Prefazione di Gavino Sanna1 Che cosa sono gli standard creativi? Sono delle guide, delle regole, dei principi generali o che cosa? Che cosa intendiamo per buona comunicazione? È semplicemente quella pubblicità che vende o è anche quella pubblicità che piace alla gente, quella comunicazione che fa diventare amici del prodotto, quella comunicazione che costruisce un’immagine nel tempo? La pubblicità di successo è senza tempo, o deve cambiare per rimanere attuale quando parla con i consumatori? In questa introduzione al libro di Marco Lombardi non cercherò di rispondere a tutte queste domande ma mi limiterò a regalarvi alcuni miei pensieri. Per incominciare, più penso a proposito degli standard in pubblicità, più realizzo che c’è una grossa differenza tra le regole creative e quel1. Nato a Porto Torres, in Sardegna, è il più famoso ed il più premiato pubblicitario italiano, unico ad aver conquistato una vastissima notorietà internazionale. Ha studiato architettura in Sardegna e alla New York University, allievo di Andy Warhol, ha vinto 7 Clio, oscar della pubblicità in America, 7 leoni a Cannes e l’unico Telegatto assegnato alla pubblicità con Barilla. È fra i più giovani commendatori della Repubblica, insignito da Cossiga ha ricevuto la laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione dall’Universita di Sassari. Membro del Comitato esecutivo della Scuola Sperimentale di Cinema di Roma e del Comitato di studi sull’Aids prima con il Prof. Veronesi e successivamente con il Prof. Sirchia, fa parte del comitato scientifico per l’ambiente con Mattioli. È presidente onorario della società amatori rugby di Alghero, che milita in serie A. Dopo dieci anni di lavoro negli Stati Uniti in alcune delle più importanti agenzie americane, firmando campagne di grande successo, torna in Italia dove si distingue come il più incisivo protagonista a cavallo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta di una svolta radicale della pubblicità italiana: dalla reclame di Carosello al moderno Advertising. Tra molte altre, sono sue le campagne Barilla, Rana, Fiat, De Cecco, Tuborg, Simmenthal, Ariston. Fra gli incarichi prestigiosi, la presidenza della BGS DMB&B e della Gavino Sanna Associati. Fra le sue più recenti attività, Gavino è l’imprenditore della cantina vinicola Mesa nel Sulcis (visitare il website) dove ha disegnato nei dettagli la sede e il corporate design, con un’accurata ricerca nel folk sardo e il rigore che ha sempre contraddistinto la sua perfetta art direction. 11 le che io cambierei in principi creativi. Per me questa differenza è stata drammaticamente illustrata da due grandi leader2 della pubblicità mondiale che hanno costruito le loro agenzie negli anni ’50. David Ogilvy e Bill Bernbach. Appena cominciò a lavorare nella sua agenzia in America, Ogilvy formulò una serie di regole per produrre della pubblicità stampa efficace e senza rischi. Queste regole erano basate in massima parte sulla sua esperienza come ricercatore con George Gallup3. Nella sua bibbia Ogilvy incluse dei comandamenti che riguardavano la pubblicità stampa: specificò la grandezza ed il tipo dell’illustrazione (una fotografia, mai un disegno). Predicò la necessità di una didascalia per la fotografia e specificò la sua lunghezza. Continuò specificando la lunghezza della headline così come i tipi di carattere da usare. In aggiunta ordinò l’uso di caratteri particolari per la body copy, parlò della lunghezza della copy stessa, generalmente abbastanza lunga perché, aggiunse: “più dici, più vendi”. Queste ed altre regole furono inventate per garantire una grande visibilità ed un alto grado di leggibilità. Il formato degli annunci di Ogilvy fu sempre fra i meglio notati e letti in ogni riFig. 