Speciale Leonidi - La Famiglia Adams

supplemento al numero 3 - dicembre 1999
Mentre pensavo, e già sentìa, sul ciglio
del fosso, nella siepe, oltre un filare
di viti, dietro un grande olmo, un bisbiglio
truce, un lampo, uno scoppio... ecco scoppiare
e brillare, cadere, esser caduto,
dall'infinito tremolìo stellare,
un globo d'oro, che si tuffò muto
nelle campagne, come in nebbie vane,
vano; ed illuminò nel suo minuto
siepi, solchi, capanne, e le fiumane
erranti al buio, e gruppi di foreste,
e bianchi ammassi di città lontane.
Gridai, rapito sopra me: Vedeste?
Ma non v'era che il cielo alto e sereno.
Non ombra d'uomo, non rumor di péste.
Cielo, e non altro: il cupo cielo, pieno
di grandi stelle; il cielo, in cui sommerso
mi parve quanto mi parea terreno.
E la Terra sentii nell'Universo.
Sentii, fremendo, ch'è del cielo anch'ella.
E mi vidi quaggiù piccolo e sperso
errare, tra le stelle, in una stella.
IN COPERTINA
Il bolide delle 2.41
fotografato da
Lorenzo Comolli
(dal sito web www.leonidslive.com)
La Famiglia Adams è lieta di
presentare questo speciale, che
raccoglie tutto il nostro lavoro sullo
sciame meteorico delle Leonidi.
In esso trovate un primo articolo che
introduce il fenomeno e le sue cause,
un racconto della nostra uscita del
98, l’analisi dei dati di quell’anno e
due
articoli
che
descrivono
l’esperienza
del
1999,
che
presentiamo assieme perché ci
sembrano entrambi ben rappresentativi di ciò che è successo, anche
se con stili diversi. Seguono le
analisi dei dati del 99 con le
conclusioni.
I dati stessi successivamente sono
stati inviati sia alla Sezione Meteore
dell’Unione Astronomica Italiana
che alla NASA.
Ci sembra utile sottolineare tre
aspetti. Il primo è che per la prima
volta, grazie alla facilità di studio del
fenomeno, non ci siamo limitati a
contemplare un evento ma lo
abbiamo studiato dal punto di vista
quantitativo, raggiungendo anche
conclusioni interessanti.
Il secondo aspetto è l’atteggiamento
dei ragazzi, che non si sono tirati
indietro di fronte a una situazione
oggettivamente disagiata (vento e
neve in faccia). Qualcuno poco
abituato è anche stato male dal
freddo, ma quella notte non abbiamo
sentito lamenti (diversamente da
quando si annuncia qualche compito
in classe…).
Per fortuna, siamo stati ripagati da
uno
spettacolo
che
molto
probabilmente non rivedremo mai
più (grazie anche a Giove Pluvio,
visto che fino a poche ore prima il
cielo era completamente nuvoloso).
Il terzo aspetto da sottolineare è che
per la maggior parte i fenomeni
astronomici
non
hanno
le
caratteristiche di quello a cui
abbiamo assistito. Essi solitamente
procedono con molta lentezza (non
per nulla la prima dote dell’astrofilo
è la pazienza) e con molta regolarità,
il che tra l’altro li fa prevedibili con
precisione anche a distanza di anni.
Gli
sciami
meteorici
fanno
eccezione:
innanzitutto
la
spettacolarità della cosa è molto più
immediata, tanto da rendere quasi
deludenti agli occhi dei neofiti altri
fenomeni pure affascinanti come i
transiti o le occultazioni; in secondo
luogo, cosa vera soprattutto per
questo sciame, la insufficienza dei
modelli descrittivi faceva sì che
nessuno al mondo conoscesse
l’orario esatto del fenomeno tanto
atteso, il massimo; per quel che si
sapeva, esso avrebbe potuto
verificarsi anche di giorno.
Occorreva fortuna, e noi l’abbiamo
avuta.
LA FAMIGLIA ADAMS
di Donato Cariboni
Se siete astronomi che rinuncerebbero alla 40a replica di Titanic per passare una
notte in uno sperduto prato di montagna, a –5 °C, con il naso all'insù per
ammirare l'empireo, se potete rinunciare alle stelle di celluloide, ma ai veri
astri, quelli del cielo, no …forse, leggendo il titolo di quest'articolo vi è subito
venuta voglia di girare pagina. Non fatelo, aspettate: non siete di fronte ad un
articolo disfattista che vuole levarvi il piacere dell'osservazione astronomica.
No: le Leonidi sono il "mito", e come tutti sanno "cadono" dal cielo.
Un mito, però, deve essere fatto crollare veramente: quello delle stelle cadenti.
Sì, perché l'appellativo col quale comunemente si indicano le Leonidi e le
meteore in genere è la più grossa esagerazione che si possa immaginare.
E' vero che, a livello di percezione visiva, il fenomeno "meteora" può apparire
come una stella che si sposta dalla sua abituale posizione e, muovendosi, lascia
dietro di sé una sottile scia luminosa, ma in realtà una meteora ha normalmente
una massa di una frazione di grammo, cioè 1034 (dieci seguito da 34 zeri) volte
più piccola di una stella della stessa luminosità apparente (cioè così come
appare a un osservatore situato sulla
Terra). E mentre la stella brilla di
luce propria, la luminosità della
meteora è causata dall'attrito che si
genera quando essa entra a contatto
con l'atmosfera per la sua alta
velocità di impatto (grosso modo da
20 a 70 km al secondo).
E già che ci siamo distinguiamo
anche gli ambiti d'uso dei termini,
altrettanto confusi, "meteorite" e
"meteora".
Il meteorite (maschile!) è un corpo
roccioso che ha origine dagli
La pioggia del 1866 in una
asteroidi e, attraversata l'atmosfera,
stampa d’epoca (da
“l’astronomia” n. 11 )
raggiunge la superficie terrestre.
