LAVORI DI GRUPPO1 22/4/2015 Primo capitolo L’Educazione cavalleresca; Fabrizio C. (portavoce), Isabella, Maria, Alessia - l’epoca abbraccia il Basso e l’Alto Medioevo - educazione militaresca e idealmente rigida - ideali antinomici - connubio di corpo e mente; spiritualità e religiosità - una scuola di vita marcatamente individualistica, eppure intrisa di valori interculturali. In quanto influenzava la cavalleria cristiana quanto quella araba - cameratismo, ottica del sacrificio e del coraggio (principi che verranno ripresi, ad esempio, nello scoutismo - idea di un’adultità che “sopraggiunge” in modo definitivo ed è sancita da riti di passaggio Comenio, Luana (portavoce), Francesca (portavoce), Valentina, Ilary, Veronica, Gian Franco I PUNTI PRINCIPALI DI COMENIO: L’idea di educazione permanente e l’educazione per tutta la vita; Rapporto autentico con la natura, un apprendimento non solo nozionistico ma dettato anche dall’esperienza; Comenio parla di educazione e formazione per tutti; Pampedeia formazione dell’uomo nella società; Didattica Magna e Pansofia dove parla delle metodologie d’insegnamento, dell’apprendimento che parte dai fondamenti dei saperi generali per progredire verso le diramazioni disciplinari particolari, dagli esempi risale alle regole; Insegnamento graduale; L’educatore apprendendo per insegnare agli altri, impara; Umanesimo che mette al centro del mondo l’uomo e ne intravede le potenzialità, evidenziandone l’unicità; La pedagogia di Comenio influenza successivamente gli autori, illuministi, i progressisti, gli attivisti, gli utopisti. Suchodolsky importante perché parla dell’educazione come funzione della vita e comunque era un autore a noi assolutamente sconosciuto. 24/4/2015 Secondo capitolo Abraham Maslow; Valentina P. (portavoce), Francesca, Veronica, Ilary, Gian Franco - Maslow si occupa soprattutto dei processi intrinseci dell’apprendimento (apprendimenti “taciti” e “del cuore”) - è importante considerare la sua teoria della “piramide dei bisogni” - critica al comportamentismo, ma anche a un’idea tradizionale della psicanalisi 1 Le sintesi del lavoro su Comenio, Kohlberg e Gilligan, Andragogia (2. Gruppo), Apprendimento collettivo e trasformazione sociale, Formazione professionale sono di Gian Franco Farigu; la sintesi su Esperienza e autodirezione di Francesca Ruggeri; la sintesi del lavoro su Rogers di Valentina Cocco; la sintesi del lavoro del 1. Gruppo sull’Andragogia di Maria Saba. - apprendimento in un ambiente relazionale sano, che ovvii alle resistenze al nuovo - apprendimento come tensione all’autorealizzazione Carl Rogers; Valentina C. (portavoce), Fabrizio, Melania, Alessia Rogers affronta il tema dell’apprendimento (in particolare in contesti universitari ed istituzionali) attraverso un approccio prettamente narrativo, che negli anni successivi diventerà centrale nell’educazione degli adulti. La scelta narrativa non è casuale, egli sostiene infatti che l’educatore non insegna in senso vero e proprio ai suoi allievi, ma essi apprendono semmai con la facilitazione di quest’ultimo: in questo caso quindi il racconto di un’esperienza non può essere considerato un modello bensì uno stimolo. Rogers delinea due sostanziali modelli in cui l’apprendimento si presenta: uno razionale (il quale non coinvolge la globalità della persona) e l’altro invece, significativo, importante in quanto mira alle esigenze, ai desideri e ai bisogni del discente. Per Rogers l’apprendimento riguarda le acquisizioni personali, non l’acquisizione di un programma prestabilito: non esiste l’insegnamento inteso come il trasmettere conoscenze e capacità, questa concezione viene superata da un’altra funzione ossia dalla facilitazione dell’apprendimento. L’apprendimento costituisce un’esperienza totalmente legata a meccanismi razionali ed emotivi propri dell’individuo. L’autore mette in luce un aspetto che potrebbe apparire contradditorio, ma che in realtà manifesta l’originalità del suo pensiero: Rogers infatti dopo aver inizialmente