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SIUCP
Società Italiana Unitaria
di Colonproctologia
www.siucp.org
Presidente
Angelo Stuto
Presidente Eletto
Giuseppe Spinoglio
Past President
Antonio Longo
Vice-Presidente
Giuliano Reboa
Segretario
Angelo Caviglia
SIUCP NEWS
Notiziario della Società
Italiana Unitaria di Colonproctologia
Anno 2010 - Numero 4
Ottobre – Novembre – Dicembre 2010
Registrato presso il Tribunale di Roma
con il n.° 110/2007 del 5 aprile 2007
Direttore responsabile
Roberto Dino Villani
Direttore editoriale
Pasquale Talento
Sintesi Grafica s.r.l.
Numero chiuso in redazione il 20 ottobre 2010
Consiglieri
Flaminio Benvenuti
Angelo Filippini
Cristiano Finco
Francesco Gabrielli
Giuseppe Spidalieri
Giuseppe Spinoglio
Pasquale Talento
Tesoriere
Giuseppe Ferulano
Segreteria SIUCP
Lunedì-Venerdì 10.00-13.00 / 14.00-18.00
Tel. e fax: +39 0645422450 Int. 211
e-mail: segreteria@siucp .org
Contributi
Per scrivere alla redazione inviare una mail
al capo redattore Roberto Dino Villani:
[email protected]
Revisori dei Conti
Antonio Capomagi
Alfonso Carriero
Coordinatore Nazionale UCP
Adolfo Renzi
Coordinatore Nazionale Delegati Regionali
Danilo Tarroni
Garanti
Vincenzo Landolfi, Roberto Dino Villani, Antonio Longo
Delegati Regionali SIUCP
Abruzzo Carmine Pietrantoni
Campania Giovanni Angelone
Emilia Romagna Giampiero Ucchino
Lazio Bruno Masci, Massimiliano Varriale
Liguria Marco Gipponi
Lombardia Giuseppe Calabrò, Guglielmo Giannotti
Marche - Molise Rodolfo Piazzai
Piemonte - Valle D'Aosta Lorenzo Abbo
Puglia - Basilicata Angelo Di Pascale
Sardegna Antonio Pintus
Sicilia - Calabria Francesco Longo, Antonio Ciccolo
Toscana Umberto Ferro, Azzam Khader
Triveneto Michele Schiano di Visconte
Umbria Andreino Tassi
INDICE
ABSTRACT
Comunicazioni e video
14° Meeting Congiunto di Colonproctologia e Stomaterapia
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Anno 2010 - Numero 4
In primo piano
Modello di valutazione psicologica del paziente con disturbi del pavimento pelvico
Giorgi I, Ruggiero R, Borelli V, Antonioli M, Osman N, Morone G, Parziale A, Tata Ngnitejeu S, La Manna L
Servizio di psicologia Fondazione S. Maugeri IRCCS Istituto Scientifico di Pavia, Chirurgia Miniinvasiva Fondazione S. Maugeri IRCCS Istituto Scientifico di Pavia
Il pavimento pelvico rappresenta un'unità anatomo-funzionale complessa che ben si presta per la cura delle sue disfunzioni a un approccio
multidisciplinare. Le disfunzioni del pavimento pelvico sono patologie sottostimate caratterizzate da pesanti implicazioni psicologiche per cui
spesso i pazienti non le riferiscono per vergogna con un conseguente ritardo nell’approccio alle cure.
Numerosi fattori psicologici sono chiamati in causa quali veri e propri elementi patogenetici per alcune affezioni specifiche quali il colon
irritabile, l’ulcera peptica, la dispepsia, la colite ulcerosa, la stipsi, il dolore pelvico e la dispareunia. Nella pratica clinica, pertanto, gli specialisti
del settore si trovano ad affrontare, nel 60% dei casi, patologie internistiche legate a fattori emotivi la cui valutazione si pone come elemento
cardine nel management del disturbo. La dissinergia del pavimento pelvico si realizza spesso per contrazione paradossa o incapacità a rilassare
il pavimento pelvico durante la defecazione. Tale aspetto mostra rapporti stretti con alcuni aspetti psicopatologici quali:
1.
2.
3.
La presenza di un disturbo psichiatrico franco (ansia, depressione, disturbo da somatizzazione);
La presenza di tratti stabili di personalità di tipo ansioso;
La presenza di reazioni di mal adattamento ad eventi vitali stressanti, più frequentemente collegate con la sfera sessuale. Queste
reazioni contribuiscono anche ad una qualità di vita scadente e ad una maggiore richiesta di cure mediche.
Gli aspetti psicologici appaiono inoltre in grado di condizionare la compliance ai trattamenti preventivi e riabilitativi, modificando
significativamente l’esito del management.
I soggetti adulti con disturbi della defecazione tendono a mostrare alle scale di valutazione che esplorano la psicopatologia, punteggi più
elevati per quanto riguarda l’ansia, la depressione, la sensitività interpersonale, i componenti fobici, i tratti ossessivo-compulsivi e la tendenza
alla somatizzazione.
Disturbi della sfera sessuale (vaginismo, dispareunia, dismenorrea, sindrome premestruale) si trovano, inoltre, spesso associati ai sintomi della
dissinergia del pavimento pelvico, come pure i disturbi del sonno e della minzione ed altre sindromi dolorose quali la fibromialgia.
Da ciò emerge chiaramente come le disfunzioni anatomiche e funzionali del pavimento pelvico e i relativi sintomi quali l'incontinenza o la
ritenzione urinaria e/o fecale, il dolore o fastidio a livello vaginale possano influire sul benessere, sullo stato emotivo e sul comportamento delle
pazienti. Tale disagio psichico e relazionale può essere sottostimato per la tendenza a nascondere o minimizzare i sintomi per vergogna o non
conoscenza delle possibilità terapeutiche in questo delicato ambito; succede frequentemente che le pazienti palesino la loro sofferenza solo
quando i disturbi diventano molto gravi ed invalidanti o quando nel rapporto con il medico o con altri operatori sanitari trovano uno spazio
comunicativo sufficientemente accogliente per esprimere le loro difficoltà.
Dal 2000 nell’Istituto di Pavia è stata iniziata anche un’attività chirurgica completata nel 2001 dall’apertura del Reparto di Chirurgia Generale
Mininvasiva nell’ambito del quale si è andata sviluppando la chirurgia colon proctologica.
Attualmente l’ambulatorio chirurgico si occupa delle patologie del pavimento pelvico utilizzando la collaborazione dei servizi interni di
gastroenterologia, endoscopia digestiva, diagnostica per immagini, anatomia patologica, laboratorio analisi, fisioterapia e riabilitazione,
psicologia, endocrinologia e ginecologia. Il presente progetto si propone di attuare una fase iniziale di screening su tutte le pazienti afferenti
all’ambulatorio multidisciplinare per valutare l’eventuale presenza di sintomi psicologici. Qualora questi emergessero, verrà offerta la possibilità
di un percorso psicologico mirato. E’ previsto un modello di lavoro non di tipo consulenziale, ma integrato dove l’attività psicologica
rappresenta una parte dell’insieme soprattutto nella mente degli operatori. Il primo momento vede la somministrazione di un’intervista
strutturata volta a fornire una conoscenza generale dell’individuo e ad individuare eventuali aree problematiche in una prima fase di screening.
Si procede poi con una prima fase di somministrazione di questionari scelti fra quelli presenti in letteratura, per alcuni dei quali è in corso un
processo di validazione (1,2). Successivamente, qualora emergessero sintomi significativi, verranno somministrati altri questionari di
approfondimento (3,4,5). Gli strumenti selezionati sono relativi a tre macro aree: immagine corporea, di stress e qualità di vita, sessualità.
L’utilizzo di strumenti validati permette uno screening preliminare delle eventuali problematiche presenti, ma non sostituisce il colloquio
attraverso il quale lo psicologo approfondisce e ampia l’anamnesi come riportato sinteticamente nella scheda psicologica.
In base alla valutazione psicologica vengono discussi ed eventualmente programmati in accordo con gli altri operatori del team, un
approfondimento psicodiagnostico, una eventuale consulenza psichiatrica qualora emergano disturbi psichici per i quali si supponga esserci
l’indicazione per una terapia psicofarmacologica ed infine una presa in carico per un trattamento di supporto psicologico. La tipologia e
l’intensità del trattamento devono essere necessariamente modulate in base alle caratteristiche delle pazienti e della loro patologia.
Sistematicamente viene però effettuata una attività di informazione sanitaria e un contenimento dei vissuti di vergogna.
I risultati verranno poi valutati in termini di efficacia e soddisfazione degli utenti. A tale proposito saranno effettuati dei follow-up semestrali.
Bibliografia:
1 - Cash TF, Jakatdar TA & Williams EF. The Body Image Quality of Life Inventory: Further validation with college men and women. Body Image: An International Journal
of Research 2004; 1: 279-287.
2 - Barber MD, Walters MD & Bump RC. Short forms of two condition-specific quality-of life questionnaires for women with pelvic floor disorder (PFDI-20 and PFIQ-7).
American Journal of Obstetrics and Gynecology 2005; 193:103-13.
