Saggi Cooperazione giudiziaria e libera circolazione delle prove Giovanni Neri Avvocato del Foro di Roma 1. Crimini transnazionali e cooperazione giudiziaria La cooperazione investigativa e giudiziaria in materia penale ha nel tempo assunto un ruolo imprescindibile e determinante nella lotta alle più gravi forme di crimine organizzato. Specie negli ultimi anni, infatti, la diffusione esponenziale di sodalizi criminali a carattere transnazionale ha stimolato la ricerca di strumenti coordinati di contrasto, in grado di smussare le diversità dei vari ordinamenti giuridici, con l’individuazione di tecniche investigative, giudiziarie e cautelari comuni, nell’ottica di un processo di armonizzazione e semplificazione delle norme processuali dei singoli Stati1. È indubbio infatti che le diversità normative costituiscano un terreno assai fertile per il proliferare di organizzazioni strutturate su base internazionale, in grado di sfruttare le patologie dei differenti sistemi giudiziari per sfuggire alla legalità e bypassare le barriere investigative frapposte da meccanismi spesso farraginosi di ricerca della prova. Tra l’altro, la flessibilità e il sofisticato livello di organizzazione dei gruppi criminali complica il lavoro degli organi di investigazione, obbligati a fare i conti con le differenze culturali ed organizzative dei vari Stati, con regole diverse e differenti interazioni tra gli attori del sistema processuale penale. In questa prospettiva, ben si inquadra la costituzione di strutture e organismi nuovi, come l’Eurojust e l’Europol2, il ricorso alla figura dei magistrati di collegamento, la predisposizione di una Rete giudiziaria europea3, o ancora l’avvento dei mandati d’arresto e sequestro europei4. Ma è sul terreno della ricerca ed acquisizione del materiale probatorio che i tentativi di cooperazione giudiziaria transfrontaliera si sono rivelati maggiormente invasivi e problematici. Dai classici sistemi rogatoriali infatti, spesso caotici, datati e di non agevole attuazione, si è passati ad un meccanismo collaborativo di ampio respiro, fondato sul principio del mutuo riconoscimento5 e sulla libera circolazione della prova. smo il più possibile uniforme di regolamentazione dell’assistenza giudiziaria. In quest’ottica, il Trattato di Lisbona del 2007, consentiva al Consiglio e al Parlamento europeo di stabilire “norme minime” relative, tra l’altro, all’ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati membri, ove “necessario per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensioni transnazionali”8. Importanti passi in tal senso sono stati raggiunti con l’avvento dell’eurordinanza e del mandato europeo di ricerca della prova, previsto dalla Decisione quadro del 18 dicembre 20089. Il M.E.R.P., in particolare, costituisce una statuizione giudiziaria adottata dalle autorità competenti designate dagli Stati membri per acquisire oggetti, documenti e dati nel territorio dell’Unione10 e consentirne l’utilizzo in procedimenti penali, procedimenti avviati dalle autorità amministrative o giudiziarie (quando la decisione può dar luogo a un procedimento dinanzi a un organo giurisdizionale competente in materia penale) o infine nel corso di violazioni per le quali una persona giuridica può essere considerata responsabile o punita nello Stato di emissione11. In base al modello di riferimento dei vari ordinamenti coinvolti, l’organo emittente può essere un giudice, un organismo giurisdizionale, un magistrato inquirente, un pubblico ministero o qualsiasi altra autorità giudiziaria, come tale definita nello Stato di emissione. Quest’ultimo deve assicurarsi che le prove richieste siano necessarie e proporzionate ai fini dei procedimenti, purché sussista una “analoga possibilità di acquisizione del mezzo di prova” secondo la corrispondente legislazione nazionale e gli strumenti utilizzati siano “i meno intrusivi possibili”. Se l’autorità competente di uno Stato di emissione legittimamente ritenga che prove pertinenti si trovino sul territorio di un altro Stato membro, può trasmettere il mandato all’autorità di esecuzione, direttamente o a mezzo di un’autorità centrale nominata a tal fine, potendosi anche avvalere, se necessario, del sistema di telecomunicazione protetto della Rete Giudiziaria Europea. L’autorità di esecuzione riconosce il M.E.R.P. senza imporre altre formalità e, a meno che non decida di addurre uno dei motivi di non riconoscimento, di