Facoltà di Scienze della Formazione Università di Roma Tre Anno accademico 2013/2014 Corso di laurea in “Formazione e sviluppo delle risorse umane” Insegnamento Politica economica e gestione delle risorse umane Docente Prof. Aldo Gandiglio Seconda parte LEZIONE 4 ECONOMIA DELL’ISTRUZIONE E CAPITALE UMANO OVEREDUCATION, MISMATCH E SKILL-BIAS Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Capitale umano – approcci teorici (cenni) Che cosa è il capitale umano? In termini generali potremmo definirlo come il patrimonio di abilità, capacità tecniche e conoscenze di cui sono dotati gli individui; vi sono incluse la forza fisica, la resistenza alla fatica, l‟abilità manuale, la capacità di comunicare. L‟importanza di queste doti nel determinare la quantità di prodotto ottenibile, per esempio, in un‟ora di lavoro non è fissa nel tempo e nello spazio, ma è storicamente determinata, in primo luogo dal paradigma tecnologico prevalente. In agricoltura, nella fabbrica fordista o nel settore delle costruzioni la forza fisica e la resistenza alla fatica sono forse le doti più importanti nel determinare la produttività del lavoro; presumibilmente queste stesse caratteristiche sono meno vitali nelle economie avanzate e terziarizzate.1 Questa definizione è tratta dal lavoro di Cipollone P , Visco I., Il merito nella società della conoscenza, Il Mulino, n. 1/2007, pp. 21-34, riportato nell‟ Allegato lezione n. 4, cui si rimanda per un approfondimento (LEGGERE) Alcuni precedenti storici Per molto tempo gli studiosi che si sono avvicinati ad analizzare i fenomeni economici hanno trascurato una variabile fondamentale per la crescita e lo sviluppo di ogni paese quale il capitale umano. Verso la fine del „600 viene osservato come la crescita demografica costituisca uno dei fattori per l‟aumento del benessere della popolazione, in quanto la singola persona è un fattore produttivo di ricchezza; nella seconda metà del Settecento, filosofi/economisti italiani (l‟abate 1 Cipollone P , Visco I. Il merito nella società della conoscenza, “il Mulino, n. 1/2007, pp. 21-34 2 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Galiani, Genovesi) individuano nell‟educazione delle persone la modalità più efficace per raggiungere la pubblica felicità. Ma è con Adam Smith e la scuola classica inglese (a cavallo del 1800) che si mettono in luce l‟importanza dell‟istruzione e della formazione: la prima ha il compito di trasmettere nozioni e insegnamenti elementari nella prospettiva dell‟introduzione nel mondo produttivo, mentre la seconda deve essere finalizzata alla specializzazione settoriale, per massimizzare i benefici derivanti dalla divisione del lavoro. Di più ancora, Smith approfondisce le cause che possono dar origine ai differenziali salariali, individuandole nelle difficoltà per imparare un mestiere, nei livelli di responsabilità raggiunti nell‟esercizio di una professione, sino alla compensazione dei costi sostenuti per acquisire una qualificazione finalizzata all‟esercizio di professioni. Alla base di tali argomentazione pone l‟assimilazione dell‟investimento nella formazione a quello delle macchine per la produzione. affrontato: “Quando viene montata una macchina costosa, ci si deve aspettare che il lavoro straordinario che essa eseguirà prima che sia logora, rimpiazzi il capitale in essa investito con almeno i profitti ordinari. Un uomo istruito a costo di molto lavoro e tempo in una qualsiasi di quelle occupazioni che richiedono straordinaria destrezza e abilità può essere paragonato a una di queste macchine costose. Ci si deve aspettare che il lavoro ch’egli impara ad eseguire, oltre ai salari usuali del lavoro ordinario, lo ripaghi dell’intero costo della sua istruzione almeno al profitto ordinario d’un capitale di uguale valore. E questo deve avvenire in un tempo ragionevole, tenuto conto della durata assai incerta della vita umana, alla stessa stregua che si tiene conto della durata più certa della macchina”2. Infine, la scuola neoclassica inglese (1870-1890) considera la cultura uno strumento per promuovere il protagonismo dei cittadini, la stabilità sociale, l‟aumento della ricchezza e la mobilità nel mercato del lavoro. 2 Smith A. (1987), La ricchezza delle nazioni, Utet, Torino, p. 198. 