Fonte :http://www.professionaloptometry.it/file/articoli/ambliopia%20e%20strabismo.pdf Un dossier che ritengo utile sulle cause e trattamenti dell’ambliopia e la importante relazione tra ambliopia e visione binoculare/fissazione eccentrica-ho modificato un poco la struttura e stile dei paragrafi per evidenziare le parti del documento che ritengo piu’ interessanti Ambliopia e Strabismo 01/01/2010 OFTALMOLOGIA DOSSIER Francesco Sala Docente di Optometria e Contattologia Istituto B. Zaccagnini - Bologna - Optometrista S.Opt.I Introduzione Con il termine ambliopia definiamo una diminuzione dell’acuità visiva monolaterale o bilaterale, dove non è possibile riscontrare durante l’esame del fondo oculare alcuna situazione riconducibile a una patologia. Esistono differenti aspetti che causano l’ambliopia: strabismo; difetti rifrattivi non corretti, come accade ad esempio nell’anisoametropia; opacità dei mezzi diottrici e tutte quelle situazioni che implicano la deprivazione visiva. Fattori che concorrono nell’eziologia dell’ambliopia: Complessivamente secondo Noorden1 sono molti i fattori che concorrono nell’eziologia dell’ambliopia, ma è possibile riassumerli in due forme essenziali: lo sviluppo anomalo della visione binoculare; la deprivazione visiva che non permette alla fovea di sviluppare una funzione normale; questi due aspetti possono interagire tra loro, e “sommandosi” complicare maggiormente la situazione. Età formazione dell’ambliopia: L’età dove il sistema visivo è più sensibile alla formazione dell’ambliopia coincide con i primi 2 anni di vita, tale sensibilità è fortemente legata alla plasticità del sistema, progressivamente con la crescita si riduce fino alla completa maturità che si attesta attorno ai 6 o 7 anni. Dopo questo delicato periodo le vie retino corticali e i centri visivi superiori diventano più forti e difficilmente “attaccabili” dall’ambliopia. Tuttavia alcune forme di ambliopia di minore entità possono interessare il sistema dopo il periodo di maturazione, prevalentemente nei casi di deprivazione visiva (ad esempio per opacità dei mezzi diottrici), ma rimossa la causa la condizione è reversibile velocemente mediante il trattamento dell’occlusione. Anche altri adattamenti sensoriali quali la soppressione e la corrispondenza retinica anomala (CRA) possono formarsi durante l’età plastica del sistema visivo, ricordando che sono “meccanismi” binoculari che influenzano la formazione e il grado profondità dell’ambliopia. Tra le condizioni principali che sono alla base dell’ambliopia: strabismo monolaterale; deprivazione visiva e anisoametropia, esistono differenze sostanziali quando si considerano alcuni aspetti fondamentali, quali: il trattamento riabilitativo e il grado di reversibilità della condizione. In questo articolo ci concentreremo prevalentemente sull’ambliopia monolaterale presente in caso strabismo, indicandone gli aspetti salienti e le metodiche di trattamento principali. Quando si pensa alla reversibilità dell’ambliopia, si considera la capacità del sistema visivo di recuperare inizialmente l’acuità dell’occhio interessato, e successivamente di integrare le informazioni ricevute amplificando le funzioni binoculari. Tali capacità debbono ristabilire le condizioni neurofisiologiche; anatomiche e neurochimiche della visione, compromesse da stimoli anomali o degradati ricevuti nei primi anni di vita. Noorden1 sostiene che le possibilità di recupero sono legate al grado di maturità del sistema, nel momento in cui ha inizio l’esperienza visiva anomala. Altri fattori che incidono sulla reversibilità della condizione sono: il tempo di durata della stimolazione anomala e l’età di inizio del trattamento riabilitativo. Quando la condizione visiva è interessata dall’ambliopia monolaterale, spesso non vengono considerate le problematiche che possono influenzare le attività quotidiane; ma teniamo presente che nel 1991 Bloch e Wick2 sostengono che le abilità visive dell’occhio migliore non sono paragonabili, in quanto inferiori, a quelle monoculari in caso di visione binoculare normale. L’ambliopia rappresenta un rischio che non