Data: 02/10/2015 | Fonte: L'Adige | Pagina: 18 | Autore: PAOLO GHEZZI | Categoria: Università di Trento
La proteina Serin6 è stata individuata al Cibio come la difesa naturale che, se non messa fuori gioco
dalla Nef, evita il propagarsi del virus da una cellula all'altra «Questo della ricerca è un mestiere
bellissimo e terribile: lavori per anni senza avere soddisfazioni, poi una scoperta ti ripaga di tutto. Ma
prima ci vogliono molti fallimenti»
«Hiv battibile. Se si investe»
Pizzato, scienziato anti-Aids, spiega il «miracolo» di Povo
Dopo oltre trenta milioni di morti nel mondo, oggi sono tremila in Italia, trenta a Trento i casi annuali di infezione da Hiv, il
virus dell'immunodeficienza. «Pochi». L'Aids non è più «di moda», in Occidente. Ma ad altre latitudini si continua ad
ammalarsi, a morire, non c'è ancora una cura. Solo farmaci per tenere sotto controllo la malattia. E notizia di ieri: se un
giorno 1'Hiv sarà sconfitto, è anche grazie a una proteina la cui funzione di inibitore naturale dell'infezione virale è stata
scoperta nei laboratori del cibio dell'Università, a Povo 2. 11 nome da mandare a memoria è Serinc5, la
proteina/barriera - individuata tra le 20mila del nostro genoma - in grado di neutralizzare il virus, sempre che riesca a
eludere la proteina Nef, che rimuove Serinc5 e rende le cellule indifese rispetto all'azione dell'Hiv. Tre anni di ricerca
sono stati finalizzati dall'équipe guidata da Massimo Pizzato, vicentino, classe 1968. La scintilla iniziale, Pizzato? «A
Harvard, al laboratorio del DanaFarber, tra 2000 e 2002: lavoravamo con il collega tedesco-americano Heinrich
GSttlinger. Lui ha continuato la ricerca nel Massachusetts ed è arrivato alle nostre stesse conclusioni, ma per una strada
diversa. Loro hanno lavorato sulle proteine associate al virus, noi abbiamo guardato i geni espressi dalle cellule che
producono. "Nature" ci ha pubblicato insieme». La scintilla finale, quel grido della sua collega Annachiara Rosa, alle sette
del mattino del 25 ottobre 2013, quando ha «yisto» la Serinc5 in azione? «E stato un bel momento. Era il sospetto, su cui
avevamo molti indizi. Confermava le nostre intuizioni. Ma non c'era ancora la prova. C'è voluta poi una lunga serie di test
per "incastrarlo" e validare la scoperta. La consacrazione scientifica l'abbiamo avuta due anni dopo, a maggio, alla
conferenza del Cold Spring Harbor Laboratori New York: siamo finiti sulla copertina degli Atti. Poi Nature ci ha chiesto un
full research article. Era fatta». È stata dura? «Qui si lavora senza orari, gli esperimenti sulle cellule richiedono presenze
all'alba, a volte la notte. Questo è un mestiere bellissimo e terribile: lavori per anni senza avere soddisfazioni, poi una
scoperta ti ripaga di tutto. Ma prima ci vogliono molti fallimenti». La soddisfazione più grande? «I colleghi di tutto il mondo
che ci chiedono i reagenti per continuare gli esperimenti: senti che hai contribuito al progresso globale della ricerca». Il
prossimo passo? «Il virus Hiv ha sviluppato un meccanismo per eludere la protezione della Serinc5 sulle cellule: ora
bisogna capire come fa il virus ad eliminare la difesa, per consentire alla proteina in difesa di avere il sopravvento».
Quant'è costata finora la ricerca? Troverete i nuovi fondi necessari? «Tra costo dei ricercatori e dei materiali (i terreni e
gli enzimi per la coltivazione delle cellule sono costosi), saremo a metà strada tra il mezzo milione e il milione di euro.
