ed istantanea non dipendono dalla traiettoria ma solo dallo spostamento espresso in funzione del tempo. Il valore della velocità non dipende dallʼorigine O scelta sulla traiettoria poiché la differenza Δs dipende solo dalla misura dellʼarco percorso, ma il segno della velocità dipende ovviamente dallʼorientamento scelto sulla traiettoria. 23 Accelerazione media ed istantanea In maniera analoga a quanto fatto per la velocità media ed istantanea è possibile definire unʼaccelerazione media ed unʼaccelerazione istantanea. Immaginiamo ora di conoscere la velocità istantanea v(t1 ) v(t 2 ) del punto agli istanti t1 e t 2 . Definiamo accelerazione media del punto nellʼintervallo di tempo Δt = t 2 − t1 la quantità am = essendo Δv = v(t 2 ) − v(t1 ) Δv Δt ovvero la differenza fra le velocità istantanee del punto agli istanti t1 e t 2 . Lʼaccelerazione istantanea è lʼaccelerazione media calcolata su intervalli di tempo infinitamente piccoli. Essa è definita solo teoricamente con la seguente operazione di limite: a(t) = lim Δt→0 v(t + Δt) − v(t) dv(t) = . Δt dt Lʼaccelerazione è ottenuta dividendo una velocità ed un tempo. Se la velocità è espressa in metri diviso secondi e il tempo in secondi allora lʼaccelerazione sarà espressa in metri diviso secondi al quadrato (m / s 2 ) . 24 Esercizi E1) Unʼauto viaggia alla velocità costante di 108 Km/h; determinare la velocità in m/s ed il tempo che impiega per percorrere 36 Km. (30 m/s, 20 min) E2) Due auto viaggiano di moto uniforme lungo due strade rettilinee formanti, fra di loro, un angolo retto. Sapendo che le due auto hanno velocità rispettivamente di 10 m/s e 20 m/s e che sono partite allo stesso istante dallʼincrocio fra le due strade, determinare la distanza in linea dʼaria dopo 5 minuti. (6708 m) E3) Un corridore percorre 3 giri di una pista lunga 800 m impiegando i seguenti tempi: 120 s, 122 s, 123.5 s. Calcolare la velocità media a ciascun giro e la velocità media sullʼintero percorso. (6.67 m/s, 6.56 m/s, 6.48 m/s, 6.57 m/s) E4) Unʼauto viaggia per 200 Km alla velocità media di 50 Km/h ed i successivi 160 Km alla velocità media di 80 Km/h; calcolare la velocità media nellʼintero percorso. E5) Unʼauto entra in autostrada e viaggia con velocità costante di 60 Km/h. Una seconda auto entra in autostrada unʼora dopo la prima e viaggia con la velocità costante di 80 Km/h. Calcolare a quale istante dallʼingresso della prima auto in autostrada essa viene raggiunta dalla seconda auto e quanta strada e stata percorsa dalla auto a quellʼistante. (4h, 240 Km) E6) Unʼautomobile viaggia alla velocità di 60 Km/h. Premendo lʼacceleratore la velocità aumenta con accelerazione costante di 2 25 m/s2 fino a 132 Km/h. Calcolare lʼintervallo di tempo in cui si è avuta la variazione di velocità. (10 s) E7) Unʼautomobile si muove alla velocità di 90 Km/h allorché, improvvisamente, si presenta un ostacolo a 30 m. Il guidatore, azionando i freni, riesce ad ottenere un moto uniformemente decelerato con decelerazione uguale a 10 m/s2. Stabilire se lʼauto investe lʼostacolo. (si) E8) Un auto alla velocità di 108 Km/h è costretta a fermarsi. Supponendo che occorrano 0.5 s affinché i riflessi consentano allʼautista di frenare, calcolare lo spazio percorso dallʼistante in cui il guidatore è costretto a fermarsi. Si supponga che durante la frenata il moto sia uniformemente decelerato con decelerazione uguale a 10 m/s2. Descrizione vettoriale del moto Come già preannunciato la descrizione del moto tramite il vettore posizionale è perfettamente equivalente rispetto alla descrizione intrinseca. Il vettore posizionale di un punto in movimento varia nel tempo (può variare in modulo, direzione e verso). Se r (t1 ), r (t 2 ) sono i vettori posizionali del punto agli istanti t1 e t 2 allora possiamo definire la velocità vettoriale media del punto nellʼintervallo Δt = t 2 − t1 come Δr vm = Δt 26 essendo Δr = r (t 2 ) − r (t1 ) ovvero il vettore spostamento fra i punti r (t1 ), r (t 2 ) . Con unʼoperazione di limite è poi possibile definire la velocità vettoriale istantanea come r (t + Δt) − r (t) dr (t) v(t) = lim = . Δt→0 Δt dt Le unità di misura di velocità vettoriali e delle velocità definite nei paragrafi precedenti sono le stesse. Si noti inoltre che: 1) per moti non rettilinei Δr ≠ Δs e perciò per questi moti vm ≠ vm . Questo succede perché Δs rappresenta la lunghezza di un arco mentre Δr rappresenta la lunghezza della corda sottesa dallo stesso arco; 2) Quando ragioniamo su tempi infinitamente piccoli e quindi spostamenti infinitesimi lʼarco e la corda sottesa diventano indistinguibili quindi vale sempre che v(t) = v(t) ; 3) La direzione della velocità vettoriale istantanea del punto è tangenziale alla sua traiettoria. Vale