non esecuzione o di rinvio12, adotta le misure necessarie per la relativa esecuzione. Se il mandato non è stato emesso o convalidato dal competente organo, l’autorità di esecuzione, sentito lo Stato emittente, può non disporre la perquisizione o il sequestro ai fini dell’esecuzio- 2. Dal Consiglio europeo di Tampere all’ordine europeo di indagine penale A partire dal consesso tenutosi a Tampere nel 19996, l’Unione ha intrapreso un percorso di giurisdizionalizzazione del mutuo riconoscimento, tracciato poi nei successivi documenti programmatici per la semplificazione dei rapporti tra i singoli Stati nella ricerca ed acquisizione della prova circolante nel territorio europeo7. In altre parole, si è dato avvio ad un processo di ammodernamento che ha sostituito agli accordi multilaterali un meccani- Temi Romana 29 Saggi ne. Altrimenti, quest’ultima ottempera alle formalità espressamente indicate dall’autorità di emissione, salva la contrarietà di esse ai principi fondamentali dell’ordinamento giuridico. Riconoscimento ed esecuzione possono essere subordinati alla verifica della doppia incriminazione, nel caso in cui il mandato abbia ad oggetto fattispecie incriminatrici diverse da quelle espressamente indicate nella Decisione quadro13. Salvo che non sussistano ragioni di rinvio14, lo Stato di esecuzione deve prendere possesso delle prove entro sessanta giorni dalla ricezione del mandato. E infine, gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie per assicurare che ogni interessato disponga di mezzi d’impugnazione contro il riconoscimento e l’esecuzione del provvedimento. L’azione è promossa dinanzi a un organo giurisdizionale nello Stato di esecuzione, anche se le ragioni sostanziali e di merito poste a base del M.E.R.P. possono essere contestate solo dinnanzi all’autorità giudiziaria dello Stato di emissione. Come si evince da questo breve excursus sulla procedura di emissione ed esecuzione del mandato, si tratta di uno strumento privo di discrezionalità politica e affidato per intero alle autorità giurisdizionali, ma solo parzialmente sostitutivo dei meccanismi rogatoriali. Ne deriva pertanto un’inopportuna commistione tra sistemi lenti e inefficaci fondati sulla rogatoria e strumenti fondati sul mutuo riconoscimento a base applicativa parziale. A questo proposito, peraltro, riteniamo che, nonostante il favore che ha accolto l’avvento del M.E.R.P., l’intersecarsi dei tradizionali sistemi di assistenza giudiziaria15 con le moderne tecniche di cooperazione, finisca di fatto per affaticare i dialoghi internazionali, confondere gli operatori del diritto e rallentare l’affermazione del principio del mutuo riconoscimento. Senza contare il proliferare di richieste multiple sulla medesima fonte di prova che scaturiscono dal cumulo di tecniche di raccolta probatoria e compromettono, talvolta inevitabilmente, l’efficacia della collaborazione transfrontaliera. Ciò a differenza di quanto è accaduto per altri profili, primo tra tutti la regolamentazione dei meccanismi di estradizione, integralmente sostituiti dalla procedura di consegna delineata dal mandato d’arresto europeo. E i problemi non sembrano esser venuti meno negli ultimi anni, nonostante le proposte del Libro verde del 200916, il Programma di Stoccolma per la realizzazione di uno spazio giudiziario europeo17 e, da ultimo, l’iniziativa per l’adozione di una direttiva istitutiva dell’ordine europeo di indagine penale18. In particolare, quest’ultima mira a estendere l’area di operatività del mandato a prove originariamente escluse, riduce i possibili motivi di rifiuto della relativa esecuzione e auspica l’eliminazione di controlli in tema di doppia incriminazione. Espunge altresì la prevista opponibilità della cd. clausola di territorialità e del ne bis in idem, rimuove l’incidenza del principio di proporzionalità e ridimensiona la disciplina dei mezzi di impugnazione. Ciò nonostante, a nostro parere, non consente la risoluzione delle questioni aperte in tema di utilizzo degli strumenti di mutuo riconoscimento. Invero, è proprio l’eterogeneità dei singoli ordinamenti nazionali ad impedire la corretta e regolare applicazione dei moderni sistemi di cooperazione. Senza contare le riduzioni di garantismo che necessariamente discendono dalla politica della libera circolazione probatoria: gli obiettivi dell’Unione, infatti, finiscono necessariamente per sacrificare i diritti fondamentali dell’indagato ed