4
La meteora ha invece origini completamente diverse: è costituita dal materiale
che le comete lasciano lungo le loro orbite, per effetto della sublimazione del
ghiaccio contenuto nel nucleo in seguito al loro avvicinamento al Sole. Tale
passaggio dallo stato solido allo stato gassoso del ghiaccio consente la
dispersione nello spazio della polvere che era in esso contenuta. Quando la
polvere entra nell'atmosfera terrestre si incendia a causa dell'attrito e dà così
origine al fenomeno meteora (per quelli che, come il nostro prof. Bellani, hanno
la precisione nel sangue, possiamo distinguere ulteriormente il "meteoroide", il
granello di polvere in sé, dalla "meteora" vera e propria, cioè l'effetto ottico da
esso prodotto).
Possiamo ora venire al nostro vero mito: le Leonidi.
Adesso sappiamo che esse non sono né stelle cadenti, né meteoriti, ma meteore,
e come tali hanno origine da una cometa. Derivano, infatti, dalla cometa
55P/Tempel-Tuttle, così chiamata perché scoperta separatamente nel 1865-66
dai due astronomi William E. Tempel e Horace Tuttle.
E' una cometa periodica a periodo breve di 33,17 anni: ha orbita ellittica attorno
al Sole, e quando ogni 33-34 anni giunge nella zona più vicina al Sole comincia
a sublimare (e diventa quindi visibile) e a disperdere dietro di sé le polveri
lungo la sua orbita. Quando la Terra incrocia il 17 novembre l'orbita della
cometa, ricca di detriti, hanno origine le Leonidi, così chiamate perché a noi che
le osserviamo dalla Terra sembrano provenire dalla costellazione del Leone.
La Terra
incrocia la nube
di meteoroidi
nella notte tra
il 17 e il 18
novembre
(dal sito
Internet
dedicato dalla
NASA alle
Leonidi)
Ciò avviene ogni anno. Ma ogni 33 anni il fenomeno assume proporzioni
eccezionali: se normalmente si possono osservare 10-15 meteore all'ora, in
questi anni particolari si registrano valori anche di 150.000 meteore all'ora; il
massimo però è estremamente ristretto, durando non più di una ora o due!
Ciò avviene negli anni in cui si verifica il passaggio al perielio della TempelTuttle (ogni 33 anni per l'appunto!): come abbiamo già visto, in queste
5
Posizione del
radiante
(dal sito
Internet
dedicato dalla
NASA alle
Leonidi)
circostanze la cometa ricomincia a lasciare dietro di sé la polvere e pertanto
rinnova lo sciame di detriti. Uno sciame giovane (che si è formato da poco
tempo) è molto addensato dietro alla cometa, mentre in seguito si distribuisce
lungo l'intera orbita. La Terra, pertanto, negli anni a cavallo di quello in cui è
visibile la Tempel-Tuttle, in una ora non prevedibile tra il 17 e il 18 novembre
incontra un numero di detriti molto superiore a quello degli anni precedenti e
hanno così origine eccezionali piogge di meteore, ricche anche di bolidi
(meteore eccezionalmente brillanti): una vera e propria tempesta! Il massimo di
maggiore intensità si registra solitamente un anno dopo il passaggio al perielio,
mentre nei 6-7 anni precedenti l’attività cresce più o meno regolarmente (e
decresce nei 6-7 anni dopo il passaggio al perielio, fino a stabilizzarsi sui valori
soliti).
La regolarità con cui tali fenomeni si presentano (ogni 33 anni) è dovuta alla
stabilità dell'orbita della cometa che permette di verificare e prevedere i suoi
passaggi e quelli delle nubi di meteoroidi.
Le piogge delle Leonidi sono note da tempo, almeno fin dal 902. In molti altri
casi si sono registrate piogge di intensità eccezionale, tra le quali la più famosa
è senz’altro quella del 1866. Ecco alcuni esempi.
anno
tasso orario
luoghi di osservazione
----------------------------------------------------1799
30 000
Sud America, Isole Britanniche, Germania
1832
20 000
Urali, Arabia, Nord Atlantico, Europa
1833
25 000
Centro e Nord America
1866
10 000
Europa
1867
1000
Nord America
1868
1000
Nord America
6
1900
1901
1966
1000
2000
150 000
Canada
Stati Uniti, Messico
Stati Uniti
Quest’anno le condizioni promettevano di essere favorevoli a noi europei,
perché se il massimo del fenomeno si fosse verificato proprio in corrispondenza
dell’orario previsto dai modelli più affidabili, tra la 1.50 e le 2.20 TU (le 2.50 e
le 3.20 italiane), avremmo avuto le condizioni ideali per osservarle: il buio
(fattore indispensabile!) e la Luna di 9 giorni (che, quindi, non avrebbe dovuto
dare troppo disturbo). Non c’era però la certezza di assistere al fenomeno,
perché la dinamica dello sciame non è conosciuta in tutti i suoi aspetti; il
massimo avrebbe potuto essere anticipato o posticipato di qualche ora; in effetti
l’anno scorso, come diremo, l’abbiamo mancato di ben 16 ore.
Era importante per noi non perdere le Leonidi di quest'anno, perché nel 2000 le
Leonidi non saranno più visibili in Europa dal momento che la Terra
attraverserà l'orbita della Tempel-Tuttle alle 8.05 TU (le 9.05 italiane), quando
da noi sarà ormai chiaro. E poi per la prossima alta attività delle Leonidi
bisognerà aspettare nientedimeno che il 2098, quando il sottoscritto avrà la
rispettabile età di 117 anni!
Ci siamo preparati perciò con entusiasmo alla grande nottata di osservazione: ci
occorreva solo un grande spazio buio con ampia visuale, più coperte, guanti,
giacche a vento, berretti (come se dovessimo andare in Siberia…) per non
congelare e un mega-thermos da 2 litri pieno di caffè bollente per restare svegli!
Già così potevamo goderci lo spettacolo! Ma siccome oltre a badare all'estetica,
volevamo dare una mano anche alla scienza, ci siamo muniti di carta e penna
per annotare il numero di meteore avvistate e l'ora.