Qui al cibio ci sono le condizioni ideali: al preziosissimo finanziamento della Provincia si sono aggiunti fondi Ue e della
Fondazione Caritro. E il tutto lasciandoci piena autonomia. Senza i nepotismi che ci sono altrove. Il problema è che Hiv e
Aids non sono più molto popolari, l'Italia non ha un fondo di ricerca specifico da parecchi anni, è difficile trovare
finanziatori perché sembra che la sindrome sia sparita dall'Occidente: e invece c'è un incremento di nuove infezioni, e
nell'Africa subsahariana decine di milioni di persone ne restano affette». Quand'è che ha capito che sarebbe diventato un
cacciatore di virus? «Durante il dottorato di ricerca all'Institute for Cancer Research, con il mio maestro Robin Weiss,
studiando l'interazione tra virus e tumori all'ovaia. I virus li vediamo solo come patogeni, ma sono maestri eccezionali:
molte delle basi molecolari le conosciamo solo grazie a loro. Dobbiamo conoscerli meglio per usarli». Figlio d'arte?
Scienziato fin da bimbo? «Figlio di Eligio e Carmen, negozianti di alimentari. Mio padre, a 81 anni, alza ancora la
serranda ogni mattina, nella frazione Crosara di Marostica. Ho una sorella maggiore, Stefania. Ho sempre avuto una
passione per la natura e gli animali, salvavo gli uccelli da richiamo dei cacciatori. Ma ho anche una passione per la
musica classica: sono diplomato in clarinetto». Famiglia, affetti, hobby. «Sposato con Anna,
svedese conosciuta a Boston. Lavora qui anche lei, ma nell'amministrazione. Una figlia di 9
anni, Sofia. Vuol fare la scrittrice. Quando ho un po' di tempo, ascolto musica o corro. Fin su
in Marzola».
il 02/10/2015 alle 10:08:56
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Data: 02/10/2015 | Fonte: L'Adige | Pagina: 18 | Autore: PAOLO GHEZZI | Categoria: Università di Trento
La proteina Serinc5 è stata
individuata al Cibio come
la difesa naturale che, se non
messa fuori gioco dalla Nef,
evita il propagarsi del virus
da una cellula all’altra
«Questo della ricerca è un
mestiere bellissimo e terribile:
lavori per anni senza avere
soddisfazioni, poi una scoperta
ti ripaga di tutto. Ma prima
ci vogliono molti fallimenti»
«Hiv battibile. Se si investe»
Pizzato, scienziato anti-Aids, spiega il «miracolo» di Povo
PAOLO GHEZZI
twitter: @Resilient Reporter
Dopo oltre trenta milioni di morti nel
mondo, oggi sono tremila in Italia, trenta a Trento i casi annuali di infezione
da Hiv, il virus dell’immunodeficienza. «Pochi». L’Aids non è più «di moda», in Occidente. Ma ad altre latitudini si continua ad ammalarsi, a morire, non c’è ancora una cura. Solo farmaci per tenere sotto controllo la malattia. È notizia di ieri: se un giorno l’Hiv sarà sconfitto, è anche grazie a
una proteina la cui funzione di inibitore naturale dell’infezione virale è
stata scoperta nei laboratori del Cibio dell’Università, a Povo 2.
ll nome da mandare a memoria è Se-
Parla il capoprogetto, vicentino
classe ’68, una figlia, diploma
in clarinetto: oltre mezzo
milione di euro già investiti,
il prossimo passo è capire in
che modo si spiazza la proteina
«barriera» che abbiamo trovato
Indian-napoletanveneto-trentino
il team del Cibio
(Centre for Integrative
Biology) guidato da
Pizzato (sopra): Serena
Ziglio, 35 anni (a
sinistra) è l’indigena.
Gli altri sono Ajit
Chande, 31 anni;
Annachiara Rosa, 30;
Cristiana Cuccurullo,
28. Sotto, nel
quadrante in alto
a sinistra, la cellula
«liberata» dal Serinc5
(fotoservizio
PAOLO PEDROTTI)
il 02/10/2015 alle 10:08:56
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rinc5, la proteina/barriera - individuata tra le 20mila del nostro genoma - in
grado di neutralizzare il virus, sempre che riesca a eludere la proteina
Nef, che rimuove Serinc5 e rende le
cellule indifese rispetto all’azione dell’Hiv.
