relazioni internazionali - ITCG Maggiolini

PROGRAMMA SVOLTO
A.S. 2013/14
CLASSE IV B RIM
DOCENTE Maria Teresa Porrini
MODULO E/O
UNITA’
DIDATTICA
DISCIPLINA: RELAZIONI INTERNAZIONALI
N. 561 ore svolte sul totale delle ore previste 66
CONTENUTI
OBIETTIVI
 Il sistema economico: definizione,
 Descrivere il funzionamento del sistema
funzionamento, problemi e tipi.
economico;
 Fenomeni e grandezze micro e macroeconomici.  Indicare analogie e differenze tra i vari tipi di
sistemi economici;
 Gli indicatori della ricchezza nazionale
 Valutare i vari sistemi economici in termini di
efficienza ed equità
 Essere consapevoli del difficile equilibrio fra
efficienza ed equità
 Conoscere i vari modi in cui i sistemi economici
affrontano i problemi di produzione, distribuzione e
ridistribuzione della ricchezza
 Definire il PIL ed individuarne i nessi con
produzione, domanda e reddito;
LA
 Origine, funzioni, tipi e valori della moneta.
 Illustrare la funzione svolta dalla moneta nel
MONETA
sistema economico
 La teoria quantitativa della moneta e le critiche
Keynesiane.
 Conoscere i diversi tipi di moneta
 Domanda e offerta di moneta ed equilibrio del
 Distinguere i valori della moneta
mercato monetario.
 Definire offerta e domanda di moneta e conoscere
i motivi della domanda di moneta
 Base monetaria, quantità di moneta in
circolazione e moltiplicatore dei depositi bancari  Conoscere il significato di base monetaria e il
 Il mercato monetario e finanziario e il sistema
meccanismo del moltiplicatore dei depositi;
creditizio.
 Conoscere la teoria quantitativa della moneta
 Il sistema europeo delle banche centrali
 Individuare differenze e interdipendenza tra
 Il ruolo della banca nel sistema economico
mercato monetario e finanziario;
 Conoscere il ruolo delle banche, della BCE e delle
banche centrali
L’INFLAZIO  Definizione e tipi (per intensità: strisciante,
 Analizzare cause e effetti dei vari tipi di inflazione
NE
galoppante, iperinflazione; e per cause: da
 Cogliere le ripercussioni del fenomeno
domanda, da costi).
inflazionistico sulle grandezze reali
 Effetti su famiglie, imprese e Stato.
 Comprendere le ripercussioni non solo
 Il fiscal drag
economiche del fenomeno inflazionistico
 L’iperinflazione – casi concreti: Serbia,
 Illustrare le problematiche poste dalla stagflazione
Repubblica di Weimar.
 Comprendere la complessità di rilevazione del
 La stagflazione.
fenomeno inflazionistico.
 Le misure dell'inflazione: deflatore del Pil, indici
dei prezzi al consumo (NIC, FOI, IPCA).
L'INTERVE
 Gli obiettivi della politica economica.
 Individuare la funzione di guida dello Stato nei
NTO DELLO  I vari tipi di politiche economiche:
sistemi ad economia mista;
STATO
 Comprendere l’importanza delle scelte di politica
 Monetarie, Fiscali, dei redditi.
NELL'ECON
economica e valutare i loro riflessi sullo sviluppo e
 espansive e restrittive:
OMIA
sull'occupazione;
 Le politiche monetarie
 Conoscere le forme di intervento dello Stato in
 manovra della riserva obbligatoria
economia, descriverne i meccanismi d’azione e gli
 manovra del tasso ufficiale di riferimento
effetti
 operazioni di mercato aperto.
 Individuare i vari tipi di politica economica da
 Le politiche fiscali
applicare in base alle condizioni del sistema
 prelievo fiscale e redistribuzione
economico
 spesa pubblica.
TIPOLOGI
E DI
VERIFICA
RIPASSO
Verifiche
orali e
scritte
Verifiche
orali e
scritte
Verifiche
orali e
scritte
 La politica dei redditi
 Le politiche antinflazionistiche
1
COMPRESE ORE CON IL REGISTA
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 Ciclo economico: definizione, tipi e teorie, fasi e
loro caratteristiche, punti di massimo e di
minimo, trend.
