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LA PERCEZIONE DELLA REALTÀ
DA DIVERSE PROSPETTIVE
Istituto omnicomprensivo
statale I.P.S.I.A. di
Bocchigliero
Anno scolastico 2013/2014
classe V Alunno: Giuseppe Ricca
I.P.S.I.A. Bocchigliero
--la percezione della realtà da diverse prospettive--
STORIA
ITALIANO
IL VERISMO:G.
VERGA
LA QUESTIONE
MERIDIONALE
INGLESE
SENSORS AND
AUTOMATION:
TRAFFIC LIGHT
ED. FISICA
GLI ORGANI
DI SENSO
LA PERCEZIONE DELLA
REALTÀ DA DIVERSE
PROSPETTIVE
SISTEMI
RIVELAMENTO DELLA
LUMINOSITÀ
Alunno: Giuseppe Ricca
TELECOMUNICAZIONI
TRASDUTTORI
ACUSTICI
anno scolastico 2013/2014
classe V
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I.P.S.I.A. Bocchigliero
--la percezione della realtà da diverse prospettive--
INTRODUZIONE
Il mio percorso inizierà con la letteratura e dirò il verismo di Giovanni Verga, continuo nel
parlare della questione meridionale nel campo storico. Nelle materie tecnologiche parlerò
in sistemi del rilevamento della luminosità e in telecomunicazioni dei trasduttori acustici, in
educazione fisica dirò gli organi i 5 sensi e finirò a parlare , della materia di inglese, dei
sensori e automazione e dei semafori.
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--la percezione della realtà da diverse prospettive--
Italiano
Giovanni Verga
Giovanni Verga nacque a Catania il 2 settembre 1840, da
una famiglia liberale, di nobili proprietari terrieri. A 16 anni il
Verga compose il suo primo romanzo "Amore e patria".
S'iscrisse nel 1858 nella facoltà di legge all'università di
Catania, attratto però dalla sua vocazione di scrittore e
giornalista si dedicò ad un nuovo romanzo "I carbonari della
montagna" e quindi ad un terzo "Sulle lagune". Insofferente
della vita di provincia, si trasferì a Firenze dove si accosto
ai circoli letterali e strinse amicizia col conterraneo Luigi
Capuana teorico del Verismo di cui condivise le idee e che
lo indirizzo verso una più concreta osservazione della
realtà. << Firenze, scriveva ai famigliari, è davvero il centro
della vita politica e intellettuale d' Italia; qui si vive in un
altra atmosfera>>. Nel 1872 , però, si trasferì a Milano dove
si inserì nei più brillanti e dinamici ambianti letterali, a contatto con gli artisti ansiosi di
rinnovamento culturale e in sintonia con la cultura Europea. La pubblicazione dei suoi
primi romanzi milanesi lo fece conoscere a un vasto pubblico e lo inserì nella narrativa non
solo italiana. In quei romanzi egli si apriva al vero descrivendo ancora ambienti della
buona società anche se non più guardati con occhio romantico, ma già studiati nei
meccanismi reali. Era la strada del naturalismo di cui il Verga subiva sempre di più il
fascino,pur non condividendone in pieno le teorie. Muore a Catania nel 1922
personalità
Discreto, solitario e riservato pur mantenendo sempre un tratto cortese, contrario a
qualsiasi forma di pubblicità, chiuso in una sorta di costante malinconia: erano questi gli
aspetti del Verga. Ne emerge l'immagine di un uomo sensibile, ma dal carattere difficile,
per il quale l'approdo al Verismo, rappresentò forse il mezzo ideale per nascondere se
stesso dietro la propria opera. Egli visse in un'epoca di transizione, caratterizzata dal
passaggio dall'idealismo dell'Italia risorgimentale allo scetticismo positivistico dell'Italia
post-unitaria, tanto vero che questa rinuncia all'idealismo romantico in nome di un
atteggiamento di fiducia nella scienza si tradusse nel Verga in una forma di rassegnazione
e accentuò la sua visione pessimistica della vita, vista come una drammatica lotta in cui
solo il più forte è destinato a vincere e il più debole, fatalmente a soccombere
il verismo
IL Verismo è un movimento culturale e letterario che si sviluppò in Italia tra il 1875 e il
1890: trovò la sua massima espressione nella narrativa e, seppur in modo meno rilevante,
nel teatro di commedia.
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--la percezione della realtà da diverse prospettive--
L’influenza del Positivismo
Il Verismo nasce sotto la diretta influenza del clima del Positivismo, quell’assoluta fiducia
nella scienza, nel metodo sperimentale e negli strumenti infallibili della ricerca che si
sviluppa e prospera dal 1830 fino alla fine del 19° secolo. Si tratta di una dottrina filosofica
prodotta dalle classi colte e borghesi, che, appagati dalle recenti scoperte geografiche e
scientifiche, nutrono fiducia nella possibilità della scienza di razionalizzare la realtà, così
da permettere loro di dominarla e prevederla. Il Positivismo ritiene che l’unica conoscenza
possibile sia quella derivata dai fatti, e l’unico modo per studiarli è l’osservazione propria
delle scienze e del metodo sperimentale. Positivo è tutto quanto è certo, perché studiato a
partire dai fatti e dunque non immaginato o stabilito a priori. Dice infatti Fourier che “ Le
cause primordiali non ci sono note, ma esse sottostanno a leggi semplici e costanti, che si
possono scoprire per mezzo dell'osservazione e il cui studio costituisce l'oggetto della
filosofia
naturale”
Le origini del Positivismo sono a loro volta da ricercarsi nell’Illuminismo inglese e francese.
L’influenza del Naturalismo
Il Verismo non è una geniale e isolata intuizione degli scrittori italiani, ma si ispira in
maniera evidente ad un movimento letterario diffusosi in Francia dalla metà dell’800: il
Naturalismo. Esso promuove l’interesse del romanziere per la vita vera e contemporanea:
concentra l’attenzione sui ceti più umili e ignoranti, costruisce vicende comuni e prive di
grandiosità e usa uno stile narrativo altrettanto basico, essenziale e concreto. I suoi libri si
devono presentare come studio il più possibile oggettivo dell’uomo e delle sue azioni, e ne
descrivono la psicologia in maniera studiata e attenta. In linea con le convinzioni
positivistiche e naturaliste, il Verismo propone un’arte rispettosa dei precetti della scienza
sperimentale: vede il soggetto umano come oggetto di ricerca scientifica, lo studia
approfonditamente con freddezza e distacco e crede nella possibilità di analizzarlo in
modo chiaro, senza incappare in zone dai contorni sfumati e indefiniti, ma giungendo a
conclusioni certe e dimostrate. Rispetto al Naturalismo francese, però, si individuano
alcune differenze: le enunciazioni teorico - scientifiche, tanto presenti nella narrativa
d’Oltralpe, sono pressoché assenti nelle opere degli italiani, i quali tentano di mantenere
una certa autonomia dell’espressione artistica dai dettami della scienza e della filosofia
positivistica. Il Naturalismo, inoltre, è figlio della fiducia positivista nella scienza: crede che
sia possibile eliminare stenti e fatiche dell’uomo grazie ad una
razionalizzazione del lavoro e ad una scientifizzazione del
mondo. Il Verismo è di tutt’altro avviso: il metodo di
osservazione accurata è usato per studiare l’uomo, ma non per
salvarlo o proporre miglioramenti: esso svela, semplicemente,
l’impossibilità di cambiare e di porre fine alle sventure umane.