3 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 La prima vera indagine sulla rilevanza del capitale umana è di Denison. Questi dimostra matematicamente che, nell‟analisi del PIL degli Stati Uniti tra il 1929 e il 1957, esiste un “residuo” non imputabile ai parametri tradizionali, e che tale parte di reddito nazionale sia attribuibile all‟aumento del livello dell‟istruzione nella popolazione. In aggiunta, qualche anno dopo, l‟autore precisa: «Più istruzione dovrebbe contribuire alla crescita in due modi diversi. Primo, dovrebbe aumentare la qualità della forza lavoro […] ciò dovrebbe generare un incremento della produttività lavorativa […] Secondo, un maggiore livello culturale della popolazione dovrebbe accelerare il tasso di accumulazione dello stock di conoscenza nella società ». Ma è con Schultz nel 1960 che, attraverso stime statistiche, si giunge ad affermare che il capitale umano è un fattore della crescita economica americana. Il tema delle dell‟accumulazione dell‟istruzione nelle risorse umane è visto come un investimento vero e proprio. Il capitale umano si forma progressivamente nel tempo mediante il sostenimento di costi reali e figurati (costiopportunità), come un investimento a ritorni differiti Il capitale umano si differenzia dagli altri stock di risorse unicamente per la sua incorporazione strutturale nell‟individuo. Ne deriva la valutazione dell‟essere umano in termini di costi/benefici, danni/vantaggi, perdite/guadagni. Per l‟istruzione, si considerano il pagamento delle tasse scolastiche, l‟impiego di anni di studio, il dispendio di energie e la mancata percezione di redditi. Lo strumento del tasso di rendimento attualizzato sembra essere il più adeguato per individuare l‟economicità delle scelte alternative. Queste approccio ha avuto una formalizzazione nella celebre opera di Becker intitolata “Human Capital: A Theoretical and Empirical Analysis, with Special Reference to Education”, (1964 e sviluppi 4 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 successivi). Lo schema di analisi riprende il pionieristico lavoro di Mincer del 1958, in cui si dimostra che la differenza tra retribuzioni diverse, sotto la condizione di pari abilità dei lavoratori, dipende dal numero di anni di istruzione. Queste indicazioni si fondano su analisi che spiegano come il capitale umano accresca il prodotto pro-capite sia direttamente, sia attraverso miglioramenti organizzativi, gestionali e un più alto tasso di innovazione tali da innalzare il trend di crescita della produttività del complesso dei fattori utilizzati nella produzione. Le implicazioni di tale aumento della produttività sono quindi di due tipi : - macroeconomiche, il sistema cresce di più grazie al contributo positivo dell‟istruzione, - microeconomiche, il lavoratore riesce ad ottenere un reddito maggiore. E‟ da ricordare come la teoria del capitale umano (almeno nelle formulazioni più neoliberiste) abbia ricevuto, e riceva, forti critiche. Riporto alcune frasi di Luciano Gallino3, che ne sintetizzano gli aspetti più critici. “…il neoliberismo propone altresì una teoria dell’occupazione, della distribuzione del reddito e della persona di fronte al lavoro. In conformità a detta teoria, il mercato stabilisce automaticamente quale sia il tasso di occupazione più consono al benessere generale. A sua volta la distribuzione del reddito viene determinata esclusivamente dalla remunerazione dei fattori di produzione…Infine, il disoccupato è definibile come un individuo cui capita di non possedere la formazione professionale più adatta, oppure uno che non accetta il lavoro disponibile o il salario che lo accompagna, o semplicemente non desidera lavorare…Il neoliberismo contiene anche una esauriente teoria dell’istruzione. Il fine ultimo e unico di questa in ogni suo grado e 3 Gallino L. (2011), Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Einaudi, Torino, pagg. 28-29. 5 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 comparto…risiede nel conferire produttivamente occupabile.” all’individuo competenze professionali tali da renderlo Inoltre, si ricorda ancora quanto riportato nelle precedenti lezioni (quando si è approfondito il concetto e contenuti del PIL) nel determinare il capovolgimento di angolo visuale legato al concetto di “eguaglianza di capacità” proposto da Sen, dove le “capacità (capabilities) rappresentano ciò che un individuo riesce a fare o essere nel corso della propria vita”. Amartya Sen ricomprende, ampliandolo, il concetto di capitale umano nella sua analisi delle capabilities, affermando che4: “se l’istruzione rende un individuo più efficiente come produttore di merci, questa è, chiaramente una crescita del capitale umano. Ciò può far aumentare il valore economico della produzione della persona che è stata istruita, e quindi anche il suo reddito. Ma l’essere istruiti può dare dei benefici anche a reddito invariato – nel leggere, nel comunicare, nel discutere – in quanto si è in grado di scegliere con maggiori cognizioni di causa, in quanto si è più presi sul serio dagli altri e così via; dunque i benefici vanno al di là del ruolo di capitale umano nella produzione di merci. Ora, il più generale dei due approcci, quello basato sulle capabilities, tiene conto anche di questi ruoli addizionali e sa dar loro il giusto valore; dunque i due punti di vista sono strettamente legati ma diversi”. 