Sulle Rotte di Carta

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Sulle Rotte di Carta
Scritto da Loris Manelli
Il Ventaglio delle Fantasie non è un’opera letteraria, anche se molto gli somiglia.
Ai tempi di Tolomeo forse l’immaginazione aveva più corso, poteva spianarsi su un
mondo ancora senza confini. Eppure oggi, nonostante il progresso abbia tracciato mappe e
precise topografie, sbalordisce trovarsi a tu per tu con quella da lui disegnata nel 130 d. C. Gli studi del matematico greco, riscoperti a Costantinopoli seicento anni fa, furono la base per la
cartografia oceanica nei due secoli successivi. Le colonne d’Ercole erano state varcate,
abbattute, sbriciolate dai marosi e dalla fame di confini dei navigatori. Quelli che portavano con
sé la fede e il portolano, di rado mossi dall’avidità della conquista.
Un tempo navigare significava condurre una imbarcazione da un luogo all’altro con perizia,
senza guai, e con celerità. Niente sestanti, scandagli, radar, strumenti e diavolerie elettroniche
di assistenza, capaci di fornire l’esatta posizione in cui ci si trova. Per questo, e non solo, fa un
certo effetto vedere la prima carta geografica dell’uomo, esposta in un museo, con la macchia
dei mari del globo tracciata nel sasso e l’incerta Babilonia al centro. L’ombelico del mondo si è
trasferito altrove. Potenza della tecnologia, e dello squilibrio economico. Nessuno è mai riuscito
a spostare l’asse della Terra quanto la fame degli uomini. Ci sono voluti secoli perché si arrivasse ad un semplice profondimetro, costituito da un
piombino a goccia fissato ad una sagola: fenici e vichinghi viaggiavano sottocosta, di giorno,
gettando l’àncora dopo il tramonto. Troppo difficile anche per l’intuito schivare gli scogli. Furono proprio i fenici a organizzare le rotte guardando le stelle, tentando un disegno per nulla
rudimentale dei cardini-guida. Il poeta Arato scrive della costellazione dell’Orsa Minore, grazie
alla quale gli uomini di Sidone percorrono le strade più brevi. Dell’Orsa Minore fa parte la Stella
Polare, che compare sempre a Nord e ne indica la posizione con sicurezza. Questo permise ai
naviganti di non limitarsi a randeggiare, ma di spingersi dove la costa spariva alla vista, anche
per lunghi tratti. Sapevano che il sole si trova a sud nel mezzogiorno locale, e abbinarono a tale
assunto la rosa dei venti. Quest’ultima, di probabile origine orientale, indicava le quattro
principali correnti, da nord ad ovest: Borea, Euro, Noto e Zephiros. Tutti, dalle galere alle drakkar delle armate di Odino se ne sono serviti, sviluppando gradi
maggiori di precisione con lo spostamento di quarantacinque gradi di ognuno di essi.
Diventarono così otto, i grandi venti conosciuti, a cui i Romani diedero il nome di Tramontana,
Greco, Levante, Scirocco, Mezzodì, Garbino (poi Africo), Ponente e Maestrale. Ciò che sorprende è come il brulichio di genti a cavallo dei mari per fame di orizzonti o per
commercio, a dispetto della frequenza, non abbia mai prodotto cartografie dettagliate fino ai
tempi recenti. La prima mappa, modellata nell’argilla, è in mostra al British Museum, e risale a
settecento anni prima di Cristo. Riprende, a grandi linee, la concezione omerica, secondo cui il
mondo è un immenso disco circondato dal fiume Okeanos. Va riconosciuto ai naviganti il sospetto che quella rappresentazione non fosse poi tanto
realistica. Battendo le coste del Mediterraneo capirono che il geoide doveva essere più esteso
sull’asse longitudinale, e approcciarono i nuovi disegni come un rettangolo. L’equatore passava
all’altezza di Rodi, l’antico centro marittimo globale. In realtà, la concezione sferica si era già
fatta largo in Pitagora. Ci pensò la Chiesa a tarpare gli slanci del famoso scienziato, ma il seme aveva ormai radicato. 1/3
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Scritto da Loris Manelli
Applicando proprio le teorie pitagoriche, Eratostene, cireneo di Libia, nel 200 a.C. tentò di
scoprire la circonferenza della Terra misurando la lunghezza dell’ombra prodotta da uno
gnomone - ossia quello proiettato dal sole ad Alessandria nel solstizio d’estate. Lo scarto fu
soltanto del quattro per cento. Sulla base di quel calcolo, diede forma a una nuova mappa del mondo, introducendo meridiani
di longitudine e paralleli di latitudine, facendoli passare per le località principali. Marino di Tiro e altri cominciarono poi a tracciare carte nautiche, sebbene limitate alle acque
mediterranee e arabe. Il problema di trasferire con precisione una superficie curva su una piatta
come il foglio di carta, venne risolto appunto da Tolomeo con il Ventaglio della Fantasia.
Elaborò una proiezione conica grazie a cui si potevano disegnare in 180 gradi le regioni
comprese tra le Canarie e la Cina, con il sistema della proiezione di uguale area. L’areale
europeo, il Mar Rosso e il Golfo Persico sono raffigurati con sorprendente minuzia, l’Africa è
congiunta all’estremo Oriente con la Terra Incognita Secundum Tholomeum, e l’Oceano Indiano
è un grosso lago circoscritto. Limitatamente alle conoscenze di allora, Tolomeo sbagliò solo su un punto: accettò la
misurazione della circonferenza terrestre di Posidonio e non quella di Eratostene, sfalsando le
distanze in miglia dei gradi di latitudine da 60 a 50.
Ma se i poeti di Nemi e del Pireo scrivevano sul buio molle delle onde/posano tremori e
intemperanze/pronte alla febbre della costa/e l’angoscia senza luce/non è il più terribile dei
patemi/ma il vento/che non ha forma, e del volere/non ne sappiamo mai abbastanza
, nessun marinaio deve avergli mai dato colpe.
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