 Pil potenziale e Pil effettivo, equilibrio di
sottoccupazione e di piena occupazione e
strozzature della capacità produttiva.
 Cause e conseguenze della diminuzione della
Domanda aggregata e della sottoccupazione
secondo la teoria classica e quella keynesiana.
 Il ruolo della volatilità degli Investimenti e del
risparmio nell’andamento di un sistema
economico.
 La trappola della liquidità.
 Il ruolo dello Stato per la stabilità del sistema
economico: spesa pubblica, deficit spending e
loro ripercussioni sul sistema economico nelle
fasi di crisi o di crescita.
 Ripasso del moltiplicatore Keynesiano e del suo
meccanismo d'azione.
 Eccessivo intervento dello Stato, effetto
spiazzamento, crisi del welfare state e
neoliberismo economico.
 Gli stabilizzatori automatici.
I RAPPORTI  I motivi degli scambi internazionali.
ECONOMIC  Ripasso della teorie liberistiche e
I
protezionistiche.
INTERNAZI  Le ragioni degli scambi internazionali.
ONALI
 Gli strumenti del protezionismo: barriere tariffarie
e non.
 Il dumping e il drawback
 La Bilancia dei pagamenti:
 Definizione
 Struttura e contenuto
 Equilibrio
 Significato economico
 Il mercato valutario
 Il cambio e i motivi delle sue oscillazioni
 I movimenti internazionali di capitali.
 La cooperazione commerciale internazionale.
WEB
 Gli indicatori della ricchezza di un sistema
CASTING:
economico
OLTRE IL
 Problemi insiti nella rilevazione della ricchezza
PIL
del sistema economico
 Come rilevare il benessere in un sistema
economico
 Legami fra benessere e ricchezza
 I lavori della commissione Stiglitz-Fitoussi-Sen
 Analisi della conferenza di E. Giovannini sul PIL
LA
DINAMICA
DEL
SISTEMA
ECONOMIC
O: I CICLI
ECONOMIC
I.
 Comprendere il carattere dinamico dei sistemi
economici
 Distinguere i problemi congiunturali e quelli
strutturali
 Saper descrivere l’andamento ciclico del sistema
economico e le cause di tale dinamica
 Conoscere le principali teorie sul ciclo economico
 Individuare le cause della ciclicità
 Rappresentare graficamente il ciclo economico
 Comprendere il ruolo del risparmio e degli
investimenti nell’andamento del sistema
economico
 Conoscere gli strumenti della politica anticiclica
 Saper valutare i pro e i contro dell’intervento dello
Stato
Verifiche
orali e
scritte
Verifiche
 Indicare le ragioni economiche del commercio
orali e
internazionale
scritte
 Definire i termini: bilancia dei pagamenti, tasso di
cambio, mercato valutario, cambi fissi e fluttuanti,
svalutazione della moneta, barriere tariffarie e non.
 Conoscere la struttura della bilancia dei pagamenti
e il relativo contenuto.
 Illustrare le cause di oscillazione dei cambi
 Illustrare il ruolo delle banche centrali nel mercato
valutario
 Distinguere svalutazione e inflazione
 Saper effettuare le conversioni fra valute
 Analizzare le problematiche connesse alla
rilevazione del PIL e al suo uso come base per le
scelte di politica economica
 Conoscere vantaggi e svantaggi dei vari indicatori
 Conoscere gli sviluppi in atto nella ricerca di
possibili indicatori
 Commentare l’intervento di Giovannini
OSSERVAZIONI
Si è cercato di privilegiare la comprensione dei fenomeni e la capacità di individuare il nesso causa-effetto tra fenomeni e di trovare un
riscontro pratico di quanto studiato.
Parabiago, 4 Giugno 2014
Firme studenti
Firma docente
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TESTI ADOTTATI E/O IN USO:
Titolo
RELAZIONI INTERNAZIONALI – II BIENNIO
Autore
L.Gagliardini, G. Palmerio
Casa Editrice
Le Monnier Scuola
Parabiago, 4 giugno 2014
Firma docente
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Classe 4B RIM
RELAZIONI INTERNAZIONALI
compiti per le vacanze
NOTA BENE: Gli alunni con sospensione del giudizio dovranno
consegnare i compiti prima delle prove.
1.
Effettuare la stesura del testo della conferenza “OLTRE IL PIL” come da indicazioni fornite nel ciclo di lezioni
CinevideoWeb
2.
