Ippologia, Anno 10, n. 2, Giugno 1999
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L’ANIDROSI EQUINA*
JEREMY D. HUBERT, BVSc, MRCVS e RALPH E. BEADLE, DVM, PhD
Louisiana State University, USA
Riassunto
Attualmente, i meccanismi fisiopatologici responsabili dell’anidrosi non sono stati ben compresi; quelli ipotizzati possono
essere suddivisi in due gruppi, facendo riferimento ad una diminuzione della stimolazione delle ghiandole sudoripare o all’incapacità delle stesse di rispondere agli stimoli. La terapia, quindi, si basa, nella maggior parte dei casi, più su impressioni cliniche che su fatti scientifici. Le normali capacità di termoregolazione consentono ad un cavallo di ridurre la propria temperatura corporea fino a portarla nei limiti normali entro 30 minuti circa dall’esercizio. L’incapacità di diminuire sino alla normalità
la propria temperatura in questo arco di tempo indica che un cavallo può essere affetto da anidrosi. La malattia è caratterizzata dall’incapacità di sudare in modo efficace in risposta a stimoli appropriati. La sudorazione è il più importante meccanismo
di dissipazione del calore per gli equini. Le modalità di controllo della sudorazione in questa specie animale sono esclusive,
dal momento che sistemi di regolazione nervosi ed umorali stimolano i recettori β2-adrenergici delle ghiandole sudoripare a
rispondere. Le possibili cause di mancata sudorazione prese in esame in questo lavoro riguardano la funzione surrenalica, le
caratteristiche istopatologiche dell’ultrastruttura della ghiandola sudoripara, l’alterazione della funzione dei recettori ghiandolari, il ruolo degli ormoni tiroidei e gli elettroliti. Viene fornito un protocollo diagnostico definitivo e vengono presi in considerazione i vari trattamenti attualmente impiegati. Con l’aumentare delle conoscenze sugli eventi molecolari responsabili dell’anidrosi, ed in particolare di quelli correlati alla disfunzione dei recettori β2 nelle ghiandole sudoripare, le opzioni terapeutiche
aumenteranno. Al momento attuale, per la terapia dei cavalli colpiti è fondamentale l’accurato controllo delle condizioni
ambientali. Le principali modificazioni in questo senso sono rappresentate dallo spostamento dei cavalli anidrotici dai climi
caldi ed umidi a quelli più freschi ed asciutti. Per i cavalli moderatamente colpiti, 6 settimane in un ambiente di questo tipo
dovrebbero alleviare i segni clinici dell’anidrosi.
Summary
Currently, the pathophysiologic mechanisms that cause anhidrosis are not fully understood; potential mechanisms can be
classified as a decreased stimulation of the sweat gland or a failure of the gland to respond to stimulation. Therapy thus is
more often based on clinical impressions than on scientific fact. Normal thermoregulatory abilities permit a horse to reduce
its body temperature to within normal limits approximately 30 minutes after exercise. The inability to cool down to normal
temperatures within this time frame indicates that a horse may be anhidrotic. The disease is characterized by the inability to
sweat effectively in response to appropriate stimuli. Sweating is the most important mechanism of heat dissipation for horses. The mechanisms of control of sweating in horses are unique–both neural and humoral control stimulate β2-adrenergic
receptors on sweat gland to respond. The possible causes of nonsweating that are reviewed in this article include adrenal
function, the histopathology of the sweat gland ultrastructure, altered function of the sweat gland receptors, the role of thyroid hormones, and electrolytes. A definitive diagnostic protocol is provided, and the various treatments that are currently
being used are considered. Treatment options will improve when more is known about the molecular events that cause anhidrosis, especially as they relate to β2-receptor dysfunction in the sweat glands. At present, careful management of the environment of affected horses is the foundation of treatment of equine anhidrosis. Management changes primarily consist of
moving anhidrotic horses from hot, humid climates to a cooler, drier environment. For moderately affected horses, 6 weeks
in such an environment should relieve the clinical signs of anhidrosis.