deve essere sottovalutato, perché se viene compromessa irreparabilmente la funzione dell’occhio migliore, la persona si troverebbe di fronte a una grave condizione di menomazione visiva. Secondo lo studio condotto da Vereecken e Brabant3, il miglioramento dell’acuità visiva in soggetti adulti nell’occhio ambliope in seguito alla perdita dell’occhio migliore ha interessato solo il 28.5% dei 203 casi considerati. Diventa essenziale sottolineare che l’aumento dell’acuità ha interessato spontaneamente il 17.4%, mentre una percentuale non trascurabile pari al 11.1% ha potuto migliorare la capacità risolutiva dell’occhio ambliope dopo il trattamento pleottico. Ambliopia e strabismo La possibilità di manifestare l’ambliopia in caso di strabismo è maggiore quando la condizione è monolaterale; a differenza dello strabismo alternante dove lo spostamento della fissazione da un occhio all’altro permette ai due occhi di partecipare alla visione, anche se singolarmente. Possiamo definire l’ambliopia strabica come una condizione monolaterale dove l’occhio è deviato costantemente, e il risultato della privazione nelle vie retinocorticali dello stimolo visivo comporta la diminuzione della capacità visiva dell’occhio. Questa forma di ambliopia ha molti aspetti in comune con il fenomeno della soppressione, a differenza però che quest’ultima è un “meccanismo”di adattamento binoculare. Pertanto in alcune situazioni dove è presente la soppressione, per esempio nello strabismo alternante, è possibile che l’acuità visiva rilevata singolarmente rimane normale. L’ambliopia invece può verificarsi con forme monoculari e binoculari; in caso di strabismo monolaterale il fenomeno della soppressione instaura nell’occhio deviato una ridotta capacità visiva, a questo punto è possibile definirla ambliopia da soppressione. Un aspetto molto interessate mette a confronto l’età di insorgenza e il tempo di durata dello strabismo: secondo Noorden4 e Costembader5 l’ambliopia è strettamente legata alla durata della deviazione oculare, mentre dipende in grado minore dall’età di insorgenza dello strabismo. In fatti secondo gli autori è possibile, rimossa la causa, riportare l’acuità visiva a valori superiori rispetto a quelli presenti all’origine dello strabismo monolaterale e dei conseguenti fenomeni di adattamento. Al contrario di quello che si possa pensare non è stata individuata una relazione tra la profondità dell’ambliopia e l’entità dell’angolo di deviazione; probabilmente il fattore tempo diventa essenziale per l’insorgenza e la profondità dell’ambliopia6. Altra condizione importante per definire l’ambliopia strabica è la “confusione”: è il risultato dell’incompatibilità delle immagini fornite dall’area foveolare dei due occhi ai centri superiori (figura 1). Fig. 1 - Principio della confusione e della diplopia visiva, indotta in caso di esotropia destra. La confusione deriva dalla percezione di due immagini completamente diverse e sovrapposte, questa situazione attiva i fenomeni di soppressione a livello corticale per ristabilire durante l’acquisizione dell’informazione visiva una condizione accettabile (figura 2). Fig. 2 - Percezione visiva che stimola l’adattamento sensoriale della soppressione. Caratteristiche principali L’aspetto peculiare che definisce l’ambliopia è la diminuzione della percezione foveale, quindi eventuali differenze di acuità visiva tra i due occhi definiscono ambliope quello con la capacità risolutiva minore. È altresì importante ricordare che una leggera differenza di acuità tra i due occhi è una condizione frequente da riscontrare durante la propria attività clinica, senza però attribuire la definizione di occhio ambliope a quello che mostra la prestazione inferiore. Un metodo semplice per definire la presenza dell’ambliopia è quando la differenza di acuità tra i due occhi supera le due linee dell’ottotipo, la valutazione richiede necessariamente di verificare prima con attenzione la rifrazione monoculare e il fondo oculare. Un dato interessante si verifica confrontando la misura dell’acuità visiva quando le mire vengono presentate contemporaneamente, con