parlato di centralità del discente (della sua libertà ed autonomia), giunge ad un’affermazione significativa: egli sostiene che per agevolare un apprendimento autentico è importante basarsi su certe qualità attitudinali che si manifestano nel rapporto interpersonale tra facilitatore e discente. Si sottolineano quindi non le qualità singolarmente possedute dall’individuo, ma quelle che emergono nella relazione tra di esse. Tra le caratteristiche fondamentali che un facilitatore dovrebbe avere per agevolare un apprendimento, secondo Rogers è essenziale la genuinità: cioè il comunicare genuinamente le emozioni e le tensioni autentiche implicate nel rapporto con il discente: “un’autentica emozione negativa è più educativa dell’ostentazione di una falsa positività”. Alla genuinità sono sicuramente affiliate stima e fiducia e quindi la comprensione empatica, che consentono al discente di sentirsi accettato e stimolato. All’interno di questo clima di libertà, autenticità e accettazione, è poi possibile operare per conseguire l’atteggiamento che dovrebbe essere il sostegno di ogni apprendimento: non tanto la tendenza a tramandare o assimilare un preciso contenuto culturale, quanto un’attitudine alla ricerca, definita come la capacità di “imparare ad imparare”, costituita dall’integrazione di diverse abilità (dall’osservazione e acquisizione di dati, alla loro comparazione etc). Per Rogers nella relazione tra discente ed educatore, non è importante apprendere in maniera fissa delle nozioni, ma l’essenziale è imparare a plasmare le nozioni e a dare a queste un significato. E’ importante riconoscere l’adultità del discente in qualsiasi condizione anagrafica, sociale, culturale egli si trovi. Rogers pone l’enfasi sull’unicità dei percorsi di apprendimento individuale, ma in un’analisi per punti proposta dallo stesso autore emerge la cruciale importanza del gruppo, dell’ambiente e del contesto. Nella società moderna l’apprendimento più utile è quello relativo all’apprendimento stesso. L’apprendimento significativo, coincide con l’educazione. 27/4/2015 Terzo capitolo Erikson/Levinson; Giorgia (portavoce 22/4); Alessia (portavoce); Valentina M. (portavoce), Valentina C., Melania - Nella prospettiva di Erikson lo sviluppo, nella sua stadialità, è influenzato dal contesto sociale - le età di sviluppo hanno un carattere universale, benché connotato dal contesto storico - c’è un’unitarietà teleologica - Erikson è l’iniziatore delle teorie sullo sviluppo per tutta l’esistenza - la società ha il compito di mediare i conflitti dello sviluppo - emerge la schematicità e la rigidità della visione eriksoniana, pur compensata da una visione significativa sul “fine” dell’esistenza - Levinson affronta il tema della struttura di vita individuale - il percorso è segnato dall’alternarsi di stabilità e transizione e non da un andamento necessariamente migliorativo - scelta ed evento forgiano il percorso - Nel rapporto tra impostazione teorica e ricerca empirica di Levinson, vediamo i limiti di attendibilità di quest’ultima, a prescindere dalla sua grande validità - Emerge una compenetrazione tra individuo e società - Il mentore: figura centrale per l’autore; il rapporto con esso deve finire (anche conflittualmente) nella sua forma asimmetrica e dipendente, per essere recuperato in forma paritaria Kohlberg e Gilligan: Valentina Piroddi, Luana Murru, Veronica Melis, Francesca Ruggeri e Gian Franco Farigu. Guardini, molto importante, parla dell’età della vita, “l’età della vita” è il titolo dell’opera di Guardini. Kohlberg e la teoria dello sviluppo morale Stadi per crescita biologica Pre-convenzionale Convenzionale Post- convenzionale Il soggetto segue norme che ha introiettato come proprie, dettate Il soggetto percepisce le regole dalla coscienza. morali come impostazioni Il soggetto distingue nettamente esterne. le ragioni storiche e contingenti Il soggetto segue norme etiche in contenute nelle norme funzione solidaristica, cioè le convenzionali. considera reti che tengono