L’anidrosi equina, anche nota come mantello secco o
mancata sudorazione, è caratterizzata dall’incapacità di
rispondere con una sudorazione efficace a stimoli appro*Da “The Compendium on Continuing Education for the Practicing
Veterinarian” Vol. 20, N. 7, Luglio 1998. Con l’autorizzazione
dell’Editore.
priati. Nel presente lavoro vengono passate in rassegna le
caratteristiche epidemiologiche, fisiopatologiche, cliniche,
diagnostiche e terapeutiche della malattia.
Le prime segnalazioni dell’anidrosi del cavallo risalgono
agli anni ’20, quando si osservò lo sviluppo della condizione in purosangue trasferiti dall’Australia alla Malesia.1 In
seguito, è stato segnalato che questi animali miglioravano
26
L’anidrosi equina
con l’allontanamento dagli ambienti tropicali e con un
soggiorno di 10-30 giorni in un clima più fresco ed asciutto.2 Quando questi animali venivano riportati in condizioni tropicali, si avevano spesso delle recidive.2
EPIDEMIOLOGIA
La malattia si riscontra comunemente in regioni con
clima caldo umido, come l’America Centrale, l’India, la
Malesia, le Filippine, le Indie Occidentali, l’Indonesia e gli
Stati della costa del Golfo del Messico. Anche se la prevalenza esatta non è nota, è stato stimato che siano colpiti
fino al 20% dei cavalli dell’area di Miami, Florida.3,4 In origine, si presumeva che l’anidrosi fosse associata allo stress
dell’acclimatamento,2 ma un’indagine condotta in Florida
nel 1982 ha dimostrato che erano colpiti più i cavalli autoctoni che quelli importati.3 Inizialmente, era stata segnalata
una maggiore suscettibilità all’anidrosi per gli equini utilizzati per attività fisiche intense, ma questo riscontro non è
risultato correlato ad uno studio in cui solo 7 dei 24 cavalli
colpiti erano impiegati a scopo agonistico.3 In un’altra
ricerca, la frequenza era più elevata nei cavalli in allenamento e più bassa nei soggetti giovani.4
Non è stata descritta alcuna predilezione relativa a colore del mantello, età, sesso o razza. Nei cavalli anidrotici è
stato segnalato come comune il consumo di diete ad elevato tenore proteico,5 ma questo dato non è stato confortato
dai risultati di un’altra indagine.3 In una ricerca, l’incidenza della malattia è risultata statisticamente più elevata nelle
fattrici non gravide.4
SEGNI CLINICI
I cavalli colpiti presentano un aumento della frequenza
respiratoria a riposo. La temperatura corporea e la frequenza del polso mostrano incrementi variabili in confronto a quelli dei soggetti di controllo in identiche condizioni. 2-5 La manifestazione predominante dell’anidrosi
imminente è la tachipnea. I cavalli con segni di difficoltà
respiratoria presentano una frequenza di 60-120 atti respiratori/minuto.4 I soggetti con anidrosi parziale mostrano
una respirazione rapida per lunghi periodi di tempo dopo
una stimolazione termica.4 Le normali capacità di termoregolazione permettono ad un cavallo di abbassare la propria temperatura portandola nei limiti normali entro circa
30 minuti dall’esercizio. L’incapacità di effettuare un adeguato raffreddamento in questo periodo indica la possibile
presenza di un’anidrosi.
