TAPPETO ERBOSO Lavori Durante il periodo

TAPPETO ERBOSO
Lavori
Durante il periodo invernale le
graminacee perenni che costituiscono i tappeti erbosi interrompono la crescita e perdono parte della clorofilla presente nei tessuti fogliari, con conseguente ingiallimento del manto erboso. Tale
ingiallimento è più o meno accentuato a
seconda della specie e/o varietà.
In queste condizioni, definite di riposo vegetativo, la gestione del tappeto erboso è limitata alla sola concimazione;
sia il taglio che l’irrigazione sono superflui, o addirittura dannosi. Se si
dovessero verificare condizioni (di temperatura e di luce) favorevoli, infatti, entrambi questi interventi potrebbero stimolare la ripresa vegetativa, rendendo
così le piante particolarmente vulnerabili in caso di nuovi, ma possibili, abbassamenti termici.
Durante l’inverno, inoltre, è bene
evitare gli interventi che possono
produrre danni meccanici alle piante. Tra
questi ricordiamo soprattutto la carotatura, che si effettua con l’intento di decompattare il terreno costipato, e la «sfeltratura», la cui funzione principale è quella di
eliminare il materiale secco che si è accumulato alla base del cotico erboso (feltro). Queste operazioni sono responsabili
di rotture e lacerazioni di parti della pianta; tali danni, facilmente sopportabili dalla vegetazione durante il periodo di crescita, risultano, invece, particolarmente
dannosi nel periodo invernale, non essendo le piante in grado di rimarginare le ferite e di ricostituire i tessuti danneggiati.
Concimazione. La concimazione invernale prevede, di massima, un solo intervento da effettuarsi poco prima della ripresa vegetativa che, nelle condizioni climatiche del nord Italia, coincide solitamente con gli ultimi giorni del mese
di febbraio. Lo scopo di tale concimazione è quello di mettere a disposizione del
prato gli elementi nutritivi per una pronta ripresa primaverile. È molto importante, infatti, che il tappeto erboso possa rapidamente infittirsi in modo da impedire
l’accesso di specie indesiderate che potrebbero invadere il tappeto erboso. A tal
proposito è opportuno dotare il terreno
di una giusta quantità di azoto, elemento indispensabile per sostenere la formazione di nuova vegetazione. È necessario
apportare almeno 5-6 grammi per metro quadrato di azoto mediante un concime a lenta cessione (come ad esempio il
Floramid Rasen alla dose di 30 grammi
per metro quadrato) che, rilasciando graSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
Per una corretta distribuzione del concime è necessario utilizzare un apposito
carrello; il migliore è quello a distribuzione centrifuga (nella foto)
dualmente gli elementi nutritivi, permette di sopperire ai fabbisogni delle piante
per un periodo abbastanza lungo. Oltre
all’azoto è sempre buona regola rifornire il tappeto erboso anche degli altri ele-
Percorso da seguire utilizzando
un carrello per il concime
a distribuzione centrifuga
menti nutritivi indispensabili alla vita delle piante. Al fine di evitare interventi ripetuti sulla stessa superficie, vi consigliamo di impiegare un
concime composto (come ad esempio il Nitrophoska Gold alla dose di
40 grammi per metro quadrato) che permette di rifornire il terreno anche di fosforo, potassio ed eventualmente magnesio e ferro.
Nella scelta del concime è bene prestare attenzione alle dimensioni dei granuli. I migliori concimi per il tappeto erboso sono caratterizzati da granuli di
piccole dimensioni. Questo perché, essendo il tappeto erboso, per sua natura,
un insieme molto denso, i granuli più
piccoli riescono facilmente a raggiungere la superficie del terreno attraverso la
fitta vegetazione.
Infine, vi suggeriamo di prestare attenzione anche al colore del concime: è
consigliabile utilizzare concimi dai colori vivaci, come ad esempio l’arancione, perché ciò consente di migliorare
l’uniformità della distribuzione essendo
più facile individuare, nel cotico erboso,
i granuli precedentemente distribuiti.
Per una corretta distribuzione del
concime è necessario inoltre utilizzare
un apposito carrello spandiconcime.
L’impiego dello spandiconcime è preferibile rispetto alla distribuzione manuale anche su piccole superfici. Solamente
con l’impiego del carrello è possibile,
infatti, garantire una distribuzione uniforme del concime e di conseguenza ottenere una omogeneità cromatica e di
crescita del manto erboso.
In commercio esistono due tipi di
spandiconcime: quello a caduta verticale, detto anche a gravità, e quello a distribuzione centrifuga. Dei due è preferibile il secondo (vedi la foto in alto nella pagina), perché è più semplice da
adoperare e consente un risparmio di
tempo. Inoltre, con lo spandiconcime a
gravità è più facile commettere errori
nella distribuzione che si evidenziano
con la presenza di aree troppo concimate, a causa di sovrapposizioni, o per nulla concimate.
PIANTE ANNUALI, BIENNALI
E PERENNI
Lavori
Percorso da seguire utilizzando
un carrello per il concime
con distribuzione a caduta
Un luogo comune vuole che in questo
bimestre – il più freddo dell’anno – il fascino del giardino sia limitato ai sempreverdi e alle «trame lignee» di alberi e arbusti decidui (a foglie caduche). In effet-
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La semina anticipata delle piante annuali del giardino
A
B
C
D
Per eseguire la semina anticipata delle piante annuali procuratevi un cassone in legno provvisto di coperchio inclinato
in vetro, o materiale plastico trasparente, e riempitelo quasi completamente di sabbia, per aumentare l’effetto coibentante (isolante)-A. Seminate negli appositi plateau alveolati (che rendono più semplice il successivo trapianto) utilizzando terriccio da semina composto da torba fine e sabbia; coprite i semi con uno strato di terriccio pari alla dimensione
del seme-B. Appoggiate sulla sabbia del cassone i plateau alveolati, inumidite il terriccio con un vaporizzatore-C e mantenete umidità costante per tutta la durata della germinazione. A 3-4 settimane dalla semina le piantine andranno rinvasate in vasetti di cm 10 di diametro e concimate: saranno pronte per il trapianto nelle aiole dopo altre 3-4 settimane-D
ti, gran parte delle piante erbacee sono
immerse nel loro invernale letargo sotterraneo. Ma nelle ore gelide del mattino, nel giardino ricoperto di brina, nulla
è straordinario come gli effetti di luce sugli steli e sulle infiorescenze secche delle graminacee ornamentali (come
quelle di Miscanthus sinensis, Panicum
virgatum, Calamagrostis acutiflora, Molinia arundinacea, ecc.) o come i contrasti cromatici nelle bordure di erbe persistenti che mantengono la vegetazione
per tutto l’anno come le festuche e le
carici (per esempio Festuca glauca
«Azurit», Carex oshimensis «Evergold»,
Carex testacea «Coca Cola», Carex morrowii «Silver Scepter», ecc.). È anche
per queste suggestioni invernali che le
graminacee e le altre erbe ornamentali
vengono sempre più spesso utilizzate nei
giardini.