Come vedete l'osservazione delle meteore non richiede strumenti particolari: è
davvero alla portata di tutti, e ha il vantaggio che chiunque, anche
completamente digiuno di conoscenze astronomiche, può apprezzarlo: anche la
sola bellezza estetica del fenomeno ripaga ampiamente della notte insonne
trascorsa. Per cui se avete voglia di avvicinare l'astronomia, o se come me avete
un'amica che vi stressa da un anno e mezzo chiedendovi di portarla con voi una
sera ad osservare il cielo, questo può essere un buon punto di partenza: l'euforia
che vi lascerà dentro un bolide che rischiara a giorno la notte buia per alcuni
istanti non vi permetterà più di allontanarvi da questo mondo affascinante.
Se perciò volete aggregarvi a noi in una delle prossime uscite fatevi spiegare
dal prof. Bellani come fare, sempre che riusciate ad acchiapparlo in un
momento in cui non sia impegnato a sorseggiare thé in lattina con una
cannuccia o a nutrirsi dell'immancabile tegolino…
7
di Oliver Gatti
Circa un anno fa, il 17 novembre 1998, la Famiglia Adams ha organizzato una
gita no limits per osservare le Leonidi.
Questo sciame di meteore ha il vizio di presentarsi d’inverno e il freddo
notturno di questa stagione è particolarmente rigido.
Ritardi a parte, dato che il sottoscritto e i suoi compagni di classe non avevano
capito bene la questione dei trasporti, siamo partiti dalla scuola. Fu scelta come
meta la Valcava: località in provincia di Bergamo a circa dieci chilometri a sud
est di Lecco. Svoltati trenta tornanti, dopo che i conducenti avevano quasi perso
l’uso delle mani, finalmente abbiamo scorto il passo. Esso è inconfondibile per
il ripetitore, le cui radiazioni probabilmente hanno riportato effetti a coloro che
sono rimasti lassù tutta la notte, perchè alla fine non capivano più niente.
Allestiti gli accampamenti dovevamo cenare in un ristorante lì in zona, perciò ci
dividemmo in due gruppi; essendo tra i più piccoli riuscii a far parte del gruppo
che per primo scendeva al ristorante, ma purtroppo lo trovammo chiuso.
Abbiamo risparmiato la fatica di scendere all’altro gruppo cenando con panini
provvidenzialmente preparati prima di partire. Ma c’è un pericolo che incombe
ogni volta che si mangia panini a quelle temperature: possono essere un po’
pesanti. E lo sono stati.
È poi iniziato lo spettacolo. Considerando che ogni meteora è generata solo da
un piccolo sasso che urta l’atmosfera ci si stupisce nel vederla a così gran
distanza.
Per fare onore a questa bella cosa che appare una volta l’anno e per scrivere
questi articoli non potevamo stare con le mani in mano; prendevamo così nota
di tutte le meteore con un semplice metodo: alcuni scrutavano il cielo
dividendoselo in settori e segnalavano in caso d'avvistamento mentre altri
annotavano in modo schematico.
8
numero di automobili parcheggiate
70
60
60
50
40
30
20
15
20
10
5
3
1
1
1
1
1
5
4
3
2
1
0
23
22
21
20
19
.30
0
Questo metodo in teoria era molto efficace, senonchè tra noi e il cielo c’era
un’interferenza: i fari delle macchine di coloro che sopraggiungevano per
vedere le meteore. Infatti, nei giorni scorsi giornali e TV avevano propagandato
intensamente la notizia (ovviamente con una buona dose di superficialità),
cosicchè il numero di auto aumentava in maniera sproporzionata; nonostante le
parole che gridavamo loro dietro i proprietari delle auto non spegnevano i fari.
Così, per non alterare il conteggio, ci siamo trasferiti in un punto meno
disturbato.
A quanto pare, non solo i sopraggiunti ignoravano che per vedere bene gli
oggetti nel cielo notturno è meglio usare torce coperte da pellicole rosse: non
sapevano molte altre cose in materia, a giudicare dalle domande che facevano e
dal fatto che la maggior parte se n'è andata proprio quando il fenomeno stava
per cominciare davvero (vedi grafico). Ciò induce a riflettere sul potere
sproporzionato dei mass media: al loro minimo comando implicito tutti si
muovono in branco senza informarsi a fondo su ciò che vanno a vedere.
Questa spedizione è servita per illuminarci anche sulle varie costellazioni e,
grazie al telescopio, anche sugli ammassi stellari e sui pianeti. Infatti a turni si
osservavano gli oggetti inquadrati, tranne i momenti in cui Bellani scattava
fotografie alle stelle sperando sempre invano di immortalare una meteora.
Piano piano ognuno è tornato a casa per suo conto, tranne chi doveva eseguire i
conteggi, che è rimasto sveglio al freddo fino all’alba.
PS : non sottovalutare mai le parole di Bellani, come abbiamo fatto noi, quando
scrisse: “Vestirsi come per andare in Alaska.” Perché potresti morire assiderato.
9
di Pietro Beltramo e Pietro Lovati
METODOLOGIA DI OSSERVAZIONE
Il nostro gruppo ha organizzato l'osservazione dello sciame nella notte tra il 17
e il 18 novembre nella località di Valcava (Bg) a 1320 m.
Ecco i dati essenziali del lavoro
ORARI: dalle 19,30 TMEC del 17.11.98 alle 5,15 TMEC del 18.11.98
DURATA DEL CONTEGGIO: 9h 45', suddivise in 117 periodi di 5'
MAGNITUDINE LIMITE: 5 fino alle h 4, poi 4
Il cielo è stato abbastanza limpido per la prima metà della notte, ma verso le
4.15 dalla pianura si è alzata qualche nuvola, che alla fine ha costretto a
interrompere l’osservazione, per fortuna quando già la notte stava per finire.
Lavoravamo sempre almeno in tre persone suddividendo l'osservazione in
periodi di 5': due guardavano il cielo in direzioni opposte e il terzo annotava le
meteore viste.
RISULTATI
Esponiamo i dati relativi alle 356 meteore osservate in totale con l’aiuto del
grafico che mostra il numero di avvistamenti ogni trenta minuti, il più chiaro.