3 - Rogers RG, Kammerer-Doak D, Villarreal A, Coates K & Qualls C. A new instrument to measure sexual function in women with urinary incontinence or pelvic organ
prolapse. American Journal of Obstetrics and Gynecology 2001; 184: 552-558.
4 - DeRogatis LR, Rosen R, Leiblum S, Burnett A, Heiman J. The Female Sexual Distress Scale (FSDS): initial validation of a standardized scale for assessment of sexually
related personal distress in women. The Journal of Sexual and Marital Therapy 2002; 28: 317-305 - Greene JG. Constructing a standard climacteric scale. The Medical Centre, Neilston, Glasgow G78 3HJ, UK 1998; 20:29(1): 25-31.
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Anno 2010 - Numero 4
Nuova tecnica per migliorare l’emostasi nella prolassectomia con stapler
Mari F. S., Masoni L., Cosenza U. M., Milillo A., Maglio R., Favi F., Berardi G., Pancaldi A. & Brescia A.
U.O. Oneday-Day Surgery, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Sapienza di Roma.
Nei decenni passati sono state sviluppate molte tecniche chirurgiche per il trattamento sintomatico delle emorroidi. Nel 1998 Antonio Longo
ha introdotto l’emorroidopessi con Stapler (SH). Oggi in alcuni centri italiani la SH si esegue nelle unità di Day Surgery con buon successo. La più
comune obiezione all’esecuzione di questa procedura nelle unità di Day Surgery è il rischio di emorragia postoperatoria della rima
anastomotica. Il tasso di sanguinamento postoperatorio riportato in letteratura varia dal 1.5 al 13.3% e diversi autori riportano in molti casi la
necessità di emotrasfusioni e reintervento. È invece del 43.7% la percentuale di sanguinamento intraoperatorio, che porta al posizionamento di
punti emostatici sulla rima di sutura durante la procedura chirurgica.
Nella nostra U.O. eseguiamo dal 2004 routinariamente la prolassectomia con stapler in regime di Day Surgery. Nella ricerca di nuovi sistemi per
ridurre il rischio di sanguinamento della rima anastomotica, abbiamo ideato una tecnica originale che prevede l’utilizzo di un rinforzo
riassorbibile per le rime di sutura, il Seam Guard Circolare. Per valutare l’efficacia e la sicurezza di questa tecnica tra Settembre e Dicembre 2008
abbiamo arruolato 70 pazienti suddivisi mediante una randomizzazione computer generata in due gruppi: il gruppo A, in cui abbiamo utilizzato
il rinforzo bioassorbibile della rima anastomotica per eseguire la prolassectomia con tecnica di Longo con suturatrice PPH01 ed il gruppo B, in
cui abbiamo utilizzato la sola, più emostatica, PPH03.
I risultati del nostro studio dimostrano nel gruppo A una riduzione statisticamente significativa del sanguinamento intraoperatorio, della
necessità di posizionare punti emostatici e del dolore post-operatorio. Il grado di soddisfazione dei pazienti è risultato statisticamente maggiore
nel gruppo A. Per quanto riguarda il sanguinamento postoperatorio il nostro studio mostra, anche se non con risultati statisticamente
significativi, una riduzione del rischio nel gruppo A.
L’uso di un rinforzo bioassorbibile della rima anastomotica può quindi ridurre il tasso di sanguinamento intra e postoperatorio durante SH e il
suo uso può consentire di eseguire questa procedura in sicurezza nelle unità di day surgery.
Video - Stipsi da ostruita defecazione complesse: prime esperienze di un
trattamento proctologico e laparoscopico associato
Angelone G, Tramontano G, Prota C
La stipsi da ostruita defecazione, legata al prolasso rettale, è frequentemente associata a patologie multiple del pavimento pelvico (enterocele,
sigmoidocele, descensus pelvico, ecc.), responsabili degli insuccessi o delle controindicazioni delle tecniche di resezione rettale con suturatrice,
ormai praticate da anni con buoni risultati. Trattare in un unico tempo la patologia rettale per via rettale e le patologie associate per via
laparoscopica rappresenta un grosso vantaggio. Abbiamo riservato tale approccio alle ODS cd complesse, cioè associate a patologie multiple
del pavimento pelvico. Si tratta di 3 casi di ODS associate a enterocele stabile, enterocele dinamico, Douglas profondo.
Un intervento è stato effettuato in contemporanea alla resezione rettale e due interventi sono stati effettuati a distanza dalla resezione rettale:
in due casi abbiamo corretto con rete la tasca del Douglas profonda fissando la cupola vaginale ed il retto al promontorio sacrale.
Il trattamento laparoscopico in associazione o successivamente a quello rettale permette: una più sicura visione del tempo rettale, una corretta
valutazione delle patologie associate (Douglas profondo, enterocele, sigmoidocele, dolico sigma, ecc.) ed il trattamento di tali patologie.
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Prolassectomia con stapler in day surgery
Brescia A., Mari F. S., Cosenza U. M., Milillo A., Maglio R., Favi F., Dall’Oglio A., Pancaldi A. & Masoni L.
U.O. Oneday-Day Surgery, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Sapienza di Roma
La malattia emorroidaria è una delle patologie più diffuse, tanto che si ritiene che il 50% dei soggetti al di sopra dei 50 aa di età ne sia affetto.
Nel 1998 Antonio Longo proponeva una innovativa tecnica che prevede la resezione del prolasso mediante l’utilizzo di una suturatrice taglia e
cuci circolare dedicata. La prolassectomia con stapler ha raccolto in questi anni sempre più consensi tanto da divenire uno degli interventi più
eseguiti nel mondo.
Oggi questo intervento si esegue anche in regime di Day Surgery in molte strutture europee. Dal 2004 con l’apertura dell’U.O. di Day Surgery
nella nostra Azienda Ospedaliera abbiamo iniziato ad eseguire la prolassectomia con stapler in questa modalità di ricovero.
I criteri di selezione da noi adottati sono: Età compresa tra i 18 ed i 65 aa, Classe ASA I-II, Assenza di patologie urogenitali associate, Residenza
nel raggio di 30 km o comunque non più distante di 50 minuti, Anamnesi farmacologia che escluda anticoagulanti, antiaggreganti, presenza di
un sostegno domiciliare adeguato ed un livello socio-economico-culturale ed un’emotività del paziente compatibili con la modalità di ricovero.
Dal gennaio 2005 al dicembre 2009 presso la nostra U.O. di Day Surgery sono stati eseguiti 316 interventi di emorroidectomia sec. Longo. Di
questi, 13 pazienti sono stati trattenuti una notte in regime di ricovero ordinario per dolore e nausea postoperatoria, 9 per ritenzione urinaria e
5 pazienti sono stati riammessi per sanguinamento postoperatorio e trattati con revisione dell’emostasi della rima anastomotica; per un totale
di 289 (91.5%) pazienti trattati e dimessi 8-10 ore dopo l’intervento con successo. Le principali complicanze postoperatorie sono state: dolore e
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Anno 2010 - Numero 4
tenesmo per oltre 2 settimane in 11 pazienti, fino a 2 settimane in 21 pazienti, infezione della rima di sutura in 6 casi, incontinenza ai gas in 2
pazienti trattati con protocollo di riabilitazione del pavimento pelvico.
In conclusione in base alla nostra esperienza possiamo affermare che tale intervento può essere eseguito, con un buon livello di sicurezza, in
regime di Day Surgery in una struttura che possa garantire una corretta valutazione preoperatoria e che soprattutto sia in grado di trattenere o
riammettere in regime di ricovero ordinario il paziente qualora sopraggiungano complicanze intra o postoperatorie.
