3 Strumenti indeologici e critiche

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Programmazione e gestione
delle politiche e dei servizi
sociali
Antropologia e sviluppo locale
Simone Ghezzi
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06-6448-4883
U6-4121
La teoria della dipendenza (Dependency
Theory)
• La teoria della dipendenza si sviluppa
originariamente nei circoli intellettuali e
accademici di economisti, storici e sociologi in
America Latina.
• Si basa su una analisi critica dell’economia
presente in maniera egemone nella teoria
della modernizzazione
• Ci sono dei precursori, come il gruppo di lavoro
dell’ECLA (United Nations Economic Commission for
Latin America – Santiago del Cile - 1948) sotto la
guida di Raùl Prebisch. Da una prima fase di raccolta
di dati sulle economie latino-americane, si giunge ad
un periodo di studi intensivi sui singoli paesi
dell’America Latina con l’obiettivo di “programmare”
il loro futuro sviluppo economico mediante la
promozione di una cooperazione economica
attraverso la formazione di un mercato comune
latinoamericano.
• Profonda insoddisfazione nei confronti delle teorie
economiche neoclassiche – offrivano uno scarsissimo
contributo alla comprensione dei problemi di sviluppo dei
paesi periferici, ed anzi al contrario legittimavano nei fatti un
modello di sviluppo dannoso nei loro confronti.
• Convinzione che la asimmetria delle relazioni economiche fra
centro (tecniche avanzate di produzione capitalistica) periferia
(arretratezza tecnologico-organizzativa ed esportatrice di
materie prime verso i paesi centrali) fossero le cause del
mancato sviluppo delle periferie da un lato e dello sviluppo
dei paesi centrali dall’altro.
• Sviluppo e sottosviluppo sono strettamente interdipendenti
ed espressioni di un processo unico.
• La disparità tra centro e periferia si producono attraverso i
meccanismi del commercio internazionale.
• Formazione di economisti e sociologi critici rispetto all’idea
parsonsiana della società duale (Redfield e Lewis). Vedi
Edelmann and Haugerud, 2005, p.12).
• I teorici della dipendenza osservano come il periodo
di transizione stia diventando strutturale
(prolungamento ben oltre le previsioni) e che gli esiti
dello sviluppo sono modesti (e in alcuni casi
mostrano addirittura effetti devastanti, sull’ambiente
e sulle comunità).
• In contrapposizione alla teoria della modernizzazione
Gunder Frank e altri autori (Cardoso, Amin, Rodney)
propongono una visione alternativa, cioè il modello
di sottosviluppo come immagine riflessa della
modernizzazione. La contrapposizione tra moderno e
tradizionale viene sostituita dalla distinzione tra
centro e periferia. Il centro (metropoli) sfrutta la
periferia (i satelliti) invece di creare sviluppo.
• In che modo? Sottraendo plusvalore e le
materie prime possedute dai paesi poveri.
• Il successo economico e tecnologico del
centro (cioè dell’Occidente) è garantito
proprio dalla presenza di una periferia
sottosviluppata (ma che un tempo erano
grandi civiltà e potenze economiche regionali)
e sfruttabile dalla quale attingere per avere
mano d’opera e materie prime a basso costo.
• Il contatto con il modo di produzione
capitalistico (specialmente attraverso il
colonialismo) ha eroso le ricchezze e le risorse
di queste società e depauperato il loro
territorio. Ha prodotto un aumento della
ricchezza nelle società industriali
• Molte delle società “tradizionali” studiate
dagli antropologi non sono altro che un
prodotto del capitalismo stesso, una varietà
distinta di capitalismo “periferico”.
• Con il termine “imperialismo” (termine molto in
voga negli anni Sessanta e Settanta) si voleva
indicare la competizione economica tra società
industrializzate per il controllo delle risorse nelle
regioni non sviluppate.
