La prefabbricazione è sostenibile?
Miti e verità svelati: tra storia, protocolli ed attualità normative.
A cura di Fabrizio Dellachà
Prefabbricare offre ovvi e noti vantaggi, analizziamo in questa sede il fattore "sostenibilità",
fugando alcuni dubbi e sfatando alcuni miti tramite l'introduzione del concetto di LCA ed i
protocolli per valutarla.
«sf. [sec. XX; da prefabbricare]. Produzione di elementi di costruzione al di fuori del loro luogo di
utilizzazione definitivo. Di solito al cantiere edile tradizionale giungono materiali grezzi o al più elementi
semilavorati che poi vengono trasformati nelle strutture definitive: le varie costruzioni, pertanto, sono ancor
oggi in gran parte realizzate pezzo per pezzo in loco, materializzando la forma delle strutture con l'ausilio di
idonei mezzi (per esempio casseforme per armature di sostegno). Con l'avvento del cemento armato sono
entrate in uso le casseforme dove vengono disposte le armature in ferro e viene colato il calcestruzzo.
Anche quando si fa ricorso a strutture in acciaio le unioni vengono realizzate in opera con chiodature o
saldature».
Tutti sappiamo che l'evoluzione tecnologica nelle costruzioni è stata - fino all'inizio della
seconda metà del XX secolo - relativamente lenta, soprattutto perchè condizionata sia
dalla struttura prettamente artigianale dell'imprenditoria, sia dalla natura sostanzialmente
occasionale e dalle dimensioni relativamente modeste della domanda.
Le opere pubbliche, per natura e dimensioni, nonchè ai fini di abbreviarne le tempistiche di
posa ed ultimazione, hanno in genere usufruito per prime dei processi di serializzazione e
meccanizzazione dei cantieri, dotandoli sia di apparecchiature varie ad ausilio delle
maestranze, sia di elementi preparati fuori opera, che venivano solamente assemblati in
loco.
Anche i materiali ormai considerati come "tradizionali" nei processi edificatori come lo
sono ad esempio il legno, l'acciaio, il calcestruzzo ed il laterizio un tempo legati all'ingegno
del progettista, alla capacità del costruttore ed alla perizia delle maestranze sono divenuti
via via oggetti anche assai articolati e prelavorati (o semilavorati); essi venivano un tempo
portati in cantiere sfusi e successivamente posati in opera, mentre oggi sono
semplicemente assemblati a partire da elementi complessi e finiti in maniera rapida,
semplificata e dietro procedure standardizzate e codificate, replicabili infinite volte.
Novità determinanti si verificano solo al finire della seconda mondiale quando si (ri)avvia
un intenso e generalizzato processo di urbanizzazione e ricostruzione cui fa seguito una
sempre maggiore richiesta di abitazioni nonchè di infrastrutture complesse e qualificate
che potessero avere costi contenuti, una qualità e delle prestazioni prestabilite ed unificate
e tempi di edificazione ridotti al minimo.
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Si è passati quindi da una prefabbricazione di elementi ad una fase ben più complessa,
conseguenza naturale alla prima; una prefabbricazione di sistemi ed organismi.
Il courtain wall non è che l'inizio di questo processo.
Si arriva infatti alla realizzazione di elementi e spazi sempre di maggiori dimensioni che
potessero essere componibili in maniera differente secondo schemi planimetrici sempre
nuovi e differenti.
La precompressione ha inoltre ridotto anche il peso dei singoli elementi, specie se
strutturali/portanti, migliorandone molto l'idoneità al trasporto e divenendo il complemento
perfetto di elementi prefabbricati.
Dopo che la situazione di emergenza post bellica fu superata, la prefabbricazione si era
sviluppata in modo tale che da uno stato di bisogno, da cui l'edilizia aveva tratto impulso
su vasta scala, era nato un sistema costruttivo completamente nuovo, caratterizzato
dall'industrializzazione, dalla produzione di serie, dalla rapidità di posa in opera.