la relazione v(t) = v(t) tˆt essendo tt un versore tangenziale alla traiettoria in corrispondenza del punto r (t) . Se v(t1 ), v(t 2 ) sono le velocità vettoriali istantanee del punto agli istanti t1 e t2 allora possiamo definire lʼaccelerazione vettoriale media del punto nellʼintervallo Δt = t 2 − t1 come 27 Δv am = Δt essendo Δv = v(t 2 ) − v(t1 ) il vettore differenza fra le velocità v(t1 ), v(t 2 ) . Con unʼoperazione di limite è poi possibile definire lʼaccelerazione vettoriale istantanea come v(t + Δt) − v(t) dv(t) a(t) = lim = . Δt→0 Δt dt Le unità di misura delle accelerazione vettoriali e delle accelerazioni definite nei paragrafi precedenti sono le stesse. Si noti inoltre che: 4) per moti non rettilinei Δv ≠ Δv e perciò per questi moti am ≠ am . Questo succede perché Δv rappresenta la differenza dei moduli del vettore velocità (per quanto osservato nel punto 2) mentre Δv rappresenta il modulo della differenza dei vettori velocità; siccome i vettori si sommano e sottraggono secondo la regola del parallelogramma queste quantità sono diverse a meno che il moto non sia rettilineo. 5) Solo per moti rettilinei vale che a(t) = a(t) ; 6) In generale lʼaccelerazione vettoriale istantanea ad un certo istante t si può scrivere come la somma di due contributi come dv(t) ˆ v(t)2 a(t) = tt + n̂t dt Rt essendo tt un versore tangenziale alla traiettoria in corrispondenza del punto r (t) , nt è un versore 28 ortogonale a tt ed Rt è il raggio di curvatura della traiettoria in corrispondenza del punto r (t) . La traiettoria e la velocità di un punto permettono di classificare diversi tipi di moto. Il moto rettilineo è quello di un punto materiale che si muove su una retta. Il moto rettilineo uniforme è il moto con velocità costante, il moto rettilineo uniformemente accelerato è il moto di un punto con accelerazione costante. Il moto circolare è quello di un punto che si muove su una circonferenza. Il moto circolare uniforme è il moto con velocità costante. Moto Uniforme Per definizione in un moto uniforme la velocità istantanea è la stessa lungo tutta la traiettoria ed è uguale alla velocità media. Vale quindi: v(t) = vm = Δs , Δt Se rappresentiamo graficamente la velocità istantanea in funzione del tempo osserveremo semplicemente una retta costante parallela all’asse delle ascisse. Lo spostamento Δs = s(t1 ) − s(t 2 ) corrispondente ad un intervallo di tempo 29 Δt = t 2 − t1 è dato da Δs = vm Δt ed è uguale all’area sottesa al grafico della velocità fra gli istanti t1 e t2 (si assuma per convenzione l’area positiva quando giace nel semipiano delle v(t) vm t1 ordinate positive e t2 l’area t negativa quando giace nel semipiano delle ordinate negative). In generale l’area sottesa dal grafico della velocità in funzione del tempo è legata allo spazio percorso. L’accelerazione media e l’accelerazione istantanea in un moto uniforme sono uguali a zero. Moto uniformemente accelerato (decelerato) Per definizione il moto uniformemente accelerato è il moto di un punto con accelerazione media ed istantanea uguali e costanti. 30 In generale la variazione di velocità fra due istanti di tempo è data da Δv = v(t 2 ) − v(t1 ) = am Δt = am (t 2 − t1 ) . Se rappresentiamo graficamente l’accelerazione in funzione del tempo osserveremo semplicemente una retta costante parallela all’asse delle ascisse e Δv è dato dall’area sottesa dalla retta fra i punti t1 e t 2 (con la convenzione del segno usata nell’esercizio precedente). Dall’espressione appena ottenuta osserviamo che sostituendo t 2 → t si ricava l’espressione della velocità istantanea ad un generico istante di tempo: v(t) = v(t1 ) + am ( t − t1 ) . Si noti che la velocità istantanea dipende dalla velocità ad un istante arbitrariamente scelto (in questo caso t1 ). Vediamo ora come sia possibile determinare lo spostamento. Per determinarlo possiamo procedere per via grafica: rappresentiamo la velocità istantanea in funzione del tempo e determiniamo l’area sottesa dal grafico. L’espressione della velocità istantanea in funzione del tempo è l’equazione di una retta con coefficiente angolare am (si pensi alla sostituzione y → v(t), x → t ). 31 v(t) v(t2) v(t1) t1 t2 t E’ evidente dal grafico della velocità che l’area sottesa dalla retta è data dalla somma del lato del rettangolo di altezza v(t1 ) e di base Δt = t 2 − t1 con l’area del triangolo rettangolo di cateti Δv = v(t 2 ) − v(t1 ) = am Δt e Δt . Ricapitolando Δs = v(t1 )Δt + 1 1 ΔvΔt = v(t1 )Δt + am Δt 2 . 2 2 Ricordando la definizione di Δs = s(t 2 ) − s(t1 ) e sostituendo a t 2 un generico t si ottiene l’espressione dello spostamento in funzione del tempo per un moto uniformemente accelerato: s(t) = 1 2 am ( t − t1 ) + v(t1 ) ( t − t1 ) + s(t1 ) 2 32