Prolassectomia secondo Longo vs. THD nel trattamento chirurgico della malattia
emorroidaria. Risultati preliminari
U.Ferro */**, A.Pagliazzo*, F.Vatteroni*, E.Regali**
*UCP VERSILIA, Casa di Cura S.Camillo Forte dei Marmi , **Casa di Cura S.Zita Lucca
La prolassectomia secondo Longo con suturatrice meccanica (PPH) ha rivoluzionato il trattamento chirurgico della malattia emorroidaria che
fino alla sua introduzione era essenzialmente costituito dalla emorroidectomia secondo Milligan Morgan nelle sue varianti e dalla
emorroidectomia secondo Ferguson negli USA. La PPH dalla sua introduzione si è affermata in tutto il mondo e da molti viene oggi considerata
il gold standard per quanto concerne la terapia chirurgica delle emorroidi ed anche nella nostra esperienza, che ha superato ampiamente i 1000
interventi, i risultati sono stati ottimali al punto che questa tecnica ha fino ad oggi rappresentato, per noi, il trattamento chirurgico di scelta nel
prolasso muco emorroidario di III. Negli ultimi anni sono stati proposti nuovi trattamenti chirurgici, cosiddetti mini invasivi, che rappresentano
tutti, di fatto, una evoluzione della tecnica proposta da Morinaga nel 1995; fra questi quello che ci è sembrato più interessante è la THD
(Transanal Haemorrhoidal Artery Echodoppler Ligation and anopexy) soprattutto nel trattamento chirurgico dei prolassi asimmetrici. Dopo i
primi incoraggianti risultati ottenuti con la THD abbiamo voluto effettuare un confronto fra questa metodica e la PPH. Lo scopo del presente
studio prospettico è quello di arruolare un minimo di 50 pazienti con prolasso muco emorroidario di III senza patologia anale associata (ragadi,
fistole, papille anali ipertrofiche, grosse marische, etc.) distribuiti in due gruppi quanto più possibile omogenei e di valutare i risultati per e
postoperatori immediati, a breve (10 e 30 giorni), medio (sei mesi) e lungo (1 anno) termine. Lo studio è iniziato il 1.2.2010 e da allora, fino alla
dead line del 31.07.2010, sono stati arruolati 37 p. distribuiti alternativamente, salvo richieste specifiche degli stessi, in due gruppi uno
sottoposto a PPH (18 p.) ed uno a THD (19 p.). I parametri di valutazione sono i seguenti: per il per e post operatorio immediato: durata
dell’intervento, sanguinamento manifesto, dolore, febbre, ritenzione urinaria, calo del tasso di emoglobina, giorni di degenza, ripresa
dell’attività lavorativa o delle ordinarie attività; a medio e lungo termine: persistenza o recidiva del prolasso, sanguinamento, dolore,
defecazione frazionata, urgency, soiling, incontinenza ai gas, incontinenza alle feci, gradimento dell’intervento da parte del p. Alla data della
dead line nessun p. ha raggiunto il controllo a sei mesi per cui i risultati a breve e medio termine saranno comunicati in sede congressuale. Per
quanto riguarda i risultati nell’immediato post operatorio sia nel gruppo PPH che nel gruppo THD non si sono verificati casi di sanguinamento
manifesto, nel gruppo PPH sono state somministrate 11 fiale (da 0 a 3) di analgesico contro le 10 (da 0 a 3) somministrate nel gruppo THD, rialzo
termico > 37° si è verificato in 1 p. nel gruppo PPH ed in 3 p. nel gruppo THD, è stato cateterizzato un p. per ritenzione urinaria nel gruppo PPH
e 4 nel gruppo THD. Gli ulteriori risultati saranno comunicati in sede congressuale.
STARR con CCS 30
Masoni L., Mari F. S., Cosenza U. M., Milillo A., Maglio R., Favi F., Pindozzi F., Pancaldi A. & Brescia A.
U.O. Oneday-Day Surgery, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Sapienza di Roma.
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La sindrome da ostruita defecazione (ODS) affligge oggi oltre il 7% della popolazione italiana adulta, almeno una donna su tre oltre i 50 anni ne
è affetta. L’ODS è il risultato di una disfunzione del pavimento pelvico multifattoriale, legata all’associazione di una stipsi funzionale (risultato di
un’inefficace inibizione dello sfintere anale interno e/o un insufficente rilasciamento della muscolatura striata del pavimento pelvico), di una
stipsi meccanica (intussuscezione retto-rettale o retto-anale, prolasso rettale esterno o enterocele) ed dal dissipamento dei vettori di forza
espulsiva (rettocele, sindrome del perineo discendente e/o prolasso completo del retto). Il trattamento di questa patologia è essenzialmente
chirurgico ed è rivolto alla risoluzione dell’ostruzione meccanica ed al miglioramento delle forze espulsive. Da giugno 2007 a maggio 2010
abbiamo eseguito 157 resezioni del retto medio per via transanale con Transtar, 144 donne e 13 uomini, con un età media intorno ai 56 anni
(35-85). Tutti i pazienti sono stati studiati preoperatoriamente con Rx defecografia e manometria anorettale per valutare la cinetica del
pavimento pelvico e la funzionalità muscolare. In relazione ai risultati di questi due esami 26 pazienti (25 donne ed 1 uomo) sono stati sottoposti
a riabilitazione del pavimento pelvico prima dell’intervento, 20 di questi per un ipocontinenza-incontinenza dello sfintere anale esterno, 3 per
un importante aumento della soglia di evocazione dello stimolo e 3 per una dissinergia addomino pelvica. Tutti i pazienti riabilitati sono stati
rivalutati con manometria anorettale ed, in 2 casi, anche con Rx defecografia prima dell’intervento. Il periodo minimo di follow-up di questi
pazienti è stato di 6 mesi. L’efficacia dell’intervento è stata valutata mediante il rilevamento di alcuni parametri: il grado di ODS pre e
postoperatorio identificato tramite il test di Wexner, l’utilizzo prima e a tre mesi dall’intervento di lassativi, clisteri o digitazioni ed infine il grado
di soddisfazione percepito dai pazienti identificato con una scala da 1 a 5. Questo studio ha messo in evidenza un grado di soddisfazione medio
di 3,92 che sale a 4,34 nei 64 pazienti con stipsi cronica da oltre 10 anni. Lo score di Wexner medio preoperatorio era di 13,8 ± 4,9, a tre mesi
dall’intervento è 5,2 ± 3,9 con una variazione media del 62%. Il 77 % delle pazienti faceva uso di lassativi e il 36% di clisteri o digitazioni, dopo 3
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Anno 2010 - Numero 4
mesi dall’intervento solo il 22% continuava ad assumere lassativi ed il 2,7% clisteri o digitazioni. Le complicanze principali a 3 mesi sono state:
una fistola retto-vaginale trattata senza confezionamento di stomia, tenesmo in 16 pz, risoltosi spontaneamente entro 6 mesi, incontinenza in
1 caso ed urgency in un altro caso. In conclusione possiamo affermare che i risultati di questo studio preliminare hanno dimostrato l’efficacia di
questo tipo di intervento chirurgico per il trattamento della ODS, l’indicazione è ovviamente la presenza di prolasso rettale con intussuscezione
retto-rettale o retto-anale. Dallo studio è emersa la necessità di un corretto studio preoperatorio che preveda Rx defecografia e manometria
ano-rettale per valutare la corretta indicazione e ridurre i rischi di complicanze a lungo termine con l’incontinenza. Per le difficoltà tecniche
dell’intervento e la gestione del pre e post-operatorio e delle eventuali complicanze ci sembra fondamentale eseguire questa procedura in
strutture dedicate e da parte di equipe esperte.
HPS – Quando? Nostra esperienza
RP Iachetta – A. Cola – RD Villani
U.O. di Chirurgia Proctologica e Riabilitazione del pavimento pelvico Nuovo Ospedale Civile di Sassuolo
Introduzione: l’HemorPex System (HPS) è una tecnica, di recente applicazione, che unisce alcuni concetti della prolassectomia secondo Longo
e della THD prevedendo l’esecuzione esclusivamente di una pessia mucosa portando ad un riposizionamento dei cuscinetti emorroidari e ad
una diminuzione dell’afflusso ematico. In questo studio riportiamo la nostra esperienza con questa tecnica.
Metodo: nel nostro centro dal 2008 al 2010 sono stati eseguiti 325 interventi per patologia emorroidaria. Di questi 5 (2%) con tecnica HPS.
Questa scelta è avvenuta in base alle condizioni cliniche del paziente ed il rischio operatorio. Infatti la totalità di questi pazienti presentava
un’ASA 3 (100%) con associata terapia anticoagulante nel 60% dei casi. L’età media è stata di 58 anni. Nell’80% dei casi si era in presenza di
prolasso emorroidario di III grado mentre nel 20% di II grado, tutti non responsivi a terapia medica. L’intervento è stato eseguito in regime di
Day Surgery con anestesia loco-regionale (40%) o locale (60%) in posizione ginecologica. La durata media è stata di 30 minuti. La pessia è stata
eseguita ad ore 3 - 7 – 11 con filo a lento riassorbimento.
Risultati: non complicazioni maggiori né sanguinamenti precoci o tardivi sono stati riscontrati. Il VAS (Visual Analogue Scale) medio preso in
seconda giornata post-operatoria è stato di 2.6 (1-7). In 1 caso è stata rilevata una congestione emorroidaria post-operatoria regredita con
terapia medica. Al controllo a 6 mesi abbiamo riscontrato una recidiva di malattia in 2 casi (40%).
Discussione: non sono presenti in letteratura molti dati sull’HPS se si esclude lo studio di Iachino et all. La scarsa invasività e la facilità di
esecuzione sono sicuramente dei punti a favore della procedura che la rendono, a nostro avviso, adatta in quei pazienti con gravi problematiche
associate alla patologia emorroidaria ed un rischio operatorio alto (ASA 3). Nella nostra esperienza, seppur limitata a pochi casi, i risultati non
sono stati eccellenti ma possono essere considerati accettabili vista la scarsa invasività e il basso dolore post-operatorio.
Persistenza di ODS dopo STARR: proposta originale di trattamento. Case report
Raffaella Di Renzo, Gino Palone
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Introduzione: la sindrome da ostruita defecazione (ODS) è divenuta negli ultimi anni una identità patologica ben definita grazie ai progressi
nelle tecniche diagnostiche e ad una migliore conoscenza della fisiopatologia della defecazione e del prolasso.
Si tratta prevalentemente di donne che soffrono per una prolungata, incompleta e/o dolorosa defecazione, la cui qualità di vita è ridotta dalla
dipendenza da lassativi o dalla necessità di digitazione anale o vaginale per consentire l’evacuazione.
Rettocele, intussuscezione e prolasso rettale costituiscono i reperti anatomopatologici fondamentali, ai quali possono accompagnarsi
l’enterocele ed il sigmoidocele.