quella ottenuta proiettando una mira per volta: molte persone dimostrano con l’occhio ambliope di possedere una capacità risolutiva maggiore quando sono presentate singolarmente. Questa risposta dimostra la forte difficoltà dell’occhio in questione di discriminare lettere o simboli quando sono molto vicini tra loro; come accade in una normale sequenza di una tavola dell’ottotipo. Il diverso comportamento a seconda di come vengono presentate le mire è definito dal “fenomeno di affollamento”7. L’effetto dell’affollamento è riscontrabile anche in occhi con acuità normale quindi non ambliopi8, se per esempio vengono presentati in fila simboli compresi tra 11/10 e 15/10 la possibilità d’errore può raggiungere il 30%; mentre con gli stessi presentati singolarmente la percentuale d’errore diventa del 20%. L’occhio ambliope presenta una maggiore sensibilità verso il fenomeno dell’affollamento 9, a conferma della ridotta funzionalità visiva, mentre per occhi normali la separazione tra le mire diventa critica tra 3.3 e 6.6mm; l’occhio ambliope è in difficoltà per distanze superiori comprese tra 14.6 e 40.5mm, quando l’ottotipo è posto a 6 m. L’accomodazione nell’ambliopia è caratterizzata da una risposta insufficiente a confronto con lo stimolo presentato, infatti Thomas e Spielmann10 individuano la possibilità di aumentare l’acuità visiva prossimale mediante l’addizione di lenti positive. Tuttavia non è ancora chiaro quali differenze ci siano tra la visione per lontano e quella per vicino:secondo alcuni autori11 la capacità risolutiva è migliore a distanza prossima rispetto a quella remota; mentre per altri12 considerando un gruppo di 46 ambliopi non trovano differenze nel 43% dei casi, nel 20% risulta migliore l’acuità per lontano e solo nel 37% quella prossimale. Thomas e Spielmann al contrario hanno individuato una migliore acuità per lontano rispetto a quella prossimale. La percezione dei colori dipende sostanzialmente dal grado di profondità dell’ambliopia13, maggiore è la perdita della funzione foveale e più marcata diventa l’alterazione della sensibilità cromatica. Anche l’acuità visiva per tanto è strettamente correlata al grado di alterazione della percezione foveale e alla posizione della zona di fissazione eccentrica (grafico 1). Grafico 1. Relazione tra acuità visiva e fissazione eccentrica Il fenomeno di adattamento sensoriale dell’ambliopia prevede in molti casi la formazione di una fissazione eccentrica, in questo caso quando l’occhio migliore è occluso quello ambliope non assume una fissazione centrale ma spostata, rimanendo pertanto più o meno deviato rispetto all’angolo di strabismo presente quando ambo gli occhi sono scoperti14. L’importanza clinica della fissazione eccentrica non è solo relativa alla percentuale di incidenza (grafico 2), tra acuità visiva e fissazione eccentrica, ma soprattutto dalle strategie di trattamento che si sono potute apprendere dalla conoscenza del fenomeno. Grafico 2. Incidenza della fissazione eccentrica nella popolazione dell’ambliopia strabica Uno dei metodi di classificazione più conosciuti della fissazione in caso di ambliopia è definito da Bangerter: fissazione centrale; fissazione eccentrica (al di fuori della fovea) e mancanza di fissazione. Fig. 3. Classificazione della fissazione eccentrica secondo Bangerter. La fissazione eccentrica a sua volta può essere divisa in: parafoveolare; paramaculare e periferica (figura 3). Per parafoveolare si intende quando la fissazione si trova vicino alla fovea ma non esattamente sull’area in questione; con il termine paramaculare la fissazione si sposta fuori dalla fovea ma ancora all’interno della macula, e periferica quando si localizza al di fuori della macula. Per individuare la fissazione eccentrica lo strumento più conosciuto è l’oftalmoscopio: mediante la proiezione della griglia di Linksz15 (figura 4), l’operatore posiziona sul piano retinico una stella a quattro punte circondata da due anelli concentrici, che sottendono un angolo di 3° per quello più vicino e 5° per quello più lontano. Mentre l’occhio migliore rimane occluso, con quello ambliope