arretrare il tasso di garantismo degli ordinamenti nazionali, restii a rinunciarvi per un’imposizione proveniente da una struttura sovrastatuale di tipo unitario. A nostro giudizio, la lotta al crimine transfrontaliero, nonostante il pregio delle riforme intervenute in ambito europeo, è ancora in una fase di evidente stallo proprio in ragione delle disomogeneità nazionali difficilmente superabili. Il tentativo resta comunque quello di prospettare, prima ancora che strumenti applicabili di libera circolazione probatoria, una progressiva attività di integrazione ed armonizzazione normativa che tenga nel giusto conto le condizioni di reciproca ammissibilità delle prove e i principi nodali di garantismo intorno ai quali gravita il processo penale, nei singoli Stati come in Europa. Note bibliografiche ACUNA E. R. (a cura di), Il mandato di arresto europeo e l’estradizione: profili costituzionali, penali, processuali ed internazionali, Padova, 2004. ADAM R., La cooperazione nel campo della giustizia e affari interni: da Schengen a Maastricht, in Dir. Un. Eur., 1994. ALLEGREZZA S., L’incertezza dei limiti probatori nel progetto Corpus Juris, in AA.VV. Il Corpus Juris, 2000. 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Per approfondimenti vd. tra gli altri ADAM R., La cooperazione nel campo della giustizia e affari interni: da Schengen a Maastricht, in Dir. Un. Eur., 1994; BARGIS M., Costituzione per l’Europa e cooperazione giudiziaria in materia penale, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., I, 2005, p. 144 ss.; BASSIOUNI M. (a cura di), La cooperazione internazionale per la prevenzione e la repressione della criminalità organizzata e del terrorismo, Milano, 2005; CARELLA G. (a cura di), Cooperazione giudiziaria ed efficacia delle sentenze: problematiche di diritto internazionale ed europeo, Bari, 2007; CASTELLANETA M., Uno scambio di informazioni tra gli Stati per rafforzare la lotta al crimine organizzato, in G. al dir., 2009, fasc. 30, p. 63 ss.; CHIAVARIO M. Cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale a livello europeo, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2005, p. 974 ss.; CHITI M.P., Verso lo spazio giudiziario europeo, in Riv. It. Dir. Pub. 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Pen. 2004, p. 3510; SALCUNI G., L’europeizzazione del diritto penale: problemi e prospettive, Milano, 2011; SPIEZIA F., Crimine transnazionale e procedure di cooperazione giudiziaria, in Libri di Guida al diritto, Il Sole 24ore, 2006. 2 Vd. DE AMICIS, La costruzione di Eurojust nell’ambito del “terzo pilastro” dell’Unione europea, in Cass. Pen., VI, 2001, p. 1964 ss; ID., L’attuazione di Eurojust nell’ordinamento italiano, in Riv. It. dir. proc. pen., 2005, p. 1439 ss.; MOSCARINI P., Eurojust e il PM europeo: dal coordinamento investigativo alle investigazioni coordinate, in Dir. Pen. Proc., V, 2011, p. 635 ss. 3 DE AMICIS, La “nuova” rete giudiziaria europea ed il suo rapporto con Eurojust, in Cass. Pen., 2009, p. 1710. 4 In tema di mandato d’arresto vd. ACUNA E. R. (a cura di), Il mandato di arresto europeo e l’estradizione: profili costituzionali, penali, processuali ed internazionali, Padova, 2004; BALBO P., Il mandato di arresto europeo secondo la legge di attuazione italiana: commento delle Decisioni quadro europee 2002/584/GAI sul mandato d’arresto europeo e 2005/214/GAI sul reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie, Torino, 2005; BARGIS M. e SELVAGGI E. (a cura di), Mandato d’arresto europeo – Dall’estradizione alle procedure di consegna, Torino, 2005; BARTONE N., Mandato di arresto europeo e tipicità nazionale del reato, Milano, 2003; CHIAVARIO M. – DE Francesco G. – MANZIONE D. – MARZAURI E. (diretto da), Il mandato di arresto europeo commento alla l. 22 aprile 2005, n. 69, Torino, 2006; DALIA G., L’adeguamento della legislazione nazionale alla decisione quadro tra esigenze di cooperazione e rispetto delle garanzie fondamentali, in Kalb (a cura di), Mandato d’arresto europeo e procedure di consegna, Milano, 2005; DE SALVIA M., Il mandato d’arresto europeo: una fuga in avanti?, in PEDRAZZI (a cura di), Il mandato d’arresto europeo e garanzie della persona, Milano, 2004; GUALTIERI P., Mandato d’arresto europeo: davvero superato (e superabile) il principio di doppia incriminazione? in Dir. pen. proc., 2004, p. 115; IUZZOLINO G., Cooperazione internazionale e mandato di arresto europeo. 