l`ipertrofia prostatica benigna nel cane

L’IPERTROFIA PROSTATICA BENIGNA NEL CANE
Dr. Stefano Romagnoli
Stefano Romagnoli, DVM, MS, Ph.D, Dipl. European College Animal Reproduction
Presidente, European Board of Veterinary Specialisation
Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Facoltà di Medicina Veterinaria
Università di Padova
L’Iperplasia Prostatica Benigna (IPB) è la patologia prostatica maggiormente diagnosticata nel
cane, riscontrabile in oltre la metà dei cani interi di età superiore ai 5 anni. Non è confermata una
predisposizione di razza, anche se è stata riscontrata una maggior incidenza nei Bovari del Bernese,
Bovari delle Fiandre, Scottish Terrier e Bracco Tedesco, e in cani di taglia grande. Si tratta
comunque di una condizione caratterizzata da un aumento in numero (iperplasia) e dimensioni
(ipertrofia) delle cellule epiteliali della ghiandola. Nonostante l’elevata incidenza, poco ancora si
conosce sulla reale eziopatogenesi. Si ipotizza che il Diidrotestosterone (DHT), un metabolita del
testosterone necessario per la normale crescita ghiandolare, giochi un ruolo fondamentale nella
patogenesi di tale condizione, così come un alterato rapporto tra androgeni e estrogeni, come
dimostrato sperimentalmente. L’IPB è spesso una condizione subclinica nel cane, senza particolari
segni patognomonici: la patologia viene frequentemente diagnosticata casualmente durante la visita
andrologica o in soggetti che riferiscono disturbi aspecifici del tratto urogenitale o intestinale,
disturbi dovuti all’azione compressiva della ghiandola aumentata di volume sugli organi adiacenti.
Tali segni comprendono: tenesmo, stillicidio di sangue dall’uretra non correlato alla minzione,
ematuria, emospermia, disuria, dolore addominale. Il sospetto può essere confermato mediante
palpazione digito-rettale della ghiandola e mediante studio ecografico. L’IPB non ha effetti diretti
sulla fertilità del cane, anche se il dolore pelvico, la presenza di sangue nell’eiaculato e la presenza
di concomitanti prostatiti può inficiare la monta o la qualità del seme. L’approccio terapeutico
dell’IPB necessita tuttora di approfondimenti. La terapia può essere evitata negli animali
asintomatici, ma in ogni caso occorre monitorare l’animale al fine di evitare sovrinfezioni
batteriche. La scelta tra un approccio conservativo e uno chirurgico dipende molto dallo stato di
salute generale dell’animale e dal suo utilizzo come riproduttore. La castrazione non è considerata
un trattamento sicuro (anche se sarebbe efficace), a causa del rischio di adenocarcinoma prostatico.
I progestinici (megestrolo acetato, medrossiprogesterone acetato, delmadinone acetato,
clormadinone acetato) hanno un’azione competitiva nei confronti dei recettori del testosterone e del
DHT negli organi bersaglio. Il finasteride, un antiandrogeno non steroideo, inibitore della 5αreductase (enzima che catalizza la conversione del testosterone in DHT), è il composto più
utilizzato per il trattamento della patologia nei soggetti con valore riproduttivo. Recenti studi hanno
dimostrato l’efficacia del farmaco anche a dosaggi molto bassi rispetto a quelli normalmente
utilizzati ed estrapolati dalla medicina umana, specie per la quale il farmaco è registrato.
Recentemente gli agonosti del GnRH, come il deslorelin, hanno catturato l’attenzione dei veterinari
a causa dei loro risultati efficaci e sicuri nel trattamento conservativo della patologia. Tali composti,
somministrati sottoforma di impianti sottocutanei long-acting, agiscono mediante feedback negativo
sull’asse ipotalamo-ipofisi-testiocolare, determinando un decremento del volume della ghiandola e
dei livelli sierici di testosterone in tempi brevi e in maniera sovrapponibile a quella raggiungibile
mediante castrazione. Anche il flutamide e l’osaterone acetato, entrambi antiandrogeni registrati per
uso umano, ma con diverso meccanismo d’azione, sembrano dare risultati promettenti nella specie
canina, in quanto non hanno mostrato effetti androgenici residui nelle prove sperimentali.
Prof. Dott. Stefano Romagnoli, DVM, MS, PhD, Dipl. ECAR
Ordinario di Clinica Ostetrica Veterinaria
Dipartimento di Scienze Cliniche Veterinarie, Università di Padova
Agripolis, Legnaro 35020 (Padova) Italia
39-049-8272948 – fax 39-049-8272602
[email protected]
Stefano Romagnoli è nato nel 1957 a Firenze e si è laureato in Medicina Veterinaria nel 1982
all’Università di Pisa. Ha conseguito il Diploma di Master of Science in Theriogenology
(Riproduzione Animale) alla University of Minnesota (USA) nel 1986, dove ha soggiornato in
totale per 3 anni lavorando durante l’ultimo anno come Clinical Assistant Professor in
Riproduzione del cane e del gatto presso l’Ospedale Veterinario della stessa Università. Rientrato
in Italia, ha iniziato la carriera accademica presso l’Università di Pisa dove è diventato Ricercatore
nel 1987 e Professore Associato di Ostetricia Veterinaria nel 1991. Dal 2001 è Professore Ordinario
di Clinica Ostetrica Veterinaria presso la Facoltà di Medicina Veterinaria dell’Università di Padova.
I suoi interessi di ricerca e di attività clinica riguardano da sempre la riproduzione dei piccoli
animali, area nella quale negli ultimi 20 anni ha prodotto oltre 250 pubblicazioni concentrandosi in
particolare su argomenti quali l’uso degli ormoni per il controllo del ciclo riproduttivo canino e
felino mediante ormoni, la terapia delle malattie della riproduzione e la cura della fertilità nella
cagna e nella gatta, l’inseminazione artificiale nel cane con seme fresco, refrigerato e congelato nel
cane, l’andrologia e la pediatria del cane e del gatto.
Dal 1993 al 1999 è stato Presidente dell’Associazione Italiana Veterinaria Patologia Felina,
dopodichè è stato socio fondatore e Presidente della neonata European Society of Feline Medicine
per i trienni 2000-2003 e 2003-2006. Si occupa anche attivamente di qualità della formazione nella
didattica in medicina veterinaria, e ha ricoperto in tale ambito per il periodo 2004-2008 le cariche di
Segretario della European Association of Establishments of Veterinary Education (EAEVE –
associazione che si occupa della qualità della formazione nelle Facoltà di Medicina Veterinaria
Europee), nonché Segretario dello European Board of Veterinary Specialisations (EBVS associazione che si occupa della qualità della formazione specialistica post-laurea del medico
veterinario in Europa). Attualmente è Presidente dell’EBVS.