40
35
35
33
31
30
25
24
20
25
26
25
24
22
20
17
15
12
10
11
10
8
5
2
4.30-5
3.30-4
2.30-3
1.30-2
0.30-1
23.30-0
22.30-23
21.30-22
20.30-21
19.30-20
10
10
6
5
0
10
E’ evidente il notevole incremento dell’attività meteorica intorno alla
mezzanotte (tra le 23:00 e le 24:00 il numero di meteore è quasi raddoppiato
rispetto all’ora precedente); infatti, prima delle 24 la frequenza oraria media è
stata di 31 avvistamenti, mentre dopo le 24 essa sale a 52. Questo risultato è
coerente con la dinamica degli sciami che si muovono in direzione contraria
alla Terra.
L’intersezione delle meteore con la Terra si può infatti rappresentare così:
(adattato
Leonidi)
dal
sito
Internet
dedicato
dalla
NASA
alle
Nella prima metà della notte noi osserviamo il cielo nella direzione contraria a
quella in cui si muove la Terra, per cui ben poche meteore ci verranno incontro;
dopo la mezzanotte la situazione è opposta. Per capire meglio, consideriamo
una automobile in movimento e paragoniamo il numero di gocce di pioggia che
si infrangono sul parabrezza anteriore col numero di quelle che impattano il
parabrezza posteriore.
Il calo regolare nel numero di meteore verso la fine della notte può venire
spiegato più dal progressivo offuscarsi del cielo che dall’effettiva riduzione
della attività dello sciame.
I LIMITI DEL NOSTRO LAVORO
Il nostro lavoro del 98 ha avuto un grosso limite, che potrebbe rendere i nostri
dati non validi e quindi inutilizzabili per stime precise.
Non abbiamo contato solo le Leonidi, ma anche qualche meteora delle Tauridi,
un altro sciame di minore portata anch’esso presente quella sera.
11
Un lavoro di conteggio di meteore
MISURE DI TEMPO
va fatto secondo metodi precisi e
codificati, soprattutto contando solo
le meteore che appartengono allo
Per avere un sistema di
sciarne che si vuole studiare. Non è
determinazione dei vari istanti
così facile perchè ogni notte ci sono
valido per tutti, dovunque sia
meteore che cadono a caso, senza
appartenere a nessuno sciame
compiuta l’osservazione, gli
(sporadiche) e in alcuni casi ci
astronomi hanno introdotto il
possono essere contemporaneamente
cosiddetto tempo universale,
passaggi di meteore appartenenti a
abbreviato in UT o TU, che
sciami
diversi.
Le
meteore
corrisponde all’ora solare di
appartenenti allo stesso sciame si
distinguono
perché
sembrano
Greenwich. L’ora italiana si
provenire tutte dallo stesso punto del
trova aggiun-gendo un’ora (due
cielo (il cosidddetto radiante).
se è in vigore l’ora legale).
Perciò, per fare un lavoro
Il
Tempo
Medio
Europa
attendibile, occorre ricostruire la
Centrale, o TMEC, corrisponde
traiettoria di ogni meteora che si
vede e segnarla solo se proviene dal
all’ora italiana quando è in
radiante dello sciame che si vuole
vigore l’ora solare.
studiare.
Per fare questo in tempo reale bisogna conoscere le costellazioni o almeno la
zona di cielo interessata.
Noi non abbiamo neppure provato a fare questo lavoro perchè la maggior parte
di noi non conosce abbastanza bene le costellazioni, perciò possiamo supporre
che i dati che abbiamo non riguardino solo le Leonidi, ma anche le Tauridi e le
meteore sporadiche. Nonostante ciò l'osservazione è servita come esperienza
per sviluppi futuri.
DISCUSSIONE
Stando alle previsioni le meteore sarebbero dovute cadere in gran numero nella
notte tra il 17 e il 18 di novembre, ma in realtà il massimo della pioggia si è
verificato la notte precedente. Confrontando i dati ottenuti in tutto il mondo gli
studiosi hanno concluso che le Leonidi 1998, come era già avvenuto nel 1965,
hanno mostrato due picchi di attività: il primo, inaspettato come intensità, si è
verificato tra le 3 e le 5 TU del 17 novembre (le 4 e le 6 ora italiana)‚ quindi 16
ore prima che la terra attraversasse il piano della Tempel-Tuttle (questo era
invece il momento in cui si prevedeva il massimo), cogliendo di sorpresa tutti
gli osservatori. In effetti, noi avevamo avuto qualche sentore del fatto che il
12
massimo fosse già avvenuto, poiché la professoressa Dal Bò, una delle docenti
del don Gnocchi, ci aveva comunicato che quella mattina uscendo di casa aveva
osservato un gran numero di stelle cadenti, addirittura da una postazione non
certo favorevole come Sesto San Giovanni.
Il secondo picco, di normale intensità, si è avuto nelle ultime ore della notte del
18 novembre.
Secondo alcuni (cfr. Leonidi 1998, conferme e sorprese, in Nuovo Orione,
gennaio 1999) non si sarebbe trattato di un errore di valutazione ma di un
massimo anomalo, dovuto probabilmente ad una frammentazione della nube di
detriti cometari durante uno degli ultimi passaggi al perielio.
Questa frammentazione potrebbe essere avvenuta durante l'ultimo passaggio al
perielio, avvenuta il 28 febbraio 1998.
Il fatto di per sé potrebbe non essere negativo, poiché l’anno successivo a una
situazione simile a quella presentatasi quest’anno si è verificata la grande
pioggia del 1966. Speriamo quindi nel 1999.
di Federica Pirovano
Ore 21.30, lezione preparatoria su Leonidi e meteore in generale, istruzioni sul
raggiungimento del luogo scelto e qualche indicazione di comportamento.
E’ iniziata così l’avventura notturna che ha coinvolto una trentina degli studenti
del liceo Don Carlo Gnocchi di Carate, la sera del 17 Novembre scorso.
Erano presenti, oltre ai membri della “Famiglia Adams”, anche alcuni studenti
dell’ultimo anno che desideravano approfondire l’argomento in vista dell’esame
di stato.