Tre anni di ricerca sono stati finalizzati dall’équipe guidata da Massimo
Pizzato, vicentino, classe 1968.
La scintilla iniziale, Pizzato?
«A Harvard, al laboratorio del DanaFarber, tra 2000 e 2002: lavoravamo
con il collega tedesco-americano Heinrich Göttlinger. Lui ha continuato la
ricerca nel Massachusetts ed è arrivato alle nostre stesse conclusioni,
ma per una strada diversa. Loro hanno lavorato sulle proteine associate
al virus, noi abbiamo guardato i geni
espressi dalle cellule che producono.
“Nature” ci ha pubblicato insieme».
La scintilla finale, quel grido della sua
collega Annachiara Rosa, alle sette del
mattino del 25 ottobre 2013, quando ha
«visto» la Serinc5 in azione?
«È stato un bel momento. Era il sospetto, su cui avevamo molti indizi. Confermava le nostre intuizioni. Ma non
c’era ancora la prova. C’è voluta poi
una lunga serie di test per “incastrarlo” e validare la scoperta. La consacrazione scientifica l’abbiamo avuta
due anni dopo, a maggio, alla conferenza del Cold Spring Harbor Laboratory, New York: siamo finiti sulla copertina degli Atti. Poi Nature ci ha chie-
sto un full research article. Era fatta».
È stata dura?
«Qui si lavora senza orari, gli esperimenti sulle cellule richiedono presenze all’alba, a volte la notte. Questo è
un mestiere bellissimo e terribile: lavori per anni senza avere soddisfazioni, poi una scoperta ti ripaga di tutto.
Ma prima ci vogliono molti fallimenti».
La soddisfazione più grande?
«I colleghi di tutto il mondo che ci
chiedono i reagenti per continuare gli
esperimenti: senti che hai contribuito al progresso globale della ricerca».
Il prossimo passo?
«Il virus Hiv ha sviluppato un meccanismo per eludere la protezione della Serinc5 sulle cellule: ora bisogna
capire come fa il virus ad eliminare la
difesa, per consentire alla proteina in
difesa di avere il sopravvento».
Quant’è costata finora la ricerca? Troverete i nuovi fondi necessari?
«Tra costo dei ricercatori e dei materiali (i terreni e gli enzimi per la coltivazione delle cellule sono costosi),
saremo a metà strada tra il mezzo milione e il milione di euro. Qui al Cibio
ci sono le condizioni ideali: al preziosissimo finanziamento della Provincia si sono aggiunti fondi Ue e della
Fondazione Caritro. E il tutto lasciandoci piena autonomia. Senza i nepotismi che ci sono altrove. Il problema
è che Hiv e Aids non sono più molto
popolari, l’Italia non ha un fondo di
ricerca specifico da parecchi anni, è
difficile trovare finanziatori perché
sembra che la sindrome sia sparita
dall’Occidente: e invece c’è un incremento di nuove infezioni, e nell’Africa subsahariana decine di milioni di
persone ne restano affette».
Quand’è che ha capito che sarebbe diventato un cacciatore di virus?
«Durante il dottorato di ricerca all’Institute for Cancer Research, con il mio
maestro Robin Weiss, studiando l’interazione tra virus e tumori all’ovaia.
I virus li vediamo solo come patogeni, ma sono maestri eccezionali: molte delle basi molecolari le conosciamo solo grazie a loro. Dobbiamo conoscerli meglio per usarli».
Figlio d’arte? Scienziato fin da bimbo?
«Figlio di Eligio e Carmen, negozianti
di alimentari. Mio padre, a 81 anni, alza ancora la serranda ogni mattina,
nella frazione Crosara di Marostica.
Ho una sorella maggiore, Stefania. Ho
sempre avuto una passione per la natura e gli animali, salvavo gli uccelli
da richiamo dei cacciatori. Ma ho anche una passione per la musica classica: sono diplomato in clarinetto».
Famiglia, affetti, hobby.
«Sposato con Anna, svedese conosciuta a Boston. Lavora qui anche lei, ma
nell’amministrazione. Una figlia di 9
anni, Sofia. Vuol fare la scrittrice.
Quando ho un po’ di tempo, ascolto
musica o corro. Fin su in Marzola».
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