Pulizia delle piante. Solo a fine feb-
1
braio, dopo averle godute per tutto l’inverno, rasate a livello del terreno le parti
aeree di tutte le erbacee decidue che presentano attrattive anche da secche (steli,
foglie, infiorescenze o frutti). A questo
punto, l’intervento non può più essere rimandato: poiché stanno per spuntare i
nuovi germogli, entro breve la rimozione
delle parti secche, già intrecciate con la
nuova vegetazione, finirebbe con il risultare disagevole.
Innaffiatura. L’associazione di freddi intensi e siccità prolungata può arrecare danni gravi anche a piante del tutto
rustiche. A partire da metà gennaio, in
particolare, incomincia il lento risveglio
delle piante che risultano più sensibili
alla mancanza d’acqua. In caso di assenza prolungata di precipitazioni provvedete a un’irrigazione di soccorso; operate nelle ore centrali, ma effettuate comunque l’intervento anche se persistono
2
1-Il Cosmos bipinnatus è una superba pianta annuale che fiorisce da giugno a ottobre e si dissemina spontaneamente. 2-La Dicentra spectabilis è un’elegante perenne che in climi miti fiorisce già da fine febbraio
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condizioni molto fredde. Innaffiate lentamente e a lungo, in modo che l’acqua
penetri nel terreno in profondità.
Protezione dal freddo. Al nord mantenete fino a inizio marzo le pacciamature di foglie secche che avete predisposto
in autunno per proteggere gli apparati radicali delle piante meno resistenti al gelo
prolungato. Rivoltatele con un rastrello
per aerare ed evitare la formazione di
marciumi. Al centro-sud non oltre la metà di febbraio sarà opportuno mettere allo
scoperto gli «occhi», cioè i nuovi germogli, già emergenti, delle piante perenni.
Concimazione. Se non l’avete fatto
durante l’autunno potete provvedere in
questo periodo a una concimazione organica di aiole e bordure. È sufficiente un
generoso strato di stallatico pellettato o in
polvere (di quello facilmente reperibile
nei garden center e negli empori agrari),
in ragione di 4-5 badilate per metro quadrato intorno ai cespi delle piante, da incorporare leggermente nella parte più superficiale del terreno con una zappetta.
Gelate e precipitazioni di fine inverno
provvederanno a sciogliere le sostanze
nutritive rendendole disponibili per le
piante fin dalla ripresa vegetativa.
La maggioranza delle piante perenni
sono dotate di grande vigoria: non è
quindi necessario ricorrere a prodotti
chimici, a meno che le vostre aiole non
siano ormai troppo vecchie ed esaurite.
In questo caso, però, la soluzione migliore è quella di sfruttare la stagione invernale per riprogettarle in vista di nuovi impianti primaverili.
Progettazione delle aiole e scelta delle piante. Giornate fredde e brevi, e ritmo
dei lavori in giardino più che mai rarefatSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
to caratterizzano i primi due mesi dell’anno. Eppure, per il giardiniere consapevole, il lavoro abbonda anche davanti al camino. Infatti, se la progettazione su carta
sta alla base di ogni angolo di giardino
ben riuscito, questa procedura è davvero
indispensabile nel caso delle aiole o delle
bordure miste di erbacee. Queste piante,
infatti, mutano il loro aspetto di stagione
in stagione, fattore che ne determina il fascino, ma che aumenta anche la complessità di progettazione. Utilizzate le ore della sera, muniti di fogli e matite colorate
per realizzare i vostri schizzi. Una scelta
di cataloghi di sementi e di vivai specializzati (di quelli che indicano con cura altezza delle piante, esposizione ottimale,
periodo di fioritura, ecc.) vi orienterà nella scelta delle specie e delle varietà.
Se le vostre aiole di perenni non comprendono ancora nessuna delle piante che
fioriscono già da fine inverno (come ad
esempio brunnera, dicentra, euforbia,
elleboro (Helloborus), primula, pulmonaria, ecc.) provvedete, in sede di
progettazione, ad inserirle nei nuovi impianti primaverili. Per quest’anno, tuttavia, può rimanere il desiderio di reagire
alla scarsità di colore simulando una primavera anticipata. In questo caso non è
difficile reperire sul mercato le tipiche
annuali proposte in piena fioritura già da
inizio febbraio in virtù di forzature termiche e luminose.
Il più coerente utilizzo delle annuali,
tuttavia, si ispira a una «filosofia» opposta, cioè alla valorizzazione del loro ciclo
di vita naturale, il che significa iniziarne
la coltivazione da seme tra fine febbraio
e inizio marzo per goderne le fioriture da
fine primavera a inizio autunno.
Nella scelta delle annuali da seminare date la preferenza a quelle rustiche capaci di autodisseminarsi e di naturalizzarsi nel vostro giardino, come il
fiordaliso (Centaurea cyanus), le cosmee (Cosmos bipinnatus, Cosmos sulphureus), la calendula (Calendula officinalis). Oppure orientatevi sulle coloratissime zinnie, splendide anche come fiori recisi. Oppure ancora su piante di interesse ornamentale-alimentare, come ad esempio tropaeolum (nasturzio) e amaranto (diverse specie di
Amaranthus). Al nord potete seminarle in piena terra solo da fine marzo, ma
con l’utilizzo di un semplice cassone vetrato appoggiato contro un muro esposto
al sole potrete farle germinare in semenzaio con un mese di anticipo. Una valida alternativa alla semina potrà essere
l’acquisto di giovani piantine in vasetto presso un vivaio specializzato a inizio-metà aprile.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
Interventi fitosanitari
Le piante allevate direttamente in terra sono ancora in pieno riposo vegetativo per cui non sono esposte ad eventuali attacchi parassitari.
Negli ambienti con clima più favorevole si può procedere alla suddivisione
delle piante perenni (garofanini e margherite) che hanno accestito in maniera
eccessiva. Suddividetele con cura evitando di arrecare danni all’apparato radicale e scartate le parti che presentano
marciumi e radici svuotate per attacchi
di Fusarium. Se il clima non è ancora
favorevole, in attesa di metterle direttamente a dimora in piena terra trapiantatele temporaneamente in contenitori alveolati di cartone o torba compressa,
che interrerete poi direttamente senza
creare sofferenze alle nuove piante.
Cercate sempre di utilizzare torba
nuova al fine di evitare che funghi viventi nel terreno, quali Fusarium (di varie
specie) e Rhizoctonia solani, possano
causare morie di piante.
1
2
1-Fusarium oxysporum su giovane
talea di garofano. 2-Marciume dovuto
a Rhizoctonia solani
PIANTE ACIDOFILE
Lavori
Gennaio e febbraio sono solitamente
i mesi più freddi dell’anno, durante i
quali, a seconda delle zone d’Italia, le
temperature scendono spesso anche sotto lo zero per parecchio tempo. Di seguito vi forniamo alcune indicazioni per
aiutare le vostre piante acidofile ad affrontare al meglio questo periodo.
Protezione dal gelo. Ricordatevi che
la maggior parte delle piante acidofile
sono sempreverdi e quindi particolarmente sensibili ai fattori ambientali anche durante la stagione invernale, quando apparentemente sembrano in fase di
dormienza. Differente è il caso di acidofile a foglie caduche (come ad esempio
le azalee del gruppo Mollis o le ortensie) che, invece, durante l’inverno sono
in pieno riposo vegetativo.