Una mezz’ora più tardi siamo partiti
da scuola per raggiungere la Colma
di Sormano, località nei pressi di
Asso, dove saremmo rimasti fino al
mattino dopo.
Il nostro obiettivo era di contare le
Leonidi: sono meteore formate dai
residui della cometa Tempel-Tuttle
che in questo periodo dell’anno
Le immagini che illustrano
s’incrociano con l’orbita terrestre e,
l’articolo sono tratte da
Internet
13
venendo a contatto con la nostra atmosfera, bruciano creando l’effetto
comunemente chiamato ”stella cadente”.
Questo sciame si chiama così perché il suo radiante, ovvero il punto dal quale
sembrano arrivare le meteore, è situato nella costellazione del Leone.
Inoltre nei tempi morti ognuno poteva fare osservazioni deep-sky (del cielo
profondo) con l’ausilio di un telescopio montato lì per l’occasione.
Arrivati là abbiamo iniziato l’osservazione e il conteggio suddivisi in gruppi di
quattro persone, che lavoravano per periodi di 30 minuti.
Non so come siano andati gli altri turni ma posso spiegarvi con precisione cosa
è successo dalle 1.30 alle 2.00 del mattino, quando io e tre dei miei compagni ci
siamo appostati sulla collinetta innevata adibita ad osservatorio.
Le condizioni atmosferiche erano delle più ostili: a terra neve fino alle
ginocchia, vento fortissimo e tagliente che trasportava velocissimamente
nevischio e ghiaccio.
Nel parcheggio intanto c’era chi mangiava, chi cantava (e disturbava), chi
cercava in qualche modo di far rivivere le dita delle mani e dei piedi e chi
semplicemente chiacchierava aspettando il suo turno.
Tra l’altro dovevamo affrontare una
piccola difficoltà (e non mi riferisco
al pericolo di rotolare a valle in veste
di slavina): oltre alle Leonidi, per
puro caso, stavamo andando
incontro anche allo sciame delle
Tauridi, che, come si capirà,
provengono dalla costellazione del
Toro, e in più dovevamo fare i conti
anche con le meteore sporadiche che
ogni notte popolano il nostro cielo.
Così, oltre a contare questi oggetti, dovevamo anche ricostruirne in fretta la
traiettoria per capire la loro provenienza!
Durante il mio turno, dalla una e mezza alle due del mattino, ha avuto inizio la
crescita nel numero di avvistamenti, fino ad arrivare ad un massimo di 75
meteore al minuto, valore toccato alle 3.10 e alle 3.24. Una vera tempesta!
Il cielo appariva solcato da miriadi di meteore, che si susseguivano senza
interruzione, lasciando scie per lo più di color verderame. Una di esse (la scia,
non la meteora) è rimasta visibile per ben dieci minuti!
Tutto questo è durato tre quarti d’ora, fino alle tre e trenta, dopo di che l’attività
ha cominciato lentamente a scemare.
14
Alla fine, elaborando i dati, abbiamo scoperto di avere visto ben 3190 Leonidi,
di cui la maggior parte (2000) tra le 3 e le 4. Questi dati sono probabilmente in
difetto perché ci è stato impossibile contare precisamente ogni meteora.
Concludo con un invito a tutti gli astrofili ma anche a chi, di stelle, non ci
capisce niente: a me è piaciuto da morire stare a guardare il cielo senza una
luce, senza un lampione (schieriamoci contro l’inquinamento luminoso!).
Vale la pena di perdere qualche ora di sonno, per assistere ad uno spettacolo che
non scorderete mai.
Fate almeno un tentativo: mi darete ragione.
di Amerigo Barzaghi
Le immagini che illustrano l’ articolo sono tratte da stampe
d’epoca
Mercoledì 17 novembre, ore 23 circa. Una piccola carovana formata da cinque
auto e un vecchio pullmino bianco si dirige verso la Colma di Sormano. Trenta
anime intrepide, speranzose di assistere allo spettacolo che forse si verificherà
di lì a poco, si crogiolano al caldo delle vetture, ma già con un pensiero al
freddo artico che regnerà in quota. Alcuni guardano nervosi il cielo: se ne
andranno mai quelle nuvole lunghe e sfilacciate? Le previsioni sono
confortanti, e alla fine avranno la meglio su una giornata intera di pioggia, che
15
aveva quasi spento l’ardore degli astrofili (tranne i tre che erano stati in
Ungheria, che per tutto il giorno hanno ripetuto che “anche l’11 agosto pioveva
all’inizio”. Come motivazione è ben poco fondata scientificamente, però
dobbiamo ammettere che ha funzionato). In effetti, il programma originario ha
già subito un cambiamento, poiché in origine avremmo dovuto iniziare il
conteggio alle 18.30, come l’anno precedente: ovviamente, siccome nessuno sa
né quando ci sarà il massimo né se ci sarà, la cosa migliore è osservare per il
tempo più lungo possibile. Data la coltre diurna di nuvole, però, è solo dopo
una indagine telefonica sullo stato del cielo sul lago di Como e un conseguente
rapido giro di telefonate che, all’alba delle 20, il nostro capo decide che vale la
pena tentare.
Cinquanta minuti nel buio di un paesaggio finalmente libero dall’inquinamento
luminoso, qualche tornante e molto vento. Siamo a destinazione. Un manto
fitto di neve copre i prati da cui osserveremo; una lastra di ghiaccio sottile
riveste lo spiazzo adibito a parcheggio. Davanti e a sinistra boschetti, alle spalle
la vallata risplendente di costellazioni di lumini arancioni. Sopra la testa, in un
mare scuro e uniforme, altre luci, pallide ed eleganti, come il brillio del
passaggio delle fate. La Stella Polare, l’Orsa Maggiore, Cassiopea, sentinelle
silenti, danno il cambio alla Luna che, lentamente, ci saluta tramontando dietro
i pini.
