Introduzione

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LA CARICA ELETTRICA
L’elettrone è la principale particella di carica negativa, ovvero di quantità di
elettricità, valutata in q = 1,6·10−19 C
Il numero di elettroni per coulomb è il reciproco della carica dell’elettrone; tale
18
numero è valutato in ne = 6,25·10 ;
1
1C
1⋅10+19 10 +18
ne = =
=
= ⋅10 = 6,25⋅10+18
q 1,6 ⋅10−19 C
1,6
1,6
−31
La massa dell’elettrone è valutata in: me = 9,109·10
Kg
Nel trattare gli atomi è utile assumere il nucleo positivo e gli elettroni più
interni come una carica equivalente positiva (nucleo ionico) il cui valore è un
multiplo intero della carica dello elettrone;
L’insieme degli “elettroni di valenza”, (cioè gli elettroni degli stati più esterni),
determina una carica complessiva negativa tale da rendere l’atomo neutro;
In determinate condizioni, uno o più elettroni di valenza possono staccarsi
dall’atomo e lasciarlo costituendo, di fatto, uno ione positivo;
LA FORZA DI COULOMB FRA LE CARICHE ELETTRICHE
Una particella carica genera nelle sue vicinanze un campo elettrico Ē, cioè una
regione di spazio nella quale la stessa particella carica esercita una “forza di
attrazione o di repulsione” sulle altre particelle cariche, in conformità con ciò che
viene sancito dalla legge di Coulomb;
q1
q2
O
FX
xO
x
FX =
q1 q 2
4πε ⋅ ( x − xo ) 2
FX = forza espressa in Newton
ε = permettività del mezzo in cui sono poste le cariche
Per la terza legge della dinamica, agirà sulla carica q1 una forza uguale ed opposta
Il moto di q2 si determina applicando la seconda legge della dinamica F = m·a; si
ottiene la scrittura seguente:
FX =
q1 q 2
4πε ⋅ ( x − xo ) 2
d
(m v x )
dt 2
=
e per un sistema non relativistico, cioè ritenendo m2 = costante, si ottiene:
m2
q1 q 2
dvx
=
= m 2 ax
2
dt
4πε ⋅ ( x − xo )
(1)
avendo espresso con: ax =(dvx/dt) l’accelerazione della carica q2;
IL CAMPO ELETTRICO
Si definisce intensità del campo elettrico Ē, generato dalla carica Q nel punto P il
rapporto fra la forza esercitata su una carica esploratrice positiva Qe ed il valore
della carica esploratrice medesima:
Q
O
Qe
P
xO
EX
FX
x
Q ⋅ Qe
F
1
Q
Ex = X =
⋅
=
Qe 4πε ⋅ ( x − xo ) 2 Qe 4πε ⋅ ( x − xo ) 2
Il ricorso al campo elettrico Ex generato dalla carica q1, nel punto in cui è posta la
carica q2, consente di riproporre la relazione (1) nella forma equivalente:
q1
dv x
m2
= m2 ax =
⋅ q 2 = q 2 Ex
2
dt
4πε ⋅ ( x − xo )
IL POTENZIALE ELETTRICO
Si definisce “potenziale V” (in volt) di un punto B rispetto ad un punto A, il lavoro
eseguito dal campo elettrico per portare una carica positiva unitaria da A a B,
ovvero, posto A in xO, posto B alla distanza arbitraria x ed EX componente del
campo secondo x, si ha:
x
VBA = − ∫ E x ⋅ dx
xo
dalla quale, derivando, si perviene alla relazione:
Ex = −
dV
dx
Il segno meno indica che il potenziale decresce nel verso del campo elettrico.
ENERGIA POTENZIALE – CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE
Si definisce energia potenziale U di una carica q posta a potenziale V il prodotto
della carica q per il potenziale V:
U = q ⋅V
se la carica q è riferita ad un elettrone, allora q viene sostituito dalla quantità che
segue: q = −e = −1,6·10−19 C
Atteso che l’energia riferita ad un solo elettrone è molto piccola, è necessario
introdurre l’unità di energia elettronvolt (eV), cioè:
1 eV = 1,6·10−19 C·1V·= 1,6·10−19 J
Il Principio di CONSERVAZIONE dell’ENERGIA totale sancisce che l’ENERGIA
TOTALE W, definita dalla somma dell’Energia POTENZIALE U e dell’Energia
CINETICA EC, rimane costante in un qualunque punto.