la persona deve fissare la stella, in questo modo si porta sulla retina la griglia, e come una specie di mappa si osserva dove viene posizionata la stella rispetto al riflesso foveolare. Negli occhi ambliopi il riflesso di fissazione può essere spostato in una posizione eccentrica, probabilmente per la ridotta capacità risolutiva della fovea provocata dalla soppressione; tale adattamento è possibile durante il periodo di maturazione- del sistema visivo caratterizzato dalla massima plasticità 16. La fovea perde il suo valore di centro retino motorio diventando una zona di fissazione eccentrica. Per stabilire l’esatta posizione della fissazione è necessario invitare il soggetto a fissare la mira, mentre l’operatore si accerta dell’eventuale decentramento della stella dalla fovea. Fig. 4. Griglia di Linksz. Nel caso in cui la stella si colloca sul riflesso della fovea la fissazione è centrale; al contrario se viene percepito lo spostamento della mira dall’area foveolare è presente una fissazione eccentrica, e mediante la griglia è possibile valutare di quanti gradi è decentrata la fissazione. L’adattamento comporta uno stretto legame tra la componente motoria del riflesso di fissazione e una zona di retina periferica che, sostituendo la fovea guida l’orientamento retinomotorio. Nelle forme più evolute questo spostamento è presente non solo in visione monoculare, ma anche in quella binoculare. Questa ulteriore fase prevede la formazione quasi certa della corrispondenza retinica anomala (CRA), e la sua coincidenza con l’angolo della fissazione eccentrica16,17,18. Le possibilità di recupero per alcuni autori16,17,18 sono strettamente legate alla fissazione eccentrica: tanto più è stabile lo spostamento della fissazione tanto più è difficile riportala alla fovea e raggiungere valori di acuità visiva elevati. Al contrario, a seguito di più osservazioni, l’instabilità della fissazione rende più semplice ripristinare quella foveolare, ottenendo al termine del trattamento una capacità visiva maggiore. Trattamento dell’ambliopia Le motivazioni per trattare l’ambliopia ed incrementare l’acuità visiva sono legate prevalentemente al rischio di danneggiare, ad esempio per un trauma, irreparabilmente l’occhio migliore. Come detto precedentemente è possibile il recupero spontaneo della funzione visiva in età adulta dell’occhio ambliope, ma è altrettanto vero che la certezza, e soprattutto il grado con cui avvenga non è assoluta. Inoltre il recupero della visione binoculare è importante per migliorare la qualità della vita e dell’attività lavorativa della persona. Metodo dell’occlusione e recupero della visione binoculare Questa fase del trattamento permette al solo occhio ambliope di vedere e contemporaneamente quello migliore è occluso, in questo modo si cerca di eliminare gli stimoli che durante la “visione normale” hanno instaurato l’ambliopia. Quando l’occlusione è applicata a bambini di età non superiore a 5 o 6 anni, è importante tenere controllata l’acuita dell’occhio migliore, in quanto la deprivazione visiva può fare insorgere un’ambliopia19,20,21. I controlli devono essere scrupolosi, perché è riportato da alcuni autori22 la possibilità che l’ambliopia sviluppata dall’occhio occluso possa in alcuni casi diventare irreversibile. L’ambliopia da occlusione è legata alla sensibilità del sistema verso la mancanza dell’informazione visiva, conseguentemente i bambini che nei primi anni di vita sono sottoposti al trattamento vengono controllati con maggiore frequenza. La strategia del trattamento prevede a seconda dell’età l’alternanza dell’occlusione, passando la benda dall’occhio migliore a quello ambliope. Ad esempio, a un bambino di anno per tre giorni è occluso l’occhio fissante e nel quarto la benda è sistemata su quello ambliope, nel giorno successivo l’occlusione è riportata nuovamente su quello migliore. La procedura può essere definita dal rapporto 3/1; quando è applicata a bambini di età maggiore si può prolungare il periodo nel quale l’occhio fissante è coperto: a due anni 4/1; a tre anni 5/1, seguendo sempre frequentemente la risposta visiva di