0.1 - Gavino Sanna visto da Davista. Il solo problema fu che i suoi vid Levine annunci cominciarono inevitabilmente ad assomigliarsi fra di loro. Bernbach invece rifiutò regole e dogmi. Sviluppò una serie di criteri per il tipo di pubblicità in cui credeva. Disse che la pubblicità di successo deve attirare l’attenzione e per fare questo la pubblicità deve essere differente da ogni altro tipo di pubblicità. Deve avere una forte ed unica personalità. L’advertising è un’arte, egli disse, non una scienza. Avere una solida idea di vendita4 è solamente la metà della battaglia. L’idea deve avere un’esecuzione5 originale, unica, per essere notata dal consumatore. Le idee di Bernbach non furono facili da vendere ai clienti. Allora come adesso 2. Si veda in dettaglio la parte di Emanuele Pirella sugli stili creativi. 3. Gallup fu pioniere delle ricerche di mercato e dei sondaggi di opinione. 4. È la selling idea, come vedremo in seguito. 5. La telling idea. 12 l’ultima cosa che la maggior parte dei clienti desiderava era una pubblicità che fosse differente: quello che veramente volevano i clienti era un’idea che avevano visto prima e con la quale si potevano sentire a proprio agio6. Al contrario Ogilvy trovò un mercato pronto ad accettare le sue regole e trovò clienti affamati per un tipo di pubblicità senza pericoli che garantisse il successo di vendita. Le sue regole diedero ai clienti un meraviglioso feeling di sicurezza. Il format per la pubblicità stampa di Ogilvy diventò datato e vecchio ed i suoi stessi uomini abbandonarono le sue regole man mano che l’agenzia continuava a crescere e a prosperare. I principi di Bernbach invece, che voi siate d’accordo o no, sembrano pieni di significato oggi come quando egli scrisse il suo primo annuncio per Orbach’s7. Raccontandovi queste storie di due leader dell’advertising mondiale vi ho rivelato alcune delle mie scelte. Io rigetto le regole che controllano la creatività mentre credo nei principi che aiutano il processo creativo: questi principi sono semplicemente le cose che io vorrei ci fossero in ogni annuncio che facciamo. In tutta onestà devo però confessare di non aver mai visto tutti questi principi insieme in un annuncio od in un commercial. Principio n. 1. Voglio un’idea di vendita. È veramente sorprendente quanto la maggior parte della pubblicità che vediamo oggi manchi di questo ingrediente di base. Le più grandi idee di vendita sono innovative, persino rivoluzionarie. Sono capaci di rovesciare il mercato sottosopra. Portano la gente a vedere il prodotto sotto una luce completamente nuova, possono creare interi nuovi mercati. Idee di posizionamento per Pronto come un prodotto da usare tutte le volte che spolveri i tuoi mobili; per Crest come il dentifricio trionfante sopra le carie; per Volgswagen come un brutto ma efficiente mezzo di trasporto; per Avis come il numero 2; per Marlboro come la mitologia del cowboy. Ho l’impressione che molte grandi idee come queste siano venute da qualcosa che Edward De Bono chiama lateral thinking8: l’abilità di mettere da parte i pensieri logici ed ordinati e pensare al prodotto e alla sua opportunità in un nuovo eccentrico modo. Il risultato è che qualche volta vediamo le cose come mai le abbiamo viste prima. È così che può nascere la grande idea. Se siamo veramente fortunati ci potrà accadere di avere una grande selling idea una o due volte durante la nostra intera carriera. 6. Al contrario, sosterremo la tesi che la committenza deve sentirsi a “disagio” e cioè di fronte a un’idea inaspettata. 7. Un department store di medio basso prezzo ora scomparso. 8. Ne parleremo a lungo; in particolare è da leggere l’intervento di Jed Falby. 13 Principio n. 2. La pubblicità dovrebbe essere rilevante. Dovrebbe cioè avere importanza per la gente che si vuole raggiungere. L’intero soggetto della rilevanza in pubblicità è più che mai importante oggi. I giorni in cui la pubblicità era destinata a raggiungere un grandissimo numero di persone stanno gradualmente finendo. Il tempo in cui si poteva raggiungere praticamente tutti nel Paese con un telecomunicato è pressoché finito. Gli spettatori si stanno frammentando, il mezzo sta diventando più selettivo, la nostra target audience sta diventando sempre più piccola e meglio definita e abbiamo bisogno