Oggi la tecnica della prefabbricazione ha raggiunto risultati di eccellenza, in termini di
resistenza strutturale e di isolamento termico anche grazie sempre più ampia diffusione
dei polimeri plastici (come polistirolo, schiume poliuretaniche, ecc.) e di altri materiali
innovativi e dai ridotti spessori, - spesso derivati dalla tecnologia aerospaziale – ed aventi
particolari caratteristiche isolanti; essi vengono impiegati nelle stratigrafie interne come
“anima” nei pannelli e consentono il raggiungimento di ottime performance di isolamento
acustico e termico, con rilevanti riduzioni di peso rispetto ai materiali tradizionali.
Ma tutto questo, oggi, non è più sufficiente.
Siamo ormai arrivati all'era dove la prestazione non è più ormai il solo ed unico indicatore
della qualità di un manufatto edilizio, ora si parla insistentemente - e spesso senza
nemmeno saperne il significato - di sostenibilità.
Definiamo quindi questo concetto: il Rapporto Brundtland (Our Common Future, 1987) lo
definisce esplicitamente come quello sviluppo capace di soddisfare i bisogni della
generazione presente senza compromettere quelli delle
generazioni future.
Quindi, per meglio comprendere se ma soprattutto quanto un
prefabbricato sia realmente sostenibile ci sono svariati
parametri ed aspetti del processo edilizio da valutare
attentamente.
In primis vanno scissi i prodotti impiegati per la costruzione dai
processi costruttivi con i quali si erige l'opera stessa attraverso
l'assemblaggio e la composizione dei prodotti stessi.
Figura 1. Gro Harlem Bruntland (l'autrice del "Rapporto Bruntland", 1897)
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Ciascun prodotto o materiale deve infatti recare la marchiatura CE conforme al CPR
305/2011 del 8 Marzo 2011, per la distribuzione, la vendita e l’utilizzo dei prodotti da
costruzione; il provvedimento fissa le condizioni armonizzate per la commercializzazione e
la marcatura dei prodotti edili ed abroga la direttiva 89/106/CEE del Consiglio Europeo
(CPD). La Direttiva 89/106 sui materiali da costruzione non è stata uno strumento isolato
della Commissione Europea; nel corso di un ventennio è stata, infatti, integrata dalla
Direttiva 93/68, dalla Direttiva 98/34 e infine dal Regolamento 1882/2003.
I requisiti di base delle opere civili e d’ingegneria vedono introdotto il requisito che riguarda
l’utilizzo sostenibile delle risorse naturali secondo cui:
«Le opere di costruzione devono essere concepite, realizzate e demolite in modo che l’uso
delle risorse naturali sia sostenibile e garantisca in particolare:
•
il riutilizzo o la riciclabilità delle opere di costruzione, dei loro materiali e delle loro
parti anche dopo la demolizione;
•
la durabilità nel tempo delle opere di costruzione;
•
l’uso, nelle opere di costruzione, di materie prime e secondarie ecologicamente
compatibili.»
Come definito dal Regolamento, la sostenibilità di un prodotto prevede che il produttore
elabori il DoP (declaration of performance) del prodotto ove sia espressamente dichiarato
l’impiego delle materie prime e/o semilavorati dal punto di vista non soltanto ambientale,
ma anche sociale, economico e tecnico.
Il nuovo requisito non avrà effetti concreti finchè uno o più Paesi membri dell’UE non
decideranno di disciplinare un criterio oggettivo per definire la sostenibilità di un prodotto.
Come capire e valutare allora la sostenibilità in modo standardizzato, replicabile ed
estendibile a tutti i prefabbricati?
