RIASSUNTO DELL’ELABORATO FINALE DI TESI DI LAUREA DI PIOVANI LEYDA GLORIA, MATRICOLA N. 1015113 ISCRITTA AL CORSO DI LAUREA MAGISTRALE A CICLO UNICO IN GIURISPRUDENZA TITOLO DELLA TESI: LA TUTELA MULIERUM A Roma dall’epoca arcaica fino al Principato di Augusto, le donne sui iuris, non più impuberi né in potestà del padre o in manu del marito, venivano sottoposte alla tutela mulierum. Le uniche donne esonerate da tale tutela erano le Vergini Vestali, le sacerdotesse di Vesta infatti per il ruolo di grande rilievo sociale che rivestivano non erano soggette ad alcun tutore non essendo sottoposte a patria potestà, e potevano fare testamento senza bisogno di autorizzazione maschile. Le giustificazioni di tale istituto tutelare venivano ravvisate dai giuristi romani, nella presunta leggerezza d’animo delle donne, nella debolezza del sesso femminile, nell’ignoranza femminile delle “cose del foro”; ma la vera ragione della tutela sulle donne era la preservazione da parte dei gruppi familiari (gentilizi, agnatizi) del patrimonio delle famiglie; infatti a Roma le figlie femmine ereditavano al pari dei figli maschi alla morte del pater familias. Quindi scopo principale della tutela mulierum era quello di controllare, limitare ed impedire i principali atti di disposizione tra vivi e il testamento delle donne, per evitare che il patrimonio familiare venisse diminuito o dilapidato, riducendo in tal modo le aspettative ereditarie degli agnati. A Roma esistevano in origine, secondo il diritto arcaico, tre forme di tutela femminile: la tutela testamentaria che si aveva quando il pater designava nel suo testamento il tutore della figlia pubere che diventava sui iuris, la tutela legittima che subentrava in assenza di tutela testamentaria, e prevedeva secondo la legge delle XII Tavole che il tutore della donna sarebbe stato l’agnato più prossimo a lei (fratello, zio, cugino in linea maschile) e, in mancanza, i gentili; e la tutela dativa che operava in mancanza di tutela testamentaria o legittima e prevedeva che il pretore, sulla base della legge Atilia, sentiti i tributi della plebe, nominasse un tutore per la donna che ne era sprovvista. La funzione del tutore era quella di prestare la propria auctoritas tutoris agli atti di disposizione patrimoniale inter vivos più rilevanti, e quindi all’alienazione delle res mancipi ossia le cose di maggior valore sociale a Roma, alle assunzione di obbligazioni e al testamento. Originariamente la donna per poter fare testamento, con l’approvazione del tutore, doveva fare una vendita fittizia di se stessa detta coemptio fiduciaria ad una persona di sua fiducia, l’acquirente fiduciario, dopo averla comprata in maniera fittizia, la rivendeva con mancipatio ad un terzo che la manometteva diventando suo tutore fiduciario con la funzione di approvare il testamento da lei redatto. In epoca tardo- repubblicana, l’istituto tutelare sulle donne iniziò ad attenuarsi, infatti si riconobbe alle donne la possibilità di adire il pretore tutte le volte che il tutore si rifiutava di prestare la propria autorizzazione ed il pretore aveva il potere di costringere il tutore ad approvare l’atto di amministrazione patrimoniale della tutelata. Altra innovazione, si ebbe con l’introduzione dell’istituto della optio tutoris, con cui i mariti, che avevano le mogli in manu potevano lasciare loro nel testamento la scelta del tutore in due modi: con la optio tutoris la donna sceglieva un unico tutore di fiducia o uno diverso per ogni atto patrimoniale, con la optio angusta invece la donna poteva scegliere un tutore di suo piacimento solo per il numero di atti previsti nel testamento dal testatore. Con la lex Iulia de maritandis ordinibus del 18 a.C. e la Papia Poppaea nuptialis del 9 d.C. integrate insieme nella lex Iulia et Papia Poppaea l’imperatore Augusto, per incrementare la crescita demografica a Roma, concesse lo ius liberorum ossia il “diritto derivante dalla nascita dei figli” alle donne libere (ingenuae) con la procreazione di tre figli, e alla liberte con la procreazione di quattro figli. Tale intervento legislativo permetteva alle donne attraverso la procreazione di liberarsi dalla tutela muliebre. Progressivamente con il passare dei decenni, la tutela muliebre divenne sempre più un istituto arcaico, retaggio di una mentalità romana ormai superata, tantè che nel 49 a.C. l’imperatore Claudio, con una propria costituzione, ricordata come lex Claudia, abolisce la tutela legittima degli adgnati, i parenti in linea maschile della donna, segnando inevitabilmente anche la decadenza della tutela dativa e di quella legittima. A partire all’incirca dal III secolo a.C. a Roma inizia anche la progressiva emancipazione delle donne, legata alla diffusione del matrimonio sine manu, alle guerre, in particolare la seconda guerra punica del 219- 202 a.C., che decimano la popolazione maschile e arricchisce le donne che si ritrovano ad ereditare importanti patrimoni; alla diffusione dell’istruzione. Le donne vengono ammesse a quasi tutte le attività commerciali, diventando titolari di imprese, gestori o manager, anche se continuano dal punto di vista del diritto pubblico ad essere escluse dai diritti politici e dall’elettorato attivo e passivo alle cariche pubbliche. Dopo Claudio, l’imperatore Adriano con un senatoconsulto, semplifica il processo di redazione del testamento da parte delle donne, eliminando la necessità di ricorrere alla coemptio fiduciaria, e prevedendo la sola autorizzazione del tutore per il testamento delle donne ancora soggette a tutela testamentaria, e la libertà assoluta di testare per le donne non sottoposte a tutela degli agnati o del tutore dativo. Negli scritti della giurisprudenza della fine del II e degli inizi del III secolo d.C. si ritrovano pochi riferimenti all’istituto tutelare sulle donne, questo perché la tutela muliebre nei secoli ha vissuto un progressivo processo di decadenza con l’eliminazione totale di tale istituto nel 410 d.C. quando l’imperatore di Occidente Onorio, e l’imperatore d’Oriente Teodosio II con una costituzione riconoscono lo ius liberorum a tutte le donne anche se prive di figli.