L’ODS può essere trattata con diverse tecniche chirurgiche, con approccio transvaginale, transanale e transperitoneale.
Negli ultimi anni ha avuto larga diffusione la STARR, resezione rettale regolata sia nella versione con doppio PPH che con la Contour che, rispetto
alla precedente, permette l’asportazione di maggiore quantità di tessuto.
Materiali e metodi: R. C. sesso femminile, 52 anni, due parti eutocici, sottoposta a STARR per ODS nel febbraio 2008
Dopo un mese circa la paziente ha iniziato ad avere un aggravamento della sintomatologia di tipo ostruttivo rispetto a quella che accusava
prima dell'intervento con peggioramento della stipsi, necessità continua di digitazione, dolori persistenti, Wexner score 20.
Arriva alla nostra osservazione dopo altri 6 mesi e, obiettivamente si evidenzia stenosi serrata (< 1 cm) confermata dall'esame endoscopico, con
pseudopolipi infiammatori.
Viene eseguita una defecografia che mostra persistenza di ampio rettocele anteriore con presenza di rectal pocket laterale destro e notevole
intussuscezione.
La paziente viene portata al tavolo operatorio con il programma di eseguire una nuova STARR eventualmente con suturatrice Contour.
L’esplorazione eseguita in anestesia mostra abbondante prolasso, e soprattutto di grosso spessore a causa di intensa fibrosi cicatriziale. La
sutura del precedente intervento appare più alta che di norma tanto che anteriormente cade > 4 cm al di sopra della linea pettinea lasciando
inalterato il rettocele.
Il precedente intervento si era quindi risolto in una resezione mediorettale con esito in ampolla a clessidra, causa della persistenza di ODS.
L'ingente spessore del prolasso (> 2 cm) non ci garantisce una perfetta tenuta della sutura meccanica, per cui decidiamo di eseguire una
Delorme interna.
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Anno 2010 - Numero 4
L'incisione inizia 2 cm caudalmente alla precedente sutura, si prepara il cilindro mucoso e si estende la dissezione per 6-7 cm in senso
caudo-craniale.
Asportato il cilindro mucoso si effettua la plicatura dello strato muscolare con punti staccati Vicryl 2-0 fino ad ottenere l'obliterazione del
rettocele ed un congruo accorciamento del retto. La sutura dei capi di resezione della mucosa ed una lunghetta endoanale completano
l'intervento.
La paziente viene dimessa in III giornata p.o. con evacuazione spontanea e soddisfacente.
Dopo 2 mesi ha avuto bisogno di dilatazioni pneumatiche endoscopiche per un inizio di restenosi da fibrosi e attualmente, a distanza di un
anno, non accusa più sintomi evidenti di ODS anche se è costretta a ricorrere con una certa frequenza a lassativi osmotici.
Discussione: il primo intervento non aveva risolto il problema perché la sutura anteriore era caduta troppo in alto e risultava disassata rispetto
alla posteriore (persistenza di rettocele e rectal pocket). Inoltre grazie anche alla tendenza della paziente a formare cicatrici ipertrofiche, si era
determinata una stenosi serrata con un notevole aggravamento dei sintomi di ostruzione.
La scelta di un intervento alternativo alla STARR è stato determinato dal notevole spessore del prolasso sostenuto da una fibrosi intensa ed
estesa che avrebbe impedito, a nostro avviso, la perfetta chiusura delle agraphes metalliche delle suturatrici.
La tecnica di Delorme, ideata nel 1900 dall'omonimo autore per i prolassi esterni viene ancor oggi, opportunamente adattata all'uso endoanale,
largamente usata e con buona soddisfazione da diversi chirurghi colorettali.
Nel caso in questione ci è sembrata la migliore opzione praticabile al fine di risolvere il problema ostruttivo abbastanza atipico che ci si
presentava.
Conclusione: il chirurgo colorettale deve essere padrone di più tecniche chirurgiche atte a risolvere le patologie che si trova ad affrontare in
maniera da poter “ritagliare su misura” l'intervento al singolo paziente che, spesso, presenta delle comorbilità che condizionano le scelte
terapeutiche. Adattare ad ogni costo il paziente alla sola tecnica che si conosce. rappresenta un malcostume, purtroppo non infrequente, che
però risulta foriero di risultati deludenti e complicanze indesiderate arrivando a mettere in cattiva luce la stessa tecnica che si utilizza.
Prolassectomia con stapler: tecnica con paracadute
RP Iachetta – A. Cola – RD Villani
U.O. di Chirurgia Proctologica e Riabilitazione del pavimento pelvico Nuovo Ospedale Civile di Sassuolo
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Introduzione: la prolassectomia con stapler e la STARR rappresentano ormai due tecniche di valore assodato nel trattamento del prolasso
rettale associato a sintomi emorroidari. La scelta tra le due procedure si basa spesso su una valutazione intra-operatoria della quantità del
prolasso rettale presente. Esiste tuttavia una zona “grigia” in cui si può essere in dubbio se eseguire l’una o l’altra tecnica. Su questa base è stata
proposta (Caviglia – SIUCP news III (4)) la tecnica della prolassectomia con paracadute. Riportiamo la nostra esperienza a riguardo.
Materiali e Metodi: nella nostra unità operativa dal 2008 al 2010 sono stati sottoposti ad intervento per malattia emorroidaria 325 pazienti, di
questi 18 (10 uomini e 8 donne) con tecnica con paracadute. L’indicazione all’intervento rispetta le linee guida societarie mentre la scelta sulla
tecnica con paracadute è stata presa intra-operatoriamente nei casi di prolassi di media entità e asimmetrici. Tutte le procedure sono state
eseguite in anestesia loco-regionale, in posizione ginecologica. La durata media dell’intervento è stata di 30 minuti. Tutti i pazienti sono stati
dimessi in prima giornata post-operatoria.
Risultati: l’età media dei pazienti sottoposti a prolassectomia con paracadute è stata di 53 anni (38 – 68) con un prolasso muco-emorroidario di
II e III grado. Intra-operatoriamente è stata valutata l’altezza del resecato (3,93 cm in media [3-5 cm]), il volume (9,94 cm3 in media [7-12 cm3]),
l’omogeneità (presente nel 33% dei casi) e circolarità muscolare (completa nel 28% dei casi). Abbiamo avuto 1 sanguinamento precoce (6%) e
7 casi (39%) di urgenza nei primi 20 giorni. Il Vas medio in prima giornata è stato di 2 (1-4).
Discussione: la tecnica con paracadute proposta per trattare quei casi in cui si è incerti se eseguire una STARR o una prolassectomia classica e
in casi di prolasso asimmetrico è sicuramente una variante che risulta facilmente eseguibile. Dalla valutazione dei nostri dati si può notare come
la percentuale di resecati omogenei sia bassa ma ciò spesso è quello che si vuole ottenere quando si è in presenza di un prolasso settoriale. Non
sono state rilevate complicanze a distanza.
Video - Fistola perianale complessa: utilizzo di plug sintetico bioriassorbibile
RP Iachetta – E Bardella – A Cola – RD Villani
U.O. di Chirurgia Proctologica e Riabilitazione del Pavimento Pelvico Nuovo Ospedale Civile di Sassuolo
Uomo di 55 anni, forte fumatore. In anamnesi diagnosi di Morbo di Buerger con necessità di amputazione dell’arto inferiore sinistro. Successiva
terapia farmacologica con Ticlopidina. Nel Settembre 2008 formazione di voluminoso ematoma del gluteo destro, che in seguito ad
ascessualizzazione, si drenava spontaneamente in sede perianale con formazione di fistola complessa. Per tale patologia il paziente è stato
sottoposto a due tentativi di correzione tramite posizionamento di setone non giunti a buon fine. Si optava quindi per l’utilizzo del plug con il
fine di trattare i due tramiti fistolosi più profondi. Il decorso post-operatorio è stato regolare. Dopo circa 1 mese si è rilevato il riassorbimento di
uno dei capi distali del plug.
SIUCP NEWS - Notiziario di Informazione della Società Italiana Unitaria di Colonproctologia
Anno 2010 - Numero 4
Le alterazioni del pavimento pelvico
nelle giovani donne con disturbi
dell'alimentazione
Morandi C., Corniani D., Marchesi V., Patruno C.B., Cenaj S.
Dipartimento Integrato Servizi diagnostici e per Immagine, Struttura Complessa di
Radiologia 1, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena
Introduzione: per prolasso rettale esterno si intende la protrusione
del retto con tutti gli strati esternamente all'ano. L'incidenza è del
3,4-6% nella popolazione femminile; l'età media è di 70 anni e
riconosce come fattori predisponenti l'obesità, la pluriparità, in
particolare con parto vaginale e feti di peso elevato, ed il diabete.
Questa condizione, definita estremamente rara nelle giovani donne
nullipare, è stata da noi riscontrata in 14 su 804 pazienti (pari
all'1,74%) tutte con disturbi del comportamento alimentare di tipo
restrittivo.