4 Sen A. (2000), Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondatori Editore, Milano (pag. 293). 6 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 I RENDIMENTI NELL’ISTRUZIONE E NELLA FORMAZIONE In numerosi studi condotti a livello internazionale si stima che un anno di istruzione in più per la media dei lavoratori comporti un aumento del prodotto pro capite del 5%. Ma un elevato stock di capitale umano permette altresì l‟adozione di metodi di produzione più efficienti, favorendo la crescita più rapida del prodotto pro-capite. Per la media dei paesi dell‟OCSE si stima che questo effetto comporti un aumento del tasso di crescita pari a circa mezzo punto percentuale all‟anno, ma l‟intensità si attenua via via che si riduce il ritardo tecnologico. Per misurare l‟intensità degli incentivi individuali a investire in capitale umano, gli economisti usano in genere un parametro che, pur approssimativo, indica in quale misura un anno in più di istruzione accresca i benefici netti individuali; questi derivano dai maggiori redditi da lavoro e dalla più alta probabilità di essere occupati tenendo conto naturalmente dei maggiori costi che occorre sostenere per acquisire l‟anno in più di istruzione. Nella maggioranza dei paesi dell‟OCSE le persone con un titolo di istruzione equivalente alla laurea specialistica guadagnano almeno il 50% in più di quelle che hanno ottenuto il diploma di scuola secondaria. I differenziali retributivi tra questi ultimi diplomati e quelli della scuola media, meno accentuati, sono comunque compresi tra il 15% e il 30%. Negli ultimi vent‟anni queste differenze si sono ampliate in quasi tutti i paesi dell‟OCSE, sebbene in modo asincrono e con intensità diverse. Questo fenomeno è riconducibile, in parte, a una maggiore valorizzazione del lavoro più qualificato a seguito della diffusione di innovazioni tecnologiche che aumentano la domanda di capitale umano. L‟altra causa è stata individuata nel forte aumento 7 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 dell‟offerta di lavoro a basso livello di istruzione, attraverso la crescente partecipazione al commercio mondiale dei paesi meno sviluppati. In Italia i differenziali retributivi per livelli di istruzione sono prossimi a quelli medi dei paesi dell‟OCSE per quanto riguarda il rapporto tra diplomati di scuola secondaria e di scuola media, con un differenziale del 28% (valori quasi doppi per Regno Unito e Stati Uniti), ma inferiori a quelli degli altri principali paesi nel confronto tra laureati e diplomati di scuola secondaria (con valori medi del 53% per l‟Italia contro 63% in Francia e Germania, 74% nel Regno Unito e 81% negli Stati Uniti). 8 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 9 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Nelle tabelle precedenti sono state offerte informazioni su tali differenziali di reddito, ma è da rilevare che nel generale arretramento, dovuto all‟attuale crisi economica, del valore dei salario netto mensile, passato da 1.318 euro del 2008 a 1.264 euro nel 2012 (euro a prezzi del 2012), non si sono salvate le retribuzioni dei lavoratori in possesso dei più elevati titoli di studio (vedi figura successiva). In generale, le dinamiche salariali complessive sono state influenzate, da un lato, dall‟ampliamento del divario domanda/offerta di lavoro (con freno della dinamica salariale) e, dall‟altro, dai mutamenti della composizione della forza lavoro con una minore incidenza delle figure professionali a più bassa remunerazione (con possibile aumento della media salariale). Tale fenomeno ha interessano con specifiche modalità i giovani con più elevato titolo di studio; per quelli in possesso di diploma e, ancor più, con la laurea. Le cause possono essere ascrivibili al deterioramento della qualità del lavoro: tra i giovani laureati, la quota di occupati in mansioni a bassa o nessuna qualifica è in continua crescita raggiungendo il 25,3% del totale, con più intensi aumenti nel Mezzogiorno, mentre minore è risultato il fenomeno per i giovani in possesso del diploma, che tocca solo il 15% del totale dei giovani diplomati. Tale fenomeno è definito overeducation e viene identificato sulla base della classificazione internazionale delle professioni. 