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Pen., IV, 2011, p. 1554 ss. 5 Il principio del mutuo riconoscimento si basa sulla reciproca fiducia tra gli ordinamenti giuridici e consente l’operatività in ogni Stato membro delle decisioni giudiziarie emesse in ambito comunitario, senza il ricorso a lunghe e disomogenee procedure di omologazione. Per approfondimenti vd. AMALFITANO C., Spazio giudiziario europeo e libera circolazione delle decisioni penali, in CARBONE S. – CHIAVARIO M., Cooperazione 32 giudiziaria civile e penale nel diritto dell’Unione europea, Torino, 2008; DAMBRUOSO S., Mutuo riconoscimento degli elementi probatori, in G. al Dir., VI, 2009, p. 120 ss.; LATTANZI G., Prospettive di un sistema di giustizia penale europeo, in La Magistratura, I, 2008, p. 138 ss.; MARCHETTI R., L’assistenza giudiziaria internazionale, Milano, 2005; MAZZA O., Il principio del muto riconoscimento nella giustizia penale, la mancata armonizzazione e il mito taumaturgico della giurisprudenza europea, in Rivista del diritto processuale, 2009, p. 393; MELILLO G., Il mutuo riconoscimento e la circolazione della prova, in Cass. Pen. 2006, p. 265; PASQUERO A., Mutuo riconoscimento delle decisioni penali: prove di federalismo, Milano, 2007; SIRACUSANO F., Reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, procedure di consegna e processo in absentia, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen., I, 2010, p. 115 ss.; VIOLA F., Il diritto come scelta, in La competizione tra ordinamenti giuridici – Mutuo riconoscimento e scelta della norma più favorevole nello spazio giuridico europeo (a cura di) PLAIA A., Milano, 2007. 6 Nella conclusione n. 36 del Consiglio, tenutosi a Tampere il 15 ottobre 1999, si affermava la necessità che “le prove legalmente raccolte dalle autorità di uno Stato membro (potessero) essere ammissibili dinnanzi ai tribunali degli altri Stati membri, tenuto conto delle norme ivi applicabili”. 7 Vd. tra gli altri ALLEGREZZA S., Cooperazione giudiziaria, mutuo riconoscimento e circolazione della prova penale nello spazio giudiziario europeo, in AA.VV., L’area di libertà, sicurezza e giustizia: alla ricerca di un equilibrio fra priorità repressive ed esigenze di garanzia, Milano, 2007; ID., L’incertezza dei limiti probatori nel progetto Corpus Juris, in AA.VV. Il Corpus Juris 2000; CIAMPI A., L’assunzione di prove all’estero in materia penale, Padova, 2003; Illuminati G., Prova penale e Unione europea, Bologna, 2009; RAIMONDI G., Garanzie del giusto processo in relazione ai meccanismi di cooperazione giudiziaria internazionale, in AA.VV. Cooperazione giudiziaria in materia penale e diritti dell’uomo, Torino, 2004, p. 185; TONINI P., La prova penale, Padova, 2000; VALENTINI C., L’acquisizione della prova tra limiti territoriali e cooperazione con autorità straniere, Padova, 1998. 8 Vd. l’art. 82 TFUE. Sull’incidenza del Trattato di Lisbona sulla cooperazione internazionale in materia penale vd. ALLEGREZZA S., L’armonizzazione della prova penale alla luce del Trattato di Lisbona, in Cass. Pen., 2008, p. 3882; BALSAMO A. – RECCHIONE S., La costruzione di un modello europeo di prova dichiarativa: il “nuovo corso” della giurisprudenza e le prospettive aperte dal trattato di Lisbona, in Cass. Pen., 2010; LANG A. – NASCIMBENE B., Il Trattato di Lisbona: l’Unione europea a una svolta, in Corr. Giur., 2008, p. 137 ss; PASSAGLIA P., Il Trattato di Lisbona: qualche passo indietro per andare avanti, in Foro It, IV, 2008, c. 44; SOTIS C., Il Trattato di Lisbona e le competenze penali dell’Unione europea, in Cass. Pen., 2010, p. 1146 ss. Temi Romana Saggi 9 Per consultare il testo della decisione vd. GUUE, L. 350, 30 dicembre 2008, p. 72 ss. Sul mandato europeo di ricerca della prova vd. BELFIORE R., Il mandato europeo di ricerca delle prove e l’assistenza giudiziaria dell’Unione europea, in Cass. Pen., X, 2008, p. 3894 ss.; DE AMICIS G., Il mandato europeo di ricerca delle prove: un’introduzione, in Cass. Pen., VII-VIII, 2008, p. 3033 ss.; MENNA M, Mandato di ricerca della prova e sistemi probatori, Dir. Pen. Proc., III, 2011, p. 370 ss.; PARISI N., Il mandato europeo di ricerca delle prove nel sistema della cooperazione giudiziaria penale fra gli Stati membri dell’Unione, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, II, 2009, p. 327 ss. 10 I consideranda richiamano a titolo puramente esemplificativo dati che provengono da perquisizioni