Materiali e metodi: Dal 14 settembre 2004 al 30 luglio 2010
abbiamo indagato con indagine cinedefecografica dinamica 804
pazienti femmine a noi inviate nella maggior parte dei casi per
sintomi riferibili a defecazione ostruita. Come condizione isolata o
variamente associata, il prolasso (inteso come rettale,
intracanalicolare ed esterno) è stato riscontrato nel 60,9%. In
particolare, il prolasso rettale esterno è stato riscontrato nel 7,6%. Le
14 giovani donne nullipare con prolasso rettale esterno sono state
ulteriormente indagate per la ricerca di prolasso urogenitale (inteso
come la discesa attraverso lo jatus genitale degli organi del
pavimento pelvico) con RM dinamica con magnete da 1,5 T e bobina
phased array.
Risultati: dal 14 settembre 2004 al 30 luglio 2010 abbiamo indagato
con indagine cinedefecografica dinamica 804 pazienti femmine.
Come condizione isolata o variamente associata, il prolasso (inteso
come rettale, intracanalicolare ed esterno) è stato riscontrato nel
60,9%. Il rettocele anteriore è stato diagnosticato nel 46,2%; il
descensus del piano perineale nel 28,3%; l'enterocele nel 26,4%;
l'ipertono della fionda pubo-rettale nel 10,4%. In particolare, il
prolasso era nel 65,5% dei casi intracanalicolare, nel 26,9%
retto-ampollare e nel 7,6% ampollare. In 14 giovani donne (pari
all'1,74%) di età compresa tra 18 e 40 anni nullipare con disturbi del
comportamento alimentare in senso privativo è stato diagnosticato
un prolasso rettale esterno. La riduzione spontanea del prolasso si
verificava in 9 pazienti. Tutte presentavano perineo discendente. In 2
pazienti si associava sigmoidocele; in 5 enterocele. La risonanza
magnetica ha permesso di riconoscere 3 cistoceli di grado 1-2 ed un
isterocele.
Discussione: Le condizioni predisponenti il prolasso rettale esterno
nelle giovani si differenziano da quelle nelle anziane, essendo
principalmente legato a fattori congeniti (è familiare nel 30% dei
casi), quali la perdita di fissità del retto al sacro, la profondità dello
scavo del Douglas, la lassità dei legamenti laterali e l'anomala
lunghezza del mesoretto. L'anoressia nervosa si inserisce in questo
disturbo perché decorre con ipoestrogenismo ed in particolare
perché provoca indebolimento del tessuto connettivo legato alla
condizione di ipercatabolismo proteico (deficit di fibulina 3).
Conclusione: l'anoressia nervosa è una patologia che sta
assumendo sempre maggiore rilevanza; il medico radiologo ed il
colonproctologo possono avere un importante ruolo nella
valutazione e gestione delle disfunzioni multiorgano ad essa
correlate.
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SIUCP NEWS - Notiziario di Informazione della Società Italiana Unitaria di Colonproctologia
Anno 2010 - Numero 4
Il trattamento della malattia emorroidaria con metodo THD, esperienza dei primi
165 casi
Dr. C.Pagano, Dr. L.Saguatti, Dr. M.Conti, Dr. M.Abraham, Dr. V.Ceriani
Ospedale S.Giuseppe - Milano
Da febbraio 2009 a luglio 2010 abbiamo sottoposto a trattamento chirurgico con metodo THD 165 pazienti di cui 91 M e 74 F, con età variabile
tra i 23 e 94 anni (età media 59 anni).
Di 165 pazienti in 13 la patologia trattata era di Il grado, in 128 di III grado ed in 24 di IV grado.
L’anestesia più utilizzata è stata la spinale (144); la generale è stata richiesta dal paziente in 13 casi mentre la locale è stata effettuata in 6 (2 per
scelta del paziente, 2 per non rispetto del digiuno preoperatorio, 2 per impossibilità di eseguire l’anestesia spinale in pazienti compromessi); in
un paziente tetraplegico non è stato necessario eseguire alcun tipo di anestesia.
In tutti i pazienti è stata eseguita legatura delle 6 principali arterie emorroidarie superiori associata a pessi della mucosa al di sopra della linea
pettinata con sutura in ac. polietilenglicolico intrecciato 2/0 secondo tecnica THD.
La degenza è risultata inferiore ad un giorno in 20 casi (12%) e superiore a 2 giorni in 5 casi (3%),
L’analgesia p.o. è stata effettuata con Ketoprofene 100mg. e.v. (o paracetamolo 1gr. in caso di allergia) ad intervalli di 6 ore durante la degenza
e con Ibuprofene 600mg. (o paracetamolo 1gr. in caso di allergia) a domicilio.
Si è assistito ad un unico caso di sanguinamento nell’immediato p.o. che ha richiesto la revisione dell’emostasi (0,6%) mentre non si sono
veirificati sanguinamenti tardivi. Da segnalare un frequente tenesmo nei primi 3 giorni p.o. (26%) così come una frequente ritenzione urinaria
(36%), comunque mai riscontrata in caso di anestesia locale e generale. L’urge incontinence nell’immediato p.o. è stata avvertita dal 2,4% dei
pazienti e nell’1,2% si è verificata una tromboflebite marginale (2 casi nei primi 4 mesi di esperienza).
Per quanto riguarda le complicanze tardive sono solo da segnalare un 2,4% di persistenza di tenesmo e 1,8% di dolore anale per comparsa di
ragade.
Il dolore anale è stato valutato secondo VAS 0-10 ed è risultato mediamente di 4,1 nei primi 3 giorni p.o., 2,5 dopo una settimana e 0,7 dopo 3
settimane.
Le emorroidi sono recidivate in 6 casi (3,6%), in 4 pazienti è stata nuovamente eseguita una metodica THD, mentre in 2 pazienti è stata
necessaria una Milligan-Morgan per permettere l’asportazione di voluminose marische cutanee.
La nostra esperienza è stata pertanto particolarmente favorevole in quanto è stato possibile guarire i pazienti dalla sintomatologia emorroidaria
(sanguinamento, dolore e prurito) in assenza di complicanze gravi, e con basso tasso di complicanze minori.
Trattamento del prolasso rettale completo per via perineale con Contour-Transtar,
“videoassistito”
Pierpaolo Mariani, Luca Rampinelli, Giorgio Quartierini e Giovanni Perrone
UO Chirurgia Generale. AO Bolognini di Seriate, Seriate - Bergamo, UCP Seriate.
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Nel presente lavoro gli Autori riportano la loro esperienza e i risultati preliminari relativi al trattamento del prolasso rettale completo con
approccio perineale mediante l’utilizzo della stapler Contour-Transtar e con controllo endoaddominale video laparoscopico.
Dal luglio 2008 al settembre 2009, tre pazienti di sesso femminile (età media 75.6 anni) con prolasso rettale completo sono state sottoposte ad
intervento chirurgico; la procedura è stata eseguita in anestesia generale. Sotto controllo laparoscopico endoaddominale dello scavo pelvico,
abbiamo proceduto a resezione del retto prolassato: dopo apertura in senso orizzontale del cilindro rettale da resecare (a circa 2 cm dalla linea
pettinata) con una suturatrice meccanica lineare, abbiamo provveduto al completamento della resezione del retto per via perineale mediante
l’utilizzo della stapler Contour-Transtar.
La durata media dell’intervento è stata pari a 45 minuti; non si sono verificate complicanze intraoperatorie; mediamente sono state utilizzate 6
ricariche; il peso medio del pezzo resecato è stato pari a 120 grammi; non si sono verificate complicanze nell’immediato post-operatorio; la
ripresa della canalizzazione è avvenuta nelle 3 pazienti tra la prima e la seconda giornata p.o.; la degenza media è stata di 5 giorni.
Pur in presenza di una esigua casistica, la metodica chirurgica attuata e i risultati ottenuti anche a distanza, sembrano offrire un’ottima
alternativa ai classici interventi di Altemeir e di Delorme.
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Anno 2010 - Numero 4
Il condiloma acuminato gigante perianale. Presentazione di due casi trattati con
trasposizione di lembo cutaneo peduncolato
V. Romano, D. Lo Piccolo
U.O. di Chirurgia Generale e colon rettale “Casa di Cura TORINA ” Palermo
Il condiloma acuminato gigante o tumore di Buschke e Loewenstein è una rara forma vegetativa verrucoide, con sede per lo più ai genitali
esterni e alla regione perineale, i cui rischi evolutivi sono l'infiltrazione locale e la degenerazione maligna. La localizzazione ano-rettale è
descritta solamente nel 10% circa dei casi. Pare che la sua origine sia legata alla infezione con un papillomavirus umano (HPV) tipo 6 e 11. La sua
frequenza non è esattamente nota perché nel passato questa malattia era talvolta classificata fra i carcinomi, e poi perché non tutti i casi sono
stati pubblicati. Predilige il sesso maschile, con un rapporto di 2:1 rispetto a quello femminile, e con grande predominanza nella popolazione
omosessuale maschile; caratteristica comune a tutte le localizzazioni è quella di essere preceduta da condilomatosi semplice, plurirecidivante.
Dal punto di vista prettamente clinico si evidenzia come una vegetazione condilomatosa che può estendersi al solco intergluteo, ai glutei e, in
avanti, al perineo, potendo superare anche i 15 cm di diametro. Spesso sono presenti linfoadenopatie inguinali uni- o bilaterali, soprattutto in
relazione con i possibili episodi di sovrainfezione. L'evoluzione è lenta, e la crescita può estendersi anche in profondità, con possibile
formazione di fistole, non di rado colonizzate dai condilomi stessi, distruzione del canale anale ed invasione dei tessuti adiacenti.