1 2
W = U + EC = q ⋅ V + mv = cost
2
Pertanto dette vA e vB le velocità possedute dalla carica q rispettivamente nei punti A
e B del campo e parimenti indicati con VA e VB i rispettivi potenziali, il Principio di
Conservazione dell’Energia consente di relazionare così come segue:
W A = WB
1
1
⇒ qV A + mv 2A = qVB + mv B2
2
2
ESERCIZIO I1.:Un elettrone lascia la superficie A di una armatura dirigendosi con velocità
iniziale vi verso la superficie B di una seconda armatura posta alla distanza d da A. Il potenziale
della piastra B ha il valore negativo Vd rispetto al potenziale della piastra A. Si determini quale
velocità finale vf avrà l’elettrone se raggiunge B.
Poiché viene fornita dalla traccia la differenza di potenziale fra la
Vd
piastra A e la piastra B, risulta di notevole interesse assumere il
potenziale della piastra A al valore di riferimento zero collegando la
+ ı
piastra medesima a terra, come mostrato in figura I1; in tale contesto
risultano coerenti ed adeguate le seguenti posizioni:
VA = 0V VA − VB = VAB = Vd
vf
vi
VAB
L’applicazione del Principio di Conservazione dell’Energia Totale
in corrispondenza delle piastre A e B consente di relazionare come
segue:
1 2
1
mvi + qVA = mv 2f + qVB
2
2
Ε
+
A
⇒ VB = −Vd
−
B
d
(figura - I1)
Ricordando che la carica elettrica in movimento è rappresentata da un
−19
elettrone e, per tanto, deve ritenersi q = −e, con e = 1,6·10
C;
sostituendo tutto quanto definito per ipotesi si ottiene:
1 2
1
mvi − eV A = mv 2f − e ⋅ ( −Vd )
2
2
ovvero, essendo come già detto: VA = 0 V
1 2 1 2
mvi = mv f + eVd
2
2
L’equazione ottenuta porge una lettura interessante, si asserisce che la velocità finale vf
posseduta dall’elettrone deve essere minore della sua velocità iniziale vi, in conformità col fatto
specifico che l’elettrone si muove in un campo a conformazione repulsiva.
Effettuando i necessari passaggi algebrici si ricava la scrittura di seguito esplicitata:
mv 2f = mvi2 − 2 ⋅ eVd , dalla quale è poi immediato riconoscere quanto segue:
vf =
mvi2 − 2 ⋅ eVd
m
Si riportano alcune considerazioni che costituiscono una efficace discussione del risultato ottenuto:
l’elettrone si muove all’interno di un campo repulsivo, ovvero: VB < VA;
la velocità finale vf raggiunta dall’elettrone, atteso che il sistema proposto dalla traccia attiene
ad un sistema conservativo, è indipendente dalla forma della distribuzione del campo
elettrico fra le armature, ma dipende solo dalla differenza di potenziale VAB = Vd;
l’elettrone è in grado di raggiungere l’armatura B con una velocità finale vf non nulla allora e
solo allora che la sua velocità iniziale vi è tale da soddisfare la relazione seguente:
mvi2 > 2 ⋅ eVd
in caso contrario si otterrebbe per vf un valore immaginario, il che è da ritenersi manifestamente
NON accettabile;
l’elettrone raggiunge la piastra B con velocità finale nulla, cioè vB = 0 m/s allora e solo allora
che è verificata la condizione di seguito esplicitata:
1 2
mvi > eVd
2
⇒ vi >
2 ⋅ eVd
m
se la velocità iniziale vi non è adeguata, l’elettrone raggiunge la massima distanza possibile dO
dalla piastra A, distanza alla quale la sua velocità si è annullata, si ferma e poi, sollecitato dalla
forza prodotta dal campo elettrico, ritorna alla piastra A di partenza ritrasformando l’energia
potenziale acquisita in energia cinetica.
ESERCIZIO I2. Un elettrone è emesso da un elettrodo con velocità iniziale vi trascurabile
ed è accelerato da un potenziale V Si vuole determinare il valore di tale potenziale in modo
che la velocità finale della particella sia vf = 9,4·106 m/s.
La traccia assegna la presenza di un potenziale V atto ad accelerare
l’elettrone
emesso con velocità iniziale trascurabile, cioè vi = 0 m/s.
