1 Omelia Solennità di Gesù Cristo Re dell`Universo Rito di

Omelia
Solennità di Gesù Cristo Re dell’Universo
Rito di Ammissione tra i candidati al diaconato e presbiterato
di Penza Ettore
Lodi, cappella maggiore del Seminario Vescovile
25 novembre 2012
In questa domenica, XXXIV del Tempo Ordinario e ultima dell’Anno liturgico, siamo
raccolti come famiglia diocesana per celebrare i divini misteri nella solennità di Cristo Re
dell’Universo, e per pregare in particolare per il Seminario vescovile - del quale oggi
ricorre la Giornata Diocesana - per i Superiori, gli alunni, specialmente per Ettore Penza,
che con questa celebrazione viene ammesso ufficialmente al cammino di preparazione al
presbiterato.
Saluto con viva cordialità tutti i presenti, Ettore con i suoi familiari, i fedeli della
Parrocchia di San Fereolo in Lodi e della Parrocchia di Brembio, i sacerdoti presenti, i
diaconi, le religiose, e in modo speciale i giovani che pregano con noi.
Con la solennità di Cristo Re dell’Universo l’anno della Chiesa volge al suo termine, e
questa festa ci permette di celebrare non tanto la fine, ma soprattutto il fine dell’anno
liturgico. Infatti nel cammino dei 365 giorni ci è permesso come credenti di partecipare,
di rivivere e meditare sulla intera storia della salvezza.
Il fine è appunto Gesù Cristo, nel quale si ricapitola tutto (Ef 1, 10). La contemplazione
della sua regalità genera in noi l’intima certezza che Lui ha vinto il mondo, che Lui è il
centro della storia e del cosmo. Egli, Gesù, sta dentro la storia, ma sta anche sopra di
essa, egli è contemporaneo ad ogni uomo ed eterno. Gesù non è racchiuso in un piccolo
tratto della storia, ma la riempie e la invera tutta.
La regalità di Gesù, così diversa da quella che umanamente potremmo immaginare, si
mostra anche nei tratti della sua mitezza, della sua sofferenza, proprio come ci ha detto la
seconda lettura: “Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue e
ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre”. Come credenti dobbiamo
imparare a tenere insieme questi due aspetti: la maestà di Cristo, e la sua umiltà, le sue
due nature divina e umana.
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Contemplando la regalità di Cristo scopriamo di essere accompagnati, condotti da Lui;
questa fiducia in Dio, questa sicurezza che Lui ha vinto le tenebre e il male, che Lui è
l’inizio e la fine di tutto- l’alfa e l’omega- deve essere la forza che ci sprona, l’energia
che ci sostiene, la consolazione che ci guarisce.
Il brano evangelico che è stato proclamato, ci richiama un episodio particolare della
Passione; ci propone il breve dialogo tra Pilato e Gesù, dopo che questi è stato
consegnato ai romani con l’accusa di essersi fatto chiamare Re dei Giudei. Alle domande
del governatore Gesù risponde di essere Re, ma non di questo mondo. Egli non è venuto a
dominare su popoli e territori, ma a liberare gli uomini dalla schiavitù del peccato e
riconciliarli con Dio. Ed aggiunse: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel
mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia
voce" (Gv 18, 37).
Il santo Padre Benedetto XVI commentando proprio questa pagina dice:
“Ma qual è la "verità" che Cristo è venuto a testimoniare nel mondo? L'intera sua
esistenza rivela che Dio è amore: è questa dunque la verità a cui Egli ha reso piena
testimonianza con il sacrificio della sua stessa vita sul Calvario. La Croce è il "trono"
dal quale ha manifestato la sublime regalità di Dio Amore: offrendosi in espiazione del
peccato del mondo, Egli ha sconfitto il dominio del "principe di questo mondo" (Gv 12,
31) e ha instaurato definitivamente il Regno di Dio.
La via per giungere a questa meta è lunga e non ammette scorciatoie: occorre infatti che
ogni persona liberamente accolga la verità dell'amore di Dio. Egli è Amore e Verità, e
sia l'amore che la verità non si impongono mai: bussano alla porta del cuore e della
mente e, dove possono entrare, apportano pace e gioia.”