Dovete infatti pensare che ad ogni giornata tersa e con temperature miti sopra i 4-
Fiore di camelia a fioritura invernale
della varietà «Hiryu»
5° C le acidofile sempreverdi iniziano
nuovamente i loro processi fisiologici di
traspirazione e fotosintesi: in questo momento hanno comunque bisogno di cure.
Prestate attenzione alla resistenza al
freddo delle diverse parti della pianta;
sono più sensibili in ordine decrescente
i giovani germogli non ben maturi, i
boccioli fiorali, le gemme vegetative, i
rami, il tronco e per ultimo l’apparato
radicale, protetto dal terreno che funge
da isolante termico. Fintantoché la pianta perde qualche giovane germoglio e/o
gemma, questo non ne compromette
l’esistenza; alcuni giorni consecutivi di
freddo intenso (–5-10° C ) possono invece uccidere le piante.
È difficile comunque dettare dei veri e
propri limiti termici per le singole piante
in quanto, come già premesso, è la concomitanza di differenti fattori a risultare
dannosa o meno. Le piante in vaso, ad
esempio, sono più esposte di quelle in
piena terra. I vasi, se non vengono opportunamente protetti, sono soggetti a gelare
con facilità: l’apparato radicale viene
danneggiato a partire dalle radici più fini
e giovani, che comunque vengono rinnovate con l’arrivo della primavera, fino alle più vecchie. Proteggete quindi i vasi interrandoli, se possibile, oppure avvicinateli al muro di una casa riscaldata o ancora copriteli foderandoli esternamente con
della paglia o altro materiale isolante.
Potete utilizzare altri accorgimenti
che creino comunque un riparo dal freddo e dal gelo. L’esposizione è un fattore
molto importante: posizioni molto esposte e rivolte a sud sono spesso le peggiori in quanto gli sbalzi termici tra giorno e
notte sono notevoli e repentini. Preferite
perciò posizioni ombreggiate e riparate;
anche se sembrano le più fredde, garantiscono un più lento innalzarsi ed abbas-
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sarsi della temperatura a cui la pianta si
può man mano adeguare.
Una protezione naturale contro il gelo messa in atto dalle acidofile a foglia
persistente consiste nella traspirazione
dell’acqua e chiusura degli stomi come
nei periodi di maggior secco. In questa
maniera il succo cellulare all’interno
delle foglie è maggiormente concentrato in sali e gela a temperature più basse
rispetto allo zero termico. Non abbiate
quindi paura quando vedete foglie raggrinzite in pieno inverno, può essere dovuto ad un sistema di difesa naturale
della pianta. Ricordatevi però che quando la pianta trova nuovamente le condizioni per reidratarsi e ricominciare qualche processo biologico, ha bisogno di
acqua altrimenti può seccarsi completamente, così come in un periodo estivo di
siccità estrema.
Innaffiate anche d’inverno e non abbiate troppo timore del gelo, in quanto,
se avete protetto il terreno con un buono
strato (5-10 cm) di pacciamatura, sarà al
limite solo lo strato superficiale a gelare,
ma più sotto rimarranno risorse idriche
disponibili per la pianta.
Interventi fitosanitari
Per il trapianto di nuove acidofile
aspettate che siano terminati i freddi invernali. Prima di rimuovere le piante
dal vaso per trapiantarle in terra potete
sottoporle ad un trattamento cautelativo
immergendo il vaso per una decina di
minuti in una soluzione di fosetil alluminio-80 (non classificato, dose grammi 2,5 per litro d’acqua), alla quale potete aggiungere anche thiamethoxam25 (Actara-Syngenta, non classificato,
dose grammi 2,5 per 10 litri d’acqua). Il
primo preparato è efficace contro il microrganismo fungino Phytophthora
cinnamomi (responsabile di marciumi
delle radici e del colletto, di avvizzimenti vegetativi e della morte delle
piante); il secondo è invece attivo nei
confronti delle larve di oziorrinco. Togliete poi il vaso sottoposto al trattamento e lasciate scolare completamente
1
2
1-Phytophthora cinnamomi
su vegetazione di azalea. 2-Larva
di oziorrinco (cm 1)
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In questo bimestre è il bucaneve
la prima bulbosa che illumina
il giardino con il suo candore
tutta l’acqua in eccesso. In seguito togliete la pianta, assestando eventualmente qualche colpo sulla parete esterna del vaso per facilitare il distacco del
pane di torba, e trapiantatela.
BULBOSE E TUBEROSE
Lavori
In questo bimestre possono servire alcuni ritocchi al terreno dove sono a dimora le bulbose e tuberose a fioritura primaverile, per sistemare i piccoli dissesti
che le piogge possono aver causato.
Se in questo periodo continuano freddo e gelate provvedete a rinforzare le pacciamature aumentando il loro spessore.
A gennaio-febbraio è il bucaneve
(Galanthus nivalis) la prima bulbosa
che illumina con il suo candore il giardino. Se la stagione si presenta siccitosa
innaffiate regolarmente, assicurandovi
nel contempo che il terreno sia ben drenato. Dopo la fioritura lasciate i bucaneve indisturbati fino a che le foglie non
saranno completamente avvizzite.
I bulbi di bucaneve lasciati interrati
tendono a riprodursi naturalmente, quindi per avere nuovi ciuffi di queste bulbose è sufficiente che effettuiate la divisione dei bulbi esistenti, che è il metodo di
riproduzione più naturale. Si tratta di
un’operazione semplicissima: separate,
anche quando le foglie sono completamente avvizzite, i piccoli bulbi, che si
sono riprodotti sotto terra accanto o in
sostituzione al bulbo madre, e usateli come se fossero semi. Se piantati in autunno fioriranno già alla fine dell’inverno.
In questi mesi invernali, attraverso
una tecnica artificiale definita «forzatura» che altera le condizioni di luce e di
temperatura durante la coltivazione, potete ingentilire le vostre case con belle
fioriture di bulbose. Se in autunno avete
piantato in qualche vaso alcuni bulbi di
tulipani, li potete «forzare» (senza
compromettere la futura vita del bulbo)
per averli già fioriti in questi due mesi.
La tecnica della forzatura consente di
anticipare, anche di uno-due mesi, la
fioritura. Fra gennaio e febbraio, infatti,
i bulbi dei tulipani hanno sviluppato un
buon apparato radicale e la gemma è già
alta qualche centimetro. Portate quindi i
vasi dall’esterno in casa, innaffiateli frequentemente controllando che l’acqua
in eccesso dreni perfettamente, poneteli
in un locale con temperatura di circa 1014° C ed esponeteli a luce indiretta per
un paio di settimane. Trascorso questo
periodo il getto si allungherà e il tulipano sarà pronto per l’imminente fioritura.
Di norma i tulipani possono subire un
solo processo di forzatura; potrete recuperarli piantandoli in giardino, dove torneranno a fiorire dopo un paio d’anni,
avendo riacquistato le forze con l’accumulo di sostanze nutritive.