I cavalli in cui la malattia è caratterizzata da insorgenza
acuta possono manifestare assenza parziale o completa di
sudorazione quando vengono esposti agli stimoli appropriati. Un calo del tasso di sudorazione indica la possibile
presenza di anidrosi; tuttavia, questo tasso dipende dalla
temperatura ambientale e dall’intensità e dalla durata dell’esercizio.6 I cavalli con anidrosi di vecchia data possono
presentare cute secca e squamosa, alopecia, letargia, anoressia e diminuzione dell’assunzione di acqua. Le aree dell’organismo che possono conservare la capacità di sudare
sono quelle sotto la criniera, la sella e la cavezza e le aree
ascellari, inguinali e perineali.2-5
TERMOREGOLAZIONE
Nei mammiferi terrestri, la termoregolazione si ottiene
principalmente attraverso due meccanismi: la polipnea e la
sudorazione. 7 Il calore disperso attraverso l’apparato
respiratorio dai cavalli sotto sforzo può arrivare al 15-25%
della perdita termica totale; l’evaporazione del sudore
giunge fino al 65%.6 È stato calcolato che l’evaporazione
di 1 litro di sudore possa dissipare la quantità di calore
generata in 1-2 minuti di esercizio fisico molto intenso da
parte di un cavallo.8
Durante l’esercizio, l’iniziale aumento della temperatura
può accrescere il rendimento incrementando la frequenza
della produzione aerobica di energia e, quindi, riducendo
al minimo la necessità di ricorrere alla sintesi anaerobica.9
Man mano che lo sforzo richiesto dal lavoro cresce, la produzione del calore nella muscolatura scheletrica può
aumentare anche più di 50 volte.10 Questo calore deriva
dalla conversione dell’energia chimica in lavoro meccanico. Solo il 25% dell’energia metabolica viene convertita in
lavoro; la parte restante genera calore corporeo, che deve
essere dissipato durante o dopo l’esercizio.11
Diversi fattori influiscono sulla frequenza con cui i
cavalli disperdono il calore con l’evaporazione del sudore.
In primo luogo, tale frequenza dipende da quella del
movimento dell’aria attraverso la cute e dalla differenza
della pressione di vapore dell’acqua fra cute ed ambiente.8
Quando l’umidità ambientale è elevata, l’evaporazione del
sudore risulta quindi ridotta. In secondo luogo, gli equini
presentano un elevato rapporto fra volume corporeo e
superficie cutanea, per cui l’area superficiale disponibile
per l’evaporazione risulta relativamente piccola.6 Infine,
cute e muscoli competono per la gittata cardiaca durante
l’esercizio (come è stato dimostrato nell’uomo) e la funzione cardiovascolare ha la precedenza su quella di termoregolazione.12 Ciò esita in una minore perfusione della cute
e, in ultima analisi, in un rallentamento della perdita di
calore che si avrebbe se l’irrorazione cutanea fosse mantenuta durante l’esercizio.9
È stato recentemente dimostrato che l’inibizione aspecifica della ossidonitrico-sintasi riduce la risposta di sudorazione ed aumenta la temperatura corporea dei cavalli sotto
sforzo.13 Questi riscontri suggeriscono che l’ossido nitrico
possa modulare la risposta della sudorazione all’esercizio
negli equini. Non è stato stabilito se questa modulazione
sia centrale o periferica.
CARATTERISTICHE ISTOLOGICHE
DELLE GHIANDOLE SUDORIPARE EQUINE
Le caratteristiche istologiche delle ghiandole sudoripare
delle specie domestiche sono state descritte in letteratura.14 Nell’uomo, nei cuscinetti plantari del cane e del gatto,
nel fettone dello zoccolo degli ungulati e nella punta del
naso di bovini e suini si trovano ghiandole sudoripare
eccrine. Queste sono strutture tubulari semplici avvolte a
spirale che si aprono sulla superficie cutanea. Le ghiandole sudoripare del cavallo sono classificate come apocrine.
Tali ghiandole sono state sottoposte ad un’ulteriore valutazione istologica. 15 Negli equini normali, si presentano
come strutture tubulari, con la porzione secernente avvol-
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ta a spirale ed affondata nel derma. Un dotto diritto e non
ramificato si apre in un follicolo pilifero in posizione adiacente alla superficie cutanea (Fig. 1).
Nei tubuli secernenti delle ghiandole sudoripare degli
equini sono stati descritti due strati: uno interno, costituito da elementi epiteliali secernenti cuboidali, ed uno di
rivestimento, formato da mioepitelio.15 Le cellule mioepiteliali sono circondate da una lamina basale, uno strato di
tessuto connettivo ed una guaina esterna di fibrociti.