La visione del mondo verista
La narrativa verista prende spunto dall’osservazione,
dall’esattezza della descrizione e dall’approfondimento
tecnico, quasi clinico, tipico di Naturalismo e ottica
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positivistica, ma concepisce l’arte come qualcosa di nuovo, concreto e fuori dalle
convenzioni.
E’ un’arte che si oppone al Romanticismo e all’ Idealismo: non ricerca la storia
edificante, la morale, l’insegnamento o la bellezza della descrizione; vuole invece
essere realistica, popolare, quotidiana. Parla di personaggi semplici ed umili, non
erge nessuno al ruolo di eroe ma preferisce scavarne difetti e debolezze,
cogliendolo sempre nell’atto di compiere azioni banali o abituali, e non avventure o
missioni straordinarie. Gli uomini su cui la narrativa verista si sofferma sono
persone comuni, non spiccano né per bontà e coraggio né per malvagità, ma anzi
sembrano
irrimediabilmente
limitati
e
non
interessanti.
La ricerca del Verismo di luoghi umili e privi di eroismo lo porta ad ambientare le
sue storie nelle regioni più primitive e lontane dal processo di civilizzazione e
unificazione nazionale: dall’astrattezza e eleganza delle città si passa a campagne
o montagne dove la civiltà sembra non essere mai arrivata. Si tratta di territori
aspri, poveri, abitati da gente spesso ignorante e lontana da qualunque modello di
comportamento da buona società. In tal senso, ambientazione preferita dai
romanzieri veristi è la Sicilia: selvaggia, incontaminata, tagliata fuori dal processo di
scolarizzazione e civilizzazione in atto in Italia, è il luogo perfetto per vedere
all’opera contadini analfabeti, pescatori rozzi e donne che sognano un ricco
matrimonio, mentre lavorano a maglia sul davanzale delle finestre e chiacchierano
con le vicine del palazzo accanto. Nelle opere veriste si incontrano anche altre
regioni: la campagna isolata della Toscana, la Calabria e un Piemonte misero e
dimesso.
A pochi anni dalla realizzazione dello Stato unito, quando le parole di politici e
intellettuali celebravano l’unificazione e lo svecchiamento dell’Italia, una tale
attenzione da parte degli scrittori suscitò le più alte critiche e malcontenti. Il Verismo
infatti presentava un’Italia povera, ai più sconosciuta, formata da persone molto
diverse tra loro e neppure consce di avere in comune un’identità nazionale: ciò
spesso assumeva, al di là delle intenzioni degli autori, un carattere anche politico e
sociale, diveniva una denuncia di tutto ciò che il governo piemontese non
considerava, ovvero le miserie, l’ignoranza, l’abbandono di quelle genti.
La poetica e lo stile
La lingua fu straordinariamente rivoluzionata. Una trasformazione e svecchiamento
in tal senso era già stata promosso da Alessandro Manzoni, che tra i primi aveva
scritto un’opera – I Promessi Sposi – dove i protagonisti erano povera gente,
incolta, semplice, che si trovava a vivere vicende certamente peculiari ma poi non
così eroiche, né idealizzate. Il linguaggio adatto a descrivere tali personaggi non
poteva essere la lingua accademica e colta dei migliori salotti intellettuali: doveva
essere
qualcosa
di
vicino
alla
gente,
vicino
al
parlato.
I Veristi raccolgono l’eredità del Manzoni e la spingono all’estremo, costruendo una
prosa spigliata, fluida, da vicenda parlata più che scritta; aprono le porte alle
inflessioni regionali, alle parolacce, ai proverbi e ai dialetti. Il vocabolario è scelto,
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essenziale, veloce, efficace, e tutto è improntato alla sintesi e alla brevità.
Il processo di semplificazione della lingua portava, nell’ottica dei Veristi, a una semplicità e
sincerità anche morale: tolti gli orpelli della bella lingua romantica, si voleva raggiungere la
profondità dei soggetti e delle storie, non limitandosi alla superficie.
Il declino
La scarsa coscienza teorica della novità della propria arte impedì la proliferazione di
romanzi tutti concentrati sullo stesso tema e sullo stesso stile – il che fu un bene. Ma portò
ben presto all’esaurimento del movimento stesso, che avrebbe potuto invece declinarsi in
altre forme e raggiungere ancora più rivoluzionari risultati. Intorno ai primi anni del ‘900,
infatti, la semplicità lessicale e sintattica della corrente e il suo indugiare sugli stessi temi
furono travolti dalla novità del Decadentismo, che parve a tutti più attrattivo e nuovo del
Verismo
stesso.
Il suo periodo di esistenza fu dunque brevissimo: iniziò con Nedda di Verga (1874) e si
concluse con un altro capolavoro verghiano, Mastro don Gesualdo (1889). Questo non
significa che dopo quelle date non furono più realizzate opere veriste: al contrario,
un’opera importante e di indubbia bellezza come I Viceré fu completata da Federico de
Roberto nel 1894. Ma fu considerata, dai critici del tempo già innamorati del Decadentismo
e di D’Annunzio, un testo ormai vecchio e antiquato, legato inesorabilmente a un tempo e
a un’estetica superate.
Opere
L'attività letteraria di Giovanni Verga, dopo le prime opere giovanili e di scarso rilievo, può
essere divisa in due fasi: una prima caratterizzata dalle descrizioni di ambienti artistici e
dell'alta società, in cui unisce residui romantici e modi scapigliati con la tendenza generica
a una letteratura "vera" e "sociale"; una seconda che può propriamente essere definita
quella verista.
Le prime opere giovanili
Amore e Patria
Il primo esordio del giovane Verga prende inizio dal romanzo Amore e Patria del quale
abbiamo le prime notizie negli anni 1929 da De Roberto e da Lina Perroni che ne pubblica
alcuni capitoli.
Esso narra un avvenimento della guerra di indipendenza americana e descrive grandi eroi
ma anche vili traditori con uno stile romantico dove la passione amorosa si intreccia con
quella patriottica. La storia ha un lieto fine. A guerra terminata il protagonista, il colonnello
Edoardo di Walter, giovane di bell'aspetto e ardente patriota, sposa la pura e bella
Eugenia di Redward.
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I carbonari della montagna
Ma la vera attività letteraria del Verga si fa iniziare con il romanzo storico
I carbonari della montagna scritto nel 1860 e pubblicato tra il 1861 e il 186 a Catania per
l'editore Galàtola a spese dell'autore in quattro volumi. Esso risente di tutte le letture fatte
in quei tempi dal giovane, dall'Abate al Castorina, dal Manzoni al Foscolo, dal D'Azeglio a
Byron, Dumas e Scott oltre ai vari poemi cavallereschi.
Il romanzo, di carattere idealmente autobiografico, risente di forte amore di patria e di
"risentimenti antifrancesi".