Istologicamente si può presentare con le caratteristiche del carcinoma microinvasivo o del carcinoma verrucoso; la sua potenziale malignità
rivolta a diventare un carcinoma epidermoidale cheratinizzante sì che la papillomatosi condilomatosa debba essere sempre ben monitorata.
Devono essere praticati multipli prelievi bioptici della lesione al fine di ricercare zone di trasformazione maligna. La terapia del condiloma
acuminato gigante è chirurgica e consiste nella escissione completa della neoformazione, dopo aver naturalmente valutato
preoperatoriamente la sua estensione locale e gli eventuali linfonodi interessati.
I casi da noi presentati, unici due in un periodo di attività di otto anni della Unità diretta dal Dr Romano, si presentavano eccezionalmente di
notevoli dimensioni – circa 15 cm di diametro – bilateralmente in zona perianale. Sono stati asportati in due diversi momenti a dx ed a sinistra
e la vasta sede della lesione riparata mediante trasposizione di lembo peduncolato.
La cicatrizzazione del post operatorio è stata lenta ma buona con assenza di deiscenza nonostante la sede infetta.
Il controllo a distanza di un anno dall’intervento non ha mostrato recidive locali ed i pazienti sono stati pertanto affidati al dermatologo per un
follow-up che deve essere di almeno 10 anni.
Trattamento chirurgico con metodica lay open e medicazione con carbone attivo e
argento nella cisti sacrococcigea complicata
M. Ongari, L. Gattoni, M. Serini, C. DeRosa, A. Bagnasacco, E. Cipelletti, C. Bazzoni
AOU Maggiore della Carità Novara, SSvD Chirurgia Generale Programmata Galliate
Introduzione: La facilità con la quale il sinus pilonidalis sacrococcigeo cronicizza con la presenza di fistole multiple e drenaggio puruloide e la
relativa frequenza di recidiva a distanza hanno stimolato i chirurghi allo sviluppo di nuove tecniche. L’analisi della Letteratura sostanzialmente
dimostra una bassa percentuale di recidive nell’opzione lay-open, a fronte di lunghi tempi di guarigione, e una guarigione più breve per
l’opzione “per primam”, gravata tuttavia da una maggiore frequenza di recidive e di complicanze della ferita.
La tendenza della maggior parte degli operatori è pertanto di riservare la tecnica lay-open ai casi con evidenza di infezione in atto; in questo
ambito, tuttavia, solo raramente viene enfatizzata l’importanza della medicazione che, in realtà, è parte integrante del processo di guarigione.
Lo sviluppo di medicazioni cosiddette “avanzate” solo marginalmente, ed episodicamente, ha interessato tuttavia il trattamento delle ferite “lay
open”.
Scopo del presente lavoro è presentare una casistica di sinus pilonidalis complicati (fistole multiple con orifizi a distanza, evidenza di drenaggio
puruloide, granulomatosi evidente, recidive multiple) trattati con metodo lay-open e medicazione avanzata a base di carbone attivo con
argento, presidio in grado di creare una efficace rimarginazione delle ferite, una riduzione della colonizzazione batterica e una riduzione
dell’odore sgradevole.
Materiali/Metodi: Dal 3/2007 al 04/2010 sono stati trattati presso il nostro reparto, 94 pazienti consecutivi portatori di sinus pilonidalis
complicato; di questi 74 erano maschi e 20 femmine, con età media di 28 anni (range 14-54), classificati ASA 1. Tutti i pazienti sono stati
sottoposti a escissione chirurgica del sinus pilonidalis con tecnica lay open e successivamente medicati mediante l'utilizzo di medicazioni
avanzate a base di carbone attivo con argento. Il follow-up medio è stato di 19,9 mesi (range 2-47).
Risultati: Il tempo medio di guarigione è stato 46,78 giorni (range 30-90). Il tempo medio di ripresa lavorativa è stato di 21,23 giorni (range 1-70)
e l'80% dei pazienti ha riferito, durante il periodo delle medicazioni, assenza di secrezioni maleodoranti. Non si sono evidenziate infezioni
post-operatorie della ferita. La percentuale di recidiva nel periodo osservato è stato 2,12% (2 pazienti).
Conclusioni: L'analisi dei dati della Letteratura, e in particolare delle casistiche maggiori, riportanti tempi di guarigione di 8 +/- 2 settimane, ci
consente pertanto di proporre l'opzione della medicazione con carbone attivo e argento quale presidio complementare all'intervento. La
constatazione di un confort post-operatorio complessivamente buono e la ripresa lavorativa media paiono dati ulteriori per proseguire in
questo senso, nella convinzione che dati numericamente più consistenti siano necessari per conclusioni definitive.
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Anno 2010 - Numero 4
Defecazione ostruita da dissinergia, incontinenza, vaginismo
PRAP 2000 è uno strumento semplice e preciso per la valutazione oggettiva e ripetibile delle capacità contrattili e di rilasciamento degli sfinteri
tramite il Test della Sfera Solida.
La PP Sphere è una sonda monouso anale o vaginale costituita da un ovulo, un’asta con un disco di sicurezza e un anello. Attraverso la
valutazione della resistenza di attrito, a livello anale si possono ottenere i dati proporzionali alla pressione di contrazione volontaria (valutazione
dello sfintere esterno) e alla pressione a riposo (valutazione anche dello sfintere interno). Si può valutare un ipertono anale e l’incapacità a
contrarre e/o rilasciare lo sfintere esterno, così come l’incapacità di rilasciare la muscolatura pelvica in alcune forme di vaginismo.
Una volta inserito l’ovulo nell’ampolla rettale (in caso di stipsi o incontinenza fecale) o in vagina (in caso di difetto della muscolatura del
pavimento pelvico con incontinenza urinaria e prolasso genitale) si introduce il gancio del PRAP 2000 nell’anello della sonda; si accende PRAP
2000 e si azzerano i valori di P.E.T. (Peak Effort Traction) sul display.
A questo punto è possibile eseguire un’analisi dettagliata che si articola in 3 fasi (Test della Sfera Solida): la prima prevede l’estrazione della
sonda a riposo, la seconda con i muscoli contratti e la terza in ponzamento.
Il segnale elettrico reso disponibile dal PRAP 2000 varia tra 0 e 2,4 Volt circa, per uno sforzo di trazione che va da tra 0 a 2000 P.E.T.
L’elaborazione dei valori visualizzati sul display, determina la scelta della terapia più idonea da consigliare al paziente, anche a domicilio.
Fig. Prap 2000 e PPSphere, strumento per la valutazione delle capacità contrattili degli sfinteri.
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Anno 2010 - Numero 4
Conservative Treatment of Anal Fissures
Mistrangelo M., Arezzo A., Caldart M., Brustia R., Rosanò A., Allaix M.E., Volpatto S., Corno F.
Digestive and Coloproctological Surgical Department, Centre of Minimal Invasive Surgery, University of Turin, Italy
Introduction: Anal fissures are associated with hypertonia of the internal anal sphincter and pain. We evaluated conservative treatments with
topic glyceryl trinitrate (GTN) oinment (Rectogesic®) and/or Dilatan® dilatators with a cicatrizing oinment.
Methods: Between April 2008 and April 2010 168 patients were diagnosed to be affected by an anal fissure. 60 (38 M and 22 F) patients were
treated with GTN, while 108 with anal ditatators and a cicatrizating oinment.
Results: Regarding GTN 33 patients (55%) healed; 7 (11.6%) improved; 9 (15%) failed to heal. We observed 4 drop (6.67%), 4 (6.67%) interrupted
therapy for severe headaches, and 3 for cost of the therapy. During median follow up of 6 months, 4 (6.67%) patients recurred. When we
consider Dilatation group 49 patients healed (45.37%), 21 improved (19.45%), and 14 (12.9%) failed to heal. We observed 24 (22.2) drop. During
follow up 2 patients (1.8%) recurred. If we eliminate drop in both groups the rate of healing is 59% in GTN group and 58.3% in dilatator’s group.
Conclusions: Conservative treatment is effective in up to 70% of patients treated. Combination of 2 therapies could improve results. 10-15% of
patients require a surgical procedure.
Detection of Inguinal Metastases in Anal Cancer
M. Mistrangelo, PhD, MD, M. Baccega°, MD, P. Cassoni*, PhD, MD, A. Lesca°, MD, E. Milanesi^, MD, P. Racca^, MD, G. Beltramo^^, MD, FH.
Munoz^^, MD, E. Pelosi°°, MD, R. Brustia, MD, M. Bellò°°°, MD., M.E. Allaix, MD., Antonio Mussa**, MD, Mario Morino, MD.
