Vive con e per la città di uguale dimensione , tre delle quali immediatamente poste al centro del pronao, (in funzione di sfogo del pubblico alla fine degli spettacoli), e due sui lati opposti dei servizi affiancati allo stesso che introducono a sinistra nella Biglietteria, a destra nel Caffè del Teatro. Una volta entrati per la biglietteria, si accede all’ Atrio, elissoidale, in cui compaiono, ai lati della porta centrale, i busti in scagliola brunita di Carlo Goldoni e Gioacchino Rossini, ad indicare la scelta funzionale e storica dell’edificio. Opposta alla porta d’ingresso si trova il vero accesso alla Platea (Cavea), affiancato dall’ingresso al corridoio di servizio per il guardaroba e le parti non pubbliche del teatro, e, ancora dalle due scalinate recanti direttamente ai tre ordini di palchi sovrastanti. Il loggione viene raggiunto superando una cancellata posta sulla sinistra della biglietteria e percorrendo una scala elicoidale. La pianta interna dell’edificio è a ferro di cavallo, con struttura a palchetti (68 più il grande Palco Comunale, posto al centro del Secondo Ordine) decorata a stucco del pittore modenese Ferdinando Manzini, mentre la volta è opera del reggiano Giuseppe Ugolini che ha voluto rappresentare, in questo modo, un cielo olimpico popolato dalle rappresentazioni allegoriche di Musica, Poesia Drammatica, Poesia Lirica e Danza, ruotanti intorno al monumentale lampadario Il Comunale è un punto nevralgico della città: nella sua esistenza ha visto passare attori e compagnie di prosa di rinonanza internazionale (Eleonora Duse, Cesco Baseggio, Ermete Novelli per il passato, Orsini, Lavia, Branciaroli per il presente), cantanti lirici affermati (Beniamino Gigli, Francesco Tamagno, Gino Bechi, Luciano Pavarotti...), registi importanti, orchestre e gruppi musicali o di danza, senza soluzione di continuità e perfettamente in linea con l’evoluzione spettacolistica internazionale. Da sempre produce un cartellone annuale di qualità, a cui si aggiungono frequenti programmazioni didattiche e sperimentali. Il Teatro Comunale vive con e per la città. opera dei Fratelli Sassi di Reggio Emilia. Le quattro vele angolari sono di Gaetano Venturi e Antonio Bernasconi, scagliolisti di scuola locale, mentre il grande sipario decorato è opera anch’esso di Giuseppe Ugolini: su questo grande telone è rappresentata un’ulteriore scena olimpica, con un Apollo decisamente di impianto nordico al centro assistito da una folta compagnia di Muse e Ninfe (opportunamente formose e discinte secondo il dettame prettamente francese di David e Ingres, ma anche il monumentale e italiano Canova) a cui hanno fatto da modelle le bellezze locali delle classi superiori carpigiane del secondo Ottocento. Una curiosità: sugli stipiti dei palchi del secondo ordine compaiono numerose testine marmoree aggettanti sulla platea: sono i ritratti immortalati dei primi palchettisti. Corrispondente al retro del II ordine vi sono i locali della Direzione, al centro si trova il Foyer o Ridotto, decorato con copie del Correggio dal pittore locale Albano Lugli. Questo spazio, oltre che a funzioni amministrative e di rappresentanza è impiegato, attualmente, per incontri di tipo culturale. Esternamente, il Teatro è corredato di un giardino, vero salotto retrostante , presentato monumentalmente da due cancellate laterali che uniscono otto busti di personaggi carpigiani famosi. PALCOSCENICO Larghezza palcoscenico: mt. 18 utile 14,50 Profondità palcoscenico: mt. 14,20 utile 13,20 Pendenza palcoscenico: 5% Larghezza boccascena: mt. 11,60 Altezza graticcia: mt. 15 Altezza sottopalco: mt. 2,20 (con possibilità di apertura botola) Altezza ribalta: mt. 1,60 -Larghezza ribalta: mt. 1,40 Buca orchestra: mt. 3,60 x 11 Distanza ribalta poltrone: mt. 3 POSTI IN SALA : 570 Platea: 212 -Palchi (su tre ordini): 258 -Galleria – Loggione: 100 Per informazioni e visite guidate su prenotazione: Teatro Comunale Piazza Martiri, 72 Telefoni: Uffici 059/649264 - Biglietteria 059/649263 e-mail: [email protected] sito: www.carpidiem.it/TeatroComunale Via Berengario, 2/4 - 41012 Carpi Tel. 059/649213 - Fax 059/649240 quicittà@carpidiem.it-www.carpidiem.it Testi: Mario Bizzoccoli - Progetto Grafico: Alberto Cova A cura di: Ufficio Turismo, Comune di Carpi Foto: Fotostudio Reporter-Carpi, Giancarlo Salami, Focal Color - Carpi Vive con e per la città Sulla gigantesca Piazza dei Martiri, che ha, giustamente, reso famosa la città, si affaccia l’edificio neoclassico del Teatro Comunale, posto tra il rinascimentale Palazzo dei Pio ed il tardosettecentesco Palazzo Scacchetti, sede da più di un secolo del Comune di Carpi. Prospiciente la lunga via Jacopo Berengario che, dal Centro Storico porta direttamente alla periferia, è insieme un punto d’arrivo