• L’unico rimedio è la riallocazione delle risorse dal
centro alla periferia, per evitare che quest’ultima
continui a perdere la propria capacità di
sostenere la popolazione locale e che sia
costretta ad indebitarsi ulteriormente per
finanziare una crescita che non si realizza.
• Critiche alla dependency theory
1) Eccessivo pessimismo. Parecchie nazioni, quelle che
avevano consolidato i contatti con i paesi
industrializzati americani ed europei si sono
sviluppate nonostante la loro arretratezza
originaria: Giappone, Taiwan, Sud Corea.
2) Nega la possibilità di responsabilità endogene. Gli
ostacoli allo sviluppo interni al singolo stato sono
evidenti: crescita demografica troppo elevata,
carestie, controllo centralizzato dell’economia,
corruzione, valori tradizionali che ostacolano lo
sviluppo.
Teoria dell’economia-mondo o dei
sistemi mondiali (World-System
Theory)
• Immanuel Wallerstein pubblica nel 1974 The modern
World System il primo volume di un’opera che avrà
un’influenza notevole sulla sociologia e
sull’antropologia;
• E’ una risposta molto più complessa e articolata nei
confronti della teoria della modernizzazione rispetto
a quella formulata dalla dependency theory.
• I processi vanno compresi tenendo conto delle
interrelazioni tra le parti del sistema-mondo.
• Egli osserva che il capitalismo si è imposto su altri sistemi
economici perché si è dimostrato il più efficace mezzo di
appropriazione del surplus di produzione.
• È un lungo processo che comincia in Europa nel XVI secolo
attraverso il compimento di quattro fasi specifiche:
– L’oro e l’argento estratto e sottratto in America viene
immesso nel mercato europeo – l’accumulazione di capitale
inizia.
– Questa si consolida tra il 1640 e il 1815. Il commercio tra
Africa ed Europa si intensifica.
– La rivoluzione industriale, affamata di materie prime per
produrre energia e merci, facilita ulteriormente il processo
di espansione capitalista.
– Dal 1917 il sistema si consolida. Colonialismo e postcolonialismo economico
• Nel momento in cui scrive, Wallerstein vede l’emergere di
un sistema capitalistico stratificato, con un centro
(l’Europa centrale, settentrionale e l’america), una
periferia (paesi in via di sviluppo e europa dell’est), e una
semiperiferia (Europa meridionale).
• Ogni zona è definita secondo la propria geografia, le
proprie organizzazioni politiche, le proprie forme di
controllo del mercato del lavoro e della produzione
economica.
• Tutte però sono collegate al centro attraverso uno
“scambio ineguale” (unequal exchange) che contribuisce
a creare accumulazione di capitale in un unico senso di
flusso .
• Chi si trova ad operare nel centro vive condizioni di vita
meno coercitive e più vantaggiose in quanto si trova ad
essere i beneficiari di questo scambio ineguale. Il centro è
fisicamente il centro dell’economia mondiale che riesce
ad esercitare il dominio economico su tutte le altre
regioni.
• A differenza dei teorici della dipendenza, Wallerstein
sostiene che in seguito a certe circostanze storiche (per
esempio la crisi mondiale degli anni ’30) alcune regioni
periferiche possono raggiungere una posizione più elevata
di controllo dell’economia e muoversi nella semiperiferia.
• In generale però, il centro mantiene un equilibrio
piuttosto stabile, a scapito di una periferia e semiperiferia
sulle quali sono scaricate le tensioni e le contraddizioni
del sistema.
• Nel complesso, però, Wallerstein sostiene che
siamo entrati in una fase in cui l’egemonia
degli Stati Uniti nel sistema-mondo capitalista
è entrata in crisi.
• Una evidente conseguenza di questa
tendenza, egli sostiene, è che l’ideologia della
modernizzazione ha perso completamente di
credibilità teorica.
• Ed auspica che venga finalmente messa da
parte.
• Critiche alla world-system theory.