Ci viene in aiuto l'architettura sostenibile detta anche green building, bioarchitettura o
architettura bioecologica. La baubiologie (bioedilizia) nasce negli anni '70 in Germania e
basa la propria filosofia progettuale sui seguenti principi:
•
l’esistenza di vincoli in un pianeta finito, ovvero il riconoscimento che esiste una
"carrying capacity" del pianeta, ossia la capacità di un ambiente e delle sue risorse di
sostenere un certo numero di individui;
•
la consapevolezza che il secondo principio della termodinamica pone dei limiti agli
usi e alle trasformazioni energetiche. Il principio tiene conto infatti del carattere di
irreversibilità di molti eventi termodinamici, in pratica è impossibile realizzare una
macchina termica il cui rendimento sia pari al 100%. Ciò sancisce quindi l'impossibilità di
realizzare il moto perpetuo cosiddetto di seconda specie e tramite la non reversibilità dei
processi termodinamici definisce una freccia del tempo;
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•
l’accettazione delle ipotesi di Herman Daly, padre della teoria della sostenibilità,
ossia:
1.
l'utilizzo delle risorse rinnovabili non deve superare il loro tasso di rigenerazione;
2.
l'immissione di sostanze inquinanti (solide, aeree o liquide) nell'ambiente non deve
superare la capacità dell'ambiente stesso di metabolizzarle;
3.
l'uso di risorse non rinnovabili (ad es. i combustibili fossili) deve ridursi
progressivamente fino ad arrestarsi per essere sostituto da fonti rinnovabili.
Quindi, in somma sintesi, ci si riferisce alla ricerca di soluzioni costruttive che
massimizzano il benessere dei fruitori attuali garantendo contemporaneamente alle
generazioni future la possibilità di conseguire lo stesso risultato, nella consapevolezza che
le risorse sono limitate e che lo sperpero e l'inquinamento possono diventare insostenibili
per le popolazioni future.
Il prefabbricato quindi parte tutto sommato avantaggiato, rispetto all'edilizia tradizionale del
"gettato in opera" in quanto ha un ecobilancio migliore rispetto all'edificazione consueta.
Prima però di parlare dell'ecobilancio è necessario fare ancora un passo indietro ed
introdurre l'LCA (life cycle assessment) o analisi del ciclo di vita, di un edificio. Essa
comprende diverse fasi:
•
l'estrazione e il trasporto delle materie prime;
•
la loro trasformazione in semilavorati o prodotti finiti ed il loro trasporto nel cantiere
per l'utilizzo;
•
la costruzione del fabbricato;
•
il periodo di fruizione (utilizzo) dell'edificio, con il funzionamento degli impianti e le
manutenzioni dei componenti dell'edificio;
•
la fine dell'utilizzo, con la dismissione che porta allo smontaggio dei componenti e al
loro reimpiego o alla discarica.
Figura 2. Una schematizzazione del processo LCA
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Un manufatto edilizio infatti consumerà energia durante tutto il suo ciclo di vita, dal
reperimento delle materie prime per la produzione dei materiali edilizi, fino al momento
della sua dismissione.
La fase più critica è giustamente l'utilizzo dell’edificio: su un orizzonte temporale medio di
circa 50 anni, il riscaldamento, la climatizzazione estiva, l'illuminazione e la produzione di
ACS incidono, per oltre il 90%, sul consumo complessivo di energia dell’intero ciclo di
vita!!!
Quindi considerato che l’aspetto gestionale di una costruzione influisce notevolmente
sull’impatto che essa esercita sull’ambiente e, di conseguenza, sui costi diretti ed indiretti,
la bioarchitettura ha come obiettivo la progettazione di edifici in grado di risolvere
l’eventuale divario tra la concezione formale (estetica), quella funzionale (energetica) e
quella ambientale (sostenibile).
Torniamo quindi agli strumenti valutativi e quantitativi: l'ecobilancio considera ciascuna
fase del ciclo di vita, precedentemente elencata e ne analizza le esternalità in spazi e
tempi diversi.
•
valuta nel tempo gli impatti che avvengono prima, durante e dopo l'esistenza
dell'edificio stesso (ad es. con l'estrazione delle materie prime, o quando si interviene con
la manutenzione per estendere la durata dell'edificio).
•
valuta nello spazio gli impatti generati in altri luoghi da quello dell'insediamento (ad
es. nei luoghi di prelievo o produzione dei materiali).
La metodologia LCA (codificata nelle norme ISO UNI 14040 e 14044) consente di
effettuare una valutazione ambientale di tipo quantitativo.