La vicenda si svolge nel 1810-1812 durante la guerra partigiana dei carbonari che
combattono per ottenere l'indipendenza. I Borboni, per combattere l'usurpatore Gioacchino
Murat raccolgono uomini coraggiosi al comando del giovane Corrado. L'intreccio
avventuroso vedrà alla fine il giovane protagonista che, deluso per il tradimento dei
Borboni e di Carolina, la donna che ama, morirà restando però venerato da tutte le genti
d'Italia.
Sulle lagune
Nell'appendice del quotidiano di Firenze "La Nuova Europa" viene pubblicato a puntate,
tra il 13 gennaio ed il 15 marzo 1863, il racconto lungo "Sulle lagune", terza opera
giovanile dello scrittore, nel quale prevalgono i motivi romantici e l'eco dell'opera
foscoliana Jacopo Ortis.
La vicenda si svolge a Venezia nel periodo del dominio austriaco dal settembre del 1860 al
1861 e racconta la storia d'amore del giovane ufficiale ungherese Stefano de Keller e la
giovane fanciulla veneziana Giulia Collini che, dopo aver superato numerosi ostacoli,
riescono a fuggire insieme su una gondola verso Chioggia.
La prima maniera
Risalgono alla prima maniera tutti quei romanzi, come Una peccatrice del 1866, Storia di
una capinera del 1869, Eva e Tigre reale del 1873, Eros del 1875, che si possono
considerare autobiografici nel senso che, come scrive Giuseppe Petronio, "... il Verga
mirava a effondere stati d'animo e sentimenti che erano anche suoi, e a vivere, nei suoi
libri, avventure non vissute effettivamente ma sognate".
Oltre a questo suo desiderio autobiografico si trova però in questi romanzi la volontà di
analizzare la società del suo tempo, soprattutto dello strato sociale più elevato, mettendo
in evidenza i fallimenti sentimentali e l'immoralità, non solo dei singoli personaggi ma di
tutta la società.
Le storie di questi primi romanzi, dal tono spiccatamente melodrammatico, descrivono
tutte un mondo che, se pur descritto, è in un certo senso negato "... la baronessa russa è
sconfitta dall'amor familiare, e il treno che ne porta in Russia il cadavere si incontra in una
stazione, simbolicamente, con quello che porta in villeggiatura il suo ex amante con la
moglie e la figlia. Enrico Landi, il pittore romantico e bohémien di Eva, sconfitto nell'arte e
nell'amore, ferito in duello e ammalato, va a morire in Sicilia, tra gli affetti, sia pure
oleografici della famiglia: il mondo della passione, del lusso, dei sentimenti facili e
superficiali, si svela più debole di altre cose, più semplici ma sane, radicate nel
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costume sociale e nella coscienza dei personaggi".
In una lettera scritta a Felice Cameroni il 18 luglio del 1875 lo scrittore, come se
presagisse la conclusione di questa sua prima fase, scrive:
Una peccatrice
Nel 1866 Verga pubblica il romanzo Una peccatrice che aveva iniziato a Catania e
terminato a Firenze durante il suo primo soggiorno. In esso si ritrovano molti di quei motivi
che il giovane scrittore riprenderà, rielaborandoli, nei romanzi che seguiranno. È anche
considerato un romanzo autobiografico, sebbene Verga non lo ritenga tale: arriverà
addirittura a ripudiare l'opera negli anni successivi.
Storia di una capinera
Storia di una capinera, romanzo scritto in forma epistolare e definito dallo stesso Verga in
una lettera a Louis Edouard Rod di "genere romantico e sentimentale", venne scritto
nell'estate del 1869 e pubblicata nel 1871 ottenendo subito un grande successo. In esso si
intravedono alcuni temi tipicamente verghiani come quello della famiglia e della
campagna. Il romanzo, pur presentando una sensibilità ultra romantica,"... presenta anche
uno studio dell'ambiente ben documentato e la ricerca di verità e di efficacia sociale".
Eva
Il romanzo Eva, pubblicato nel 1873, narra la passione di un giovane pittore per una
ballerina e in esso si nota "un notevole realismo nello studio della psicologia di Eva e nella
considerazione dell'influenza decisiva del motivo economico sulla vicenda amorosa".
Tigre reale
Tigre reale, pubblicato da Brigola nel 1875, narra la storia dell'attrazione del giovane
diplomatico Giorgio La Ferlita per una contessa russa "avida e capricciosa, malata di tisi e
condannata a breve vita".Anche in questo romanzo spiccano alcuni di quei temi”... che
ritroveremo nell'arte compiuta del Verga maturo, in una disposizione di toni e di parole che
nascono con un timbro loro e ci obbligano ad appoggiare la voce su alcune e smorzarla su
altre".
Eros
Il romanzo Eros, pubblicato nel 1875 è un romanzo "mondano" costruito sulla violenza
delle passioni in un mondo raffinato ed elegante ma falso e "costituisce una tappa
significativa nell'iter narrativo dello scrittore siciliano (influenzato dal milanese clima
scapigliato), un bisogno di semplicità e naturalezza, di verità, dopo tanti artifici di
sentimenti, di situazioni, di linguaggio".
La prima raccolta di novelle
Primavera e altri racconti
Nel 1876 l'editore Brigola di Milano pubblica la prima raccolta di novelle dello scrittore
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intitolata Primavera e altri racconti che verrà ristampata nel 1877 con l'aggiunta di Nedda.
Le novelle erano apparse precedentemente sulla rivista "Illustrazione italiana" e "Strenna
italiana". Il tema comune che lega queste novelle dal carattere eterogeneo è l'amore e in
esse si possono già cogliere significativi tratti di realismo. Tra le novelle più riuscite di
questa raccolta si ricorda Primavera, dove viene narrata la storia d'amore di una sartina,
chiamata la Principessa, per Paolo, un giovane musicista giunto a Milano dove "...
girondolava, masticando pensieri musicali, e sogni di giovinezza e di gloria".In questa
novella l'autore ritenta, come già aveva fatto in Nedda e in qualche passo di Eros, l'uso del
discorso indiretto libero che adotterà in seguito e che risulterà una nuova e vincente
tecnica narrativa.
Una pausa verista
Nedda
Nel 1874la serie di romanzi romantici e sentimentali, che però denunciavano già una
forma di preverismo, vengono interrotti da una novella, intitolata Nedda, completamente
diversa sia per l'argomento trattato che per lo stile. In essa Verga non descrive più il
mondo borghese dell'alta società milanese o fiorentina, ma il mondo umile e povero,
lontano da ogni specie di vita mondana, di un piccolo paese siciliano. In Nedda si avverte,
come già nei precedenti romanzi, l'accusa contro un certo tipo di società, ma l'accusa in
questo caso è molto più concreta e si basa su uno studio attento e realistico di una
situazione sociale ben precisa che l'autore denota di ben conoscere.
La fase verista
Dopo questa novella, che può considerarsi un episodio isolato, il Verga continuò a scrivere
i romanzi alla prima maniera, per poi riprendere dopo un po' di anni le posizioni stilistiche e
umane che aveva espresso in Nedda, iniziando così la sua nuova fase narrativa.
Risalgono al 1880 la raccolta di Vita dei campi, al 1883 la raccolta Novelle rusticane e la
progettazione di cinque romanzi del Ciclo dei Vinti del quale scrisse i primi due: I
Malavoglia nel 1881 e Mastro-don Gesualdo nel1888 con la pubblicazione tra i due, nel
1882, di un romanzo tra la vecchia maniera e la nuova, intitolato Il marito di Elena.