• Una visione lineare della storia in cui l’Occidente è conserva il
ruolo di leadership e apre la strada dello sviluppo economico
alle nazioni del terzo mondo.
• Dall’Eurocentrismo alla centralità dell’Asia A. Gunder Frank:
ReOrient, 1998). L’economia globale è dominata dall’Asia almeno
fino al 1800 - 60 % della popolazione mondiale; 80% della
produzione mondiale (cessa con l’imperialismo coloniale
britannico e francese). Nuova centralità dell’Asia nel secondo
millennio.
• Chase-Dunn e T.D.Hall (1997) Rise and demise: comparing
world-systems. Ripensamento delle gerarchie mondiali.
Multicentered world-systems prima di arrivare ad un global
modern world-system. Flusso di informazioni, tecnologie.
Spesso sono le semi-periferie dove avvengono i cambiamenti
più significativi e più velocemente.
• Non riesce a spiegare per quale motivo i
rapporti commerciali ed economici in generali
tra paesi industrializzati e non-industrializzati
devono essere contrassegnati necessariamente
da relazioni di sfruttamento. E sempre vero?
• Non tiene conto del fatto che il capitalismo si è
diffuso generando notevoli sacche di resistenza
tra le popolazioni.
• Il capitalismo dell’economia mondo non è
omogeneo, come Wallerstein sembra suggerire,
e quindi ci sono varie traiettorie di sviluppo.
Political economy in antropologia
• Si parte dall’impianto della world system
theory, alla quale però si fa notare che i temi
di analisi sono di natura esclusivamente
economica, e vengono omessi i fattori noneconomici, come quelli culturali, per esempio.
• Eric Wolf: Europe and the people without
History (1982)
• Sidney Mintz: Sweetness and Power. The Place
of sugar in Modern History (1985).
• L’oggetto di studio non è il capitalismo in sé,
quanto la reazione delle popolazioni ad esso, i
fenomeni di resistenza sociale.
• Le società e le loro pratiche sono analizzate
- in relazione al contesto più ampio nel quale
esse operano;
- storicamente, come prodotto di politiche
sociali, economiche, processi culturali
formatisi nel corso dei secoli.
• Fattori sociali e culturali e la loro interazione con
l’economia:
• l’impatto delle culture locali sulle attività economiche di
tipo capitalista ha prodotto un mosaico complesso di
capitalismi locali;
• la ricerca etnografia è un metodo di indagine molto utile,
anzi, fondamentale, per individuare ed analizzare tali
variazioni locali e le eventuali forme di resistenza e di
rinegoziazione nei confronti dell’espansione del
capitalismo.
• => Il capitalismo non è un ordinamento assoluto, bensì
un “esperimento” storico dall’esito incerto – ha avuto
molti meriti ma ha anche causato notevoli devastazioni
culturali-sociali-ambientali.
• Le nuove questioni per gli antropologi furono:
1)Come articolare la storia locale con la storia
mondiale spostandosi dal contesto locale a
quello regionale, nazionale, globale.
2)Come comprendere la differenziazione e la
variabilità all’interno di una realtà capitalista
pervasiva e totalizzante?
• Interazione tra regioni in cui domina un modo
di produzione non capitalista e quelle in cui
domina un modo di produzione capitalista
• Distinzione tra un mercato mondiale
capitalista (economia di mercato globalizzata –
circolazione delle merci) e modo di
produzione locale delle merci non
necessariamente basato sul monopolio dei
mezzi di produzione e lavoro salariato.
• (Nel 1700 per esempio domina ancora una
economia mercantile e non industriale
capitalista).
I prodotti-merce visti in un’ottica di sistemamondo. L’impatto sulle popolazioni locali.
• Prodotti agricoli e di allevamento:
- Riso, grano, carne (Argentina, USA, Australia),
banane, ananas, noci di cocco.
• Prodotti per uso industriale:
- Olio di palma, caucciù, cotone.
• Stimolanti:
- Zucchero, caffè, tè, cacao, (oppio), tabacco.