VBA
Il problema può essere affrontato considerando, indifferentemente, la
differenza di potenziale fra le piastre B ed A, ovvero: VBA = V,
oppure considerare la piastra A posta al potenziale VA = 0 V e la
vf piastra B al potenziale VB = V. Nella figura I2 la piastra A è stata
vi
connessa al potenziale di terra, anche se ciò, come risulta dalla
trattazione che segue, non è indispensabile e necessario.
F
Resta vincolata dalla traccia la condizione vi = 0 m/s. Si vuole
anche
ricordare che il potenziale V decresce nel verso del campo
Ε
elettrico E.
−
+
L’applicazione del Principio di Conservazione dell’Energia
A
B
Totale, con specifico riferimento alle piastre A e B, permette di
relazionare come segue:
d
1 2
1
mvi + qV A = mv 2f + qVB
2
2
(figura - I2)
Ricordando che la particella in movimento è rappresentata da un elettrone, per cui si deve ritenersi
q = −e, con e = 1,6·10−19 C; sostituendo tutto quanto definito per ipotesi si ottiene la relazione:
1 2
1
1
mvi − eV A = mv 2f − eVB ⇒ − eV A = mv 2f − eVB
2
2
2
1
1
− eV A + eVB = mv 2f ⇒ e ⋅ (VB − V A ) = mv 2f
2
2
, ovvero, anche:
Ricordando che V = VBA = VB − VA, si relaziona come di seguito esplicitato:
mv 2f
9,109 ⋅ 10 − 31 (9,4 ⋅ 106 ) 2
V = VBA = (VB − V A ) =
=
=
−19
2⋅e
=
9,109 ⋅ 10
− 31
2
12
19
(9,4) ⋅ 10 ⋅ 10
2 ⋅ 1,6
2 ⋅ 1,6 ⋅ 10
9,109 ⋅ 88,36
=
= 251,52V
3,2
ESERCIZIO I3. Un elettrone avente un’energia cinetica EC = 10−17 J, in corrispondenza di
una delle due superfici di un sistema ad elettrodi a facce piane parallele, ed in movimento in
direzione normale alla superficie, è sollecitato da un campo ritardante dovuto ad un
potenziale VX applicato fra gli elettrodi. Quale valore deve assumere VX affinché l’elettrone
raggiunga l’altro elettrodo con velocità vf = 0 m/s?
La traccia assegna la presenza di un potenziale V atto a ritardare l’elettrone, che si sposta nella
direzione normale alle superfici degli elettrodi. La particella possiede in corrispondenza della
2
piastra A un’energia cinetica EC = (m·vi )/2 dovuta alla velocità iniziale vi con viene emesso
l’elettrone. Anche il presente problema può essere affrontato considerando, indifferentemente, la
differenza di potenziale fra le piastre A e B, ovvero: VAB = V, oppure ipotizzando che la piastra B
sia posta al potenziale VB = 0 V e la piastra A al potenziale VA = VX. Nella figura I3 la piastra B
è stata connessa al potenziale di terra, anche se questo, come risulta dalla trattazione che segue,
non risulta indispensabile e tanto meno necessario.
Resta vincolata dalla traccia la condizione vf = 0 m/s. Si vuole anche
VX
ricordare che il potenziale V decresce nel verso del campo elettrico E.
+ ı
L’applicazione del Principio di Conservazione dell’Energia Totale,
con specifico riferimento alle piastre A e B, permette di relazionare
come segue:
vf
vi
F
Ricordando che la particella in moto è rappresentata da un elettrone,
−19
per il quale si deve ritenere q = −e, con e = 1,6·10
C;
sostituendo tutto quanto definito per ipotesi si ottiene la relazione:
Ε
+
A
VAB
1 2
1
mvi + qV A = mv 2f + qVB
2
2
−
B
d
(figura - I3)
1
eV A − eVB = mvi2
2
1 2
1
mvi − eV A = mv 2f − eVB
2
2
1 2
mvi − eV A = − eVB
2
, ed anche, essendo vf = 0 m/s
ovvero, anche:
⇒ e ⋅ (V A − VB ) =
1 2
mvi
2
Ricordando che VX = VAB = VA − VB, si relaziona come di seguito esplicitato:
mvi2 mvi2 1 EC
10 −17
V X = V AB = (V A − VB ) =
=
⋅ =
=
=
− 19
2⋅e
2 e
e
1,6 ⋅ 10
100
= 62,5V
1,6
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