Non fa neanche tanto freddo (tra –2 e –3 °C, molto meglio dell’altr’anno,
quando toccammo i –6,5 °C). Comunque, visto che la notte è lunga, ci
rivestiamo di tutti gli strati di indumenti da montagna, ottenendo o l’imbottitura
a cipolla o l’effetto omino Michelin; così muoviamo ad occupare la postazione
del campo base. Volano cenni di saluto verso gli sconosciuti osservatori già
appostati: il fascino degli astri ci fa compagni e subito solidali. Stanno in piedi
vicino alle rispettive autovetture come suricati immobili in prossimità delle tane
sotterranee (cogliamo l’occasione per ricordare che la responsabilità di quanto
scritto è unicamente dell’articolista e non ricade sulla redazione, ndr).
Si accendono (discrete) le torce elettriche. Riunione preparatoria, poi scattano i
turni di conteggio. Il gruppetto battistrada si inerpica per il sentierino innevato,
verso il culmine dell’altura che sarà la nostra torre di osservazione; dei
rimanenti, alcuni fanno cerchio attorno a un fuoco improvvisato, altri montano
il telescopio, altri ammirano la luce più viva di Giove e Saturno, che ci
accompagnerà per tutta la notte. Il primo turno inizia le operazioni a
mezzanotte, e subito si accendono le prime meteore: raggi di luce più o meno
intensa descrivono brevi traiettorie, per scomparire in decimi di secondo. Ma
sono talmente rare che solo pochi riescono a scorgerle, tra una stella e l’altra,
quasi per caso. Intanto, le nubi, che all’inizio parevano infittirsi,
progressivamente si diradano, finchè dalla una in poi il cielo è completamente
sgombro. Man mano che passa il tempo, la situazione non varia; un veloce
16
sguardo ai dati mostra che l’attività è paragonabile a quella delle stesse ore
dell’anno scorso, anzi lievemente inferiore.
Ma, d’un tratto, qualcosa di nuovo: tra la 1.40 e la 1.45 l’attività, prima di circa
una meteora al minuto, triplica di colpo; è la prima avvisaglia di quello che sta
per accadere. Piccoli occhi verdi, bianchi, gialli o rossi cominciano a solcare il
cielo e a dileguarsi. La maggior parte sono Leonidi (cioè provenienti dalla
costellazione del Leone); poche sono le Tauridi (dal Toro) e ancora meno le
sporadiche, ovvero quelle non appartenenti a nessun sciame, che vagano
solitarie e, si direbbe, senza meta.
Qualche meteora più grossa suscita clamore e stupore fra il pubblico. Mentre
notiamo che quasi tutte le meteore hanno una scia color verde acquamarina,
caratteristica che si manterrà per il resto della notte, l’attività cresce
regolarmente, e con essa l’attesa del massimo e la nostra eccitazione.
Faccio un paio di escursioni alla vetta d’osservazione; qui mi conviene
fermarmi, perché ormai si preannuncia il numero di massima attrazione. Il
flusso di meteore è diventato costante: come avevamo già notato, esse
sembrano arrivare a gruppetti, due o tre assieme e poi una pausa, per cui gli
osservatori si devono dividere il cielo in spicchi, secondo i punti cardinali, per
poter catturare con lo sguardo ogni apparizione, mentre una matita documenta
su una tabella il loro avvistamento. Il mio turno di guardia comincerà solo
molto più avanti, ma la posizione a naso in su non sarà più abbandonata.
Paolo ed io seguiamo il passaggio di un paio di Leonidi sopra le nostre teste;
continuiamo a fissare la stessa porzione di cielo, che rimane occupata dalle
“solite” stelle. Proprio lì comincia l’incredibile. Un puntino verde
particolarmente luminoso si accende dalla parte della vallata, in pochi attimi si
ingrandisce fino a diventare un colossale fascio di luce smeraldo e a scomparire
in una poderosa e silenziosa deflagrazione. E’ un bolide, ovvero una meteora
particolarmente luminosa, il primo della nottata. La scia come di fumo rimane
stampata nella volta celeste, contorcendosi pian piano deformata dalle correnti
dell’altissima atmosfera: rimarrà visibile per circa 10 minuti. Urla di gioia e di
ammirazione si alzano da tutto lo
spiazzo.
Martino,
sorpreso
dall’evento sulla via del ritorno dopo
essere andato a svegliare quelli
rifugiati in macchina, caccia la mano
guantata in tasca per estrarre un
piccolo registratore, sul quale
rovesia frasi veloci ed eccitate. I dati
tecnici sul nastro avranno come
sfondo le esclamazioni ancora
accese degli spettatori.
17
Ormai sono le tre, e il numero delle
meteore
aumenta
ancora,
susseguendosi
quasi
senza
interruzione. Per la concitazione e
l’impossibilità di interrompere il
conteggio saltano tutti i turni; tra
l’altro dobbiamo adattarci a un
nuovo punto di osservazione perché
– come se la natura, gelosa, volesse
renderci ancora più prezioso il suo
dono, accentuando la fatica della
conquista – il vento ha aumentato
notevolmente la sua intensità, e ci
sbatte in faccia frammenti di neve
che
prendono
a
mulinare
all’impazzata.
Il ritmo di caduta di queste affascinanti pagliuzze celesti è ora altissimo; noi lo
accompagnamo gridando, a rimbalzo, il loro numero in progressione. Siamo a
ben più di una meteora al secondo. Appaiono in ogni punto, a sud, nord, ovest,
a ogni altezza, all’orizzonte e allo zenit, sempre divergenti dallo stesso punto, a
est, dove la loro sorgente, il Leone, è ormai ben alto sull’orizzonte.
Particolarmente impressionante è, nelle traiettorie molto ravvicinate, notare il
loro perfetto parallelismo.
Spalla contro spalla, sdraiati nella neve, contiamo, contiamo. E’ forse una
divinità affaccendata che ha vuotato il suo secchio di sassi guizzanti in questa
porzione di firmamento? Quelle scorie divine, come pioggia contro un vetro, si
infrangono quando trovano l’atmosfera terrestre, accendendosi ciascuna di una
luce propria.