All’interno di questa guaina si trovano piccoli vasi sanguigni e fibre nervose. Le colorazioni istochimiche dimostrano la presenza di monoaminossidasi nelle fibre nervose,
suggerendo un’innervazione adrenergica.16 Gli elementi
secernenti presentano delle protrusioni citoplasmatiche
che si estendono nel lume del dotto, suggerendo una
modalità di secrezione apocrina.17 L’ipotesi di questo meccanismo è ulteriormente rafforzata dall’osservazione della
mancanza di glicogeno negli elementi secernenti.18
FISIOLOGIA DELLA SUDORAZIONE
Il controllo fisiologico della sudorazione nel cavallo differisce da quello delle altre specie animali. Negli equini, si
riscontrano due meccanismi di controllo: quello umorale,
mediato dagli agenti agonisti adrenergici secreti ed immes-
infundibolo
dotto retto
muscolo
erettore
del pelo
ghiandola
sebacea
ghiandola
a spirale
27
si in circolo dalle ghiandole surrenali, e quello nervoso
operato dalle fibre nervose autonome adrenergiche.6
Ricerche condotte sull’asino suggeriscono che la principale componente del controllo della sudorazione degli equini
sia quella nervosa e che quella umorale sia attivata durante
l’esercizio19 (Fig. 1). Le altre specie animali possiedono un
unico meccanismo, che può essere rappresentato da uno
dei sistemi adrenergici o dal controllo colinergico che utilizza l’acetilcolina come neurotrasmettitore. Studi iniziali
hanno suggerito che negli equini la sudorazione possa
essere indotta sia dagli agonisti colinergici che da quelli
adrenergici,16 ma ricerche successive sono giunte alla conclusione che in questa specie animale le ghiandole sudoripare sono insensibili all’acetilcolina e vengono controllate
unicamente dai neurotrasmettitori adrenergici.20
Gli studi condotti hanno dimostrato che le ghiandole
sudoripare degli equini vengono attivate dalla stimolazione dei recettori β2-adrenergici.21 Esperimenti successivi
hanno determinato che gli agenti adrenergici non inducono la sudorazione in presenza di antagonisti β2-adrenergici.22 Inoltre, la secrezione del sudore indotta dall’adrenalina non veniva bloccata dagli antagonisti α-adrenergici.
Ciò ha dimostrato che le secrezioni indotte da composti α
e β adrenergici sono associate all’effetto β-adrenergico di
questi agenti. È stato anche stabilito che la secrezione del
sudore era maggiore in risposta all’adrenalina piuttosto
che alla noradrenalina e che la risposta alla terbutalina solfato (un agonista β2-adrenergico) è uguale a quella dell’adrenalina; questo studio è quindi giunto alla conclusione
che il recettore delle ghiandole sudoripare equine appartenga alla classe β2,22 confortando i riscontri precedenti.21
In seguito alla stimolazione del recettore β2, l’adenosinmonofosfato ciclico (AMPc) agisce come messaggero
intracellulare; le secrezioni fluide apparentemente dipendono dai livelli intracellulari di calcio.23 Nell’uomo, i meccanismi intracellulari che mediano gli effetti dei β2-agonisti
coinvolgono l’occupazione del recettore da parte dell’agonista, con conseguente modificazione di conformazione
della subunità α della proteina G-stimolatrice. Questa
proteina è coinvolta nell’attivazione dell’adenilato-ciclasi,
che catalizza la formazione di AMPc. Quindi, si forma la
proteina chinasi A, che determina la successiva fosforilazione della proteina cellulare e l’alterazione della risposta
della cellula24 (Fig. 2). L’esatto meccanismo di attivazione
dell’AMPc nelle ghiandole sudoripare degli equini non è
ancora stato chiarito completamente.
POTENZIALI MECCANISMI
I meccanismi dell’anidrosi sono attualmente sconosciuti. Quelli potenziali possono essere suddivisi facendo riferimento ad una diminuzione della stimolazione delle
ghiandole sudoripare oppure alla mancata risposta alla stimolazione stessa.
UMORALE
NEUROLOGICO
vaso
sanguigno
Sistema nervoso centrale e controllo nervoso
nervo
FIGURA 1 - Il duplice controllo della sudorazione negli equini.
Attraverso l’ipotalamo, il sistema nervoso centrale
(SNC) controlla i meccanismi umorali e neurologici dell’anidrosi.25 Il colpo di calore è possibile negli animali sotto-
28
L’anidrosi equina
agonista
membrana
plasmatica
recettore
adenilato
ciclasi
proteina G stimolatrice
ATP
Esposizione del recettore all’agonista.
AMPc
Disaccoppiamento della proteina G ed attivazione dell’adenilato ciclasi.