Dopo aver letto attentamente il brano che segue, scrivi un breve saggio argomentativo in cui illustri:
a) le ragioni di chi pensa che la globalizzazione dei mercati sia un fenomeno negativo;
b) le ragioni di chi pensa che la globalizzazione apra nuove prospettive per l’intera umanità
La concorrenza internazionale
Da molto tempo per la maggioranza degli economisti il
libero commercio è una buona cosa, anche se
ultimamente alcuni politici, uomini d’affari ed economisti
sembrano essere di diverso avviso. Le nuove tecnologie,
essi dicono, insidiano i fondamenti del libero commercio
poiché facilitano il trasferimento di capitale e tecnologia
da un paese all’altro, consentendo ai paesi in via di
sviluppo, a basso costo di manodopera, di accedere alle
migliori tecniche di produzione.
Nello stesso tempo, precisano, i moderni sistemi di
telecomunicazione permettono alle aziende – non solo
nella manifattura, ma anche nei servizi – di spostare la
produzione ovunque la manodopera sia più a buon
mercato, senza perdere i contatti con la casa madre.
Per alcuni economisti è la fine della classica teoria sul
commercio, secondo la quale capitale e tecnologia non
possono facilmente essere spostati da un paese all’altro.
In base a essa i paesi avanzati sfornavano prodotti ad
alta tecnologia e a uso intensivo di capitale, mentre i
paesi in via di sviluppo restavano confinati in attività a
bassa tecnologia e a uso intensivo di manodopera. Ora,
invece, il mercato globale dei capitali ha dato ai paesi
poveri un migliore accesso al capitale mentre il
trasferimento di tecnologia non è mai stato così facile.
L’informatica consente di codificare più conoscenze e
quindi di diffonderle più rapidamente da un paese
all’altro permettendo ai paesi in via di sviluppo di
appropriarsene. In apparenza, perciò, il mix di bassi
salari e tecnologia avanzata dovrebbe rendere
estremamente competitive le economie del Terzo
mondo. Sarà inevitabile, affermano questi economisti, un
massiccio spostamento di produzione e di attività
lavorative dai paesi ad alti salari a quelli a basso costo di
manodopera. L’unica soluzione, sostengono personaggi
come Ross Perot, Pat Buchanam e James Goldsmith, è
che i paesi ricchi chiudano le loro frontiere alle
importazioni dai paesi in via di sviluppo.
Ma l’idea che i paesi a basso costo di manodopera, con
l’accesso alle più moderne tecnologie, possano
provocare licenziamenti di massa nelle industrie dei
paesi avanzati si basa su due equivoci. Il primo
concerne il legame tra salari e produttività. Il commercio
internazionale tende a livellare il costo della forza lavoro
per unità di produzione, e quindi le differenze di salario
da un paese all’altro riflettono le differenze della
produttività media nei settori commercializzati.
Mod. SD/Progr.svolto.01/ITCGMaggiolini
I bassi salari pagati nei paesi in via di sviluppo vanno di
pari passo con una produttività più bassa. Secondo uno
studio di Stephen Golub, economista del Swarthmore
College in Pennsylvania, nel 1990 i salari delle fabbriche
della Malaysia erano solo il 15 per cento di quelli
americani; ma allora anche la produttività media era solo
il 15 per cento di quella americana.
Ciò è dovuto in parte ad attrezzature più semplici
(perché la manodopera costa meno del capitale), ma
conta anche il fatto che nei paesi più poveri infrastrutture
e istruzione sono a livelli più bassi.
Può essere che adesso sia così, dicono i profeti di
sciagure, però, man mano che la tecnologia avanzata
dei paesi ricchi si diffonde in quelli a basso costo di
manodopera, in questi ultimi aumenterà la produttività,
con un enorme vantaggio sui costi. Ma le cose non
stanno così. La teoria suggerisce – e la pratica conferma
– che gli aumenti di produttività comporteranno un
aumento dei salari reali o un aumento più sostenuto del
tasso reale di cambio. Nella Corea del Sud i salari reali,
calcolati in dollari, sono aumentati di otto volte dal 1977.