di essere sicuri che il messaggio che stiamo inviando sia di grandissimo significato. Esempi di pubblicità non affatto rilevante ci circondano ogni giorno di più. Probabilmente voi avete visto dei commercials che vi sono apparsi interessanti e divertenti ma di cui non ricordate il nome della marca. Potrei suggerirvi che quando la pubblicità è ricordata ma il prodotto o la marca dimenticati è perché il messaggio è irrilevante. Principio n. 3. Vorrei che i miei annunci fossero credibili. Quando parlo di credibilità in pubblicità non parlo della fede che i nostri spettatori hanno nella chiesa, nella famiglia e nei leader politici; parlo di un’accettazione generale e mancanza di rigetto. In questi tempi quando il pubblico è scettico su quasi tutto è molto importante non sfidarlo con affermazioni incredibili anche se veritiere. Credo sia meglio promettere meno ed essere credibili che promettere tanto e non essere creduti. Il cimitero del marketing è pieno di marche e prodotti che hanno avuto grande pubblicità che, ahimè, ha illustrato smisuratamente le loro virtù. Principio n. 4. In cerca di distinzione. Mi chiedo spesso: l’esecuzione di questo annuncio è innovativa o è semplicemente una fotocopia dell’idea di qualche altro? Un principio estremamente difficile da poterci convivere. I clienti, come abbiamo già notato prima, si sentono a proprio agio con le cose che conoscono già. Qualche volta “e Dio li castighi” persino presidenti di agenzie, amministratori delegati e direttori creativi si sentono più a loro agio con qualcosa che hanno già visto e che conoscono. Istintivamente noi tutti tendiamo verso il familiare e la voce amica, piuttosto che verso le cose strane e forse minacciose. Questa è la ragione suppongo, per cui tutta la pubblicità in ogni categoria tende ad assomigliarsi. Si sacrifica la sorpresa dei consumatori a favore del comfort dei clienti. Il problema è distinguere quelle idee che sono veramente rivoluzionarie da quelle che sono solamente pazze. Qui solo il vostro giudizio e il vostro gusto possono essere la vostra guida. Io definirei le innovazioni in pubblicità in questo modo: la creatività deve essere innovativa per essere nuova ma non così nuova da essere incomprensibile. 14 Principio n. 5. La pubblicità dovrebbe essere persuasiva. Generalmente non è abbastanza raccontare agli acquirenti i fatti nudi e crudi, non basta un solido argomento per comperare. Molta pubblicità di successo non ha una vendita logica ma emotiva. Qualcuno una volta ha detto che la differenza tra una vendita emotiva e una vendita logica è la differenza tra la fisicità del prodotto e il beneficio dello stesso. La prima è il prodotto visto attraverso gli occhi di chi lo fabbrica; il secondo è il prodotto visto attraverso gli occhi del consumatore. Principio n. 6. Non seguire le tendenze. Se tutti questi principi sono al di là del tocco del tempo, e io credo che lo siano, perché dovremmo sentire la necessità di cambiare pubblicità per mantenerla attuale? Dovremmo essere tutti concordi nel dire che essere contemporanei non vuol dire essere di tendenza. La pubblicità di tendenza è vista ancor più come un cliché della pubblicità, fuori moda. Un creativo dovrebbe diffidare di un’esecuzione che è ruberia dell’ultimo film o delle canzoni più popolari. In pubblicità niente è più pericoloso degli entusiasmi passeggeri. E i creativi sono molto sensibili alle mode, soprattutto a quelle create dai creativi stessi. Per quanto mi riguarda sono certo che la miglior comunicazione è stata e probabilmente sarà sempre a contatto con il suo tempo perché costruita attorno a una solida conoscenza della gente, di quello che la gente fa, di quello che la gente pensa. Noi abbiamo bisogno di sapere che le nostre idee rispondano ai bisogni e ai desideri della gente. Se sarà così la nostra comunicazione sarà contemporanea e non dovremo sforzarci di essere in stile con l’ultima moda. Buona lettura con Marco Lombardi. Fig. 0.2 - La marca appartiene al pubblico (Parigi, Marais) 15