Successiva fosforilazione delle proteine cellulari.
proteina chinasi A
funzioni cellulari
posti a stress termico; le temperature superiori a 42°C possono determinare disfunzioni del SNC nel cane.26 Nel
cavallo, il riscontro dopo un esercizio fisico intenso di
temperature muscolari anche di 44°C evidenzia il potenziale rischio di danno del sistema nervoso centrale. 7
Nonostante la possibilità che insorgano disfunzioni del
SNC quando le temperature corporee sono molto elevate,
è improbabile che questo sia uno dei fattori dell’anidrosi,
perché la sindrome è reversibile2 ed i cavalli sviluppano la
condizione senza presentare temperature così alte.
Anche se è stato dimostrato che le ghiandole sudoripare
degli equini sono innervate,15,16,22 la cute denervata mantiene la capacità di produrre sudore durante l’esercizio fisico
attraverso una stimolazione umorale.27 Inoltre, secondo
quanto segnalato in letteratura, l’innervazione delle ghiandole sudoripare degli equini con anidrosi è normale e non
si rilevano segni di degenerazione assonale. 15 Questi
riscontri, associati alla natura reversibile dell’anidrosi, suggeriscono che la denervazione sia poco probabile come
causa della malattia.
Funzione surrenalica
È stato ipotizzato che l’anidrosi possa essere causata da
una diminuzione della produzione dell’adrenalina da parte
della midollare del surrene.2 Tuttavia, negli equini con anidrosi sono state segnalate concentrazioni di adrenalina circolante più elevate di quelle dei cavalli sani.28 Inoltre, gli
animali surrenalectomizzati conservano la capacità di
sudare in risposta alla stimolazione termica.19 La diminuzione della produzione di adrenalina da parte delle surreni
è quindi improbabile come causa di anidrosi.
FIGURA 2 - Il complesso del
recettore β-adrenergico
(AMPc = adenosinmonofosfato ciclico).
Perfusione delle ghiandole sudoripare
Per la stimolazione umorale della sudorazione è importante un adeguato apporto vascolare. La perfusione del
derma può essere compromessa durante l’esercizio fisico
intenso, quando le perdite idriche ed il mantenimento
della funzione cardiovascolare determinano una diminuzione della perfusione della cute.12 L’esame al microscopio
ottico ed elettronico dei vasi sanguigni dei cavalli con anidrosi ha dimostrato che queste strutture sono normali.29
Quindi, la compromissione vascolare apparentemente non
contribuisce allo sviluppo dell’anidrosi equina.
Caratteristiche istopatologiche
delle ghiandole sudoripare
È stato segnalato che le caratteristiche ultrastrutturali
delle ghiandole sudoripare dei cavalli con anidrosi ricoverati in condizioni umide e calde presentavano le seguenti
anomalie: ispessimento della lamina basale, scarsa contrazione mioepiteliale, fibrociti con dilatazione del reticolo
endoplasmatico e vacuolizzazione e ispessimento dei tessuti connettivi.16 Gli elementi secretori mostravano una
marcata riduzione delle vescicole ed un aumento del
numero di mitocondri ed una riduzione del reticolo endoplasmatico ruvido. I microvilli luminali erano spesso
assenti e le cellule erano diventate appiattite; in alcuni casi,
i granuli secretori erano rimpiazzati da elementi mioepiteliali. Nel lume del dotto erano spesso presenti detriti cellulari; in alcuni casi, il lume era completamente ostruito.15
È stato ipotizzato che l’ostruzione del dotto sia una
risposta allo stress prolungato ed all’insufficiente secrezio-
Ippologia, Anno 10, n. 2, Giugno 1999
ne e che possa rappresentare un meccanismo di difesa
contro l’invasione della ghiandola da parte dei microrganismi.29 Tuttavia, questa ostruzione non è considerata una
probabile causa di anidrosi.15,29
In un altro studio, le ghiandole sudoripare dei cavalli con
anidrosi sono state esaminate istologicamente dopo un
periodo di stress termico; l’esame è stato ripetuto dopo 6
settimane in ambiente fresco controllato.29 I profili ghiandolari dopo lo stress termico erano caratterizzati da un certo
grado di assottigliamento o appiattimento e da un danno
delle cellule secernenti. I ricercatori hanno ipotizzato che
questo possa costituire un modo per prevedere la gravità
dell’anidrosi e stabilire la prognosi relativa alla guarigione e