Lo sfondo di tutte queste opere sono i luoghi intorno a Catania al quale lo scrittore era
fortemente legato e hanno tutte come protagonisti uomini di umili origini sociali, come
contadini, pastori, pescatori, artigiani. Se vengono messi in scena alcuni rappresentanti
della nobiltà del paese, essi hanno tutti caratteristiche assai diverse dal modo di pensare
dei primi personaggi verghiani. Tutto quindi cambia, dai temi, all'ambiente e ai personaggi
dando spazio allo scrittore per una nuova maniera di intendere l'arte e la vita.
Vita dei campi
La nuova stagione dello scrittore si può far iniziare con la raccolta di novelle intitolata Vita
dei campi, pubblicata a Milano dall'editore Treves nel 1880, che può essere considerata "il
primo capolavoro della narrativa verghiana; un libro che contiene alcune tra le sue più
celebri novelle, da Rosso Malpelo a Jeli il pastore, da Cavalleria rusticana a
Fantasticheria.[11]
In queste novelle Verga descrive, dal punto di vista popolare, gli eventi e le situazioni di
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quell'ambiente contadino siciliano che egli conosceva bene e a cui era particolarmente
legato, focalizzando l'attenzione sul piccolo mondo locale.
Il ciclo dei Vinti
Lo scrittore siciliano aveva progettato un ciclo di cinque romanzi, Il ciclo dei vinti, dei quali,
però, scrisse solo i primi due: I Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo(1888), ai quali
interpose Il marito di Elena (1882), romanzo che mostra ancora l'indecisione di Verga
all'adozione del verismo. I successivi tre titoli che dovevano completare il ciclo non sono
mai stati scritti: essi comprendono. La duchessa di Leyra (di cui rimangono solo i primi
capitoli), L'onorevole Scipioni e L'uomo di lusso. Questi ultimi, in ordine, dovevano narrare
la sconfitta di quella vanità che può sussistere solo ad un alto livello sociale, la sconfitta
nelle ambizioni politiche tese alla conquista del potere, e la sconfitta nell'ambizione
dell'artista che aspira alla gloria.
I Malavoglia
I Malavoglia è la storia di una famiglia, i cui membri sono rimasti sconfitti nel loro grande
sforzo per uscire dalla miseria: è la lotta per il progresso allo stato elementare, in un
ambiente i cui problemi sono quelli del pane quotidiano e le possibilità di mobilità sociale
sono ridotte a zero.
Mastro-don Gesualdo
Mastro-don Gesualdo è la sconfitta di chi, vinta la battaglia per una migliore condizione
economica, aspira alla promozione sociale e spera di conquistarla attraverso un
matrimonio combinato, per accedere alla nobiltà.
Novelle rusticane
Novelle rusticane è una raccolta di 12 novelle pubblicate a Torino dall'editore Casanova
nel 1883 e sono, come scrive Sarah Zappulla Muscarà "Mirabili, nella loro sofferta,
opprimente desolazione, percorse da un più cupo pessimismo e nessun spiraglio di luce
sembra illuminare i protagonisti di questa disperata tragedia del vivere". Le novelle
rusticane sono il secondo scritto verista di Verga e tratta la tematica della "roba". Qui
Verga introduce le tematiche socio-economiche della Sicilia del tempo. Secondo Verga,
riesce a far fronte agli imprevisti della natura solo chi riesce ad accumulare più beni (terre,
denaro), secondo la "legge del più forte". È dunque necessario curare i possessi materiali.
Per le vie
Risale al 1883 anche la pubblicazione, da parte dell'editore Treves della raccolta di novelle
intitolata Per le vie che vede come protagonisti gli emarginati di una grande città come
Milano in continua lotta per la sopravvivenza.
Drammi intimi
La raccolta di novelle Drammi intimi, pubblicata a Roma nel 1884 da Sommaruga contiene
"Ancora fantasticherie erotiche, "malsane divagazioni della mente", amori che uccidono ed
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insieme novelle rusticane"[13]
Dal tuo al mio
Nel 1905 compose infine un romanzo tratto da un dramma che aveva scritto nel 1903 dallo
stesso titolo, Dal tuo al mio dove si assiste all'evolversi del suo pensiero sociale. Quando il
movimento operaio si rafforzò e cominciò ad organizzarsi, passò da una adesione
commossa alla diffidenza. Il romanzo descrive il voltafaccia di un capolega operaio che,
avendo sposato la figlia del padrone, si trova sia economicamente che socialmente dalla
parte finora contestata.
La sceneggiatura delle novelle
Oltre la composizione delle sue opere maggiori, Verga va ricordato per il suo contributo
alla nascita in Italia di un teatro verista. Egli infatti scrisse la sceneggiatura di alcune sue
novelle, Cavalleria rusticana e La lupa alle quali seguirono opere scritte espressamente
per il teatro, come In portineria e Dal tuo al mio.
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storia
la questione meridionale
Nel 1901 il re Vittorio Emanuele III nominò presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli
Lo affiancava, come ministro degli Interni, Giovanni Giolitti. Dal 1901 al 1914 Giolitti
esercitò un influenza così autorevole sulla vita politica dell' Italia che questo periodo viene
comunemente definito età giolittiana. L' età giolittiana coincise con il decollo della
rivoluzione industriale in Italia.
I progressi più evidenti si registrarono nell' industria siderurgica, nell'industria elettrica e
nell'industria meccanica. Queste industrie avevano sede sopratutto nel così detto triangolo
industriale, formato da Torino,Milano e Genova.
La politica protezionistica, attuata con l' imposizione di altre tasse sui prodotti esteri, favorì
notevolmente lo sviluppo delle industrie del Nord, mentre danneggiò il Sud che vide chiuse
le porte dei mercati esteri per i propri prodotti tipici.
Lo sviluppo industriale portò notevoli miglioramenti
nel livello medio di vita degli Italiani, ma nuovi
disagi nelle città sempre più affollate. Giolitti
elaborò un suo piano di riforme coinvolgendo in
particolare il Partito socialista italiano che
interpretava la protesta della sempre più numerosa
classe operaia. All' interno del Partito socialista
italiano, si erano formate due correnti : quella
riformista e quella massimalista. I riformisti, guidati
da Filippo Turati, ritenevano che si dovesse
cambiare la società gradualmente, attraverso le
riforme. I massimalisti, guidati da Costantino Lazzari e da Benito Mussolini, ritenevano che
per cambiare la società fosse necessario ricorrere alla rivoluzione. Nel settembre del 1904
venne proclamato il primo sciopero generale nazionale: una vittoria dei massimalisti che si
richiamavano al sindacalismo rivoluzionario di Sorel.
il modo di far politica di Giolitti venne definito del doppio volto:
• Un volto aperto e democratico nell ' affrontare i problemi del nord;
• Un volto conservatore e corrotto nello sfruttare i problemi del sud.
Al nord, Giolitti consentì gli scioperi e fece assumere al governo una posizione di
neutralità difronte ai conflitti sindacali. Giolitti non si limitò a consentire gli scioperi,
varò alcuno riforme che migliorano le condizioni di lavoro degli operai.