Le norme personali possono insieme il vivere sociale. entrare in conflitto con la morale Si aderisce per timore della corrente creando una condizione punizione di autonomia. Giunge a operare moralmente solo secondo i principi etici universali. In queste due dimensioni, nel passaggio da una all’atra lo sviluppo del soggetto si sviluppa da egocentrica verso il sociale. “La legge morale in me” Il baricentro è posto sui valori interpersonali. Sul rispetto delle regole e la conformità a esse Può esserci una progressione nel senso morale? La visione di Kohlberg si basa sullo sviluppo di pensare razionalmente le moralità. Si pone il problema se possa esserci uno sviluppo morale “all’infinto”,“permanente” Gilligan rimprovera Kohlberg di aver lavorato esclusivamente sui maschi. Gilligan Critica tutti: Erikson, Levinson Mortari mette in relazione il genere con la morale: così, per il maschio la giustizia, per la femmina la cura. LA VISIONE: L’uomo guarda le questioni morali seguendo schemi gerarchici; La donna segue una visione reticolare dei problemi; Questo deriva dall’educazione di genere che porta la donna a identificarsi attraverso le relazioni e l’uomo attraverso la separazione. Con riferimento alla costruzione dell’identità morale della persona, che è legata al genere, emerge l’importanza degli apprendimenti affettivi compiuti in età pre-adulta e degli apprendimenti trasformativi compiuti in età pre-adulta. Autori citati: Maslow, Leninson, Mezirow, citati dall’autore: Mortari Se i dati emergono dalla ricerca, nonostante l’orientamento, evidentemente, però la qualità della ricerca si misura anche da risultati non attesi. Per Levinson si suggerisce uno sguardi critico, sempre, verso tutte le teorie. Gilligan, pur essendo sua allieva, critica Kohlberg. Kohlberg, fa notare i limiti della ricerca empirica. La dissonanza cognitiva è molto importante; spesso gli stadi sono mal rappresentati schematicamente e anagraficamente. La dissonanza cognitiva non riguarda le discrepanze fra adultità anagrafica e infantilismo. La dissonanza emerge quando siamo consapevoli che le risorse non sono sufficienti per il problem solving (Mezirow). Le assonanze fra autori diversi. Guardini Erikson, Levinson sono accidentali per Guardini. E comunque nello stesso terreno si trovano delle analogie concettuali e di prospettive. In Don Milani, Freire, ci sono idee comuni pur non conoscendosi. Guardini: Isabella (portavoce), Valeria, Fabrizio, Maria Rita - Nella visione di Guardini vi sono diverse fasi, l’una non deducibile dall’altra; indipendenti, eppure legate da un senso di unitarietà - come per Erikson, è una “crisi” a segnare il passaggio da un’età della vita all’altra - con Levinson Guardini condivide l’idea del mutamento di una struttura complessiva nell’evoluzione esistenziale - l’assonanza tra Guardini e i due statunitensi non nasce da una conoscenza diretta - c’è l’idea dell’unitarietà e della compiutezza della vita - infanzia e anzianità non devono essere denigrate come età di preparazione e declino - c’è un approccio filosofico che mira all’idea della possibilità evolutiva e dell’apprendimento per tutta la vita 29/4/2015 Quarto capitolo L’andragogia: Maria (portavoce), Valentina C., Melania, Isabella, Fabrizio Malcolm Knowles fu un educatore americano che si occupò di educazione degli adulti e arrivò a definire la sua teoria, una teoria andragogica. Il termine andragogia fu impegnato inizialmente nei paesi di lingua tedesca intorno a metà ‘800: il primo a servirsene fu Alexander Kapp, per riferirsi al metodo d’insegnamento di Platone. Knowles, invece, utilizza il termine per mettere in evidenza le differenze che esistono tra il condurre educativamente l’uomo adulto e il fanciullo. L’educatore americano comincia la sua esposizione della teoria, affrontando il nodo di cosa sia l’apprendimento passando in rassegna diverse concezioni tra cui quella di Skinner (che intendeva l’apprendimento come un processo di controllo, cambiamento e modellamento) e quella di