Ricordatevi di smuovere i bulbi e i
tuberi che si trovano nel locale di svernamento per arieggiarli e, soprattutto,
per evitare che le parti a contatto con il
contenitore si ammacchino; spolverateli
leggermente con ossicloruro di rame-50
(bio, irritante) per evitare il formarsi di
indesiderati marciumi.
Al sud, dove nella seconda metà di
febbraio il terreno ha già raggiunto circa
i 12-13° C, è possibile iniziare la messa
a dimora delle bulbose a fioritura estiva
come dalie, begonie, gladioli, lilium
e calle. Sbriciolate il terreno con un rastrello per arieggiarlo e per rimuovere
erbacce e sassolini, interrate i bulbi con
la punta rivolta verso l’alto ad una profondità pari al doppio della loro altezza.
Innaffiate, anche allo scopo di contribuire a compattare la terra attorno al bulbo,
eliminando i vuoti d’aria che rallentano
l’emissione delle radici.
Non è necessario concimare con prodotti chimici, ma se il terreno è poco fertile spargete un concime inorganico tipo
5-10-5 alle dosi riportate sull’etichetta
del prodotto; innaffiate generosamente
per far sì che il concime si sciolga bene.
Consultate i nuovi cataloghi di bulbose dove avrete modo di trovare nuove specie e/o varietà a fioritura estiva da mettere
a dimora nel giardino di campagna.
Interventi fitosanitari
In febbraio, quando la temperatura
del terreno ha raggiunto almeno i 10° C,
potete mettere a dimora le bulbose e tuberose a fioritura estiva. Scartate gli orSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
gani aggrediti da muffe e da marciumi
batterici e conciate bulbi e tuberi immergendoli per qualche minuto in una
miscela di thiram-49 (non classificato),
alla dose di grammi 8 per litro d’acqua,
lasciandoli poi asciugare all’aria prima
di interrarli.
A
C
ROSAI
B
Lavori
La temperatura del mese di gennaio è
solitamente troppo fredda per iniziare
qualsiasi lavoro. Il terreno gelato e intriso d’acqua non permette ancora nessun
trapianto, né è opportuno vangare, soprattutto se il suolo si presenta pesante.
Potatura. Anche le potature vanno
rimandate a metà-fine febbraio, quando
non si temono più gelate prolungate.
Una potatura anticipata potrebbe
compromettere parte del ramo, se
si dovessero presentare giornate di gelo
intenso; inoltre le potature, se eseguite
su legno gelato, possono generare pericolose spaccature con morte del ramo e
deperimento del rosaio.
Controllo delle legature e della
pacciamatura. Nel mese di gennaio limitatevi quindi a controllare le legature
dei tutori dei rosai ad alberello e dei
rampicanti, reintegrando le pacciamature che risultano impoverite con compost
non ancora completamente decomposto,
che interrerete poi a marzo con una leggera sarchiatura.
Preparazione delle buche e impianto dei nuovi rosai. In previsione di nuovi impianti, quando il terreno non si presenta più indurito dal gelo, potete preparare le buche (profonde circa 60 centimetri) che ospiteranno i nuovi rosai. Soprattutto nei terreni molto compatti e pesanti prevedete sul fondo della buca uno
strato drenante di almeno 10 centimetri
di spessore, composto da sassi e ghiaia
grossolana, e lasciate le buche aperte ad
ossigenarsi (vedi «i Lavori» di gennaiofebbraio 2005, pag. 8).
Quando la temperatura si sarà fatta
più mite e il terreno non sarà più intriso
d’acqua, potrete iniziare l’impianto dei
rosai a radice nuda e/o di quelli che avete conservato in tagliola dall’autunno
scorso (vedi il riquadro «Visto in campagna» a pag. 10).
Molti cespugli di rose botaniche
portano ancora le bacche rosso-arancio
che hanno regalato colore al giardino invernale; sarà solo verso metà-fine febbraio che potrete iniziarne le potature,
Gli interventi di potatura primaverili,
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
Come rinvasare un rosaio molto sviluppato. Per rinvasare un rosaio molto sviluppato coltivato in vaso, in un contenitore più capiente, usate alcune precauzioni che vi permetteranno di effettuare il lavoro senza danni all’arbusto e anche a voi stessi. A-Se il rosaio presenta rami delicati o molto lunghi affondate
nel terreno, attorno all’arbusto, 3 o 4 bastoncini e legateli fra loro con della rafia in modo da contenere i rami; estraete la pianta dal vaso e rinvasatela in un
contenitore più grande sul fondo del quale avrete predisposto uno strato di argilla espansa (di almeno 5-8 cm di spessore) per creare un buon drenaggio.
Usate del terriccio specifico per rose (come ad esempio il Compo Sana Terriccio per Rose) che già contiene concime organico a lenta cessione. B-Se invece
il rosaio presenta rami forti e robusti è sufficiente legare i rami tra di loro, per
contenerne il volume, e quindi procedere al rinvaso come riportato sopra. CPer il rinvaso utilizzate sempre terriccio per rose e non dimenticate di lasciare
il punto d’innesto del rosaio (vedi freccia) al di sopra del livello del terriccio
come già detto varie volte, si differenziano secondo le diverse tipologie di rose e
riguardano solamente le rose rifiorenti;
quelle a fioritura unica sono state già potate a giugno dell’anno scorso e dovranno subire la stessa sorte al termine della
fioritura di questo anno; solo se i cespugli
si presentano molto disordinati, si possono accorciare leggermente i rami più lunghi, per dare loro un aspetto migliore.
Alcune regole sono valide per tutti
gli altri rosai e sono:
Molti cespugli di rose botaniche portano ancora in questo periodo le bacche
rosso-arancio che hanno regalato colore al giardino durante l’inverno
– l’eliminazione delle parti secche, rotte, esili o danneggiate da agenti naturali
o da attacchi parassitari;
– il taglio dei rami che si intersecano fra
di loro allo scopo di liberare il centro del
cespuglio;
– la rimozione dei polloni selvatici che
nascono al di sotto del punto di innesto.
Negli ibridi di Tea si accorcia di 1/3
la vegetazione di un anno, intervenendo
sino a 3 gemme sopra il punto di partenza di ogni ramo principale, con tagli
obliqui sopra una gemma rivolta verso
l’esterno dell’arbusto.
Nelle rose Floribunda e assimilate
la potatura consiste nell’accorciare solo
di 1/3 i rami che hanno portato fiori per
ridare all’arbusto una forma rotondeggiante e composta.
Nei rosai ad alberello si effettua la
potatura secondo il tipo di rosaio che è
stato innestato sul portinnesto (ibrido di
Tea, Floribunda, sarmentosa, ecc.).
I rosai rampicanti hanno rami rigidi e fioriscono sul legno dell’anno precedente per cui si accorciano i rami principali sino ai nuovi germogli che andranno legati ai sostegni, il più possibile
paralleli al terreno. Se un vecchio fusto
non produce più nuovi germogli, lo si taglia alla base per stimolare la pianta a
produrre nuovi rami.
