Capitolo 7 Meccanica statistica e teoria dei quanti

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A02
69
Si ringrazia Stefano Vidotto, studente della Laurea Magistrale in Fisica presso l’Università
di Trento, per il prezioso lavoro di prima estrazione del testo dalla precedente edizione di
questo libro.
Simone Franchetti, Anedio Ranfagni
Daniela Mugnai, Gabriele Viliani
Struttura
della materia
Volume secondo
Meccanica statistica quantistica
fisica dello stato solido
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–4414-8
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 2011
In memoria di Simone Franchetti
Indice
ix
Prefazione
323 7. Meccanica statistica e teoria dei quanti
7.1 La cella elementare nello spazio delle fasi
7.2 Misura corretta dellʼestensione in fase. Fasi generiche
7.3 I limiti di applicabilità della statistica classica
7.4 Considerazioni generali sul passaggio alle statistiche quantiche
7.5 Statistica dei sistemi a particelle indistinguibili non interagenti
7.6 I potenziali chimici
7.7 Comportamento dei sistemi statistici quantizzati vicino a 0 ◦ K
7.8 I calori specifici dei gas biatomici. Energie di traslazione e vibrazione
7.9 I calori specifici dei gas biatomici. Energia di rotazione
7.10 Connessione della meccanica statistica col metodo degli integrali di cammino
Problemi
369 8. Cristalli. Diffrazione delle radiazioni e struttura
8.1 Preliminari
8.2 Processo di diffusione coerente dei raggi X
8.3 Il reticolo reciproco
8.4 Interpretazione delle condizioni di Laue–Bragg. Cenno sulla deduzione della struttura
8.5 I legami nei solidi
Problemi
395 9. Cristalli. Moto degli atomi e proprietà termiche
9.1 Modello unidimensionale a masse uguali
9.2 Modello unidimensionale a masse alternate
9.3 Le oscillazioni in un reticolo tridimensionale
9.4 Il calore specifico dei solidi cristallini
9.5 Il concetto di fonone
9.6 La conducibilità termica nei solidi non conduttori
9.7 Cenno sulla dilatazione termica
Problemi
427 10. Elementi della teoria elettronica dei solidi
10.1 Preliminari. Il teorema di Bloch–Floquet nel caso unidimensionale
viii
I NDICE
10.2 Il modello di Kronig e Penney
10.3 Approssimazione a partire da particelle libere. Zone di Brillouin
10.4 Alcuni aspetti dinamici della teoria delle bande. Massa e densità efficaci. Conduttori e isolanti
10.5 Funzioni di Bloch e bande dʼenergia nel caso tridimensionale
10.6 Approssimazione degli elettroni quasi legati
Problemi
459 11. Conduzione elettronica
11.1 Conduzione nei metalli secondo la teoria di Sommerfeld
11.2 Scattering degli elettroni
11.3 Il tempo di rilassamento τ e la dipendenza della resistenza dalla temperatura
11.4 La conducibilità termica nei metalli a temperature non basse. Legge di Wiedemann e Franz
11.5 La conduzione termica nei metalli alle basse temperature
483 12. Semiconduttori
12.1 Il livello di Fermi in presenza di un gap dellʼenergia e i portatori di corrente nei
semiconduttori intrinseci
12.2 Semiconduttori estrinseci
12.3 Conducibilità
12.4 Giunzioni e transistori
501 13. Superconduttività
13.1 Preliminari. Effetto Meissner
13.2 La teoria fenomenologica dei London
13.3 Le basi della teoria microscopica
13.4 Quantizzazione del flusso
13.5 Tunnelling di coppie di elettroni. Dispositivi a effetto Josephson
13.6 (*) Tempo di decadimento dello stato a tensione zero
527 14. I solidi amorfi
14.1 Generalità
14.2 Il regime della transizione vetrosa
14.3 Calore specifico a bassa temperatura. Sistemi a due livelli
14.4 Barriere e anti–barriere entropiche
14.5 Natura dei modi normali di vibrazione
14.6 Conducibilità termica a bassa temperatura
14.7 Metodi numerici
xi
Bibliografia essenziale
xiii Indice analitico
Prefazione
Il presente testo rappresenta il secondo volume di un’opera la cui prima edizione risale al 19861 . Rispetto alla prima edizione, il testo si è arricchito di un nuovo capitolo
che tratta dei solidi amorfi e la suddivisione in due volumi rispecchia prevalentemente
esigenze di tipo didattico.