La lotta sindacale portò all' aumento dei salari dei lavoratori che poterono così
cominciare ad acquistare non solo prodotti alimentari, ma anche prodotti
industriali.
Altri interventi riformatori di Giolitti si ebbero nel campo ferroviario,
assicurativo con la nazionalizzazione delle assicurazioni sulla vita, a questo
scopo venne creato un apposito ente l'INA (Istituto nazionale assicurazione).
L' azione di governo di Giolitti nei confronti del Meridione ebbe carattere sporadico.
Se eccettua la costruzione dell' acquedotto pugliese, perlopiù gli interventi si
limitarono a leggi speciali per porre rimedio a situazioni particolari. Gran parte del
flusso di denaro che in questo modo arrivò al Sud alimentò clientele e corruzione. In
oltre, difronte agli scioperi del Sud, Giolitti non fu affatto neutrale,fece intervenire
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duramente le forze dell' ordine, attuando una pesante repressione e causando
numerose vittime. Il Sud, per Giolitti, era politicamente un semplice serbatoio di voti
da controllare in modo spregiudicato. Molti contadini meridionali, rimasti
disoccupati, si videro costretti a partire in cerca di lavoro verso l estero. Tra il 1900
e il 1914 emigrarono più di 8 milioni di nostri connazionali, principalmente verso il
Nord Europa, gli Stati Uniti e alcuni paese dell' America del Sud. L' emigrazione fu
un fenomeno doloroso che tutta via portò un po' di ricchezza nelle terre più povere.
Chi lavorava all' estero infatti mandava parte della propria paga(le così dette
rimesse), in Italia, aumentando un po' la ricchezza del nostro paese
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sistemi
Rilevamento di luminosità
Il sensore è un trasduttore che si trova in diretta interazione con il sistema misurato ed è,
in ambito strettamente metrologico, riferito solamente al componente che fisicamente
effettua la trasformazione della grandezza d'ingresso in un segnale di altra natura. I
dispositivi in commercio spesso integrano al loro interno anche alimentatori stabilizzati,
amplificatori di segnale, dispositivi di comunicazione remota, ecc. In quest'ultimo caso si
preferisce definirli trasduttori. Il trasduttore in questo caso è una fotoresistenza: la
resistenza del componente varia in funzione della luminosità. La resistenza aumenta al
crescere della luminosità: al buio vale circa 1MΏ mentre con 1 luminosità di 1000 lux la
resistenza diminuisce fino al valore di circa Rm = 500Ω. L'andamento della resistenza in
funzione della luminosità non è però lineare. Il trasduttore può essere utilizzato come
sensore di temperatura. Quando la temperatura supera un valore prefissato, l'elemento
riscaldante, non deve più essere percorso da correnti. I rilevatori di movimento e i sensori
di presenza sono strumenti che aumentano l’efficienza energetica degli impianti elettrici
nei quali
vengono installati. Questi dispositivi, infatti, adattano il consumo di energia elettrica alle
reali necessità d’illuminazione. La soglia crepuscolare impostabile 0 permette di
selezionare quando, per l’utente, la luce naturale non è più sufficiente e quindi deve
essere accesa la luce artificiale. La regolazione del ritardo allo spegnimento consente di
limitare al massimo gli sprechi, dando la possibilità di impostare per quanto tempo la luce
deve rimanere accesa in assenza di persone nell’angolo di rilevamento. Ciò significa
accendere la luce solo quando la luce del sole non è sufficiente e solo per il tempo in cui si
è presenti nell’ambiente.
FotoResistenza o LDR (Lum R)
Se prendiamo un pezzetto di materiale semiconduttore (quale ad es.: Silicio, Germanio,
Solfuro di Cadmio, Arseniuro di Gallio, ecc.) lo poniamo al buio e ne misuriamo la
resistenza otterremo un certo valore. Se poi lo illuminiamo facendo lentamente crescere
l’intensità luminosa vedremo che la sua resistenza diminuirà.
Da questo esperimento si comprende bene una delle proprietà dei semiconduttori, la loro
resistenza dipende dall’intensità luminosa dell’ambiente in cui si trovano ed in particolare
decresce al crescere di tale intensità. Sfruttando questa loro proprietà è possibile
realizzare un particolare tipo di Sensore di Luminosità, la Foto Resistenza o LDR
(Light-Dependent Resistor cioè Resistenza Dipendente dalla Luminosità).
Definizione
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Una FotoResistenza o LDR è un Sensore che sfrutta la proprietà dei semiconduttori di
variare la propria resistenza al variare della luminosità. Un FotoDiodo è un particolare
diodo che posto all’interno di un package trasparente e
polarizzato inversamente è in grado di produrre una corrente proporzionale
all’illuminazione ricevuta. Esso si comporta come un generatore di corrente, il cui valore
dipende dall’illuminazione in ingresso.
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telecomunicazione
trasduttori acustici
Il modello di un collegamento elementare di telecomunicazione prevede la presenza di :
• un terminale trasmittente, comprendente un opportuno trasduttore di sorgente;
• un terminale ricevente, comprende un opportuno trasduttore di ricezione
• un canale di comunicazione,comprendente il
mezzo trasmissivo e le relative apparecchiature
di linea
il suono
quando parliamo, si producono delle onde sonore che
si propagano attraverso l aria che ci circonda Le
oscillazioni sono spostamenti delle particelle, intorno
alla posizione di riposo e lungo la direzione di
propagazione dell'onda, provocati da movimenti
vibratori, provenienti da un determinato oggetto,
chiamato sorgente del suono, il quale trasmette il
proprio movimento alle particelle adiacenti, grazie alle
proprietà meccaniche del mezzo; le particelle a loro
volta, iniziando ad oscillare, trasmettono il movimento
alle altre particelle vicine e queste a loro volta ad altre ancora, provocando una variazione
locale della pressione; in questo modo, un semplice movimento vibratorio si propaga
meccanicamente originando un'onda sonora (o onda acustica), che è pertanto onda
longitudinale. Si ha un'onda longitudinale quando le particelle del mezzo in cui si propaga
l'onda, oscillano lungo la direzione di propagazione. Le onde meccaniche longitudinali
sono anche denominate onde di pressione. Il suono è un'onda che gode delle seguenti
proprietà: riflessione,rifrazione e diffrazione, ma non della polarizzazione (a differenza
della luce che è un'onda elettromagnetica, ovvero un'onda ha come la frequenza
e la lunghezza d'onda possono essere messe in relazione con la formula
Per le onde sonore, l'ampiezza dell'onda è la differenza tra la pressione del mezzo non
perturbato e la pressione massima causata dall'onda.
La velocità di propagazione delle onde sonore dipende dalla temperatura e pressione del
mezzo attraverso il quale si propagano.
Come tutte le onde, anche quelle sonore sono caratterizzate da una frequenza (che nel
caso del suono è in diretta, ma non esclusiva, relazione con la percezione dell'altezza) e
un'intensità (che è in diretta, ma non esclusiva, relazione con il cosiddetto "volume" del
suono). Inoltre, caratteristica saliente delle onde sonore è la forma d'onda stessa, che
rende in gran parte ragione delle differenze cosiddette di timbro che si percepiscono tra
diverse tipologie di suono.