9
Visto in campagna
NON SI FA COSÌ
SI FA COSÌ
c
c
b
b
a
a
Al momento dell’impianto di un rosaio a radice nuda, dopo aver scavato una buca di almeno 60 cm x 50 cm x 50 cm, spargete sul fondo del letame ben maturo-a
(due-tre palate), ricopritelo con 10 cm di terra-b (affinché le radici non vengano
direttamente a contatto con il letame stesso) e posizionate il rosaio su un monticello di terra-c che avrete precedentemente predisposto, allargando e dirigendo
le radici verso il basso; riempite infine con terriccio arricchito con farina d’ossa
e cornunghia secondo le dosi consigliate in etichetta. Controllate che il punto
d’innesto (un rigonfiamento del tronco che si trova poco sopra le radici indicato
dalla freccia) resti sopra il livello del terreno. Compattate il terreno, innaffiate abbondantemente e, quando la terra della buca si sarà assestata, aggiungetene dell’altra riportandone il livello sotto il punto d’innesto. (Anna Furlani Pedoja)
I lunghi tralci dei rosai sarmentosi
si allevano a ventaglio o a cascata, accorciandoli se troppo lunghi e disordinati, risagomando il cespuglio e riassestandolo solo quanto è cresciuto in eccesso, poiché sono soprattutto rosai non
rifiorenti e pertanto la loro potatura è
stata già effettuata l’anno scorso.
Le rose antiche non amano le potature severe; pertanto limitatevi ad eliminare alla base solo i rami più vecchi per
ringiovanire l’arbusto, se necessario, e
anziché accorciare i rami troppo lunghi,
arcuateli, per rinfoltire il cespuglio.
Interventi fitosanitari
Appena sono terminati i rischi di gelate potete procedere alla potatura delle
piante. In questa occasione asportate le
ramificazioni interessate da parti annerite conseguenti a cancri corticali causati
da alcuni microrganismi fungini (Cryptosporella umbrina, Coniothyrium fuckelii). Durante questa operazione rinnovate gli eventuali tagli già effettuati ed
eliminate gli speroni della potatura nei
cui fori midollari si trovano frequentemente annidate le larve svernanti della
tentredine Emphytus cinctus. Eliminate
pure le parti infestate dagli scudetti bian-
10
1
2
1-Cancro corticale (Cryptosporella
umbrina) su rosa. 2-Incrostazioni
di cocciniglia (Aulacaspis rosae, mm 2)
castri e rotondeggianti della cocciniglia
Aulacaspis rosae.
Terminata la potatura è consigliabile
effettuare un trattamento con ossicloruro
di rame-50 (bio, irritante) alla dose di
grammi 50 per 10 litri d’acqua al fine di
proteggere le ferite da taglio ed ostacolare
lo sviluppo di nuove lesioni cancerose.
SIEPI, ARBUSTI E ALBERI
Lavori
In previsione dell’arrivo di forti gelate è importante proteggere, oltre che le
specie tropicali e subtropicali o altre notoriamente tipiche di climi temperati,
anche essenze che, pur non essendo in
pericolo di vita, possono comunque subire seri danni in conseguenza di temperature rigide. Nel caso di esemplari isolati in vaso, quali ad esempio Olea fragrans, è possibile coprire le piante con
tessuto non tessuto attualmente in commercio già preparato in sacchi. Per piante in terra di grandi dimensioni o siepi,
si consiglia invece di intervenire, quando possibile, con un trattamento a base
di poltiglia bordolese (come consigliato
ne «i Lavori» di novembre-dicembre
2005, a pag 9) avente l’effetto di bloccare la vegetazione nel caso la temperatura si mantenga alta anche nel pieno dell’inverno quando le gelate improvvise
possono danneggiarla.
Per quanto concerne infine le nevicate, queste non creano alcun problema fisiologico alle piante. Il problema è semmai di natura meccanica; i Pinus pinea, ad esempio, spesso posti a dimora
anche in aree non idonee alle loro caratteristiche, possono essere seriamente
danneggiati dal peso della neve che può
troncarne i rami; l’unico intervento possibile in questo caso è quello di scuotere
i rami o utilizzare «a vuoto» (cioè facendo fuoriuscire solo aria) un comune atomizzatore a spalla che, sparando con
violenza aria dal basso, farà cadere a terra la neve.
Concimazione. Gennaio e, soprattutto, febbraio sono due mesi nei quali il
giardino si prepara ad affrontare l’arrivo
della primavera. Per aiutarlo ad affrontare la ripresa vegetativa, potete somministrare alle piante una prima concimazione già alla fine di gennaio: nelle zone a
clima temperato questo lavoro va effettuato su leccio, alloro, corbezzolo, viburno, mentre lungo le zone costiere o
nelle pianure del centro-sud verrà riservato a fotinia, Cupressocyparis leylandii, piracanta, agrifoglio, ecc. Per
questo intervento utilizzate sostanza organica, tipo letame in pellet, o naturale,
ben matura. Le dosi consigliate variano
a seconda delle dimensioni della pianta:
per un albero adulto sono necessari 2030 chilogrammi di letame, mentre per
un arbusto di 1-2 metri di altezza sono
sufficienti 5-8 chilogrammi.
In febbraio è inoltre importante ricordarsi di concimare gli arbusti da fiore
come lentaggine, fotinia, osmanto,
ecc. con concimi specifici a lenta cessione (tipo Osmocote Top Dress 5-6 mesi,
alla dose di 30 grammi per ogni arbusto
di dimensioni medie) che ne stimoleranno la crescita e la fioritura.
Preparazione delle buche per i nuovi impianti. Nelle zone colpite da gelate gennaio è il mese ideale per la prepaSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
razione delle buche dove successivamente verranno poste a dimora nuove
specie. Nel caso di terreni particolarmente argillosi, tuttavia, non preparate
le buche con molto anticipo rispetto al momento della piantagione
per non rischiare di creare dei contenitori d’acqua in cui le radici farebbero fatica ad affondare.
Messa a dimora. Gennaio è anche il
mese adatto per mettere a dimora, nelle
zone non colpite da freddo e gelate prolungate, arbusti e giovani alberi a radice
nuda e a foglia caduca come ad esempio
tigli, aceri di diverse varietà, pioppi,
frassini e, nel caso di siepi, biancospini,
Acer campestre, ornielli, carpini ecc.
È da sconsigliare invece la posa a
dimora di alberi ed arbusti sempreverdi a radice nuda.
Prima di procedere con la posa a dimora delle piante, oltre a cercare di evitare giornate particolarmente fredde, si
deve considerare con particolare attenzione la natura del terreno nel quale si
effettuerà la piantagione. Prima di decidere quale pianta intendete porre a dimora in un determinato terreno è dunque opportuno consultare un esperto.
Per quanto concerne le buche all’interno delle quali verranno collocate le
nuove piante, esse devono essere ampie almeno il doppio della zolla, ancor
di più nel caso di terreni molto compatti. Il terreno deve poi essere ben smosso sulle pareti della buca al fine di evitare «l’effetto bicchiere», cioè il riempimento d’acqua con seri danni per l’apparato radicale della pianta. Dato che in
generale la zolla ha un diametro corrispondente al doppio della circonferenza
del tronco della pianta, calcolata ad un
metro da terra, la buca avrà un diametro
quattro volte superiore alla circonferenza del tronco.