Il primo capitolo del questo secondo volume è dedicato alle statistiche quantistiche e alle loro applicazioni in struttura della materia.
I seguenti capitoli trattano della fisica dei solidi cristallini, includendo la teoria
elettronica, la conduzione elettronica (metalli, semiconduttori e superconduttori), uno
studio dettagliato dei semiconduttori e la superconduttività.
L’ultimo capitolo è dedicato ai solidi amorfi.
I primi quattro capitoli sono corredati di problemi svolti, talvolta da considerarsi
come complementi del testo, mentre gli altri ne sono sprovvisti in quanto trattano argomenti, a nostro avviso, più avanzati e pertanto meno idonei a semplici applicazioni.
Anche qui, come nel primo volume, alcuni paragrafi sono contrassegnati, nell’indice,
con un asterisco che indica che possono essere omessi in una prima lettura. Essi costituiscono infatti un approfondimento di alcuni aspetti che possono essere affrontati
solo dopo aver avere acquisito sufficiente dimestichezza con le nozioni fondamentali
di struttura della materia.
GLI AUTORI
1
S. Franchetti, A. Ranfagni, D. Mugnai, Elementi di Struttura della Materia, Zanichelli Ed.,
Bologna (1986).
Capitolo 7
Meccanica statistica e teoria dei
quanti
7.1
La cella elementare nello spazio delle fasi
Lʼinterferenza fra i concetti quantistici e la meccanica statistica è notevole ed anche
abbastanza complessa. Intanto è chiaro che la meccanica statistica classica, i cui
elementi abbiamo esposto nel Cap. 2, non si potrà applicare, o solo in parte, in tutti
quei casi in cui il carattere quantistico degli elementi che sono oggetto della statistica cessa di essere trascurabile o diventa addirittura dominante. Prima di studiare
questo punto vogliamo discutere alcune conseguenze della teoria dei quanti che sono
di grande importanza anche nel campo di validità della meccanica statistica classica.
Queste sono connesse col concetto di entropia.
Si è visto (Cap. 2, §2.7) che, seguendo Boltzmann, si può pensare lʼentropia
di un sistema come proporzionale (secondo la costante k detta appunto costante di
Boltzmann) al logaritmo naturale del numero N di stati microscopici — caratterizzati
dai parametri che descrivono la situazione dei singoli elementi (molecole, atomi, ecc.)
— i quali stati sono tutti compatibili col dato stato macroscopico del sistema, in
quanto questo, definito da poche variabili, come il volume, la temperatura, il numero
complessivo delle particelle, rappresenta una descrizione molto sommaria che può
essere realizzata da un numero enorme di configurazioni microscopiche.
Come valutazione, relativa, del numero N si è preso il volume ΔΓ dello spazio
delle fasi che è a disposizione del punto rappresentativo del sistema. Per far questo
bisogna però dividere ΔΓ per una costante u che stabilisce in certo modo quanto
devono essere distanti due punti nel Γ–Raum del sistema per esser considerati come
appartenenti a stati diversi. In altre parole, bisogna introdurre una cella elementare
nello spazio delle fasi.