Bruner ( il quale intendeva l’apprendimento come un accrescimento intellettuale e acquisizione di competenze). Egli si sofferma sui caratteri di insufficienza del modello pedagogico: l’adulto rispetto al bambino ha un controllo consapevole in merito al proprio bisogno di conoscere. Nei soggetti in cui tale controllo è meno presente, è più proficua l’opera di quello che Knowles definisce facilitatore che ha il compito di stimolare la consapevolezza del proprio bisogno di apprendimento. Un ruolo particolare è svolto dall’esperienza del discente, che è vista in modo bivalente: - positivo: permette a entrambe le figure di attingere all’esperienza per percorsi di formazione più efficaci. - rischio: perché rafforza nell’individuo “abiti mentali” che possono ostacolare l’apertura necessaria per l’apprendimento. Altri elementi importanti sono: - disponibilità il discente maturo tende ad apprendere ciò che gli occorre in quel determinato momento - orientamento ad apprendere secondo Knowles, l’adulto apprende “per fare” e dunque per mettere in pratica operazioni e attività che gli sono necessari. - motivazione gli adulti apprendono spinti da motivazioni frutto di intervento interno e di riflessione. Negli anni si sviluppa la sua teoria verso il concetto di apprendimento auto diretto, ovvero l’apprendere quelle qualità trasversali che consentono di affrontare la risoluzione dei propri compiti di vita. Anche in età adulta si può apprendere, anche se in modo differente rispetto al bambino. Noi abbiamo ritenuto che le parole chiave fossero le seguenti: - consapevolezza di sé - esperienza del discente - motivazione - disponibilità e orientamento all’apprendimento. Tutt’oggi questi fattori sono riscontrabili nell’educazione degli adulti nei più svariati ambiti della conoscenza, a partire dai campi più elementari come i corsi di cucina a quelli più complessi. Abbiamo riscontrato inoltre dai collegamenti con Mezirow. L’Andragogia: Gian Franco (portavoce), Francesca, Veronica, Valentina P., Ilary Riflessione rispetto all’attualità. Come la vediamo oggi e come può essere applicata: ambiti e realizzazione pratica. Il discorso può essere non concluso, l’importante è parlarne. Sintesi dell’Andragogia da Demetrio: L’andragogia rivendica una sua autonomia scientifica e teoretica sull’educazione degli adulti. Fu fondata negli USA da Malcom Knowles nel 1968 in seguito ad incontri con specialisti dell’est europeo. La nozione era stata introdotta da Alexander Kapp il quale, mutandola da Platone, volle designare tutto ciò che fosse attinente come “continuum esistenziale”. Il termine ricomparirà nel 1921 in Germania per merito di Eugen Rosenstock e sulla necessità di elaborare una metodologia educazionale per gli adulti. Oggi è definita andragogica quell’area dei saperi che si occupa di studiare l’età adulta coinvolta nei processi formativi che fornisce suggerimenti operativi ai formatori per quanto attiene i modi e le condizioni più appropriate per modificare, accelerare, promuovere e favorire l’insegnamento e l’apprendimento degli adulti. Secondo Knowles avrebbe dovuto presidiare teoreticamente e nella prassi: 1. Il principio di autonomizzazione è lo sviluppo dell’autonomia individuale e del concetto di sé, attraverso l’incoraggiamento degli adulti ad apprendere, a sentirsi accettati, e rispettati nei loro bisogni di arricchimento; anche attraverso pratiche autodiagnostiche delle esigenze educative, l’autovalutazione dei progressi e dei miglioramenti individuali; 2. Il principio d’interattività è l’utilizzo dell’esperienza e della storia di vita come risorsa di apprendimento. Ciò si evidenzia laddove Malcom Knowles ha affermato che “uno dei bisogni fondamentali, quasi universali, degli adulti è imparare ad assumersi la responsabilità del loro apprendimento attraverso la ricerca personale”. “Allo stesso tempo gli adulti devono sapere come apprendere in collaborazione con altri e come apprendere attraverso l’analisi della loro esperienza”; 3. Il principio di aderenza al