Generalmente uno studio di Life Cycle Assessment viene effettuato su singoli prodotti,
mentre è molto complesso (e per certi versi tutto sommato poco utile) produrre un
computo LCA di un intero edificio, poiché le variabili da calcolare sono molteplici e sono
peraltro riferite a molti componenti con durate e prestazioni spesso assai diverse tra loro.
Inoltre le banche dati non sono ancora sufficientemente mature (non contengono tutti i
prodotti esistenti in commercio) e condivise (ne esistono svariate in luogo di un unica
piattaforma, identica per tutti).
Ecco le principali:
•
DB ENEA: DIM 1.0
•
DB ESU: esu-services database v1
•
DB PRé Consultants B.V.: SimaPro
•
DB OEKO: GEMIS 4.4
•
DB Umweltbundesamt: ProBass
Per questo motivo la valutazione ambientale dell'edificio viene effettuata con una
metodologia di tipo qualitativa e "multi-criteriale", con un approccio umanista predittivo ed
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abbastanza soggettivo definito come LCT (Life Cycle Thinking = previsione del ciclo di
vita).
Si suggerisce di visitare la pagina disposta dall'UE per l'EPLCA - European Platform of
Life Cycle Assessment: http://eplca.jrc.ec.europa.eu/
Non esiste solo l'LCA per valutare e quantificare l'impatto ambientale e la sostenibilità di
un prodotto o di un processo, infatti si può anche quantificare la PEF - Product
Environmental Footprint ossia l'impronta ambientale dei prodotti o la OEF - Organisation
Environmental Footprint che si occupa di certificare le organizzazioni.
In edilizia si calcola la Carbon Footprint (impronta di carbonio) che è l'ammontare
dell'emissione di CO2 attribuibile ad un prodotto, un'organizzazione o un individuo. Viene
così misurato l'impatto che tali emissioni hanno sui cambiamenti climatici di origine
antropica. La CF è espressa in termini di Kg di CO2 e (ossia CO2 equivalente).
Analogamente si riesce anche a quantificare l'impronta idrica o Water Footprint (indicatore
del consumo di acqua dolce) che include sia l’uso diretto che indiretto di H 2O da parte di
un consumatore o di un produttore. L’impronta idrica di un singolo, una comunità o di
un’azienda è definita come il volume totale di acqua dolce utilizzata per produrre beni e
servizi, misurata in termini di volumi d’acqua consumati (evaporati o incorporati in un
prodotto) e inquinati per unità di tempo. Nella definizione dell’impronta idrica è data inoltre
rilevanza alla localizzazione geografica dei punti di captazione della risorsa.
Si veda il Sito Ufficiale del Ministero dell'Ambiente per approfondire la tematica:
http://www.minambiente.it/pagina/cose-la-water-footprint
Gli approcci alla sostenibilità in edilizia oggi sono svariati e frammentari. Vediamone
alcuni.
•
CasaClima:
http://www.agenziacasaclima.it/it/certificazione/sostenibilit%C3%A0/192-0.html
•
Protocollo ITACA:
http://www.itaca.org/valutazione_sostenibilita.asp
•
LEED (US)/GBC Italia:
http://www.gbcitalia.org/page/show/leed-leadership-in-energy-and-environmental-design
•
BREEAM (UK):
http://www.breeam.org/page.jsp?id=187
•
ClimAbita EcoLife:
http://www.climabita.it/certificazioni/
•
CASBEE-J:
http://www.ibec.or.jp/CASBEE/english/certified_bldgs.htm
Non tutti questi metodi sono attualmente di libera e gratuita consultazione e questo
determina una loro maggiore o minore influenza sul mercato edilizio nello stabilire i
requisiti alla base della definizione di qualità sostenibile delle costruzioni.
In particolare, volendo analizzare proprio la prefabbricazione, appare chiaro che i vantaggi
oggi siano divenuti molteplici rispetto al tradizionale gettato in opera, va fatta però una
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distinzione preliminare tra le varie tipologie ad oggi reperibili sul mercato, per non prestare
il fianco a generalizzazioni poco edificanti ed ascientifiche.