330
7. M ECCANICA STATISTICA E TEORIA DEI QUANTI
Si ha così in definitiva:
S = k ln
ΔΓ
.
u
(7.1)
Si hanno, a proposito di questa formula, due difficoltà. In primo luogo la meccanica classica non fornisce nessun criterio che permetta di fissare u. Resta perciò una
costante indeterminata (−k ln u) nellʼespressione dellʼentropia e questo sarebbe un
inconveniente minore, in quanto sono le differenze dʼentropia che realmente contano. La seconda difficoltà è però più grave: secondo la meccanica statistica classica
ogni moto cessa allo zero assoluto e quindi per T → 0 si dovrebbe avere ΔΓ → 0,
per il tendere a zero della regione occupata dal sistema nello spazio degli impulsi.
Con questo lʼentropia divergerebbe a −∞, in contrasto con quello che mostra lʼesperienza. Infatti si constata che le variazioni dʼentropia si fanno sempre più piccole
quanto più ci si avvicina allo zero assoluto.
La meccanica quantistica elimina tuttʼe due queste difficoltà in quanto giustifica
lʼesistenza di una unità naturale per lʼestensione in fase e cioè:
u = hf
(7.2)
dove h è la costante di Planck e f il numero di gradi di libertà del sistema. Con
questo sparisce ogni arbitrarietà dallʼEq. (7.1), ma, quel che più importa, sparisce
anche la divergenza. Infatti nello spazio delle fasi il punto rappresentativo non può
essere localizzato in una estensione inferiore a una cella u = hf perché questo è il
volume che compete a un singolo stato quantistico. Del resto, che esista un limite
inferiore è una inevitabile conseguenza del principio di indeterminazione: un volume
nullo, cioè che si riduce a un punto, vorrebbe dire infatti che tutte le q e tutte le p del
sistema sono note simultaneamente. Il secondo membro dellʼEq. (7.1) ha perciò per
valore minimo lo zero e non −∞.
Non è facile dare una dimostrazione generale della (7.2). Perciò ci contenteremo
di verificarla su due esempi, facendo vedere che per numeri quantici n grandi lʼestensione in fase Γn che comprende tutti gli ns stati con numeri quantici ≤ n tende
a:
Γns = ns hf .
(7.3)
a) Oscillatore armonico
Con f = 1 lo spazio delle fasi è il piano pq in Fig. 7.1. Per numeri quantici
grandi la meccanica classica è applicabile e abbiamo:
H=
1 2
m 2 2
p +
ω q = E = cost.
2m
2
(7.4)
331
7.1. La cella elementare nello spazio delle fasi
che è lʼequazione di un ellisse di semiassi
√
1
2mE (asse p) ,
ω
2E
(asse q) .
m
Figura 7.1: Spazio delle fasi per un sistema ad un solo grado di libertà (f = 1 in Eq. (7.2)).
Lʼellisse rappresenta il luogo dei punti ad energia costante.
Risulta dalle condizioni di Sommerfeld, applicabili perché n è grande per ipotesi,
che lʼarea di questa ellisse è:
2π
E = p dq = nh ,
A=
ω
ma siccome tutte le n − 1 traiettorie con numero quantico inferiore sono più piccole,
cioè sono comprese nellʼellisse (7.4), si vede che i primi ns = n stati quantici occupano unʼestensione in fase nh, conforme alla (7.3).
b) Particella non soggetta a forze ma chiusa in una cavità cubica a pareti
impenetrabili
Il cubo di lato L si trovi come in Fig. 7.2a. Le autofunzioni, a meno di un fattore
di normalizzazione, sono della forma
n π n π n π 1
2
3
sin
x sin
y sin
z
(7.5)
L
L
L
con n1 , n2 , n3 interi (onda di De Broglie stazionaria con piani nodali coincidenti
con le facce del cubo). Gli stati stazionari corrispondono perciò alle terne di interi
positivi n1 , n2 , n3 dato che valori negativi non danno autofunzioni che siano linearmente indipendenti dalle altre. Ciascuno stato stazionario corrisponde dunque a un
punto avente coordinate intere nellʼottante positivo di un sistema di riferimento in
332
7. M ECCANICA STATISTICA E TEORIA DEI QUANTI
Figura 7.2: a) Cavità cubica di lato L contenente una particella non soggetta a forze; b) terna
di interi n1 , n2 e n3 corrispondenti agli assi di riferimento della cavità cubica.