per fissare i criteri per il futuro trattamento.29 Tuttavia, si è
giunti alla conclusione che la degenerazione cellulare sia
una conseguenza (e non una causa) dell’anidrosi.15,29
Alterazione della funzione dei recettori
È prevedibile che i cavalli che vivono nei climi caldi e
umidi manifestino un certo grado di stress da calore, che
può portare a concentrazioni di adrenalina circolante più
elevate del normale. Nel plasma prelevato da cavalli a riposo si riscontrano livelli di adrenalina significativamente più
elevati nei soggetti anidrosici che in quelli non colpiti.28
Le catecolamine intervengono come β2-agonisti nella
stimolazione umorale e neurologica della sudorazione e
possono determinare una stimolazione eccessiva di questi
recettori. Nelle specie diverse dagli equini, questa iperstimolazione dei recettori β2 può causare una diminuzione
della funzione degli stessi.30 Ciò può determinare un marcato calo della risposta dei recettori agli stimoli successivi
e un periodo di mancata risposta di durata variabile. I
numerosi esempi di questo fatto nella letteratura medica
sono principalmente correlati ai recettori β cardiaci e
respiratori. 22 Questo fenomeno è stato storicamente
descritto come desensibilizzazione o diminuzione della
sensibilità, ma studi recenti indicano che queste due entità
sono distinte.31
La desensibilizzazione è un disaccoppiamento rapido,
fosforilazione-dipendente, del recettore β2 dalla proteina
G. La risensibilizzazione dipende dal sequestro del recettore che viene allontanato dalla sede normale della superficie cellulare verso un altro punto all’interno della cellula.
La risensibilizzazione del recettore è più lenta del meccanismo di disaccoppiamento della desensibilizzazione,31 e
può far parte dei normali meccanismi di turnover recettoriale della cellula.
La diminuzione della sensibilità consiste in un calo del
numero totale di recettori del pool cellulare o in una diminuzione della loro densità.25,31 Si tratta di un meccanismo a
lungo termine che può coinvolgere l’alterazione della sintesi o la degradazione delle proteine recettoriali. È accompagnata da un calo delle concentrazioni di RNA messaggero nei recettori β-adrenergici.25,31
La desensibilizzazione o la diminuzione della sensibilità
dei recettori β-adrenergici sulle ghiandole apocrine dell’uomo o del cavallo non è stata segnalata; tuttavia, il principio
deve essere simile a quello coinvolto negli altri tessuti.
Presumendo che il recettore β2 del cavallo sia del tipo legato alla proteina G (poiché utilizza l’AMP come secondo
29
messaggero),23 si potrebbe chiarire il meccanismo dell’anidrosi a livello molecolare determinando se si verifichino o
meno la desensibilizzazione o la riduzione della sensibilità.
Ormoni tiroidei
Gli ormoni tiroidei possiedono un effetto modulatore
sui recettori adrenergici.30 I tessuti risultano maggiormente
reattivi alle catecolamine β-adrenergiche quando le concentrazioni degli ormoni tiroidei sono elevate; al contrario,
rispondono meno in presenza di ipotiroidismo.32 Negli
animali ipotiroidei esiste una diminuzione della densità dei
recettori adrenergici ed un calo del loro accoppiamento
con il sistema dell’adenilato-ciclasi; in definitiva, la funzione dei recettori viene ridotta al minimo.33 Nell’uomo, i
segni clinici dell’ipertiroidismo possono suggerire un
incremento della spinta simpatica o un aumento delle concentrazioni plasmatiche delle catecolamine.30
Il ruolo degli ormoni tiroidei nella fisiopatologia dell’anidrosi è piuttosto equivoco. Nel cavallo, alcuni dei segni
clinici secondari della diminuzione della funzione tiroidea
sono simili a quelli dell’anidrosi;5 tuttavia, gli equini tiroidectomizzati sudano normalmente. 23 Non sono state
segnalate differenze statistiche delle concentrazioni plasmatiche di triiodotironina e di tiroxina fra gli equini normali e quelli con anidrosi.4 Tuttavia, la terapia con caseina
iodata, un precursore dell’ormone tiroideo, è abbastanza
efficace.34 Questo riscontro suggerisce che gli ormoni tiroidei possano avere un ruolo nella malattia. Per stabilire tale
ruolo della funzione tiroidea nell’anidrosi saranno necessarie ulteriori ricerche.