Inoltre, anche con tecnologie identiche, la produttività dei
paesi in via di sviluppo non sarà mai all’altezza di quella
dei paesi avanzati, perché nei primi istruzione e
infrastrutture sono inevitabilmente molto arretrate
rispetto ai secondi. Che se ne fa il Terzo mondo della
tecnologia se i suoi lavoratori non sono in grado di
leggere le istruzioni scritte su un sacco di fertilizzante?
Ma sebbene i costi medi di un’unità di manodopera
tendano a uniformarsi fra i vari paesi, il divario di
produttività sarà diverso da un’industria all’altra. In alcuni
settori, come quello dell’abbigliamento e dell’elettronica
di consumo, la produttività di un paese in via di sviluppo
può eguagliare quella dei paesi ricchi, e quindi i suoi
bassi salari (dovuti alla produttività media rispetto al
totale di produzione) daranno effettivamente alle aziende
impegnate in quei settori un vantaggio sui costi rispetto a
quelli dei paesi ricchi.
Ma le differenze tra i vari settori nel modello di
produttività sono esattamente quelle che la teoria
economica classica individua con precisione, come
l’origine dei costi competitivi, un’idea esposta per la
prima volta all’inizio dell’Ottocento da David Ricardo.
Il secondo equivoco, alimentato dalla paura di una
estrema competitività dei paesi del Terzo mondo,
scaturisce dalla confusione tra vantaggio assoluto e
vantaggio competitivo.
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Un avvocato, per esempio, potrebbe dar dei punti alla
sua segretaria non solo come legale ma anche come
dattilografo (nel qual caso ha un vantaggio assoluto
nelle due mansioni). La segretaria, però, potrebbe avere
un margine di inferiorità più piccolo – cioè un vantaggio
competitivo – come dattilografa.
Viceversa, il vantaggio competitivo dell’avvocato
riguarda le materie legali, nelle quali il suo margine di
superiorità è più grande. Quanto al libero commercio,
esso dipende dal vantaggio competitivo, non da quello
assoluto. Se i paesi si specializzano in attività che
svolgono relativamente bene, allora tutti guadagneranno
dal commercio. Anche se la Cina fosse in grado di
produrre qualunque cosa a costo inferiore, per
definizione l’America avrebbe ancora un vantaggio
competitivo per alcuni prodotti. Dal momento che
persistono alcune differenze da un paese all’altro, come
la specializzazione della manodopera che non può
essere esportata con la stessa facilità della tecnologia,
la legge del vantaggio competitivo continua a essere
valida. [...]
Il vantaggio competitivo fra i paesi dipenderà sempre più
dall’abilità dei lavoratori di mettere a frutto le
conoscenze. Le economie industriali dei paesi ricchi
continueranno ad avere un vantaggio nelle industrie high
tech, anche se i confini tra paesi con alta
specializzazione e quelli con bassa specializzazione si
stanno facendo sempre più incerti. Dopo anni di cospicui
investimenti nell’istruzione, le specializzazioni dei paesi
asiatici stanno raggiungendo i livelli occidentali. [...]
In futuro, quando i lavoratori con specializzazioni
intermedie delle industrie ad alto uso di tecnologia dei
paesi ricchi, per reagire all’aumentata concorrenza dei
paesi più a buon mercato come la Cina, tenteranno la
scalata verso fasce più alte di mercato, dovranno fare i
conti anche con la più agguerrita concorrenza delle tigri
asiatiche.
Poiché il capitale è diventato più mobile, ed è sempre
più veloce la diffusione della tecnologia al di là delle
frontiere nazionali, anche il vantaggio competitivo ha
cominciato a bruciare le tappe. Al Giappone ci sono
voluti 30-40 anni per acquistare un primato nella
produzione di automobili e dieci anni per il primato nella
produzione di chip di memoria. Ma Taiwan, acquistando
tecnologia pronta, ha arraffato in soli cinque anni una
larga fetta dell’industria mondiale di assemblaggio dei
pc. La globalizzazione e l’informatica continueranno a
spostare i posti di lavoro da un paese all’altro, ma i paesi
ricchi con alto livello di istruzione non hanno nulla da
temere: l’occupazione si sposterà verso lavori a più alta
specializzazione e meglio pagati. Rischiano di restare
indietro solo quei paesi che non si preoccupano di
elevare i livelli di istruzione.
[Rapporto The Economist, “Capire la mondializzazione.
Economia globale”, L’Espresso, 10 ottobre 1996]
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