Come tutti i fenomeni acustici, il suono è una perturbazione di carattere oscillatorio che si
propaga con una data frequenza in un mezzo elastico. Il numero di oscillazioni (variazioni
di pressione) al secondo viene chiamato frequenza del suono e viene misurato in cicli al
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secondo ossia in Hertz (Hz). Il campo uditivo dell'uomo si estende da circa 20 Hz fino a
20.000 Hz (ossia 20 kHz). La lunghezza d'onda rappresenta lo spazio percorso dall'onda
sonora in un periodo completo di oscillazione. Le relazioni tra periodo T (tempo necessario
perché si compia un'oscillazione completa), frequenza f, e lunghezza d'onda L sono date
da:
f = c/L; f = 1 /T; c = L/T; c = Lf
dove c è la velocità del suono nell'aria (344 m/s; nell'aria, alla temperatura di 20 °C ed alla
pressione atmosferica del livello del mare).
La velocità del suono dipende molto dalla densità del mezzo: è circa 1.500 m/s nell'acqua
e circa 5.000 m/s nel ferro. Essendo un movimento di materia, nel vuoto non si trasmette,
poiché non c'è materia da far oscillare.
Conoscendo la velocità e la frequenza di un suono, possiamo dunque calcolare la sua
lunghezza d'onda; alla frequenza di 20 Hz, la lunghezza d'onda è pari a 17 metri, mentre a
20 kHz è pari a soltanto 17 mm.
La velocità di propagazione del suono dipende dalle caratteristiche del mezzo, in
particolare l'elasticità e la densità. È direttamente proporzionale all'elasticità ed
inversamente proporzionale alla densità, secondo la relazione.
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Educazione fisica
gli organi di senso
Gli organi di senso ci permettono di interagire con il mondo circostante. Sono costituiti da
recettori sensoriali (costituiti da terminazioni di cellule nervose) organizzati in strutture più
o meno complesse, specializzate nella ricezione degli stimoli provenienti dall’esterno o
dall’interno del nostro corpo, di trasformarli in impulsi nervosi e di trasmetterli al sistema
nervoso centrale per la loro elaborazione.
I recettori sensoriali sono presenti in tutto il nostro corpo e possono essere distinti, in
funzione della provenienza dello stimolo, in:
• esterocettori, in grado di reagire agli stimoli esterni (come i corpuscoli nervosi
sensitivi della cute, atti a raccogliere stimoli tattili, termici, e gli organi dei sensi
dell'olfatto, del gusto, dell'udito e dell'equilibrio e della vista,
• enterocettori, in grado di reagire a stimoli provenienti dai nostri organi interni,
• propriocettori,
che
forniscono
continuamente informazioni sui movimenti
che l'organismo stesso sta compiendo,
sono presenti nei tendini e nei muscoli.
Il tatto
Il
tatto, o senso tattile, ci permette di rilevare con
straordinaria precisione la presenza di stimoli
dovuti al contatto della superficie della pelle con
oggetti esterni. Il senso tattile è diffuso sull'intera
superficie del nostro corpo, ma le terminazioni
nervose sono concentrate soprattutto in alcune zone: palmo della mano e dita, pianta del
piede, labbra.
Il senso tattile è dovuto a diversi tipi di recettori specializzati che traducono i diversi tipi di
pressione e contatto sulla pelle in stimoli nervosi che vengono inviati, attraverso i nervi, al
midollo spinale e all'encefalo. Su ogni centimetro quadrato di pelle si trovano mediamente
circa 130 recettori tattili: i recettori per il freddo, per il caldo, per il dolore, le cellule di
Merkel e i corpuscoli di Meissner, di Ruffini e di Pacini.
I recettori per il caldo e per il freddo sono costituiti da terminazioni nervose libere nella
pelle, mentre le cellule di Merkel sono dei sensori sensibili alla pressione, direttamente
collegati a delle fibre nervose.
I corpuscoli di Meissner sono costituiti da delle cellule sensoriali disposte a colonna, con
all'interno una fibra nervosa avvolta a spirale. Sono molto numerosi nel derma dei
polpastrelli e reagiscono alle variazioni di pressione: quanto più rapidamente varia la
pressione, tanto maggiore sarà lo stimolo inviato lungo la fibra nervosa.
I corpuscoli di Pacini sono costituiti da un guscio contenente numerosi strati di cellule
appiattite che circondano una grande terminazione nervosa centrale. Questi corpuscoli
sono particolarmente sensibili alle vibrazioni.
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L'olfatto e il gusto
Olfatto e gusto non sono chiaramente separabili l'uno dall'altro e per molti aspetti si
sovrappongono. L'olfatto è connesso in maniera funzionale con il gusto, come si può
dimostrare semplicemente quando un raffreddore congestiona le vie aeree,
compromettendo la funzione olfattiva, ed i cibi hanno pressoché tutti lo stesso sapore.
Entrambi sono dei sensi chimici, e sono in grado di rilevare la presenza di sostanze
(naturali o artificiali) contenute nell'aria (olfatto) e nel cibo e nelle bevande (gusto).
In una piccola zona dell’epitelio che riveste la parte dorsale della cavità nasale si trovano
tra i 10 ed i 20 milioni di recettori olfattivi, costituiti da neuroni bipolari. Un prolungamento è
rivolto verso l'esterno e costituisce il recettore, l'altro è diretto in senso opposto e va a
costituire il nervo olfattivo. I segnali inviati da questi neuroni giungono nel bulbo olfattivo
del telencefalo (nei glomeruli olfattivi) e sono quindi inviati ad altre zone cerebrali
(corteccia,
ipotalamo)
dove
vengono
elaborati
ed
interpretati.
Mentre nell'uomo il ruolo dell'olfatto come strumento di conoscenza dell'ambiente
circostante ha un carattere secondario, negli animali è uno strumento indispensabile per le
attività fondamentali quali la caccia, la localizzazione dei partner, dei compagni e dei
predatori.
I recettori del gusto sono costituiti dai calici gustativi presenti nelle papille gustative della
lingua, nel palato molle, nelle guance e nella faringe. Nelle papille gustative si trovano i
bottoni gustativi, che a loro volta contengono i recettori del gusto, le cellule specializzate
nel riconoscimento delle molecole gustative. In ogni bottone si trovano da 50 a 150 cellule
che presentano al loro apice dei microvilli, che vengono a contatto con le sostanze
presenti sulla superficie della lingua (sciolte nella saliva). Questi cellule recettrici sono
connesse con delle fibre nervose afferenti che vanno a costituire parti del nervo faciale (7°
nervo cranico), del nervo glossofaringeo (9°) e del nervo vago (10°). Tutti gli impulsi
raggiungono il midollo allungato, poi il talamo e la corteccia cerebrale.
L'udito
L'udito è un sistema estremamente complesso, il primo dei cinque sensi a svilupparsi nel
feto e a permettere il contatto con il mondo. L'elemento chiave di questo sistema è
l'orecchio, l'organo che ci permette di sentire i suoni. L'orecchio riceve e traduce i suoni in
impulsi elettrici che vengono trasmessi per mezzo delle fibre nervose del nervo acustico
all'encefalo, dove vengono analizzati ed interpretati.
L'orecchio è composto da 3 parti: l'orecchio esterno, l'orecchio medio e l'orecchio interno.