ambo gli occhi. Il rapporto dell’occlusione è modificato quando quello intrapreso è poco efficace, conseguentemente le modifiche apportate aumentano il periodo nel quale l’occhio migliore è bendato. L’obiettivo è quello di incrementare e se possibile raggiungere nell’occhio ambliope una capacità risolutiva pari a quella dell’occhio migliore; quando si decide di interrompere la procedura è necessario continuare ad esercitare la visione dell’occhio trattato, per consolidare il risultato ottenuto. Diventa molto difficile stabilire prima la durata del trattamento, comunque molto dipende dall’età in cui si intraprende l’occlusione: più piccolo è il bambino e più il tempo previsto è relativamente breve23,24. Una aspetto interessante lega la fissazione eccentrica e l’occlusione: è risultata particolarmente efficace l’occlusione dell’occhio migliore (occlusione diretta) per “sradicare” la fissazione eccentrica25,26, con una particolare efficacia per bambini fino a 5 anni. Metodo del prisma “inverso” Al trattamento dell’ambliopia con fissazione eccentrica può essere abbinato quello del prisma inverso27: la metodica prevede l’occlusione parziale (filtro di Bangerter) dell’occhio fissante portandolo a una risoluzione leggermente inferiore rispetto all’altro. All’occhio ambliope sono anteposti prismi (esempio 10-15 ) a base interna per le esodeviazioni, e a base esterna per le exodeviazioni: l’obiettivo è di spostare sensibilmente l’immagine dalla zona di fissazione in modo da togliere i “punti di riferimento” al riflesso retinomotorio. In questo modo si lascia che il sistema riprenda a fissare con la fovea anatomica, area di maggiore peso a livello corticale; i risultati ottenuti27 sono stati molto incoraggianti per il recupero della visione binoculare ottenuto. Pleottica La pleottica consiste nella stimolazione strumentale dell’occhio ambliope per migliorare l’acuità visiva ed eliminare la fissazione eccentrica. Bangerter28 mediante un oftalmoscopio modificato inizia a trattare i pazienti abbagliando l’area di fissazione eccentrica; mentre l’area foveolare è protetta dalla luce attraverso un disco proiettato sul piano retinico. Nel contempo l’area maculare è stimolata da flashes luminosi intermittenti; l’obiettivo è quello di ridurre la dimensione dello scotoma centrale e di enfatizzare la fissazione foveolare. Molti sono stati gli strumenti prodotti per la pleottica, ma il requisito necessario rimane quello della collaborazione della persona alla quale è proposto il trattamento; in caso di fissazione eccentrica più si è distanti dall’età plastica del sistema visivo e maggiore è l’impegno richiesto per ottenere risultati soddisfacenti. Oggi, anche se ancora con difficoltà, l’importanza del controllo da parte dello specialista fin dai primi mesi di vita ha acquisito una notevole importanza, ogni trattamento ottiene una maggiore efficacia se profuso nel periodo di maggiore plasticità del sistema visivo. Conclusioni Un dato particolarmente interessante è legato alla variazione dell’acuità visiva a lungo termine, finito il trattamento riabilitativo29. Considerando 22 bambini di età compresa tra 2 e 9 anni, con ambliopia strabica, trattati tra il 1983 e il 1993 mediante il metodo dell’occlusione, dopo circa 1 anno possiedono in media un valore di acuità visiva vicino a 4/10. Dopo circa 9 anni dalla fine del trattamento è stata rilevata una diminuzione dell’acuità visiva per 12 bambini (55%) di circa 1/10; mentre per 8 (36%) la riduzione dell’acuità è risultata superiore a 1/10, e per i rimanenti 2 bambini (9%) fortunatamente è aumentata per valori superiori a 1/10. In conclusione, secondo questi risultati, a lungo termine è possibile aspettarsi una riduzione della migliore acuità di circa 1/10, e più difficilmente un miglioramento (grafico 3). Grafico 3. Modifica dell’acuità visiva in pazienti con ambliopia strabica dopo 9 anni dal trattamento. Preservare il risultato ottenuto terminato il trattamento diventa un aspetto essenziale, quindi è importante educare il paziente e la famiglia a mantenere attivo il programma dei controlli, e se necessario continuare la rieducazione per mantenere stabile il risultato. dossier Bibliografia 1. Noorden, G.K. von: Mechanisms of amblyopia. Doc. Ophthalmol.34:93, 1977. 