anche domiciliari o i verbali di interrogatori, audizioni o dichiarazioni. Non possono essere invece oggetto di M.E.R.P. la prova dichiarativa, la prova scientifica, le intercettazioni e i tabulati telefonici o telematici. Segnatamente, il mandato non può essere emesso per: richiedere la conduzione di interrogatori, la raccolta di dichiarazioni o altri tipi di audizioni di indiziati periti o testimoni; procedere al prelievo di materiale biologico o ad accertamenti corporali; intercettare comunicazioni o acquisire informazioni sui movimenti su conti correnti bancari; condurre analisi di oggetti, documenti o dati esistenti; ottenere dati conservati dai fornitori di servizi di comunicazioni elettroniche accessibili al pubblico; e ottenere informazioni sulle condanne penali estratte dai casellari giudiziari. 11 Vd. art. 5, Dec. Quadro 18 dicembre 2008. 12 Il riconoscimento e l’esecuzione del mandato possono essere rifiutati se: l’esecuzione sia contraria al principio del ne bis in idem; il mandato si riferisce a fatti Temi Romana non costituenti reato secondo la legislazione dello Stato di esecuzione; il diritto dello Stato di esecuzione prevede immunità o privilegi che rendono impossibile l’esecuzione; il mandato non sia stato convalidato dall’organo competente, se richiesto; oppure il mandato sia stato emesso per perseguire penalmente taluno a causa del suo sesso, della sua razza od origine etnica, della sua religione, del suo orientamento sessuale, della sua nazionalità, della sua lingua o delle sue opinioni politiche oppure che la posizione di tale persona possa risultare pregiudicata per uno di tali motivi. Possono invece essere rinviati in caso di incompletezza o scorrettezza del formulario; pregiudizi per indagini penali in corso; e avvenuto utilizzo in altro procedimento delle fonti di prova. 13 Vd. art. 14, p. 2, della decisione quadro, che fa riferimento a trentadue fattispecie incriminatrici e segnatamente: partecipazione a un’organizzazione criminale, terrorismo, tratta di esseri umani, sfruttamento sessuale dei bambini e pornografia infantile, traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope, traffico illecito di armi, munizioni ed esplosivi, corruzione, frode, compresa la frode che lede gli interessi finanziari delle Comunità europee ai sensi della convenzione del 26 luglio 1995 relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, riciclaggio di proventi di reato, falsificazione e contraffazione di monete, criminalità informatica, criminalità ambientale, favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegali, omicidio volontario, lesioni personali gravi, traffico illecito di organi e tessuti umani, sequestro di persona, sequestro e presa di ostaggi, razzismo e xenofobia, rapina organizzata o a mano armata, traffico illecito di beni culturali, compresi gli oggetti d’antiquariato e le opere d’arte, truffa, racket ed estorsione, contraffazione e pirateria in materia di 33 prodotti, falsificazione di atti amministrativi e traffico di documenti falsi, falsificazione di mezzi di pagamento, traffico illecito di sostanze ormonali e altri fattori di crescita, traffico illecito di materie nucleari e radioattive, traffico di veicoli rubati, violenza sessuale, incendio doloso, reati che rientrano nella competenza giurisdizionale della Corte penale internazionale, dirottamento di aeromobile/nave, e sabotaggio. 14 Vd. infra, nt. 12. 15 Ad oggi infatti gli strumenti basati sul principio dell’assistenza giudiziaria sono molteplici: in primo luogo la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, cui si aggiungono l’accordo di Schengen (Conv. 19 giugno 1990, di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, consultabile in GU, L. 239 del 22 settembre 2000, p. 19) e Convezione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale del 29 maggio 2000, consultabile in GU, C 197 del 12.7.2000, pag. 1. 16 Il Libro verde del novembre 2009, per ovviare ai su citati problemi di intersecazione normativa, propone la totale sostituzione dell’attuale disciplina sulla raccolta probatoria con un unico strumento basato sul principio del reciproco riconoscimento ed inclusivo anche dei dati non considerati ed esclusi dal mandato di ricerca della prova. 17 Vd. GUUE, C. 115/1 ss., 4 maggio 2010. 18 Vd. GUUE, C. 165/22, 24 giugno 2010. Vd. anche DE AMICIS G., L’ordine europeo di indagine penale, consultabile sul sito www.europeanrights.eu.