compito prioritario o mission è l’individuazione del compito principale che l’adulto è chiamato ad assumere a un certo stadio della sua vita, attinente la motivazione, l’attaccamento al lavoro, alla famiglia, al rispetto di se stesso, ecc.; 4. Il principio di spendibilità consiste nell’applicabilità degli apprendimenti a breve termini e quindi la verifica dei risultati nelle circostanze pratiche in cui l’adulto deve prendere decisioni, risolvere problemi, agire. Apprendimento permanente e educazione – capitolo 5 – L’approccio andragogico, e ancora di più l’atteggiamento di Knowels si propone come un ponte che unisce storia e filosofia, psicologia comportamentista, con il cognitivismo, la gelstat e lo strutturalismo, e infine fra pedagogia e i campi non ancora esplorati dalla pedagogia stessa. Gli spunti che hanno portato knowles a sviluppare la sua teoria si trovano principalmente nel bisogno di costruire un concetto del sé solido. Una comprensione di una condizione acquisita, verso un divenire indefinito. È funzionale al percorso la filosofia, come humus di pensiero esperienziale elaborato da Platone (padre del termine, “andragogico”, ma poco utilizzato da lui stesso e soprattutto riferito alla guida dei giovani) Ripreso in epoca di idealismi da Alexander Kapp. Le critiche: Merriam: La teoria Andragogica è svincolata dal contesto nel quale s’inserisce il processo di apprendimento: Relazioni diffuse influenzano e condizionano l’apprendimento. Il soggetto è visto alla stregua di una macchina per imparare “un apprendimento obbligato”; Spunti: Rogers: il metodo terapeutico individuale analogico allo studente Linedemann: approccio artistico e riflessivo l’apprendimento fra materie ed esperienza. Kurt Lewin: approccio Gelstatico dove il primo piano e lo sfondo sono descritti analogicamente al singolo e al gruppo. Il concetto del sé è fondamentale per rafforzare e trasformare continuamente. Non si apprende per quantità ma per qualità. L’apprendimento rappresenta qualcosa di importante per il proprio profilo personale, piuttosto che per il profilo professionale Di Knowles mettendo al centro la motivazione, crea un conflitto fra l’adulto che apprende per interessi pratici, il bisogno utile di apprendere; dall’altro aspetto La motivazione è intrinseca, autodiretta e non eterodiretta, Viene da me e non da altri. Una motivazione slegata dalla vita pratica. In questo contesto si aprono delle riflessioni perché vediamo persone adulte che hanno bisogno di dedicare attenzione ad apprendimenti slegati dalla vita pratica. Elementi legati al bisogno di sviluppare il concetto di sé. Rispondono comunque a una motivazione. Dovremmo distinguereCapitolo 5, 4/5/2015 Esperienza e autodirezione: Francesca Ruggeri portavoce), Veronica Melis, Valentina Piroddi, Ilary Manca, Luana Murru KOLB e JARVIS: autori della seconda metà del Novecento che si occupano dei processi di apprendimento degli adulti. KOLB. Propone una teoria dell’apprendimento esperienziale (si veda schema a p. 12). Secondo Mezirow la sua teoria trascura l’importanza dell’aspetto riflessivo nel discente adulto; in altre prospettive l’apprendere dall’esperienza viene collegato all’autoriflessione, nel senso che non si attinge semplicemente dall’esperienza, ma questa va rielaborata. Kolb con l’espressione experiential learning intende l’apprendimento come processo in cui il sapere discende dalla rielaborazione dei vissuti esperienziali. La sua teoria prende spunto dai modelli di apprendimento di Dewey, Piaget, Lewin, Maslow, Rogers e il gestaltista Perls. Essa contiene sei principi di fondo: 1. l’apprendimento è un processo e non un risultato; 2. è un processo continuo; 3. trae impulso da conflitti, differenze e disaccordi che apprendendo si superano; 4. è complesso, non si limita al cognitivo ma coinvolge anche il pensare, il sentire, il percepire e l’agire; 5. comporta un’interazione tra individuo e ambiente; 6. coincide con la costruzione del sapere. Partendo da questi presupposti, Kolb prefigura un