cui si prendono n1 , n2 , n3 come coordinate (Fig. 7.2b). Se ora consideriamo la
dipendenza da x dellʼautofunzione (7.5), cioè consideriamo il fattore sin (n1 πx/L)
e lo mettiamo nella forma:
1
in1 πx
in1 πx
exp
− exp −
,
2i
L
L
vediamo che si tratta della sovrapposizione di due onde di De Broglie (exp (2πipx /h)
con gli impulsi
h
.
px = ±n1
2L
Alle particelle descritte dallʼautofunzione (7.5) corrisponde dunque un quadrato dellʼimpulso
h2
p2 =
(n2 + n22 + n23 )
(7.6)
4L2 1
e unʼenergia
E=
h2 2
n1 + n22 + n23 .
2
8mL
(7.7)
Tutti quegli stati in cui lʼenergia è ≤ E, oppure lʼimpulso ≤ p, occupano nello spazio
delle fasi un volume dato da
Γn s = V
4 3 4
πp = πL3 p3
3
3
(7.8)
333
7.2. Misura corretta dellʼestensione in fase. Fasi generiche
e il loro numero ns è dato dal numero di terne di interi positivi tali che
n21 + n22 + n23 ≤
4L2 p2
.
h2
Questa limitazione caratterizza nello spazio (n1 , n2 , n3 ) i punti dellʼottante positivo
che cadono dentro la sfera di raggio (n21 + n22 + n23 )1/2 cioè, per lʼequazione precedente, di raggio 2Lp/h. Dato che la densità di quelli a coordinate intere è 1, il loro
numero è
1 4
2Lp 3 4 L3 p3
ns = × π
= π 3 .
(7.9)
8 3
h
3
h
Confrontando (7.8) e (7.9) troviamo
Γn = ns h3
risultato ancora conforme allʼEq. (7.3).
7.2
Misura corretta dellʼestensione in fase. Fasi generiche
Nel §2.5 del Cap. 2 abbiamo trovato che lʼenergia libera F di un sistema generico si calcola dallʼintegrale di fase I per mezzo della formula (2.37) che possiamo
riscrivere, introducendo la cella elementare hf che ivi è omessa, come
H(p, q) dΓ
F = −kT ln I = −kT ln
exp[−
(7.10)
] f .
kT
h
∞
Per un miscuglio di gas perfetti monoatomici questa formula dà (Eq. (2.44) del Cap.
2)
ν
Nλ ln V (2 πmλ kT )3/2 h−3 .
F = −kT
(7.11)
λ=1
Da qui segue per lʼentropia
S=−
∂F
∂T
=k
V
ν
Λ=1
ν
3 Nλ ln V (2π mλ kT )3/2 h−3 + k
Nλ . (7.12)
2
λ=1
Siccome F e S sono grandezze estensive, ci si aspetterebbe che moltiplicando tutti i
numeri di molecole Nλ e il volume V per un fattore η anche F e S risultassero moltiplicate per η. Si vede però che questo non avviene. Ciò nonostante dalla formula
per F abbiamo ottenuto risultati corretti (e cioè le leggi dei gas ideali, Cap. 2 §2.6).
Questo è potuto avvenire perché, in quel caso, i numeri di particelle si mantengono
334
7. M ECCANICA STATISTICA E TEORIA DEI QUANTI
costanti. In altri casi le formule danno, necessariamente, risultati sbagliati. Per vederlo applichiamo la (7.12) al caso di due gas che si trovano, dapprima, separati in due
volumi V1 e V2 alle stesse condizioni di temperatura e pressione (Fig. 7.3). Avremo
3
S = S1 + S2 = kN1 ln V1 (2π m1 kT )3/2 h−3 + kN1
2
3
3/2 −3
+ kN2 ln V2 (2π m2 kT ) h
+ kN2 .