Si ripete la meraviglia: al culmine del fenomeno, ecco partire, sempre dalla
stessa parte, un secondo bolide. E’ ancora più esplosivo del primo e la luce
azzurra che ne scaturisce ci illumina a giorno, proiettando le nostre ombre sulla
neve. Il tempo di voltarsi di scatto e il bolide è già nel nulla.
Dopo almeno tre quarti d’ora di parossismo, alle tre e trenta il fenomeno
comincia a scemare: evidentemente, il nostro pianeta ha ormai attraversato la
parte più densa della nube di detriti, e regolarmente l’attività cala, come la
nostra foga e l’ansia della numerazione; finalmente, alle quattro possiamo
ripristinare i normali turni di conteggio, riappropriandoci di una apparenza più
da tecnici che da entusiasti. Mi tocca un po’ di riposo, in auto, tra coperte e
sacco a pelo. Prima di calarmi il berretto sugli occhi, ultima occhiata alle
meteore di coda, che vanno a spegnersi all’orizzonte.
18
Mi sveglio alle cinque e mezza, per le voci di quelli che si avvicinano; il cielo è
tranquillo e scuro, anche se è imminente l’arrivo di una nuova luce più calda.
Mi immergo nell’oscurità scemante per dare una mano nel tramestio del rientro.
Mi addormento di nuovo lungo il tragitto verso scuola, e, come succede ai
bambini, mi sveglio giusto quando si arriva. All’orizzonte sfuma un alone
giallo, che minaccia il blu ancora tenace del cielo limpidissimo. E’ visibile un
altro punto luminoso, pallido e pulsante. Ma non è una meteora (di cui ho pieni
gli occhi), né una stella, bensì Venere, che ci dà il benvenuto dal suo breve
regno, lungo solo il tempo dell’aurora.
di Ambrogio Monti e Martino Bellani
METODOLOGIA DI OSSERVAZIONE
La scelta della località per l’osservazione delle Leonidi nel 1999 è caduta sulla
Colma di Sormano, a 1120 metri di quota nel Triangolo Lariano (ovvero tra
Como, Bellagio e Lecco). Si è privilegiato quel luogo da un lato per la facilità
di accesso (bisognava ritornare a scuola per l’inizio delle lezioni!) e dall’altro
per l’inquinamento luminoso abbastanza contenuto, il che permette di avere un
cielo buio a sufficienza per il nostro scopo.
Per l’osservazione delle meteore ci siamo divisi in gruppi di quattro persone, di
cui una annotava mentre le altre tre si occupavano di osservare una parte di
cielo ciascuno in modo da coprire tutto il campo di osservazione (durante il
massimo il numero di persone che osservava contemporaneamente era però di
sei). All’osservazione hanno preso parte in totale 30 persone. Il conteggio è
durato dalle 0.00 alle 5.30 (ore italiane) del 18 novembre, per un totale quindi
di 5 ore e mezza. Ogni gruppo aveva un turno di 30 minuti e durante questo
arco di tempo doveva contare e annotare le meteore viste.
Per poter avere una maggiore precisione e degli elementi più significativi si
annotava il numero totale delle meteore viste ogni 5 minuti; durante il massimo
però il conteggio veniva registrato ad intervalli irregolari, perché diventava
difficile tenere il conto. Nei grafici i dati del massimo sono riportati a periodi di
19
350
300
250
200
150
100
50
0
5.05
4.35
4.05
3.35
3.05
2.35
2.05
1.35
1.05
0.35
0.05
grafico 1
uno o cinque minuti, tranne dalle 2.30 alle 2.55, in cui, per la concitazione
dell’inizio del massimo, abbiamo dati relativi solo un unico grande periodo di
25 minuti; questo, che è la causa dei tratti orizzontali nei grafici in
corrispondenza di quell’orario, è stato evidentemente un errore, perché in
questo modo abbiamo solo dei valori medi e non possiamo dettagliare ciò che è
successo in quel periodo.
Le meteore sono state suddivise a seconda del loro tipo: LEONIDI, TAURIDI
(così chiamate perché sembra provengano rispettivamente della costellazione
del Leone e del Toro) e SPORADICHE (perché non hanno nessun punto
apparente da cui provengono); la distinzione è stata fatta al momento
dell’osservazione di ogni meteora, in base al punto di provenienza.
80
60
40
20
grafico 2
20
5.20
4.51
4.22
3.53
3.24
2.55
2.26
1.57
1.28
0.59
0.30
0.01
0
RISULTATI
Dall’analisi dei dati è emerso che in totale sono state conteggiate 3266 meteore,
di cui 41 Tauridi, 35 sporadiche e ben 3190 Leonidi. I nostri grafici e le nostre
conclusioni si riferiscono solamente alle Leonidi, perché sulla base dei risultati
ottenuti sono quelle che hanno dato dei valori più significativi e perché a queste
era indirizzata la nostra ricerca.
Confrontiamo e visualizziamo i dati raccolti con dei grafici: il n. 1 mostra il
numero di meteore ogni cinque minuti, il n. 2 ogni minuto.
Nel grafico 1 possiamo notare che quest’anno il picco massimo è concentrato
tra le ore 02.35 e le 03.50, un lasso di tempo molto ristretto; infatti intorno alle
2.30 si ha una salita improvvisa degli avvistamenti di Leonidi, che da circa 30
ogni 5 minuti passano nel giro di 10’ a quota 80, per poi aumentare ancora e
raggiungere il valore massimo, 293, dalle 3.00 alle 3.05, rimanendo su valori di
poco inferiori fino alle 3.15, per poi iniziare a scendere in maniera piuttosto
regolare fino alle 4.00, ora della fine del massimo.
Il grafico 2 offre una analisi più dettagliata: vediamo che l’intensità maggiore è
stata toccata alle 3.11, con ben 75 meteore al minuto, cioè più di una al secondo
(ovviamente, tutti questi dati sono delle medie riferite all’intervallo di tempo
preso in considerazione: come spesso accadeva, si potevano vedere episodi
parossistici come 6 o 7 meteore contemporaneamente, seguiti da qualche
secondo di pausa).