modello di apprendimento costituito da un ciclo di quattro gradi, che sono l’esperienza concreta (= acquisizione del sapere = apprensione), l’osservazione/riflessione, la concettualizzazione astratta (= trasformazione del sapere = comprensione) e la sperimentazione attiva. Il processo di apprendimento può cominciare in ciascuno dei quattro poli. Il polo dell’esperienza concreta e della concettualizzazione astratta rappresentano due modi diversi di rapportarsi all’acquisizione del sapere; i due poli contrapposti dell’osservazione riflessiva e della sperimentazione attiva rappresentano due modi di rielaborare la conoscenza. Questi quattro poli corrispondono ad altrettanti stili di apprendimento o cognitivi: l’applicativo, il creativo, il teorico, il realizzatore. Woller e Baldi sono due autrici che mettono in evidenza alcuni rilievi critici mossi alla teoria dell’apprendimento esperienziale di Kolb: teoria come schema rigido che non legge la complessità dell’apprendimento umano, in modo particolare i procedimenti dell’apprendimento tacito e implicito; manca una considerazione sul valore della diversità delle esperienze socioculturali del soggetto che vive in un contesto sociale e politico; non si da sufficientemente spazio alla motivazione e al desiderio di voler apprendere da parte del soggetto. Tale approccio risulta essere utile per osservare i processi di apprendimento, i processi cognitivi; rappresenta un limite se si applica in situazioni formative istituzionalizzate. JARVIS. Si sofferma sul concetto di autodirezione, considerato categoria fondamentale per esaminare l’apprendimento in età adulta. Egli collega la nozione di apprendimento autodiretto al concetto di libertà, tema importante per l’esistenza dell’uomo e per le teorie pedagogiche. Il valore della libertà nell’apprendimento va studiato, secondo l’autore, con uno sguardo che va oltre la dimensione educativa. Bisogna dunque evitare di rinchiudere le teorie dell’apprendimento nei confini dell’educazione, per riuscire a studiare l’apprendimento in un’ottica multidisciplinare. Jarvis mette in evidenza che nella società ad una grande libertà teorica dell’adulto, non corrisponde altrettanta libertà d’azione. Il paradosso dell’apprendimento è che ci sono possibilità di autodeterminazione offerte all’individuo, ma le situazioni concrete negano tali possibilità. L’uomo durante l’apprendimento segue la logica del computer ma, a differenza del computer, ha la capacità di autoriflettere sui propri procedimenti mentali. Per superare il paradosso secondo cui più libertà e apprendimento generino meno libertà e meno apprendimento, Jarvis formula un’ipotesi secondo cui affinché possa generarsi un apprendimento autodiretto, ci deve essere la libertà di controllo dello spazio del discente. Più l’individuo controlla gli spazi della propria esistenza, più aumentano le possibilità che si verifichi un apprendimento autodiretto. Per l’autore, le dimensioni autogestite dall’individuo, che servono per compiere un apprendimento autodiretto, non sempre coincidono con quelle educative. Negli spazi educativi deve essere il discente ad avere il potere di gestione del proprio apprendimento. La relazione tra educatore e discente, ma in generale tutte le relazioni umane, devono essere autentiche affinché ci sia crescita individuale. Apprendimento collettivo e trasformazione sociale, Melania Soi (portavoce), Isabella Gramai, Maria Saba, Alessia Serra, Gian Franco Farigu Il paragrafo illustra e suggerisce come, partendo dalle idee di Gramsci e Freire, sul ruolo e il nesso fra educazione e sviluppo sociale si possa pensare a un processo virtuoso che porti, in modo sincronico, a uno sviluppo individuale e sociale. Un’educazione permanente funzionale a una democrazia sostanziale e viceversa. È BODEI a citare i due intellettuali. Il pensiero del singolo s’intreccia con quello della comunità. Quindi, il singolo che “influenza” il gruppo e il gruppo che “influenza il singolo. MEZIROW definisce “pensiero di gruppo” il