Anomalie elettrolitiche
Spesso, è stato ipotizzato che le perdite elettrolitiche
che si verificano durante l’attività fisica e l’esposizione
prolungata ai climi caldi e umidi influiscano sull’anidrosi;
un approccio terapeutico comune è la somministrazione di
integratori elettrolitici per os.4 Anche se attraverso il sudore vanno perse quantità significative di elettroliti (compreso potassio e calcio),35 nei cavalli con anidrosi non sono
state segnalate anomalie elettrolitiche statisticamente significative. Non si tratta di un riscontro imprevisto, perché le
perdite elettrolitiche attraverso la sudorazione dovrebbero
probabilmente diminuire nei cavalli con anidrosi.
La deplezione sperimentale del calcio in vitro ha determinato una riduzione della risposta di sudorazione perché
i meccanismi intracellulari della secrezione del sudore
dipendono dalle concentrazioni del calcio intracellulare.21
Tuttavia, il calo dei livelli del calcio non è stato segnalato
come causa di anidrosi.
L’ipokalemia è associata allo stress da calore nell’uomo e
ad un calo del rendimento agonistico e ad uno scadimento
delle condizioni generali nel cavallo.36 Gli studi effettuati
indicano che gli equini con anidrosi presentano livelli sierici di potassio normali.4 Tuttavia, la deplezione del potassio totale dell’organismo potrebbe passare inosservata. Ciò
potrebbe contribuire a spiegare le segnalazioni aneddotiche della risposta alla integrazione con potassio per os da
parte di alcuni cavalli con anidrosi.
30
L’anidrosi equina
DIAGNOSI
Storicamente, la diagnosi di mancata sudorazione o secchezza del mantello è stata formulata sulla base dei segni
clinici e delle variazioni della resa agonistica. È stato
messo a punto un test semiquantitativo per la misurazione
della sudorazione attraverso l’induzione della risposta del
sudore all’iniezione intradermica di concentrazioni diluite
di adrenalina.37 L’insufficiente sudorazione dopo un’iniezione di 0,05 ml di una dose di adrenalina pari a 10 -3
peso/volume è considerata una diagnosi definitiva di anidrosi.37 Tuttavia, l’adrenalina non è del tutto adatta a questo tipo di test diagnostico, poiché possiede proprietà agoniste per i recettori β- ed α-adrenergici.
Nei purosangue, è stato utilizzato un test semiquantitativo per la diagnosi di anidrosi basato sull’impiego di salbutamolo solfato, uno specifico agente β2-agonista.38 A livello
intradermico, è stata praticata l’iniezione di una dose di
acqua sterile (come controllo) e di 6 diluizioni di salbutamolo (da 10-3 a 10-8 peso/volume). La lettura dei risultati è
stata effettuata 20 minuti più tardi. I cavalli con anidrosi di
vecchia data non presentavano alcuna sudorazione per nessuna delle diluizioni. I cavalli normali sudavano in risposta
a quella di 10-8 peso/volume e quelli con anidrosi parziale
rispondevano alle diluizioni di 10-4 – 10-6 peso/volume.
Risulta di valore diagnostico anche un altro test semiquantitativo, non pubblicato in letteratura, basato sull’impiego di terbutalina solfato, un altro specifico agonista dei
recettori β2-adrenergici.39 Il protocollo di esecuzione ed i
risultati sono simili a quelli del test con salbutamolo, ma
come iniezione di controllo si utilizza la soluzione fisiologica (Figg. 3, 4 e 5).
FIGURA 3 - Risposta di un cavallo normale ad un test semiquantitativo
utilizzato per la diagnosi dell’anidrosi.
FIGURA 4 - Risposta minima di un cavallo con sudorazione parziale alle
iniezioni intradermiche di uno specifico agonista β2-adrenergico.