Potatura. In febbraio, invece, una
volta che la temperatura si è stabilizzata
attorno ai 10-12° C, si può procedere alla potatura di specie come gli olivi, i
lecci, le piante da siepe e in genere gli
arbusti da fiore.
Riguardo alla potatura degli alberi ornamentali, se si escludono motivi legati
ad esigenze estetiche, è bene evitare qualsiasi potatura: un albero infatti non ha bisogno di essere ridotto
nella sua chioma.
Per quanto riguarda gli arbusti, invece, la potatura può essere importante per
stimolare la fioritura sui rami dell’anno
precedente, come ad esempio nel caso
delle lagerstroemie: su questo tipo di
piante è bene intervenire una sola volta
passato il freddo della cattiva stagione.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
In febbraio è importante ricordarsi
di concimare gli arbusti da fiore,
come ad esempio l’osmanto
Si devono evitare sbucciature o
slabbrature al momento della potatura, in corrispondenza dei quali possono annidarsi i parassiti.
Interventi fitosanitari
I freddi dell’inverno possono aver
causato lesioni corticali sul tronco favorevoli alle infezioni fungine di Seiridium
cardinale (agente del cancro corticale)
su cipressi (Cupressus sempervirens e
Cupressus macrocarpa) e cupressociparo (Cupressocyparis leylandii), nonché
alle infezioni batteriche di Pseudomonas syringae subspecie savastanoi
(agente della rogna) sulle piante di olivo e di oleandro.
La prima malattia si manifesta con la
comparsa di fenditure, cancri corticali e
scoli resinosi che causano il deperimento e il successivo disseccamento delle
parti di vegetazione poste al di sopra
delle parti interessate dai cancri. La rogna si manifesta invece con la comparsa
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1-Cancro corticale
(Seiridium cardinale) su cipresso.
2-Rogna (Pseudomonas syringae
subspecie savastanoi) su olivo.
3-Bolla (Taphrina
deformans) su pesco da fiore
di masse tumorali, di grandezza assai
variabile, che possono colpire i rami di
ogni ordine ed il tronco e che interessano con maggiore frequenza varietà di
olivo altamente suscettibili quali Biancolilla, Nocellara e Frantoio. Nel caso
dell’oleandro le masse tumorali si manifestano su ramificazioni, foglie e fruttificazioni. Per ostacolare lo sviluppo dei
cancri corticali di Seiridium cardinale e
le infezioni di rogna su olivo e oleandro,
alla fine di febbraio, quando si ritiene
che siano terminati i rischi di forti gelate, sottoponete le piante ad un trattamento con ossicloruro di rame-50 (bio, irritante) o poltiglia bordolese-20 (bio, non
classificato), alle rispettive dosi di grammi 50 e 150 per 10 litri d’acqua.
Intorno alla metà di febbraio, in seguito ad un innalzamento delle temperature
e in previsione di una pioggia, sottoponete le piante di pesco da fiore ad un trattamento con poltiglia bordolese-20 (bio,
non classificato), alla dose di grammi 150
per 10 litri d’acqua, al fine di ostacolare
lo sviluppo di eventuali infezioni di bolla
(Taphrina deformans). La presenza di
questo microrganismo fungino si evidenzia con la comparsa di foglie carnose e
bollose che poi si seccano e cadono.
PIANTE ACQUATICHE
E LAGHETTO
Lavori
Gennaio e febbraio sono da considerare i mesi più freddi della stagione invernale. Il laghetto dorme, piante e pesci sono come ibernati. La sola operazione da
effettuare in questo periodo consiste nel
mantenere un angolo del laghetto libero
dal ghiaccio, al fine di assicurare un minimo scambio gassoso con l’atmosfera.
Ogni tanto, se vi è possibile, sorvegliate i pesci perché, avendo un comportamento molto calmo, possono essere attaccati dalle sanguisughe; in questo
caso del «Neguvon» (un antiparassitario
per uso esterno), in ragione di un grammo per mille litri d’acqua, sarà sufficiente a provocare il distacco dei parassiti. Se possedete minilaghetti allestiti
in tinozze o mastelli proteggeteli con teli di nailon.
Programmare i nuovi acquisti di
piante. In attesa della primavera sfruttate questo bimestre di pausa per programmare i nuovi acquisti di piante. Tra quelle che non devono mai mancare in un laghetto, piccolo o grande che sia, vi sono
le piante sommerse, dette anche ossigenanti, che giocano un ruolo fondamen-
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1-Il Ceratophyllum demersum è una pianta sommersa ossigenante senza radici, flessibile, che può raggiungere la lunghezza
di due-tre metri. 2-L’Elodea canadensis è una pianta sommersa ossigenante molto vigorosa. 3-Talvolta i pesci possono essere attaccati dalle sanguisughe; aggiungete perciò all’acqua del laghetto un antiparassitario per uso esterno (vedi testo)
tale: esse liberano grosse quantità di ossigeno durante il giorno, elemento di vitale importanza per tutti gli organismi viventi del laghetto, e consumano enormi
quantità di sali minerali. Il loro numero
deve essere proporzionato alla massa
d’acqua: se sono in quantità ridotta l’ossigeno prodotto è insufficiente e la loro
azione depuratrice scarsa; è in tal caso
favorita la crescita delle alghe e l’acqua
diventa verde. Oltre ad ossigenare, queste piante offrono un ottimo rifugio e alimento a tutti gli avannotti appena nati,
spesso facili prede dei pesci adulti.
Per quanto riguarda la loro messa a
dimora si rimanda al prossimo supplemento «i Lavori».
Esiste un gran numero di piante sommerse, non tutte di facile coltivazione:
alcune esigono acque calde, mentre altre
prediligono acque fredde.
Tra quelle più comunemente reperibili sul mercato e di facile coltivazione
vi ricordiamo le seguenti:
– Ceratophyllum demersum , una
pianta sommersa ossigenante senza radici, flessibile, che può raggiungere una
lunghezza di due-tre metri ma, siccome
i gambi si rompono facilmente, rimane
di solito più contenuta. Cresce anche in
ombra, produce molto ossigeno e consuma gli stessi nutrimenti delle alghe. Prima dell’inverno si formano in cima ai
gambi gruppi di foglie compatte che colano a picco e sopravvivono sul fondo
del laghetto. Il Ceratophyllum demersum ama il calcare: nelle acque poco
calcaree, acide, tende a deteriorarsi.
– Crassula recurva è una pianta succulenta che vive nell’acqua. Di origine australiana, è rustica nelle nostre regioni e
sempreverde in inverno. Facilissima da
coltivare, cresce sia in acque profonde
che in acque basse. Cresce più rapidamente in inverno che in estate, caratteristica vantaggiosa per la mancanza di
concorrenza con altre piante ossigenanti. È una pianta sommersa ossigenante
eccellente, che però può diventare inva-
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dente, ma questo vale per un buon numero di piante sommerse.
– Elodea canadensis è una pianta sommersa ossigenante molto vigorosa, talmente invadente da essere soprannominata «peste d’acqua». A dispetto della
sua cattiva fama, questa pianta può rivelarsi estremamente utile per risolvere situazioni disperate in ambienti poveri di
ossigeno; se posta in pieno sole ne produce di più.