2. Bloch DA. Wick B. 1991. Differences between strabismic and anisometropia amblyopia. In London R, Rutstein R (Eds), Problems in Optometry: Amblyopia 3:276-292. 3. Vereecken, E.P., and Brabant, P.: Prognosis for vision in amblyopia after loss of the good eye, Arch. Ophthalmol. 102:220, 1984. 4. Noorden, G.K. von: Amblyopia: a multidisplinary approach (Proctor Lecture), Invest. Ophthalmol. Vis. Sci. 26:1704, 1985. 5. Costenbader. F.D., Bair, D., and McPhail, A.: Vision in strabismus. A preliminary report, Arch. Ophthalmol. 40:428, 1948. 6. Noorden, G.K. von, and frank, J.W.: Relationship between amblyopia and the angle of strabismus, Am. Orthopt. J. 26:31, 1976. 7. Burian, H.M., and Cortimiglia, R.M.: Visual acuity and fixation pattern in patients with strabismic amblyopia. Am. Orthopt. J. 12:169, 1962. 8. Cordella, M.: Sul valore deficit morfoscopico nell’ambliopia strabica, Atti Soc. Oftalmol. Lomb. 1:55. 1961. 9. Flom, M.C., Weymouth, F.W, and Kahneman, D.: Visual resolution and contour interaction, J. Opt. Soc. Am. 53:1026, 1963. 10. Thomas, C., and Spielmann, A.: A propos du test de Amman, Burian von Noorden, Bull. Soc. Ophthalmol. Fr. 9-10, 1963. 11. Cùpper, C.: Some reflections on the possibility of influencing the pathological fixation act, Ann. R. Coll. Surg. Engl. 38:308, 1966. 12. Noorden, G.K. von, and Helveston, E.M.: Influence of eye position on fixation behavior and visual acuity, Am. J. Ophthalmol. 70:199, 1970. 13. François, J., and Verriest, G.: La discrimination chromatic dans l’amblyopic strabique, Doc. Ophthalmol. 23:318, 1967. 14. Bangerter, A.: Ambliopiebehandlung. Ed. 2, Basel, 1953, S. Karger AG. 15. Linksz, A.: Theory of pleoptics, int. Ophthalmol. Clin. 1(4):747,1961. 16. Bielsschowsky, A.: Ùber monoculàre Diolopie ohne physikalische Grundiage, nebst Bemerkungen ùber das shen schielender, v.graefe’s Arch. Ophthalmol. 46:143, 1898. 17. Noorden, G.K. von: Pathophysiology of Amblyopia: diagnostic and therapeutic preiciples of pleoptics, Am. Orthopt. J. 10:7,1959. 18. Noorden, G.K. von: The etiology and pathogenesis of fixation anomalies in strabismus, Trans. Am: Ophthalmol. Soc. 67:698,1969. 19. Bedel, H.E., Flom, M.C., and barbeito, R.: Spatial aberrations and acuity in strabismus and amblyopia, invest. Ophthalmol. Vis. Sci. 26:909, 1985. 20. DaCunha, and Jenkins, E.M.: Amblyopia in three year olds. Med. Officer 106:406, 1961. 21. Blake, R., and Lehmkuhle, S.W.: On the site of strabismic suppression. Invest. Ophthalmol. 15:660, 1976. 22. Aulhorn E.: Perimetrische Befunde beim Zentralskotom. III. Postgraduate Course for Ophthalmologists, Giessen, Germany,1961. 23. Enos, M.V.: Anomalous correspondence, Am. J. Ophthalmol. 33:1907, 1950. 24. Hagemans K.H., and v.d. Wildt, G.J. The influence of the stimulus width on the contrast sensitivity function in amblyopia, Invest. Ophthalmol. Vis. Sci. 18:842, 1979. 25. Conreur, L., Danis, P., Gilson, M., Lavergne, G., and Meur, G.: Physiopathologie de l’amblyopie fonctionelle, Bull. Soc. Belge Ophthalmol. 151:301, 1969. 26. Dawson. W.W., Perry, N.W., and Childers, D.G.: variation in human cortical response to patterns and image quality, Invest. Ophthalmol. 11:789, 1972. 27. Friedman, Z., Neumann, E., Hyams, S.W., and peleg, B.: Ophthalmic screening of 38.000 children, age 1 to 2_ years, in child welfare clinics, J. Pediatr. Ophthalmol. Strabismus. 17:261, 1980. 28. Awaya, S., and Noorden, G.K. von: Visual acuity of amblyopic eyes under monocular and binocular conditions: further observations. In Mein, J. Bierlaagh, J.J.M., and Brummelkamp-Dons, T.E.A., editors: Orthoptics, Amsterdam, 1972, Excerpta Medica, p.146. 29. Robert P. Rutstein, David A. Corliss. (2004) Long-term Changes in Visual Acuity and Refractive Error in Amblyopes. Optom. Vis. Sci., vol. 81, 510-515. 30. Fitton, M.H.: Pleoptics in the U.S.A., Br. Orthopt. J. 19:35, 1982. 31. Harada, H., and Hayashi, S.: Differential diagnoses of amblyopia, Jap. J. Ophthalmol. 2:268, 1958.