Pensare alla regalità di Cristo, alla sua signoria sulla creazione, credo ci possa far
riflettere anche su alcuni atteggiamenti che come credenti dobbiamo cercare di vivere:
il primo atteggiamento è quello della gratitudine; gratitudine verso il Signore che nella
sua immensa bontà ci ha creati per un progetto di amore. Non veniamo dal caso, non
andiamo verso il nulla, ma veniamo da Dio e camminiamo nella storia per proclamare e
rendere lode al suo Nome. Anche la meraviglia stessa dell’esistere, la possibilità di
stupirci contemplando il mondo, le cose, noi stessi, e sentirci come parte di un progetto,
di un disegno, questo può aiutare a dire di sì al Signore.
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Il secondo atteggiamento è l’accettazione di noi stessi, con i nostri doni-sempre da
condividere con i fratelli- e i nostri limiti da conoscere e sui quali lavorare per cercare di
superarli. Avendo l’intima consapevolezza che nessuno può bastare a sè stesso, ma che si
ha bisogno degli altri e di Dio per vivere la vita in pienezza. In una società come la
nostra, nella quale il rischio della omologazione negli stili di vita e di pensiero è molto
forte, il cristiano è chiamato a essere testimone della Verità.
Il terzo atteggiamento è il servizio fedele, se siamo chiamati per grazia, per mezzo del
Battesimo a far parte della famiglia di Dio, questo nostro essere membra vive di questa
grande famiglia chiede impegno fattivo ed effettivo. Il Signore Gesù ci ha mostrato come
il servizio si declini in parole ed in opere. A questo riguardo desidero citare una risposta
di Madre Teresa di Calcutta, alla domanda - Madre quale motivazione hanno le sue
sorelle per fare tutto quello che fanno? Lei rispose: “Amano Gesù. Trasformano in azioni
viventi quell’amore”.
Oggi, celebrando il Rito di Ammissione tra i candidati al presbiterato, ci viene
sottolineato come la chiamata al sacerdozio avvertita nel cuore, e su cui si è riflettuto e
pregato, ha bisogno di essere vagliata e accolta dalla Chiesa, per essere sigillata un
giorno, a Dio piacendo, con il Sacramento dell’Ordine, e comunque va sempre custodita
con la preghiera.
Oggi, infatti, Ettore in maniera pubblica, di fronte al Vescovo e alla comunità chiede di
essere ammesso fra i candidati agli Ordini Sacri. Il cammino di discernimento che fin qui
ha compiuto, vede in questa celebrazione un significativo passaggio, ma è un cammino
che non deve certo arrestarsi, ma farsi ancor più solerte e forte.
La Chiesa accoglie il suo desiderio di consacrarsi come ministro al servizio di Dio e del
popolo cristiano e lo invita a proseguire l’itinerario di formazione per imparare a vivere
secondo l’insegnamento del Vangelo, perché – come si esprime il rito liturgico –
consolidato nella fede, speranza e carità, cresca nello spirito di orazione e nello zelo
apostolico, per guadagnare a Cristo tutti gli uomini.
Cari Ettore, e cari seminaristi, chiedo di fare della vostra vita un inno di lode e di
rendimento di grazie, perchè essendo voi stessi, possiate servire il Signore secondo la sua
volontà; accogliete nella verità l’amore di Dio e diventatene ogni giorno di più
annunciatori gioiosi.
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Ai giovani presenti, desidero fare un invito. Abbiate il coraggio e la volontà di essere voi
stessi, e di impegnarvi nel cammino dietro al Signore. Oggi, con Ettore, avete avuto la
possibilità di vedere cosa significhi scegliere il Signore; puntate in alto, cercate la Verità
che vi fa liberi, la gioia che riempie veramente la vostra vita, aprite i vostri cuori alla
grazia di Dio, non sprecate i talenti che avete ricevuto, datevi un progetto di preghiera,
dicarità, datevi una direzione spirituale.
A Maria santissima Regina degli Apostoli, che veneriamo in questa cappella, affidiamo il
cammino di Ettore, dei seminaristi e dei nostri giovani. Affidiamo il cammino della
nostra Chiesa laudense, del Seminario, di noi preti e della nostra perseveranza. E le
chiediamo di intercedere presso il trono di Dio per impetrare il dono di numerosi e santi
minstri del Vangelo.
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