– Myriophyllum spicatum ha un rizoma strisciante, steli rossastri che possono raggiungere i due metri di lunghezza
e numerose foglioline finemente divise
che non oscurano completamente il fondo nonostante la sua vegetazione sia
molto fitta. È una specie che cresce velocemente ed è apprezzata dai pesci che
vi depongono le uova. Produce minuscoli fiorellini rosa o rossi.
Interventi fitosanitari
Nessun intervento fitosanitario è necessario in questo bimestre, se si esclude il trattamento con Neguvon contro le
sanguisughe dei pesci.
Tenete sotto controllo il terriccio dei vasi
che non deve mai presentarsi del tutto
asciutto; quando innaffiate usate sempre
acqua a temperatura ambiente; se troppo
fredda può provocare dannosi marciumi
PIANTE IN VASO DA FIORE
PER TERRAZZO E BALCONE
Lavori
Le piante in vaso da fiore per terrazzo
e balcone generalmente sono specie originarie di climi caldi ed asciutti, ed in questo periodo sono riparate in luoghi chiusi
in completo riposo vegetativo. Per questo
motivo sopravvivono meglio se sono innaffiate poco, al limite del secco: hanno
una crescita limitata e sono inoltre meno
soggette a malattie o ad altre affezioni.
Tenete sotto controllo il terriccio dei
vasi che non deve mai presentarsi del tutto asciutto. Talvolta solo la sua parte superiore si presenta secca e questo vi può facilmente ingannare portandovi ad innaffiare anche se non occorre. In caso di dubbio sollevate i vasi: dal peso potete valutare se è il caso di innaffiare oppure no.
Usate sempre acqua a temperatura ambiente: se troppo fredda può provocare
dannosi marciumi; se troppo calda può stimolare il risveglio delle radici e indurre ad
una crescita inopportuna per il periodo.
Date poca acqua: per ogni singola
pianta considerate che ne basta circa un bicchiere. Per questa ragione potete evitare di predisporre i sottovasi: se
dopo avere innaffiato dovete vuotarli,
vuol dire che avete dato troppa acqua.
Come accennato sopra, le piante in
vaso da fiore per terrazzo e balcone in
questo momento sono in completo riposo vegetativo e per questo motivo devono svilupparsi il meno possibile. Mantenetele ad una temperatura di circa 3-4° C
in sottoscala, cantine arieggiate, solai luminosi o locali caldaia sufficientemente
luminosi e privi di correnti d’aria: qui rimarranno «vive» per tutta la cattiva stagione in attesa del risveglio primaverile.
È però normale vedere una leggera
crescita dei germogli che, a causa delle
cattive condizioni (luminose soprattutto), saranno esili. In tal caso lasciateli
crescere liberamente e diminuite il nuSUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
mero e le quantità d’acqua delle innaffiature; ricordatevi infatti che troppa acqua intenerisce i fusti e li rende deboli
ed estremamente soggetti a marciumi ed
agli attacchi di parassiti e malattie.
Concimazione. Anche le concimazioni devono essere limitate: in questo
bimestre è sufficiente nutrire le piante
ogni tre settimane circa impiegando metà dose, rispetto a quella consigliata, di
un prodotto specifico per piante fiorite.
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Interventi fitosanitari
Controllate le piante, che si trovano
in questi mesi al chiuso, per rilevare
l’eventuale presenza di infestazioni di
cocciniglie farinose (Planococcus citri), cocciniglia piatta degli agrumi
(Coccus hesperidum), aleurodidi (Trialeurodes vaporariorum) e dell’afide
Aphis gossypii. Per eliminare tutti questi
insetti è sufficiente un unico intervento
con imidacloprid-17,8 (non classificato)
o thiamethoxam-25 (non classificato),
impiegabili alle rispettive dosi di millilitri 5 e grammi 2 per 10 litri d’acqua.
AGRUMI IN VASO
Lavori
I mesi di gennaio e febbraio sono i
più freddi dell’anno e gli agrumi, essendo piante abbastanza sensibili alle basse
temperature, devono essere posti in luoghi riparati dal gelo.
Innaffiature. Uno degli aspetti che
non dovete sottovalutare in questo periodo sono le innaffiature, che rimangono di vitale importanza. Anche in questa
stagione, infatti, gli agrumi devono essere innaffiati regolarmente: la frequenza degli interventi deve essere inferiore
rispetto a quella estiva, mentre la quantità di acqua per singola pianta deve essere sempre molto abbondante.
Il numero delle innaffiature varia con
il variare delle condizioni atmosferiche e quindi diventa difficile dare delle indicazioni molto dettagliate in merito. Un suggerimento piuttosto semplice può essere comunque quello di tastare il terriccio in superficie: se quest’ultimo si presenta asciutto innaffiate abbondantemente riempiendo d’acqua il vaso
anche più volte.
In questo bimestre, però, è importante innaffiare nelle ore più calde della giornata per evitare che le piante subiscano degli shock termici.
Evitate inoltre di bagnare le foglie perché l’alto tasso di umidità
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006
1-Cocciniglia farinosa (Planococcus
citri, mm 3). 2-Cocciniglia piatta degli
agrumi (Coccus hesperidum, mm 3).
3-Aleurodide (Trialeurodes vaporario- 5
rum, mm1,2). 4-Afide (Aphis gossypii,
mm 2). 5-Cocciniglia rossa-forte (Aonidiella aurantii, mm 2)
relativa nell’aria è una delle condizioni ambientali più favorevoli allo sviluppo di malattie fungine. A questo proposito nelle ore centrali della giornata aerate il locale che ospita le piante, in modo che la condensa presente sulle foglie
si asciughi il più presto possibile.
In presenza di un alto tasso di umidità infatti vi potreste accorgere che alcuni dei rametti più alti della chioma del-
le piante cominciano a diventare marroni e ad ammuffire.
Non allarmatevi se vedete ingiallire e cadere alcune foglie, è un fenomeno tipico degli agrumi che, come molte piante sempreverdi, in questo periodo lasciano cadere parte delle foglie più
vecchie. Se però le piante tendono a defogliarsi eccessivamente, probabilmente le condizioni ambientali presenti non
sono delle migliori. Se nel locale adibito a ricovero vi è poca luce, oppure troppo caldo e quindi l’aria è secca, ecco che
dovete correre ai ripari ripristinando le
condizioni più idonee. Collocate perciò
gli agrumi in un locale molto luminoso e poco riscaldato dove la temperatura
non scende al di sotto degli 0° C. Queste
condizioni sono sufficienti per far sì che
le piante possano trascorrere un inverno
al riparo dalle intemperie ed arrivare alla
primavera in un buono stato di salute.
Interventi fitosanitari
Controllate lo stato sanitario degli
agrumi in vaso al fine di rilevare l’eventuale presenza di infestazioni di cocciniglie farinose (Planococcus citri, vedi
immagine qui a sinistra) e della cocciniglia rossa-forte (Aonidiella aurantii,
vedi immagine qui a sinistra). La prima
invade i bottoni fiorali e i giovani frutti
causando la cascola dei fiori e dei frutti;
la seconda colonizza foglie, rami e frutti
causando forti deperimenti vegetativi e
perfino la comparsa di fenditure corticali sui rami maggiormente infestati.