Digestive and Colorectal Surgical Department and Centre of Minimal Invasive Surgery, University of Turin, Molinette Hospital, Italy - ° Nuclear Medicine Department, Molinette Hospital, Italy,
Chief Prof. Picciotto - * Department of Biomedical Sciences and Human Oncology, University of Turin, Molinette Hospital, Italy - ^ Oncological Centre for Gastrointestinal Neoplasms,
University of Turin, Molinette Hospital, Italy - ^^ Department of Radiotherapy, University of Turin, Molinette Hospital, Italy, Chief Prof. U. Ricardi - °° IRMET – PET Center Turin, Italy - °°° Nuclear
Medicine Department, University of Turin, Molinette Hospital, Italy, Chief Prof. G. Bisi - ** Surgical and Oncological Department, University of Turin, Molinette Hospital, Italy
Aim: Anal cancer is a rare neoplasm, but its incidence is increasing as rates of infection with human papilloma virus (HPV) continue to rise.
10-25% of patients are noted to have synchronous inguinal lymph node metastases which are an independent prognostic factor for local failure
and overall mortality in patients with anal cancer. A recent technique to assess inguinal node status and plan treatment of these patients is
sentinel lymph node biopsy (SLNB).
Methods: We studied inguinal status of patients affected by anal cancer with SLNB and PET-CT. SLNB was applied in 51 patients, while PET-CT
was performed in 42 patients.
Results: Inguinal metastases were found in 10 patients (19.6%) with SLNB. Metastases were found in 1 patient with a T1 neoplasm (14.3%); 3 in
T2 patients (11.5%); 5 in T3 ones (33.33%) and 1 in T4 patients (33.33%). PET-CT evidentiated inguinal metastases in 9 patients (21.42%).
Regarding PET-CT metastases were found in 1 patient with a T1 neoplasm (20%); 4 in T2 patients (18%); 3 in T3 ones (23%) and 1 in T4 patients
(33.33%). PET-CT and SLNB were both performed in 32 patients. In these patients PET-CT evidentiated 4 false positive vs SLNB.
Conclusions: SLN biopsy of inguinal nodes has been proved as a simple, safe and effective method for staging patients with anal cancer.
Accurate detection of inguinal node metastases could obviate the need for prophylactic inguinal radiotherapy and eliminate related morbidity
which develops in 33% of irradiated patients. SLNB is superior to PET-CT in staging inguinal metastases. Inguinal metastases involve 1/3 of
patients with T3-T4 patients, while is present in 10-15% in T1-T2 patients. In contrast with Gretschel and Coll we suggest to perform SLNB in all
patients with anal cancer in order to submit to RT only patients with proved inguinal MTS (avoid RT in 66% of T3-T4 patients). Close follow-up is
required to confirm long-term results.
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Factors Influencing Recurrence after Surgical Treatment of Ano-Genital Warts
Mistrangelo M., Dal Conte I.*, Delmonte S.**, Chiriotto M*, Lucchini A*, Rondoletti S.**, Codognotto E., Brustia R., Volpatto S., Bianco L., Rosanò
A., De Angelis M., Bonnet G., Morino M
Digestive and Coloproctological Surgical Department and Centre of Minimally Invasive Surgery, University of Turin - *Infectious Diseases Department, University of Turin, ASL TO2,
**Dermatological Department, University of Turin
Introduction: Anogenital warts represent the most frequently diagnosed STI worldwide. Recurrences are high.
Methods: From 1999 to 2010, 1117 patients were visited. Patients submitted to surgery were evaluated for recurrence at 1, 3 and 6 months after surgery.
Results: 946 subjects were submitted to surgery. Recurrence rate was 13.5% at 1 month and 9.5% after 6 months (total = 21.9%). Age, sexual
habits, and HIV status were not found to be related with recurrence. Gender (F 16.5% vs M 24.5%, P = 0.009), number of lesions (extensive 16.9%
vs limited 23.7%, P = 0.09); natural postoperative immunostimulation (11.4% vs 26.2%, P = <0.001), and the number of CD4+ in HIV patients
(High 35% vs low 19.2%, P = 0.07) resulted factors influencing recurrences. A trend, but not statistically significative factors for recurrences were
the number of partners (0-10 partn. 17.7% vs 11-30 partn 19.7 vs 31-500 partn 25.5%, P = 0.14), the onset of the disease (0-1 month 30.6% vs 2-3
mo 18.6% vs 4-12 mo 20.6% vs 13-500 mo 18.8%, P = 0.36), and stage of HIV (AIDS 18.2% vs asymptomatic 29 % vs oligosymptomatic 30.8%, P = 0.46).
Conclusions: Recurrences are high. Natural postoperative immunostimulation could reduce recurrence.
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Anno 2010 - Numero 4
Ragade anale
E’ una ulcerazione che si presenta come una ferita localizzata tra
l’interno e l’esterno del canale anale; può causare dolore,
sanguinamento, prurito e bruciore specialmente in occasione della
defecazione.
Il problema principale di chi ne soffre è il dolore, spesso molto forte
ed in alcuni casi quasi insopportabile; nessun altra patologia anale
genera tale dolore con simile regolarità di comparsa. Questa
patologia, se trascurata, può creare complicanze e dar luogo anche
ad infezioni.
Tra le cause vi è l’errata alimentazione mentre la stipsi cronica o la
diarrea sono i fattori predisponenti. Diversi studi hanno dimostrato
che l’applicazione di prodotti topici ad azione idratante,
antipruriginosa e cicatrizzante è in grado di migliorarne la
cicatrizzazione con conseguente sollievo. Un ruolo importante, per la
soluzione della patologia, è svolto dall’igiene quotidiana oltre che da
un’alimentazione specifica ed equilibrata. L’igiene anogenitale
appropriata è indispensabile sia nella prevenzione che nel
trattamento delle patologie anali; un’igiene inadeguata può causare
irritazioni e bruciore.
La zona anale necessita di prodotti specifici per la detersione
soprattutto in presenza di emorroidi e ragadi. La linea Anestin® è nata
quale linea specifica di prodotti dermofunzionali ad alta tollerabilità
sia per la detersione delicata senza schiuma che per il trattamento
topico non sensibilizzante per cute e mucose; si consiglia l’Anestin®
liquido per la detersione e l’Anestin® crema come trattamento
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SIUCP NEWS - Notiziario di Informazione della Società Italiana Unitaria di Colonproctologia
Anno 2010 - Numero 4
Doppia resezione colica laparoscopica con estrazione transvaginale
Valentina Giaccaglia, Ettore Santini, Francesco Stipa
Unità di Chirurgia Generale Colonproctologica, Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata-Britannico Roma
Presentiamo il caso clinico di una donna di 73 anni, obesa, con pregresso IMA trattato con doppio stent, affetta da doppia patologia colica, cioè
da una stenosi del sigma di natura diverticolare e da un adenocarcinoma del colon destro. Vista l’impossibilità di superare la stenosi del sigma
con l’endoscopio, anche in sedazione, la diagnosi pre-operatoria è stata eseguita con colonscopia virtuale e TC total body. In accordo con la
paziente abbiamo effettuato i due interventi, di sigmoidectomia con risparmio dell’arteria mesenterica inferiore e di emicolectomia destra, in
laparoscopia, in un unico tempo chirurgico, con doppia anastomosi intracorporea ed estrazione dei pezzi operatori per via transvaginale. La
paziente ha avuto un decorso regolare, con precoce ripresa della canalizzazione e della alimentazione e dimissione in V gpo. Il dolore è stato del
tutto trascurabile fin dalla prima giornata postoperatoria. All’esame istologico il pezzo operatorio del colon destro è risultato un ADC, T3N0; il
numero dei linfonodi repertati, peraltro negativi, è stato 22, con margini distale e circonferenziale esente da malattia. In letteratura sono stati
riportati pochi casi di estrazione transvaginale del pezzo operatorio, ma solo dopo emicolectomia destra. Nella nostra esperienza, la doppia
resezione colica laparoscopica con anastomosi intracorporea ed estrazione transvaginale del pezzo operatorio si è dimostrata sicura ed efficace,
eliminando nella sigmoidectomia la necessità di abbassare l’angolo colico sinistro e la minilaparotomia per il posizionamento della suturatrice.
Questa tecnica infatti ha tutti i vantaggi della laparoscopia, garantendo il rispetto dei principi della chirurgia oncologica, ed inoltre diminuisce
ulteriormente il dolore postoperatorio, il rischio di infezione delle ferite chirurgiche e di laparocele.
Synchronous Double Site Colonic Strictures in a Patient with Crohn’s Disease: is it a Cancer?
Mattia Garancini, Luca Degrate, Giovanni Colombo, Silvia Poli, Matteo Maternini, Marcello Guaglio, Fabio Uggeri, Fabrizio Romano, Franco Uggeri
Department of General Surgery, San Gerardo Hospital, University of Milano-Bicocca, Monza
Introduction: In Crohn’s disease (CD), although several studies reported a 2- to 20-fold increase incidence of large bowel cancer compared to
general population, the real estimation of cancer risk still remains controversial.
Case report: A 42 years old woman with a 20 years history of colonic inflammatory bowel disease treated with mesalazine and without a proper
surveillance endoscopic program, was admitted to our Department for abdominal pain. An abdominal computed tomography was performed,
with evidence of stenosis localized to the right colon, without clear radiological signs of malignancy. The patient underwent colonoscopy that
found a right colon stenosis and mucosal hypotrophy in the remnant colon; multiple biopsies were performed, revealing inflammatory
infiltration and absence of dysplasia, as in active CD. A surgical treatment of the right colon stricture was indicated: the patient underwent
laparotomy and two tumors were found in the caecum and in the ascending colon. A right colectomy was performed and histological analysis
revealed a G1T4N0 mucinous adenocarcinoma (55 lymphnodes were analyzed) localized either in the caecum either in the ascending colon.