Esistono in primis prefabbricati parziali o totali che si distinguono rispettivamente per
struttura gettata con tamponamenti prefabbricati e/o viceversa oppure per la totalità degli
elementi realizzata con processi di precasting.
Le costruzioni prefabbricate possono inoltre essere: in muratura, in cemento armato, in
metallo o in legno.
I vantaggi del prefabbricato consistono in un'ottima qualità strutturale che, oltre a garantire
i criteri antisismici, presenta notevoli caratteristiche di resistenza agli incendi ed assicura al
contempo doti di eccezionale isolamento termo-acustico, dove i ponti termici (ed acustici)
sono già corretti in sede progettuale e vengono evitati attraverso semplici protocolli di posa
in loco.
Non solo vi sarà quindi un maggiore risparmio energetico ma soprattutto si avrà un
maggiore ed ottimale comfort termoigrometrico ed acustico per i fruitori dei manufatti.
In genere poi si suole distinguere tra: “casa al grezzo” (da ultimare, su misura, in base ai
propri gusti) e “casa chiavi in mano” (pronta all'uso e quindi all inclusive).
La prima è una costruzione strutturalmente ben definita negli spazi e negli ambienti che
però non comprende le finiture (sanitari, impiantistica, pavimentazioni, piastrellatura,
intonaci) di cui il committente/acquirente si occuperà in autonomia in un secondo
momento. Con la formula a catalogo, all inclusive, si intende invece una costruzione già
interamente definita e completa di tutti gli elementi di servizio e gli arredi primari (bagni e
cucina).
Per potersi definire quindi sostenibile sarà pertanto necessario fare riferimento a materiali
da filiera certificata, protocolli di posa poco energivori, impiantistica a risparmio energetico
con quota prodotta da FER, con la gestione separata delle acque potabili e di servizio,
senza dimenticare infine una bassa manutenzione, l'adozione di elettrodomestici a
bassissimo consumo ed il ricorso, quanto più possibile alla progettazione bioclimatica per
captare gli apporti endogeni gratuiti.
Il tutto andrà infine certificato attraverso l'adozione di un protocollo codificato come quelli
poco sopra elencati.
Ebbene, vista l'eterogeneità dei progettisti, dei metodi e dei materiali costruttivi disponibili
nonchè le diversissime capacità delle manovalanze di ciascuna impresa edile risulta
ovviamente più facile certificare un prodotto precasted, che garantisce peraltro le
medesime performances e relativo impatto ambientale per tutti i manufatti eretti con il
medesimo metodo di prefabbricazione certificato a priori.
Infine giova ricordare di prestare particolare attenzione, quando si ricorre al legno, di
verificare che quello impiegato provenga da coltivazion FSC - Forest Stewardship Council
(http://it.fsc.org/); ciò garantisce che il prodotto è stato realizzato con materie prime
derivanti da foreste correttamente gestite e coltivate secondo i principi dei 2 principali
standard FSC: gestione forestale e catena di custodia.
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In ultima istanza, ulteriori vantaggi della prefabbricazione che ne determinano una
maggiore sostenibilità sono:
•
bassissime tempistiche di cantierizzazione (risparmio di manovalanze e forniture
energetiche);
•
assenza di polveri e rumori limitatissimi;
•
predisposizione in fabbrica di cavedi, fori e tracce impiantistiche;
•
risparmio di ponteggi, baraccamenti, allestimento cantieristico;
•
spesso si evitano addirittura anche i falsi telai di porte e finestre, non necessari in
molti prefabbricati;
•
si evita di allestire la centrale di betonaggio per il getto del calcestruzzo;
•
ci sono notevoli semplificazioni negli adempimenti per la sicurezza in cantiere;
•
i prodotti ed i materiali che compongono svariati prefabbricati (da verificare tramite i
certificati di prodotto) hanno anche una interessante percentuale di riciclabilità e
potrebbero non rientrare nei rifiuti speciali qualora conferiti in discarica.
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Figura 3. Il frontespizio delle ISO 14040 sull'LCA
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