L'orecchio esterno è composto dal padiglione auricolare e dal condotto uditivo esterno. Il
padiglione auricolare è l'unica parte visibile dell'orecchio,è costituito da cartilagine rivestita
dalla pelle e presenta vari solchi e rilievi. La sua funzione è quella di raccogliere i suoni per
convogliarli nel condotto uditivo. Il condotto uditivo esterno è a fondo cieco ed è delimitato
dal timpano, una membrana molto sottile che separa l'orecchio esterno dall'orecchio
medio.
L’orecchio medio contiene gli ossicini, le tre ossa più piccole del corpo umano: martello,
incudine e staffa. Il martello è intimamente collegato da una parte alla membrana
timpanica e dall'altra all'incudine, che a sua volta è collegata alla staffa che si appoggia
alla
membrana
della
finestra
ovale
dell'recchio
interno.
Le vibrazioni del timpano, provocate dai suoni, sono amplificate di circa venti volte da
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queste tre ossa, che le trasmettono al liquido contenuto nell’orecchio interno.
L'orecchio medio comunica con la faringe attraverso la tuba di Eustachio, che permette di
equilibrare, "compensare", la pressione dell'aria tra orecchio medio ed esterno. La
sensazione di "orecchie chiuse" che si avverte ad esempio salendo (o scendendo) da una
montagna, scompare quando l'aria riesce ad uscire (o ad entrare) dall'orecchio medio
attraverso la tuba di Eustachio.
L'orecchio interno ha una duplice funzione (statoacustica), costituendo:
• l'organo acustico, cioè recettore delle vibrazioni sonore che giungono dall'orecchio
medio
• l'organo statico, che regola il senso dell'equilibrio.
E' formato dal labirinto osseo, costituito da un complicato sistema di spazi e cavità
contenute nella parete dell'osso temporale, e dal labirinto membranoso, costituito da
condotti e da vesciche comunicanti tra loro, a parete membranosa e sottile, interne al
labirinto osseo. Tra le pareti del labirinto osseo e quelle del labirinto membranoso si trova
un liquido, la perilinfa.
Il labirinto osseo è suddiviso in tre parti: il vestibolo, la coclea o chiocciola (assomiglia al
guscio di una lumaca) e i canali semicircolari.
Il labirinto membranoso è costituito dall’utricolo, dal sacculo (entrambi contenuti nel
vestibolo), dai condotti semicircolari e dal condotto cocleare. All’interno del labirinto
membranoso si trova l’endolinfa.
La perilinfa è un liquido chiaro di origine linfatica mentre l'endolinfa è un liquido incolore,
trasparente, fluido, la cui composizione è simile a quella del liquido intracellulare.
L'organo acustico propriamente detto è formato dal condotto cocleare contenuto nella
chiocciola ossea e collegato all'encefalo per mezzo del nervo acustico.
Il condotto cocleare è un tubo lungo e stretto avvolto su se stesso ad elica e chiuso ad
entrambe le estremità, pieno di endolinfa. Sulla parte inferiore del condotto cocleare, la
membrana basilare, si trova l'organo del Corti, che rappresenta l'organo acustico vero e
proprio, perché contiene i recettori dell'udito, direttamente connessi al nervo acustico.
Le onde sonore seguono questo percorso: sono convogliate dal padiglione auricolare
verso il condotto uditivo esterno e quindi al timpano, che colpito dalle onde sonore vibra,
trasmettendo le vibrazioni alla catena degli ossicini dell'orecchio medio, che amplificano
queste vibrazioni di circa 20 volte. L'ultimo degli ossicini, la staffa, direttamente appoggiato
alla finestra ovale dell'orecchio interno, trasmette le vibrazioni alla perilinfa contenuta nella
coclea. Le vibrazioni si trasmettono quindi all'endolinfa contenuta nel dotto cocleare e
vengono percepite dalle cellule cigliate (circa 10.000 in ogni orecchio) dell'organo del
Corti, che le trasformano in impulsi nervosi, inviati al cervello attraverso il nervo acustico.
L'organo di senso statico è formato dall'utricolo, dal sacculo e dai canali semicircolari
membranosi, contenuti nel vestibolo e nei canali semicircolari ossei, ed è unito all'encefalo
dal nervo vestibolare dell'acustico.
L'utricolo è un sacchetto a pareti molto sottili. Sboccano in esso, per mezzo di piccoli
orifizi, i canali semicircolari e il condotto endolinfatico. Il sacculo è una vescichetta
rotondeggiante a pareti sottili, che si trova sotto all'utricolo. I canali semicircolari sono tre
tubuli pieni di endolinfa, disposti nelle tre direzioni dello spazio.
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--la percezione della realtà da diverse prospettive--
Sul pavimento dell'utricolo e sulle pareti dei canali semicircolari si trovano le macule
statoacustiche, dove si trovano i recettori cigliati, coperti da una cupola gelatinosa su cui
poggiano gli otoliti, minuscoli cristalli di carbonato di calcio che permettono la percezione
della posizione della testa e del corpo nello spazio.
La vista
L'occhio è l'organo della vista, ricava informazioni sull'ambiente a noi circostante
attraverso la luce.
Il nostro occhio è un complesso sensore che raccoglie la luce proveniente dall'ambiente,
ne regola l'intensità attraverso la pupilla, la mette a fuoco attraverso il cristallino per
formare un'immagine sulla retina, dove viene trasformata in impulsi elettrici che attraverso
il nervo ottico vengono inviati all'encefalo, dove vengono elaborati ed interpretati.
I nostri occhi hanno forma approssimativamente sferica e sono posizionati all'interno delle
cavità orbitali, collegati a dei muscoli che ne permettono i movimenti.
La superficie esterna dell'occhio è costituita dalla sclera, una membrana di tessuto fibroso,
opaca (bianca) e molto resistente. La sclera, nella parte esposta all'aria, è protetta dalla
congiuntiva, una membrana protettiva e trasparente che riveste anche la parte interna
delle palpebre, che proteggono l'occhio e ne impediscono la disidratazione. Nella parte
anteriore dell'occhio la sclera prende il nome di cornea: è sottile e trasparente e presenta
una maggiore curvatura rispetto al resto dell'occhio.
Internamente alla sclera si trova una seconda membrana, pigmentata e ricca di vasi
sanguigni, la coroide, che nella parte anteriore si inspessisce e forma il corpo ciliare,
costituito da un anello muscolare che sostiene e regola la curvatura del cristallino
(processo di accomodazione) e da un epitelio che produce l'umor acqueo. Anteriormente
al corpo ciliare si trova un anello di fibre muscolari lisce che costituiscono l'iride, che
presenta un foro centrale, la pupilla. Le fibre muscolari dell'iride regolano l'ampiezza della
pupilla in funzione della quantità di luce.
Dietro la pupilla si trova il cristallino, una lente incolore, trasparente ed elastica la cui forma
viene modificata dai muscoli del corpo ciliare, permettendo la messa a fuoco di oggetti
posti a distanze diverse. Lo spazio tra il cristallino e la cornea è occupato dall'umor
acqueo. L'ampio spazio posteriore dell'occhio, tra il cristallino e la retina, è occupato da
una sostanza gelatinosa chiamata umor vitreo.