2
Figura 7.3: Cavità di volumi V1 e V2 contenenti gas, separati da un diaframma d, alla stessa
temperatura e pressione.
Supponiamo ora di sopprimere il diaframma d che separa i due gas, cosicché
questi possano diffondere lʼuno nellʼaltro. La differenza dal caso precedente è che
ora ognuno dei due gas occupa il volume V = V1 + V2 . Ciò produce un incremento
di entropia dato da
ΔS = kN1 ln(V1 + V2 ) + kN2 ln(V1 + V2 ) − kN1 ln V1 − kN2 ln V2 =
(V1 + V2 )N1 +N2
.
= k ln
V1N1 V2N2
Siccome per la supposta uguaglianza delle pressioni i volumi iniziali devono essere
proporzionali ai numeri di particelle (V1 = N1 ν0 , V2 = N2 ν0 ), la precedente può
scriversi egualmente
(N1 + N2 )N1 +N2
ΔS = k ln
.
(7.13)
N1N1 N2N2
Anche questo risultato è perfettamente corretto: lʼentropia aumenta perché è avvenuto un processo irreversibile, cioè il mescolamento dei due gas. Il ΔS prende appunto
il nome di entropia di mescolamento.
Purtroppo nella formula (7.13) non cʼè alcuna traccia del fatto che i gas devono
essere diversi. In altre parole, le nostre formule prevedono lo stesso aumento dʼentropia se i recipienti V1 e V2 contengono inizialmente N1 e N2 molecole del medesimo
7.2. Misura corretta dellʼestensione in fase. Fasi generiche
335
gas, nel qual caso invece non succede ovviamente nulla. Questo risultato aberrante
della statistica classica è noto col nome di paradosso di Gibbs.
Lʼesempio del paradosso di Gibbs mostra che le difficoltà incontrate derivano dal
considerare come differenti le molecole di una stessa specie. E infatti, nello spirito
della meccanica classica, abbiamo tacitamente attribuito a ciascuna di esse unʼindividualità (ad esempio un particolare valore dellʼindice di numerazione), cosicché
veniamo a trattarle come se ognuna appartenesse addirittura a una specie molecolare
per conto suo. Ciò ha per conseguenza unʼerrata valutazione dellʼestensione dello
spazio delle fasi del sistema, nel quale lʼintegrale di fase va calcolato. Infatti tutte
quelle celle elementari (di estensione hf ) di questo spazio, che corrispondono a situazioni del sistema che differiscono unicamente per una permutazione di molecole
uguali dovrebbero essere contate come una singola cella.
Le celle che si possono ottenere da una cella generica operando tutte le possibili
permutazioni sono N1 !N2 !...Nν !. Perciò lo spazio delle fasi generiche, che Gibbs
propose di introdurre per tener conto dellʼequivalenza delle situazioni ora dette, ha
un numero di celle che è solo la frazione (N1 !N2 !...Nν !)−1 di quello che si ha nella
corrispondente estensione dello spazio delle fasi come lo abbiamo definito fin qui,
che Gibbs chiama lo spazio delle fasi specifiche.
Non è impossibile immaginare una rappresentazione geometrica dello spazio delle fasi generiche. Normalmente però questo non si fa e si preferisce operare nello
spazio delle fasi specifiche, che è più agevole a trattare, salvo a dividerne lʼelemento
di volume per N1 !N2 !...Nν !. Questa correzione, sufficiente a far sparire le caratteristiche difficoltà che abbiamo visto, fu introdotta da Gibbs in maniera empirica ossia,
in fondo, in base allʼevidenza sperimentale. Essa è perfettamente in accordo con la
meccanica quantistica che impone di considerare come un solo stato quelle situazioni
che differiscono per lo scambio di particelle uguali (Cap. 4, §4.3).