10 Overeducation5, mismatch, skill-bias Tra i laureati, si considerano overeducated gli occupati nelle professioni a bassa o nessuna qualifica, mentre tra i diplomati è definito overeducated un lavoratore che è impiegato in professioni prive di qualifica. Inoltre, al problema dell‟ overeducation tra i laureati si cumula sovente un altro fenomeno, che si riscontra con un indicatore di mismatch. Una analoga procedura, come quella già seguita per l‟overeducation, definita da Eurostat, identifica i lavoratori mismatched sulla base di una classificazione delle lauree cui si associano i codici delle professioni considerate good match; in tal caso i corrispondenti lavori rientrano nell‟ambito tematico del percorso di studi seguito e, al contrario, gli occupati di ciascuna classe di laurea che lavorano al di fuori di queste professioni sono considerati mismatched. Con riferimento al mismatch, in Italia, nel triennio 2009-2011, il 32,3 per cento dei giovani occupati in possesso di una laurea svolgeva mansioni che non riflettevano l‟ambito tematico del corso di studi di provenienza. Queste informazioni sono tratte da uno studio della Banca d‟Italia6, che ha effettuato interessanti approfondimenti sull‟occupazione dei giovani, di cui si danno di seguito alcune informazione di sintesi. 5 6 Si ricorda che esiste anche il fenomeno opposto “undereducation”, cioè presenza di un livello di istruzione inferiore a quello richiesto Banca d‟Italia, L’occupazione dei giovani in Italia, in L’economia delle regioni italiane, “Economie regionali”, n. 2, novembre 2012. Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 12 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Una ricerca del Cedefop ha evidenziato possibili effetti negativi nel medio periodo (scarring effects) associati al mismatch. In particolare, la overeducation nel primo impiego potrebbe mandare segnali negativi sulla produttività del lavoratore ai futuri datori di lavoro, rendendo difficile ai giovani ottenere miglioramenti occupazionali per il futuro lavoro. Inoltre, un periodo prolungato di lavoro non corrispondente al livello di qualifica posseduto (o alle competenze acquisite con la formazione) potrebbe portare all‟obsolescenza delle stesse competenze. Passando ad analizzare l‟incidenza dell‟overeducation per diplomati e per laureati riferita a tutte le età, la quota appare più contenuta di quella ristretta alla sola età giovanile, ad indicare un peggioramento del fenomeno negli ultimi anni. Il confronto con i principali paesi europei segna, sempre in riferimento a tutte le età, valori minori per l‟Italia (vedi tabella seguente).7 Le quote di overeducation per i diplomati di scuola secondaria superiore e per i laureati sono rispettivamente pari al 28,2% e 16,9% per l‟Italia e 39,6% e 21,2% nella media dell‟UE. Le variabili che determinano l‟incidenza più bassa dell‟overeducation in Italia appaiono ascrivibili alla struttura produttiva, con conseguente articolazione di tipologie professionali tradizionali, che richiedono titolo di studio meno elevati, e contemporaneamente, ai livelli di istruzione relativamente 7 Cascioli R,, Il fenomeno della sovraistruzione in Italia. Spunti di riflessione; Paper for the Espanet Conference, Roma, 20-22 settembre 2012. 13 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 più spostati verso i titoli di studio meno elevati. Il confronto con i paesi più avanzati dell‟Unione Europea evidenza nel nostro paese una minore incidenza dei knowledge workers sul totale dei lavoratori dipendenti, a causa dalla prevalenza di piccole imprese, tradizionalmente meno disponibili ad investire in formazione, e con una minore propensione del nostro sistema produttivo ad assorbire le competenze maturate nei percorsi di studio più elevati. L‟overeducation risulta così relativamente più contenuta a causa, principalmente, dei più bassi livelli di istruzione degli occupati italiani; al contrario, negli anni più recenti, il riferimento alle leve giovanili più scolarizzate fa segnare un aumento del fenomeno in quanto trovano occupazione in attività poco coerenti col percorso di studi seguito a causa della debole dinamica delle attività ad “alto contenuto di conoscenza”. Per i giovani può verificarsi il cosiddetto “effetto coorte”, dovuto all‟affacciarsi sul mercato del lavoro di un elevato numero di persone altamente qualificate che determina un eccesso di offerta di lavoro qualificato, ed in tal caso il mercato assorbe queste persone in posti di lavoro che richiedono minori skill. Queste situazioni potrebbe avere caratteristiche transitorie, in presenza di mobilità nel mercato del lavoro, tale da permettere alle persone coinvolte in attività sottoqualificate di cambiare agevolmente lavoro e di ottenerne un altro più coerente con il percorso di studio. Al contrario, tale fenomeno può acquistare una valenza strutturale laddove il sistema economico sia caratterizzato da un alto livello di disoccupazione, con minori possibilità di scelta anche per i lavoratori altamente qualificati, cui si offrono poche scelte se non accettare lavori sottoqualificati, e poco retribuiti. 