Both cancers showed signs of growth inside the colonic wall and were covered by inflamed mucosa with signs of CD. The post-operative course
was uneventful and the patient was discharged in the 7th post-operative day.
Discussion and conclusion: Clinical presentation of colorectal cancer in CD patient is often confounding due to overlapping symptoms and
diagnosis is frequently delayed. Although an endoscopic surveillance program for colorectal cancer is recommendable in patients with
long-standing CD, colonic biopsies may result false negative for cancer. In conclusion, the presence of a colonic stenosis in CD patients, a
colorectal cancer should be highly suspected and in of stricture with indication to surgical treatment, an oncologically radical colon resection
can be indicated.
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Chirurgia colo-rettale laparoscopica: la nostra esperienza dopo i primi 180 casi
Pierpaolo Mariani*, Luca Rampinelli, Giorgio Quartierini e Giovanni Perrone
UO Chirurgia Generale. AO Bolognini di Seriate, Seriate - Bergamo UCP Seriate.
Introduzione: Il ruolo della chirurgia laparoscopica per il trattamento della patologia colo-rettale trova sempre maggiori indicazioni nella
pratica clinica; gli Autori riportano la loro esperienza relativa ai primi 180 casi.
Pazienti e metodi: Dal settembre 2005 al settembre 2009 sono stati sottoposti a resezione colo-rettale per via laparoscopica 184 pazienti; 127
pazienti (gruppo A) per patologia neoplastica, 57 per malattia diverticolare complicata (gruppo B). L’età media per i due gruppi è risultata pari
a 64.1 anni (range 38-91) per il gruppo A e 57,2 aa (31-78 aa) per il gruppo B rispettivamente. Nel gruppo A (86 adenocarcinomi, 41 polipi
cancerizzati) sono state eseguite: 49 emicolectomie dx, 33 emicolectomie sin, 14 sigmoidectomie, 5 resezioni di flessura splenica, 4 resezioni di
trasverso e 20 resezioni anteriori del retto, 1 colectomia totale; nel gruppo B sono state eseguite 30 emicolectomie sin e 27 sigmoidectomie.
Risultati: Il tasso di conversione globale è stato del 4.3% (5 casi nel gruppo neoplastico e 3 nel gruppo non neoplastico); il tempo operatorio
medio è risultato pari a 136 min (range 60-278) per il gruppo A mentre per il gruppo B 145 min (range 65-270); la morbidità post-operatoria per
il gruppo A è risultata pari al 6.2% (1 fistola anastomotica, 1 prolasso di ileostomia, 3 occlusioni intestinali da sindrome aderenziale, 1
suppurazione della minilaparotomia, 2 IMA); per il gruppo B è risultata pari al (5.2%) (1 fistola anastomotica, 1 suppurazione della
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Anno 2010 - Numero 4
minilaparotomia ed 1 embolia polmonare massiva). Il numero medio di linfonodi asportati per il gruppo A è stato di 18 (range 14-47); la degenza
media è stata pari a 8 gg (6-22) per il gruppo neoplastico, 9 gg (7-20) per il gruppo B.
Conclusioni: L’approccio laparoscopico per la patologia colo-rettale richiede una opportuna curva di apprendimento con la formazione di una
equipe dedicata; gli interessanti risultati ottenuti nella nostra iniziale esperienza sono incoraggianti sia per la radicalità oncologica ottenuta che
per la morbidità globale, sovrapponibile alla chirurgia open.
Caso clinico: carcinoma anale in giovane paziente con infezione da HIV e
condilomatosi anale
Dr. Polese M, Dr. Zanandrea G, Dr.sa Scardilli M, Dr. Giardini V.
Ente Ospedaliero di Monza, UO Chirurgia II
Il paziente TF sesso M nato nel 1985, giunge alla nostra osservazione presso l’ambulatorio di Colonproctologia nel gennaio 2009 per
condilomatosi anale. In anamnesi infezione da HIV nota dal 2008, probabilmente contratta in Gennaio 2007. Sierologie epatiti e lue negative.
Pregressa storia di condilomatosi anale e al glande recidivanti; ultimo trattamento con diatermocoagulazione e terapia topica eseguito nel
2007, presso altra sede.
Nel febbraio 2009 viene sottoposto a intervento di asportazione con elettrocoagulazione. Ritorna per controllo nel mese di luglio, con riscontro
di importante recidiva con formazione di lesioni di aspetto vegetante. Si esegue un ulteriore intervento di asportazione delle lesioni sempre nel
luglio 2009 con diagnosi istologica di condiloma acuminato verrucoso con displasia grave dell’epitelio.
Nel novembre 2009 si procede a intervento più radicale con mucosectomia della giunzione anorettale, con diagnosi più severa rispetto alla
precedente, confermando la displasia grave ma con presenza di aree focali di carcinoma spinocellulare in situ. Collateralmente viene iniziato
trattamento con terapia antiretrovirale nel novembre 2009.
In considerazione della giovane età e della presenza di cellule neoplastiche, il paziente viene inviato per valutazione all’oncologo e al
radioterapista, che non pongono indicazione a trattamento di loro competenza, lasciando però uno spazio aperto a discussione e rivalutazione,
data la scarsità di riscontro di questo tipo di lesioni in pazienti così giovani. Ritorna pertanto al nostro controllo ambulatoriale nel giugno 2010
con evidenza clinica di ulteriore recidiva, ma di minore entità e estensione limitata. Viene sottoposto nuovamente a intervento di asportazione
delle lesioni, con diagnosi istologica nettamente più favorevole rispetto ai precedenti: condiloma acuminato “focalmente atipico”.
Il paziente non ha avuto complicanze a seguito delle numerose procedure chirurgiche, attualmente si trova in buone condizioni generali, e
apparentemente libero da lesioni. Tuttavia, data l’elevata frequenza di recidiva, il paziente viene mantenuto in un follow up molto stretto, con
la programmazione di frequenti visite presso il nostro ambulatorio, non sussistendo al momento altro trattamento se non quello chirurgico.
Malposizionamenti stomali, trascuranze iniziali, complicanze finali
Dr. Zanandrea G, Dr. Polese M, Dr.sa Scardilli M, Dr. Giardini V.
Ente Ospedaliero di Monza, UO Chirurgia II
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Introduzione: L’importanza dell’esatto posizionamento di una stomia (colo, ileo o uro) è un punto essenziale per tutti i pazienti che
temporaneamente o definitivamente devono convivere con la presenza di una alterazione corporea importante e non da tutti accettata.
Materiale e metodi: Nell’ambulatorio colostomizzati dell’Ospedale di Monza in funzione dal 1983, con attualmente nr. 510 pazienti in cura,
(281 maschi, 229 femmine) abbiamo riscontrato in 56 pazienti (31 maschi 55% e 25 femmine 45%) errori di posizionamento con una
percentuale del 10,8%. Di questi 41 (71%) operati in elezione e 15 (29%)in urgenza. I mal posizionamenti, per la maggior parte hanno portato a
una difficoltosa apparecchiatura del presidio stomale con facili e frequenti distacchi o infiltrazioni del sacchetto e irritazione della cute
peristomale che sempre sono stati corretti con fatica e con accorgimenti in parte anche diagevoli per i pazienti.
Discussione: Criteri per il posizionamento della stomia sono da tempo chiari e codificati. L’errore fondamentale che può condizionare tutto il
decorso post operatorio o di vita del paziente è quello di non marcare, in modo indelebile, da parte dell’enterostomista o del chirurgo, il punto
esatto dove dovrà essere lo stoma, valutando con il paziente, generalmente il giorno prima dell’intervento, in posizione sdraiata, seduta e in
piedi la accessibilità visiva e manuale più comoda possibile per la gestione dello stoma. Nel dubbio che l’intervento possa esitare in colostomia
o ileostomia, vanno segnati entrambi i punti. Se questo talvolta non à sempre possibile per gli interventi d’urgenza, o in quelli dove una
complicanza intraoperatoria modifica l’impostazione iniziale dell’intervento, è invece obbligatorio per gli interventi di elezione. Uguale cura poi
deve essere applicata sia per le stomie definitive che temporanee considerando che il 40% delle stomie temporanee non viene più ricanalizzata.
Le problematiche post-operatorie sulla difficile gestione della stomie e la cura delle complicanze dell’errato posizionamento sfuggono al
chirurgo perché vengono gestite dai centri per stomizzati e talvolta non ne vengono neppure a conoscenza. Altre volte quando coinvolto, la
convinzione di aver salvato la vita fa ritenere al chirurgo un problema minore la qualità della vita del paziente anche perché nella maggior parte
dei casi non sa come agire.
Conclusioni: Anche se non sempre la colpa è da attribuirsi alla mancata indicazione, ad esempio un importante calo ponderale può modificare
l’assetto addominale dopo intervento, la raccomandazione è quella di effettuare sempre il giorno prima la marcatura della stomia. In caso di
dubbio sull’intervento in entrambi i lati destro e sinistro, ed il chirurgo, nei limiti del possibile, deve attenersi a tale indicazione.
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