Questi dati possono anche essere trasformati in frequenze orarie (presentiamo
solo il grafico relativo alle frequenze orarie calcolate su periodi di un minuto,
grafico 3).
5000
4000
3000
2000
1000
5.01
4.31
4.01
3.31
3.01
2.31
2.01
1.31
1.01
0.31
0.01
0
grafico 3
21
3.5
2
3.2
5
3.3
4
3.4
3
3.0
7
3.1
6
2.4
9
2.5
8
2.3
1
2.4
0
80
70
60
50
40
30
20
10
0
grafico 4
Si può notare che la frequenza oraria nel momento di massima intensità, le 3.11,
è stata di 4500; calcolando le frequenze orarie a partire da periodi di cinque
minuti, il valore massimo è invece 3516, e si ha, come già detto, tra le 3.00 e le
3.05 (il dato va inteso nel senso che se la pioggia fosse continuata con lo stesso
ritmo di quei cinque minuti, in un’ora avremmo visto 3516 meteore).
Nel grafico n. 4, che indica le Leonidi cadute al minuto durante il massimo,
notiamo una certa differenza tra la prima e la seconda parte del massimo. La
prima, che va dalle 03.01 alle 03.13, è abbastanza regolare e va dalle 75 alle 55
Leonidi; mentre nella seconda, che inizia alle 03.14 e termina alle 03.25, è
molto irregolare con picchi molto alti (72 Leonidi) ed altri molto bassi (25
Leonidi).
60
50
40
30
20
10
0
5.25
5.05
4.45
22
98
4.25
grafico 5
4.05
2.25
2.05
1.45
1.25
1.05
0.45
0.25
0.05
99
Il grafico n. 5 mette a confronto i dati raccolti quest’anno con quelli dell’anno
precedente. E’ evidente nella prima parte della notte che le attività delle
meteore sono paragonabili, anzi nel 1998 sono lievemente superiori.
Ma nel 1999 dalle 01.45 il tasso triplica addirittura ed inizia una fase
ascendente vertiginosa, tanto che nel grafico non è possibile inserire il massimo
del 99, perché è troppo alto rispetto all’unità di misura utilizzata per mettere in
evidenza l’attività dell’anno precedente.
Oltre a ciò, abbiamo rilevato alcune caratteristiche non numeriche, come ad
esempio queste:
• le meteore, specialmente nei momenti fuori dal massimo, sembrano arrivare
a gruppetti di due o tre in successione, con poi un momento di pausa; questa
cosa era già stata notata nel 98. Forse non è azzardato ipotizzare come
spiegazione che i meteoroidi viaggino nello spazio in gruppettini tenuti
assieme dalla reciproca attrazione gravitazionale
• i colori delle meteore sono stati vari, ma la maggior parte di esse brillava di
luce giallastra
• i colori delle scie invece erano molto uniformi, tendendo quasi sempre al
verde-azzurro. Alcune di esse sono rimaste visibili per molto tempo: la scia
del bolide delle 2.41 (in copertina) è stata osservata contorcersi per almeno
10 minuti
• abbiamo osservato tre bolidi: il primo di essi. quello delle 2.41, ha avuto una
magnitudine di –15 (fonte sito web di Lorenzo Comolli), paragonabile alla
Luna al primo quarto, cioè un valore molto simile a quello che avevamo
stimato sul momento.
dal sito
Internet
dell’Unione
Astronomica
Italiana
23
CONCLUSIONI
Le conclusioni che possiamo tirare sulla base dei nostri dati sono le seguenti.
• La prima è lapalissiana: abbiamo centrato in pieno il massimo; le regioni
favorite sono state quelle europee e medioorientali, mentre poco o nulla è
rimasto al continente americano e all’Estremo Oriente
• La seconda è quasi una curiosità: grazie alle nostre rilevazioni possiamo
cercare di definire lo spessore della nube di meteoroidi (vedi figura alla
pagina precedente). Basta moltiplicare il tempo di durata del massimo
(scegliamo, piuttosto arbitrariamente, un valore di 1h30’. Arbitrariamente
perché non sono identificabili un inizio e una fine precisi, come non esiste
un confine netto nello spazio della nube di meteoroidi, che sfuma pian piano
nel vuoto) per la velocità con cui la Terra e la nube muovono incontro, che è
72 km al secondo: possiamo quindi dire che la nube era larga
indicativamente 389.000 km (è circa la distanza tra la Terra e la Luna, cioè
pochissimo) e che era molto compatta, vista la frequenza con cui cadevano le
meteore e la breve durata del massimo. Entrambe le cose (la compattezza e
le ridotte dimensioni) confermano che lo sciame è molto giovane poiché è
molto addensato dietro l’orbita della cometa genitrice; in effetti, gli studiosi
pensano che le Leonidi siano lo sciame più giovane tra quelli finora registrati
• Assai interessante è il fatto che le previsioni siano state rispettate con una
precisione molto grande, cosa notevole visto che lo sciame non è ben
conosciuto e che l’anno scorso l’errore era stato di più di mezza giornata. I
modelli previsionali davano l’inizio del massimo per le ore 2.50 (ora
italiana), con una intensità di punta attorno alle 3.08. Orari, come si è visto,
in pratica coincidenti con ciò che è avvenuto. Complimenti
• Altrettanto corretta è stata la previsione sull’intensità della pioggia: i
parametri orbitali erano intermedi tra la situazione del 1932 e quella del
1866, per cui ci si aspettava una frequenza oraria compresa tra quelle dei due
anni sopra indicati (che fu rispettivamente di 240 e 10.000). Anche qui ci
siamo
E PER IL FUTURO?
Gli stessi modelli lasciano poche speranze: d’ora in poi il numero delle Leonidi
si ridurrà gradualmente, e, per il modificarsi degli elementi orbitali dello
sciame, fino alla fine del XXI secolo non è più prevista nessuna pioggia.
Per fortuna le Leonidi non sono l’unico sciame esistente: gli altri saranno meno
cospicui, ma sono comunque uno spettacolo affascinante ed interessante.
Appuntamento quindi alla notte tra il 3 e il 4 gennaio 2000, per le Quadrantidi.
24