conformismo. Questo è un problema perché annulla la riflessione critica individuale; HORTON parla del ruolo dell’educatore come “provocatore empatico” che non deve assumere il ruolo del leader sociale, ma deve “provocare” e incentivare la riflessione degli individui. JARVIS afferma la necessità per il discente di disporre non solo di libertà e autodeterminazione, ma anche delle condizioni materiali e immateriali per esercitarle. Si deve distinguere la liberta d’azione dall’autodeterminazione verso un’autodirezione dell’apprendimento. Jarvis parla solo del singolo ALBERICI non si deve pensare solo al come e al dove, ma anche al perché l’adulto apprende. Qui emerge l’importanza dell’apprendimento permanente in senso dinamico e si colloca storicamente dagli anni novanta. Prima l’apprendimento era inteso come recupero culturale di soggetti emarginati. Ora emerge come una necessita. L’apprendimento permanente e necessario alla democrazia sostanziale PAVAN parla dell’evoluzione storica delle politiche dell’apprendimento e in particolare come si è evoluto il concetto di democrazia cognitiva quale utopia di dare a tutti le medesime opportunità di apprendimento , ma pensare all’estendere le possibilità dell’apprendimento. PAVAN fa emergere quattro categorie di apprendimento: o Etico politico (umanistico) o Funzionale economico o Digitale orientato alle nuove tecnologie o Antropologico Fra questi i più i più rilevanti sono il primo e il secondo. Il primo si apprende per “essere”, il secondo è un apprendimento in funzione della redditività. IN quello digitale, prevale l’enfasi sul ruolo delle tecnologia nel modificare i significati e la qualità dell’apprendimento. Antropologica, l’uomo che apprende e riapprende (da) se stesso. DINAMICO: LONGWORTH Parla di Learnig cityes ovvero di città che apprendono. L’idea di estendere la centralità dell’apprendimento della formazione al di fuori delle agenzie educative. Una citta che apprende è una città dal governo più condiviso e i rapporti con i governanti e i governati dove questi possono modificare i comportamenti dei primi. 6. Capitolo, 6/5/2015 La metacognizione, Alessia (portavoce), Luana - la capacità meta cognitiva è molto importante nei processi d’apprendimento - nella vita adulta il soggetto è spinto ad apprendere dal “bilancio di competenze”, che gli indica su quali aspetti deve ancora lavorare per sentirsi adeguato ai suoi compiti - l’apprendimento procede per una spinta interiore - trattiamo della narrazione non in senso strettamente autobiografico ma relativamente alla “clinica della formazione” fondata da Riccardo Massa - in essa si mettono a nudo elementi impliciti del vissuto formativo (latenze) - si ispira a una razionalità critica e a un modello qualitativo - nasce per i formatori ma può estendersi a tutti gli adulti - rispetto al rapporto tra media e meta cognizione si confrontano Clark e Kozma - il primo ritiene che i media siano solo strumento dell’apprendimento - il secondo sostiene che i media lo cambino strutturalmente - per il suo valore applicativo il medium comporta una didattica del sapere/saper fare - i media garantiscono grande accessibilità ma comportano il rischio dell’omologazione - occorre ragionare sui media nel contesto in cui se ne fa esperienza e sul loro specifico ruolo rispetto agli adulti. Apprendimento dell’Italiano Lingua Seconda, Eleonora (portavoce), Valentina M. - trattiamo di persone che, in quanto adulte, hanno un codice linguistico già formato - contrariamente a quanto si sapesse prima, oggi osserviamo che gli adulti, svantaggiati nella fonologia, sono avvantaggiati nell’apprendimento della sintassi e morfologia della lingua - va valorizzato l’apprendimento linguistico collaterale, in ambiti distanti dall’aula - nella formazione linguistica degli stranieri si confrontano le motivazioni individuali di ciascuno di essi e quella più strumentale del Paese ospitante - la nbassa scolarità di molti discenti più che un ostacolo risulta un motivo di riscatto culturale - anche l’apprendimento di una lingua ha un forte valore meta cognitivo per il discente e rappresenta un motivo di riorganizzazione identitaria - si riscontrano competenze linguistiche e competenze sociali - è importante chiarificare, fin da subito, il “contratto formativo” con il singolo discente e agevolarne il più possibile l’appagamento dei bisogni formativi Apprendimento semplice e complesso nella formazione professionale, Gian Franco Farigu Si definisce la formazione professionale come il terreno dell’apprendimento intenzionale strumentale. PINEAU: BRUSCAGLIONI Allontanandosi da concezioni filosofiche porta avanti il concetto di “Bildung” inteso come formazione umana generale. Per Bruscaglioni, “fare formazione” significa intervenire in maniera finalizzata e organizzata sulla cultura professionale di individui e gruppi attraverso la metodologia dell’apprendimento”: quindi la formazione come processo di competenze di ordine professionale. Una CULTURA DELLA PROFESSIONE. Questo approccio, nelle intenzioni di Bruscaglioni tende a una formazione più ampia che tende a coinvolgere altri ambiti della vita dell’individuo. Il punto di vista dell’autore è da considerarsi centrale nel momento in cui distingue l’apprendimento in “semplice” e “complesso”. Il primo relativo alle conoscenze già possedute; il secondo per quelle che Mezirow definisce “apprendimento trasformativo”. Da un punto di vista didattico, al primo fa riferimento l’addestramento, al secondo la formazione. Questi vanno intesi entro confini sfumati e spesso contigui. Per Bruscaglioni, la “capacità” significa essere capaci di svolgere un compito. Ma le capacità non sono solo quelle pratiche, materiali e misurabili. Sono “l’apprendimento del cuore” MASLOW. Inteso come capacità affettive. Bruscaglioni parla anche di “cultura professionale” e di “abiti Professionali” oltre che di abilità strettamente professionali. Knowels riprende il tema della valorizzazione dell’esperienza. L’apprendimento in età adulta non può prescindere dall’esperienza pregressa, sviluppando motivazione e verifica delle acquisizioni fatte. L’apprendimento produce elementi che intervengono nell’immagine di sé, nei modelli rapporto interpersonale. Ogni apprendimento implica modificazione nelle relazioni, nei rapporti fra persone e ruoli nell’organizzazione. L’apprendimento fittizio rappresenta la capacità di trasferire oltre il contesto di apprendimento o formazione, quanto appreso. Questo è un parametro osservabile dell’apprendimento. Sulla motivazione, l’adulto non è disposto a delegare ad altri questo elemento. La dissonanza cognitiva è la percezione inadeguata che sente sapere meno di quanto necessario, oppure tale sapere ha bisogno di essere riorganizzato. SI parla dei cambiamenti delle prospettive di significato (Mezirow). BRUSCAGLIONI PARLA DI DUE PRINCIPI 1. Metodologico: un modello formativo che prevede una disamina iniziale, parziale e finale dei contenuti. Quindi la percezione, lo studio e infine la percezione globale. 2. Psicologico: qui siamo nell’andragogia, è il contattto con il formatore una relazione che si basa sull’aspetto razionale-emozionale del soggetto (Rogers) sulla prospettiva psicologia umanistica. Sono modelli centrati sul discente capaci di modificarlo piuttosto che modificare i contenuti. Sono prospettive sia umanistiche sia strumentali. Di modo che la formazione professionale, sovrapponendo queste prospettive, si abbia la crescita totale, più ampia dell’individuo in formazione. Ancora una volta, l’invito è a non irrigidirsi sulle definizioni e sulle categorie. Nell’ambito pedagogico, le teorie, i pensieri, le metodologie, ecc, operano simultaneamente, talvolta sovrapponendosi e convivendo, altre volte in successione diacronica o diatopica. Il ricorso all’una o all’altra o a tutte può essere funzionale ai nostri obiettivi educazionali e/o educativi, quindi mai finiti nella indefinita costruzione dell’individuo (Bildung). . Schema della teoria dell’Experiential Learning di David Kolb