Vediamo ora in breve come funziona lʼintroduzione delle fasi generiche. Nel caso
di un miscuglio di gas perfetti, lʼintegrale di fase I ha la struttura (Cap. 2, §2.6)
I=
Nλ
ν Iλi
λ=1 i=1
dove Iλi è lʼintegrale per una singola molecola. Con lʼintroduzione del fattore correttivo 1/Nλ ! e di quello h−3Nλ per ogni componente, tale integrale diventa (lʼindice
g sta a ricordare che si calcola in fasi generiche)
Ig = h−3ΣNλ
ν
λ=1
Nλ
1 h−3ΣNλ
Iλi =
I
Nλ !
N1 !...Nν !
i=1
336
7. M ECCANICA STATISTICA E TEORIA DEI QUANTI
dove I è lʼespressione classica (Eq. (2.43) del Cap. 2). Per il logaritmo di Ig si ha
ln Ig = ln I −
ν
Nλ ln h3 − ln N1 ! ... − ln Nν !
λ=1
e utilizzando la formula di Stirling asintotica (ln N ! = N ln N − N ) otteniamo
ln Ig = ln I −
ν
Nλ (ln h3 + ln Nλ − 1) .
λ=1
Sostituendo lʼespressione per F , cioè F = −kT ln Ig , diventa
F = −kT ln I + kT
ν
Nλ (ln h3 + ln Nλ − 1) .
λ=1
Il primo termine al secondo membro non è che lʼespressione di F come è data
nellʼEq. (2.44) del Cap. 2, pertanto
ν
V (2π mλ kT )3/2
F = −kT
Nλ ln
+1 ,
(7.14)
Nλ
h3
λ=1
da cui ti ottiene per S
S=k
ν
Nλ
λ=1
ossia
S=k
ν
V (2π mλ kT )3/2
3 ln
+
1
+
Nλ
k
Nλ
h3
2
λ=1
ν
λ=1
Nλ
V (2π mλ kT )3/2
5
ln
+
.
Nλ
h3
2
(7.15)
Nei limiti di validità della statistica classica queste formule sono corrette e non conducono più a paradossi. Si constata in particolare che esse rappresentano, come si
deve, due grandezze estensive (cioè omogenee di 1° grado negli Nλ ) perché ora nellʼargomento del logaritmo appare il volume per molecola V /Nλ e non semplicemente
V . É facile verificare che la (7.15) applicata al mescolamento di due gas diversi dà
ancora il risultato (7.13). Applicata però al caso del gas di una sola specie dà, per i
recipienti separati,
V1
V2
5
5
S = kN1 ln
c +
c +
+ kN2 ln
(7.16)
N1
2
N2
2
7.3. I limiti di applicabilità della statistica classica
337
dove con c si è indicata la grandezza — che resta costante — (2π m kT )3/2 h−3 ,
mentre per i recipienti uniti abbiamo
V1 + V2
5
.
(7.17)
c +
S = k (N1 + N2 ) ln
N1 + N2
2
Dovendo essere
V2
V1
=
= v0 ,
N1
N2
si riconosce che le due espressioni (7.16) e (7.17) sono uguali.
7.3
I limiti di applicabilità della statistica classica
Bisogna considerare due casi:
a) sistemi composti di elementi distinguibili,
b) sistemi composti di elementi indistinguibili.