14 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Queste considerazione d‟insieme ci permettono di avanzare ancora con qualche dettaglio, riportando alcune distinzioni, come da letteratura, tra più tipologie di mismatch, di cui almeno: - educational mismatch, mancata corrispondenza tra il titolo di studio posseduto da un individuo e quello richiesto per una posizione organizzativa/attività; - skill mismatch, mancata corrispondenza tra le competenze e le abilità di cui è dotato un individuo e quelle richieste per lo svolgimento di una attività. 15 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Dai pochi accenni riportati in precedenza, le cause che possono determinare un mismatch tra domanda e offerta di capitale umano possono essere molte, e non tutte facilmente individuabili, né tantomeno rimuovibili, almeno nel breve/medio periodo. Si sono ricordate: la struttura economica, la presenza di professioni ad alto contenuto di capitale intellettuale, le produzioni più innovative a più alto valore aggiunto, la Ricerca scientifica, le innovazioni di prodotto e processo, ecc. Tra di esse, e la letteratura economica lo ha ampiamente analizzato e approfondito, il cambiamento tecnologico skill-biased è considerato un processo rilevante nel contribuire a generare skill mismatch. L‟idea sottesa è che l‟innovazione tecnologica favorisca l‟assorbimento di persone con elevato livello di istruzione, in quanto generi posti di lavoro a maggior contenuto di competenze; al contrario, l‟assenza di innovazione tecnologica e il permanere di attività produttive di carattere più tradizionale generi overeducation e skill mismatch, con le persone con livelli di istruzione più elevati inserite in attività che richiedono skill ridotti. Tuttavia, se tale approccio ha alla base la complementarietà tra nuove tecnologie e la più elevata qualificazione dei lavoratori, ciò comporta anche una sostituibilità tra nuove tecnologie e lavoratori non qualificati. Accanto al cambiamento tecnologico skill-biased si è affermata la rilevanza del cambiamento organizzativo skill-biased, alla cui base analitica vi è l‟idea che i processi di riorganizzazione interni all‟impresa determinino un aumento della domanda di lavoro qualificato. Anzi, si rileva l‟esistenza di forti relazioni tra cambiamento tecnologico e cambiamento organizzativo: l‟impresa che voglia adottare le nuove tecnologie, soprattutto quelle informatiche, non può prescindere dall‟introduzione di rilevanti cambiamenti nella propria struttura organizzativa. Di più, l‟interazione tra tecnologia e organizzazione potrebbe generare effetti “superadditivi”, accrescendo ulteriormente la domanda di lavoro qualificato e riducendo il fabbisogno di lavoro non qualificato. 16 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 La letteratura manageriale mette in rilievo che le politiche di reclutamento di manodopera qualificata appaiono così funzionali ad una piena valorizzazione degli incrementi di produttività indotti dall‟adozione di nuove tecnologie, e, nel contempo, generano nuove opzioni di design organizzativo e pratiche di lavoro flessibili e innovative, quali: - impiego di team di produzione (team-based production); - self-directed work teams: i lavoratori supervisionano il loro stesso lavoro, prendendo decisioni autonome in merito a tempi e flussi; - job rotation (esemplare quella delle banche): - problem-solving groups/circoli di qualità(QC); - sino al Total quality management (TQM); - nuovi sistemi di sistema di incentivi rivolti ai team; - nuove pratiche di screening pre-occupazionali; - innovative modalità di inserimento (tirocini, ecc.). 