e di partenza. Con le sue linee neoclassiche, il Comunale provoca uno stacco deciso dall’impianto rinascimentale che ha strutturato la Piazza, non avendo contrappassi edilizi che lo fronteggino. In ogni caso, il Teatro è un punto focale nello spazio definito Centro storico, ben riconoscibile e facilmente raggiungibile tanto dall’interno dall’esterno della città. Il Comunale è l’erede diretto del Teatro Vecchio progettato nel 1639 dall’architetto e scenografo ducale Gaspare Vigarani, grande “stregone” e apparatore delle feste estensi nonchè autore, vent’anni più tardi della Salle des Machines alle Tuileries di Parigi (e tuttora esistenti). Il Teatro Vecchio, quasi completamente ligneo, era collocato all’interno di Palazzo dei Pio nella Sala detta della “Spelta” ed era, a sua volta, erede di una Sala della scena cinquecentesca d’impianto provvisorio. Il teatro vigaraniano ha avuto una vita bisecolare, era sostenuto e promosso dalla locale Accademia degli Apparenti (un’adunanza culturale di aristocratici e borghesi illumi nati, sorta dopo la grande pestilenza del 1630). Allo scadere del ‘700, e con le invasioni napoleoniche, l’Accademia si trasforma in Società Filarmonica ed è la generatrice di tutta l’attività teatrale della prima metà dell’800, sino a giungere, immediatamente dopo i moti del ’48 e a governo estense spirante, a costituire la Società dei Palchettisti, cioè la riunione corporativa dei proprietari-fruitori-operatori nel teatro. Nel 1857, su richiesta di questa associazione, l’architetto Claudio Rossi, appartenente alla scuola neoclassica modenese di Cesare Costa, presenta alla Municipalità due progetti per un nuovo teatro, questa volta esterno e completamente in muratura, capace di almeno 600 posti, conto i 300 scarsi del teatro vigaraniano. La Società dei Palchettisti, ottenendo dal Comune il terreno praticamente gratis, si autofinanzia i lavori di costruzione per quasi tre anni, facendo approvare il progetto del Rossi più aderente al gusto architettonico dettato dalla Scala di Milano (1776-1778), integrato dalle esperienze particolari del Regio di Parma (18211829) e, soprattutto, del Comunale di Reggio Emilia (1857). Nel frattempo, cade il governo regionale estense, sostituito da quello nazionale dei Savoja: a questo punto il Teatro Nuovo diventa anche il simbolo dell’unità nazionale riconquistata. Con una transazione legale, siglata il 13 luglio 1860 la Società rinuncia in perpetuo alla proprietà del nuovo Comunale in favore del Comune, riservandosi la sola proprietà dei palchi, attiva fin che i palchettisti originari avranno discendenti diretti. L’11 agosto 1861, a proclamazione del Regno d’Italia avvenuta, il Teatro Comunale Nuovo apre i suoi battenti con una stagione operistica scelta per l’occasione: Rigoletto di Giuseppe Verdi e Favorita di Gaetano Donizzetti, a cui si unisce il divertimento danzante Graziella del coreografo Vienna. Da quella data il Comunale ha sempre seguito le vicende storiche della città, evolvendosi anche strutturalmente: elettrificazione nel 1898-99, sostituzione delle panche con le poltroncine negli anni 10 del Novecento, restauro strutturale completo e aggiunta degli impianti di riscaldamento, aerazione e regia nel 1980-81, trasformazione della loggia e dell’arena superiore in posti numerati nel 2003-04. Con la sua facciata neoclassica, l’edificio dichiara apertamente la sua appartenenza a quel periodo della storia culturale europea che vedeva nell’Opera Lirica la sua maggiore espressione teatrale e politica. L’architetto Claudio Rossi, assistito nei lavori dall’ingegnere comunale Achille Sammarini (peraltro un tecnico molto esperto in edifici monumentali), stabilisce, su pressante richiesta della Società dei Palchettisti, un autentico tempio classico: una breve scalinata su cui poggiano quattro alte colonne in stile dorico crea una struttura ad anfiprostilo sormontata dagli elementi più connotativi della monumentalità ellenistica: trabeazione, metope e triglifi. Il timpano, decorato da un intreccio di strumenti musicali della classicità (cetra, clarine, sistri), presenta tre cornici ed i tripodi sui due spigoli estremi del frontone, in funzione vera e propria di acroteli. Il sottofrontone superiore, recante una grande finestra semicircolare, ha lateralmente a questa due angeli opposti annuncianti con trombe lunghe e ghirlande e, sottoposta ma ben visibile, l’iscrizione “Societas erexit MDCCCLVIIIî (la Società dei Palchettisti- ma anche la Società Civile – ha eretto nel 1858, anno di posa della prima pietra). Le metope ed i triglifi, con decorazioni allusive alla musica e al dramma nella facciata, sono ripetuti per tutta la fascia sottostante l’architrave del primo alzato, mentre nella base della facciata si aprono cinque porte