Come prototipo del caso a) si possono ricordare i sistemi di oscillazioni armoniche delle quali abbiamo visto un esempio a proposito del campo elettromagnetico in
una cavità (§3.2 del Cap. 3). Si è visto che il campo si può decomporre, essenzialmente con un procedimento di sviluppo in serie di Fourier, in oscillazioni elementari
caratterizzate come delle onde aventi certe frequenze e certe direzioni di propagazione. Ciascuna di queste onde contribuisce allʼhamiltoniana del sistema con una
coppia di termini del tipo di un oscillatore armonico. Il sistema statistico risulta così costituito da tanti oscillatori armonici indipendenti, tutti distinti lʼuno dallʼaltro o
per la frequenza o per la direzione di propagazione (o per ambedue i caratteri) delle
relative onde elementari. Nel caso a) mancano gli effetti quantistici più vistosi che
sono, come vedremo, effetti dellʼindistinguibilità delle particelle uguali che non si
possono più compensare con una semplice contrazione dello spazio delle fasi per un
fattore 1/N !, come invece si può fare al limite classico. Il criterio di applicabilità
della statistica classica si riduce perciò ad esigere che lʼenergia dei singoli elementi
si possa ritenere variabile con continuità. Questo vuol dire che lʼintervallo Δ fra due
livelli energetici contigui deve essere piccolo in confronto al valore 1/β = kT che
dà la misura degli scambi dʼenergia nellʼagitazione termica.
Come prototipo di sistemi del tipo b), cioè contenenti elementi in principio indistinguibili, considereremo il caso di un sistema gassoso (o assimilabile ad esso, come
per esempio gli elettroni nei metalli) composto di particelle tutte uguali (o al più appartenenti a un certo numero di specie) dotate di sola energia cinetica di traslazione.
La statistica classica tratta queste particelle (o i loro baricentri) come punti materiali.
338
7. M ECCANICA STATISTICA E TEORIA DEI QUANTI
È ben noto che la rappresentazione quantistica che più si avvicina al concetto classico di punto materiale è quella del pacchetto dʼonde (Cap. 3, §3.11) e sappiamo che
questo si muove in accordo con le leggi della meccanica ordinaria. La statistica classica sarà dunque unʼapprossimazione lecita quando si potranno sostituire le molecole
con altrettanti pacchetti dʼonde che si comportano in modo analogo. Perché questo
si possa fare devono essere soddisfatte due condizioni:
1. che i pacchetti dʼonde non si sovrappongano sensibilmente,
2. che lʼindeterminazione dellʼimpulso introdotta con lʼuso del pacchetto dʼonde
sia molto minore dellʼimpulso medio.
La prima condizione è necessaria perché degli effetti dellʼindistinguibilità rimanga
solo quello che consiste nello scambiare le particelle fra i vari pacchetti dʼonde e di
cui si tiene conto introducendo il fattore (N1 !...Nν !)−1 nel dΓ. La seconda è necessaria perché la descrizione nello spazio degli impulsi abbia ancora senso. In formule,
detta Δr la dimensione lineare media dei pacchetti dʼonde e Δp lʼindeterminazione dellʼimpulso, indicando con n il numero N/V di particelle per unità di volume,
avremo
n−1/3 Δr
p Δp ,
dove n−1/3 rappresenta la distanza media fra particelle vicine. Moltiplicando queste
disequazioni membro a membro si ricava
n−1/3 p ΔrΔp ≥ h
(7.18)
o anche
V 3
p h3 .
N
Poiché V p3 è dellʼordine di grandezza del volume occupato dalle particelle nel loro
proprio spazio delle fasi, cioè nel μ–Raum, il rapporto V p3 /h3 ci dà, secondo il
risultato dellʼEq. (7.9), il numero nsμ di stati quantici che cadono in questo spazio.
La disequazione precedente si può perciò riscrivere
nsμ N.
(7.19)
Troviamo perciò questo importante risultato: la statistica classica si potrà applicare
tutte le volte che il numero di stati a disposizione di ciascuna particella è molto più
grande del numero delle particelle. Oppure, se si vuole, in tutti quei casi in cui, per
pure ragioni probabilistiche, è molto difficile che due particelle possano trovarsi nel
medesimo stato quantico.
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