Se rilevate la presenza di questi insetti, dopo che le piante saranno state poste
all’aperto potrete sottoporle ad un trattamento con olio bianco-80 (bio, non classificato), alla dose di millilitri 200 per
10 litri d’acqua.
PIANTE D’APPARTAMENTO
Lavori
Gli agrumi, essendo piante abbastanza
sensibili alle basse temperature, devono
essere posti al riparo dal gelo. Anche una
veranda aperta ma esposta a sud può essere un posto ideale dove ripararli
Per le piante d’appartamento l’inverno è la più critica delle stagioni, a causa
della scarsa luce che nelle case è sempre
insufficiente per il loro fabbisogno.
La scarsa luminosità può provocare
danni alle piante d’appartamento come
l’ingiallimento precoce delle foglie o la
loro caduta (tipico fenomeno che colpisce il ficus beniamino) oppure l’allungamento dei fusti che si sviluppano
debolmente.
Le piante che soffrono di più in questo periodo sono quindi quelle che hanno maggiori esigenze in fatto di luce,
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Come moltiplicare il Ficus elastica
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Prelevate una porzione di ramo con 3-4 foglie (1), arrotolatele una dentro l’altra e con un elastico mantenetele ferme (2).
In un vaso di 10 cm di diametro aggiungetevi un terriccio a base di torba; non mescolatevi terra o sabbia perché queste
non farebbero altro che trattenere umidità, danneggiando la radicazione della talea, in alcuni casi facendola addirittura marcire. Dopo aver posto la talea nel vaso mantenetela in posizione eretta con l’aiuto di un bastoncino e nebulizzate
con uno spruzzino (3). Chiudete poi il tutto in un sacchetto di plastica trasparente e mettete possibilmente il vaso su una
mensola sopra un calorifero, in modo che prenda calore dal basso (4). Ogni giorno spruzzate la talea: nel giro di circa
un mese emetterà le radici e, dopo un altro mese, sarà pronta per essere posta in un vaso di 14 cm di diametro
come ad esempio il croton, il papiro, la stella di Natale, il ficus beniamino, il Ficus elastica, la Yucca elephantipes, ecc.
Se possibile avvicinate le piante alle
finestre durante l’inverno; anche pareti e soffitti colorati di bianco, o comunque con colori chiari, migliorano la crescita delle piante riflettendo la luce in
ambienti poco luminosi e limitano la loro tendenza a curvarsi verso la fonte luminosa. Questo fenomeno si può evitare
anche ruotando di tanto in tanto i vasi di
pochi centimetri alla volta.
Le piante d’appartamento con foglie
variegate, come ad esempio pothos,
croton, fittonia, infine, richiedono più
luce rispetto a quelle con foglie completamente verdi: se la luce non è sufficiente, infatti, le variegature sulle foglie tendono a sbiadire.
Quasi tutti hanno in casa una stella di Natale: è una pianta delicata e quindi va trattata con attenzione.
Molto importante è l’irrigazione: avendo questa pianta un apparato radicale molto delicato e sensibile al marciume radicale, dovete innaffiarla poco, lasciando asciugare il terriccio tra una
bagnatura e l’altra. Importante è anche evitare i ristagni d’acqua: quando
la innaffiate, perciò, è bene che non rimanga acqua nel sottovaso. La stella
di Natale è una pianta originaria del
Messico e quindi dovete mantenerla
ad una temperatura di almeno 16° C,
evitando le correnti d’aria che possono causare la caduta delle foglie.
Innaffiatura. Intervenite solo quando il terriccio dei contenitori si presenta
asciutto; per alcune piante questo vuol
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dire bagnare anche ogni 2-3 settimane.
Chi non possiede il «pollice verde»
può acquistare piante coltivate con la
tecnica dell’idrocoltura, per la quale al
posto del terriccio tradizionale si utilizza solo argilla espansa. In ogni vaso è
presente un indicatore di livello dell’acqua: basterà, quindi, guardare il livello
segnato sull’astina per sapere quando si
deve intervenire per ripristinare la giusta quantità d’acqua: in genere passano
3-4 settimane prima di doverne aggiungere. Quando l’asta segna il minimo dovete aspettare un paio di giorni prima di
aggiungere acqua, in modo da lasciare
respirare le radici.
Anche la concimazione è facilitata,
in quanto si utilizza uno specifico concime, reperibile presso i garden center più
forniti. Questo concime ha una durata di
circa 6 mesi. Un altro vantaggio di questo sistema di coltivazione è che le piante non richiedono rinvasi se non dopo alcuni anni, e solo per un problema di stabilità della pianta.
Concimazione. Anche le concimazioni in questo periodo sono sospese;
verranno riprese, nelle regioni meridionali, verso la fine di febbraio, quando la
temperatura e la luminosità saranno aumentate e con esse anche l’attività vegetativa delle piante.
Moltiplicazione. Nel mese di febbraio
potete moltiplicare per talea il Ficus elastica (vedi il riquadro qui sopra).
Interventi fitosanitari
Le piante d’appartamento possono
essere interessate dagli stessi problemi
citati per quelle in vaso da fiore per ter-
razzo e balcone, nei confronti dei quali
possono essere adottati i provvedimenti
già indicati per queste ultime.
A cura di: Stefano Macolino (Lavori: Tappeto erboso); Valentina Povero e
Tullio Destefano - Vivaio L’erbaio della Gorra (Lavori: Piante annuali, biennali e perenni); Andrea Corneo - Società italiana della Camelia (Lavori: Piante acidofile); Alberto Locatelli (Lavori: Bulbose e tuberose); Anna Furlani Pedoja (Lavori: Rosai); Andrea Mati (Lavori: Siepi, arbusti e alberi); Gianni Ricci - Vivaio Eta Beta (Lavori: Piante acquatiche e laghetto); Luigi Vasarri Azienda Lazzeri (Lavori: Piante in vaso
da fiore per terrazzo e balcone); Alberto Tintori - Azienda Oscar Tintori (Lavori: Agrumi in vaso); Luigi Oggioni
- Fondazione Minoprio (Lavori: Piante d’appartamento); Aldo Pollini (Interventi fitosanitari: Piante annuali, biennali e perenni - Piante acidofile - Bulbose e tuberose - Rosai - Siepi, arbusti
e alberi - Piante acquatiche e laghetto Piante in vaso da fiore - Agrumi in vaso
- Piante d’appartamento).
Ricordiamo le classi di tossicità attribuite
agli antiparassitari, nell’ordine dal massimo
al minimo: molto tossico - tossico - nocivo irritante - non classificato. L’aggiunta di bio,
significa che l’antiparassitario è ammesso
nell’agricoltura biologica.
Ricordiamo inoltre che gli antiparassitari
contrassegnati come irritante e non classificato sono acquistabili da chiunque, anche
senza il «patentino», che invece è richiesto
per gli antiparassitari contrassegnati come
molto tossico, tossico e nocivo, data la loro pericolosità.
SUPPLEMENTO A VITA IN CAMPAGNA 1/2006