TRATTAMENTO
Il trattamento più affidabile per i cavalli con anidrosi è
il controllo ambientale. Ciò consiste principalmente nello
spostare i cavalli con anidrosi dai climi caldi e umidi ad
ambienti più freschi ed asciutti. È stato segnalato che 6
settimane in condizioni di questo tipo sono in grado di
alleviare i segni clinici dell’anidrosi nei cavalli colpiti in
forma moderata.2 Le descrizioni specifiche di trattamenti
empirici tendono ad essere di tipo aneddotico. Secondo
quanto pubblicato in letteratura, la somministrazione di
caseina iodata per os alla dose di 10-15 g/die per 4-8 giorni è risolutiva. Per la comune terapia mediante integrazione elettrolitica per os è stata segnalata una percentuale di
successo del 50%.3 È stata descritta come efficace anche la
somministrazione per os di 1000-3000 U di vitamina E (αtocoferolo naturale) ogni giorno per un mese; tuttavia,
questa terapia è stata utilizzata in associazione con una
modificazione dell’ambiente.40
Nel tentativo di alleviare l’anidrosi, sono stati somministrati integratori alimentari contenenti specifici aminoacidi. In uno di tali integratori era presente la tirosina, necessaria per la risensibilizzazione dei recettori β2 sequestrati.41
Tuttavia, nei cavalli con anidrosi non si osserva un calo dei
livelli di tirosina plasmatica. In questo stesso studio, erano
invece presenti una diminuzione delle concentrazioni sieriche di metionina ed un aumento di quelle di alanina. Il
significato di questi riscontri è sconosciuto.
FIGURA 5 - Completa assenza di risposta ad uno specifico agonista β2adrenergico in un cavallo con anidrosi.
L’impiego di farmaci per diminuire la spinta simpatica
sembrerebbe logico per il trattamento dei cavalli con anidrosi. È stata utilizzata l’α-metil-dopa, disponibile in commercio; nell’uomo, questo farmaco riduce il flusso simpatico proveniente dal SNC ed è associato ad un calo delle
concentrazioni tissutali di noradrenalina e di adrenalina.43
Quando si tratta con questo farmaco un cavallo con anidrosi, ci si dovrebbe aspettare un calo della concentrazione di adrenalina a livello dei recettori β2-adrenergici, che
potrebbe consentire la risensibilizzazione dei recettori
Ippologia, Anno 10, n. 2, Giugno 1999
stessi. Nonostante alcune segnalazioni aneddotiche di successo, non sono stati condotti studi controllati sull’efficacia di questo agente nei cavalli con anidrosi.
Nell’uomo, i glucocorticoidi aumentano il gene dei
recettori β2 in diversi tipi cellulari e possono impedire la
desensibilizzazione e ripristinare la sensibilità dei recettori
precedentemente diminuita.44,45 Secondo quanto segnalato
in letteratura, anche altri farmaci (come, ad esempio, il
cromone nedocromil sodico ed il chetotifen) riducono la
sensibilità dei recettori β2.46,47 Sarà necessario valutare la
possibilità di ognuno di questi farmaci di modulare la funzione dei recettori β2 degli equini.
15.
16.
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22.
23.
CONCLUSIONI
24.
La fisiopatologia dell’anidrosi non è ancora stata ben
compresa. La terapia viene quindi basata, nella maggior
parte dei casi, più su impressioni cliniche che su fatti scientifici. Le opzioni terapeutiche miglioreranno solo quando
saranno disponibili maggiori conoscenze sugli eventi molecolari che provocano l’anidrosi, ed in particolare su quelli
correlati alla disfunzione dei recettori β2 nelle ghiandole
sudoripare dei cavalli colpiti. In attesa dell’acquisizione di
queste nuove informazioni, continua ad essere la corretta
gestione delle condizioni ambientali a rivestire un’importanza vitale per il trattamento dell’anidrosi equina.
25.
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27.
28.
29.
30.
Note sugli autori
I Dottori Hubert e Beadle sono affiliati al Department of
Veterinary Clinical Sciences, School of Veterinary Medicine,
Louisiana State University, Baton Rouge, Louisiana.
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