17 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 LE ESTERNALITÀ PRODUTTIVE La teoria e l‟analisi economica individuano l‟istruzione come elemento in grado di generare esternalità positive accrescendo la produttività totale dei fattori della produzione. Le fonti di esternalità sulla produzione sono molteplici. Già è stato detto che esiste un effetto del capitale umano sulla crescita della produttività totale dei fattori indotto dal fatto che la conoscenza aumenta la possibilità di sviluppare o adottare nuove tecnologie i cui benefici non sono direttamente goduti dall‟individuo. Inoltre, esistono effetti di diffusione della conoscenza tra individui perché le persone imparano anche sul posto di lavoro, amplificando la capacità del singolo di adattarsi al mutare del contesto lavorativo. Ma vi sono altri canali attraverso cui il capitale umano influenza il benessere individuale e collettivo. La letteratura empirica ne ha individuati almeno altri quattro. a) Il campo più studiato è quello dei cosiddetti peer effects nella scuola, cioè la circostanza per cui gli studenti sono influenzati dai rendimenti scolastici dei propri compagni di scuola. b) Il secondo campo di indagine è quello del rapporto tra istruzione e probabilità di delinquere; l‟istruzione riduce gli incentivi a delinquere aumentandone il costo opportunità sia innalzando il rendimento relativo delle attività legali sia aumentando il costo dei periodi di detenzione. c) Il terzo riguarda il legame tra livelli di istruzione e salute ed è basato sulla constatazione che il valore della prevenzione è maggiore per le persone più istruite per le quali il costo monetario della malattia è più elevato. d) Il quarto aspetto è in qualche misura più astratto e attiene al legame tra livello di istruzione e grado di liberta politica 18 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Vedere Allegato Lezione n. 4 – Cingano, Cipollone, I rendimenti dell’istruzione sino a pag. 7 (introduzione) e da pagg 11-15 – Rendimenti sociali dell‟istruzione e Conclusioni Alcuni esempi tratti da relazione di Piero Cipollone (Banca d‟Italia) al Convegno: Conoscenza per lo sviluppo: il ruolo della scuola e dei processi di apprendimento nelle politiche di sviluppo e coesione, Roma, 2005. 19 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 20 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 21 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 22 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 Qualche cenno conclusivo Una recente pubblicazione della Banca d‟Italia8, riportata come Allegato alla Lezione n. 4 (di cui si consiglia di leggere, almeno il capitolo “Perché investire in capitale umano?”, pagg. 6-12) approfondisce tali problematiche: “… le indicazioni di policy non possono non tener comunque conto delle interazioni tra do manda ed offerta di capitale umano, per superare quello che appare essere una sorta di circolo vizioso. La scarsa dotazione di capitale umano – in termini sia quantitativi sia qualitativi – condiziona il modello di specializzazione produttiva delle imprese italiane e contiene i ritorni dell’investimento in capitale umano, disincentivandone l’accumulazione. Gli investimenti e l’attenzione sono spesso rivolti più verso l’ottenimento d’un titolo di studio che verso l’acquisizione delle competenze che tale titolo in teoria dovrebbe certificare e “incorporare”, in ciò giocando un ruolo le diverse regole di funzionamento dei settori pubblico e privato. La stessa flessibilità introdotta nel mercato del lavoro, in assenza in molti comparti di una spinta al rinnovamento delle imprese e di una crescita della concorrenza nei mercati del prodotto, ha spesso favorito un utilizzo poco innovativo dei laureati, impiegati in funzioni e con salari non all’altezza. …occorre beninteso considerare tutte le aree di confine, superando in particolare la serie di regole che governano l’ordinamento scolastico e il mercato del lavoro e che creano una discrasia tra questi due mondi. Uscire da un simile circolo vizioso richiede perciò anche di collegare meglio il mondo scolastico col mondo esterno, evitando una sorta di autoreferenzialità di stampo accademico che contribuisce a ridurre il rendimento economico della scolarità. Al tempo stesso paiono essenziali interventi che favoriscano l’accesso al 8 Cipollone, Montanaro, Sestito, Il capitale umano per la crescita economica - possibili percorsi di miglioramento del sistema d’istruzione in Italia, Questioni di Economia e Finanza, n.122, Roma, aprile 2012. 23 Aldo Gandiglio - Politica economica e gestione delle risorse umane – Università Roma Tre – a.a. 2013 - 2014 mercato del lavoro e la situazione relativa, nello stesso, dei più giovani, superandone il dualismo, e che, favorendo il rinnovamento e la crescita dimensionale delle imprese italiane, sostengano la domanda di lavoratori con skills più elevati. Un forte segnale di rinnovamento e rafforzamento da parte della filiera dell’offerta può però avviare una più complessiva svolta. Esso potrebbe condizionare le scelte non coordinate del sistema delle nostre imprese, in prevalenza di piccolissime dimensioni, che finirebbero prima o poi per adeguarsi e reagire, anche per effetto della possibile nascita di nuove imprese come diretta emanazione di università o altri enti di ricerca.” (op. cit., pag 16) 24