Internamente alla coroide si estende la retina, costituita da strati di cellule che
contengono i fotorecettori, che trasformano la luce in impulsi elettrici che vengono quindi
inviati, attraverso il nervo ottico, alle regioni cerebrali associate alla vista. Lo strato più
superficiale della retina è costituito dai coni e dai bastoncelli, cellule sensibili alla luce.
Al centro della retina, nella zona chimata fovea, sono presenti solo i coni (tre tipi diversi,
sensibili rispettivamente alla luce rossa, verde e blu).
Più esternamente si trovano in numero molto maggiore rispetto ai coni, i bastoncelli, molto
più sensibili alla luce dei coni. I bastoncelli permettono un buona capacità visiva anche in
condizioni di scarsa luminosità (visione notturna), ma anche di distinguere i contrasti
luce-buio e quindi il contorno degli oggetti.
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pag22 di pag26
I.P.S.I.A. Bocchigliero
--la percezione della realtà da diverse prospettive--
dell'udito, direttamente connessi al nervo acustico.
Le onde sonore seguono questo percorso: sono convogliate dal padiglione auricolare
verso il condotto uditivo esterno e quindi al timpano, che colpito dalle onde sonore vibra,
trasmettendo le vibrazioni alla catena degli ossicini dell'orecchio medio, che amplificano
queste vibrazioni di circa 20 volte. L'ultimo degli ossicini, la staffa, direttamente appoggiato
alla finestra ovale dell'orecchio interno, trasmette le vibrazioni alla perilinfa contenuta nella
coclea. Le vibrazioni si trasmettono quindi all'endolinfa contenuta nel dotto cocleare e
vengono percepite dalle cellule cigliate (circa 10.000 in ogni orecchio) dell'organo del
Corti, che le trasformano in impulsi nervosi, inviati al cervello attraverso il nervo acustico.
L'organo di senso statico è formato dall'utricolo, dal sacculo e dai canali semicircolari
membranosi, contenuti nel vestibolo e nei canali semicircolari ossei, ed è unito all'encefalo
dal nervo vestibolare dell'acustico.
L'utricolo è un sacchetto a pareti molto sottili. Sboccano in esso, per mezzo di piccoli
orifizi, i canali semicircolari e il condotto endolinfatico. Il sacculo è una vescichetta
rotondeggiante a pareti sottili, che si trova sotto all'utricolo. I canali semicircolari sono tre
tubuli pieni di endolinfa, disposti nelle tre direzioni dello spazio.
Sul pavimento dell'utricolo e sulle pareti dei canali semicircolari si trovano le macule
statoacustiche, dove si trovano i recettori cigliati, coperti da una cupola gelatinosa su cui
poggiano gli otoliti, minuscoli cristalli di carbonato di calcio che permettono la percezione
della posizione della testa e del corpo nello spazio.
La vista
L'occhio è l'organo della vista, ricava informazioni sull'ambiente a noi circostante
attraverso la luce.
Il nostro occhio è un complesso sensore che raccoglie la luce proveniente dall'ambiente,
ne regola l'intensità attraverso la pupilla, la mette a fuoco attraverso il cristallino per
formare un'immagine sulla retina, dove viene trasformata in impulsi elettrici che attraverso
il nervo ottico vengono inviati all'encefalo, dove vengono elaborati ed interpretati.
I nostri occhi hanno forma approssimativamente sferica e sono posizionati all'interno delle
cavità orbitali, collegati a dei muscoli che ne permettono i movimenti.
La superficie esterna dell'occhio è costituita dalla sclera, una membrana di tessuto fibroso,
opaca (bianca) e molto resistente. La sclera, nella parte esposta all'aria, è protetta dalla
congiuntiva, una membrana protettiva e trasparente che riveste anche la parte interna
delle palpebre, che proteggono l'occhio e ne impediscono la disidratazione. Nella parte
anteriore dell'occhio la sclera prende il nome di cornea: è sottile e trasparente e presenta
una maggiore curvatura rispetto al resto dell'occhio.
Internamente alla sclera si trova una seconda membrana, pigmentata e ricca di vasi
sanguigni, la coroide, che nella parte anteriore si inspessisce e forma il corpo ciliare,
costituito da un anello muscolare che sostiene e regola la curvatura del cristallino
(processo di accomodazione) e da un epitelio che produce l'umor acqueo. Anteriormente
al corpo ciliare si trova un anello di fibre muscolari lisce che costituiscono l'iride, che
presenta un foro centrale, la pupilla. Le fibre muscolari dell'iride regolano l'ampiezza della
pupilla in funzione della quantità di luce.
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Dietro la pupilla si trova il cristallino, una lente incolore, trasparente ed elastica la cui forma
viene modificata dai muscoli del corpo ciliare, permettendo la messa a fuoco di oggetti
posti a distanze diverse. Lo spazio tra il cristallino e la cornea è occupato dall'umor
acqueo. L'ampio spazio posteriore dell'occhio, tra il cristallino e la retina, è occupato da
una sostanza gelatinosa chiamata umor vitreo.
Internamente alla coroide si estende la retina, costituita da strati di cellule che
contengono i fotorecettori, che trasformano la luce in impulsi elettrici che vengono quindi
inviati, attraverso il nervo ottico, alle regioni cerebrali associate alla vista. Lo strato più
superficiale della retina è costituito dai coni e dai bastoncelli, cellule sensibili alla luce.
Al centro della retina, nella zona chimata fovea, sono presenti solo i coni (tre tipi diversi,
sensibili rispettivamente alla luce rossa, verde e blu).
Più esternamente si trovano in numero molto maggiore rispetto ai coni, i bastoncelli, molto
più sensibili alla luce dei coni. I bastoncelli permettono un buona capacità visiva anche in
condizioni di scarsa luminosità (visione notturna), ma anche di distinguere i contrasti
luce-buio e quindi il contorno degli oggetti.
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pag24 di pag26
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Inglese
sensors and automation:trafficlight
The simple replacement of human workers by machines in
often called “mechanization”, but automation generally
implies the integration of machines into a self-contolling
sytem. Automation is used for a wide variety of jobs that
are too complex or dangerous for people to do. Automated
systems can make decisions more quickly than people
can. For example, high-speed military aircraft. Automated
systems are used for complex task . For example, many
cities use automated systems to coordinate traffic lights.
Sensors determine the numeberand speed of vehicles and
send the data to a computer. The computer decides traffic
light. Automated machinery is batter suited for routine,
repetitive such as assembling,inaspecting, and packaging products. In
addittion, machines can operate in evironments that are unsafe for people.
For ex for repairing underwater pipelines at high pressures. Automated
systems can also work more cheaply than people can. For ex: cash registrers
take note of each item
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BIBLIOGRAFIA
Alvise Cecconelli, Andrea Cecconelli_ Telecomunicazioni e applicazioni_
Tecniche di trasmissione Sistemi di telecomunicazione
Wikipedia.org
Alba Rosa Leone_ Storia Modulare nuova edizione 3_ dalla prima guerra
mondiale alla globalizzazione.
Kiaran O'Malley_ Gateway to electriciti electronics & telecomunication
Carmelo e Marta Sambugar/ Doretta Ermini / Gabriellas Salà_ Percorsi modulari di lettura
e di lavoro
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