• Minerali preziosi
- Oro, diamanti
•
-
Si riflette su:
mercato dei prodotti tipici delle piantagioni;
Chi li consuma;
Come si consumano;
Chi li produce;
Come si producono;
Collegare i luoghi di produzione con i luoghi di
consumo
- Difficile comprendere appieno il commercio di
alcuni di questi prodotti senza prendere in
considerazione le trasformazioni sociali ed
economiche del capitalismo
• Siamo di fronte ad una presa di coscienza da
parte di tutti questi autori delle questioni
complesse che mettono in relazione
l’economia globale e le economie locali, ma
non c’è uno specifico intento a intervenire
direttamente sulle questioni
pratiche/applicative dello sviluppo. Lo si
osserva dall’esterno, molto criticamente, ma
senza la capacità di elaborare strategie di
intervento. Almeno fino a quando non si
creano le condizioni “ideali” => istituzioni
pronte a recepire queste analisi in maniera
Putting people first
• In Putting People First (1985) Cernea sviluppa un concetto tanto
scontato oggi quanto “estraneo” alle politiche di sviluppo fino alla
fine degli anni Settanta, cioè dare priorità alle persone dentro i
progetti
• Cernea propone un modus operandi allora controcorrente e
autocritico:
• Perchè la Banca Mondiale persegue obiettivi spesso destinati al
fallimento? Domandiamoci prima che cosa fa: Realizza progetti
finalizzati al trasferimento tecnologico e investe enormi quantità di
capitali in infrastrutture. Dunque persegue obiettivi di sviluppo
attraverso l’ingente iniezione di capitali. Nulla di male in questo
obiettivo, il problema, semmai, risiede nell’incapacità di considerare
adeguatamente tutti i mezzi necessari per realizzare un progetto che
rimane econo-centrico e tecno-centrico
• Ampio spazio alle risorse finanziarie, mentre si ignora il ruolo delle
• Affinché i progetti possano avere più successo, quindi,
bisogna introdurre qualche correttivo: => si deve fare in
modo che tali progetti abbiano l’appoggio della
popolazione locale.
• La popolazione deve essere considerata non come attore
passivo, bensì come agente attivo. Poiché è la popolazione
locale ad essere fruitrice delle infrastrutture e tecnologie,
deve innanzi tutto essere in grado di apprenderle e di
assorbirle.
• Un conto è semplicemente acquisire e trasferire tecnologia
(es. in agricoltura, nell’industria), un altro invece è far sì che
questa nuova tecnologia venga incorporata nel contesto
sociale specifico e pre-esistente. Spesso è necessario
adottare nuovi modelli organizzativi per utilizzarla, e per
internalizzare il cambiamento tecnologico.
• Bisogna ripensare non soltanto a cosa fare, ma anche
al come fare e con chi.
• Come tradurre in azioni concrete questo “Putting
people first” ed evitare che rimanga soltanto uno
slogan?
=> Revisione dell’intero processo
• Il “Project cycle model” (preparazione/stesura del
progetto; valutazione/analisi; giudizio; esecuzione;
funzionamento autonomo; valutazione finale).
• Disbursement, sensitivity/uncertainty analysis, rate
of return analysis, cost benefit analysis.
• Il “loan package” (il capitale finanziario) è il “means”;
• Il “development project” è inteso come “end-
• Per ciascuna di queste fasi deve inserirsi una
conoscenza sociale specifica (proveniente dalla
popolazione locale), mediata dall’antropologo o dal
sociologo (esperto in aree specifiche: urbane, rurali,
nomadi, marittime, ecc.) in modo tale da rendere
ogni fase funzionale, compresa, accettata e
realizzata.
• In pratica si deve tenere conto delle differenze
culturali, e delle strutture sociali esistenti e delle
interazioni tra cultura e ambiente.
• La popolazione come major stakeholder e non come
recipient.
• Alla società civile locale va riconosciuto un ruolo
• Il ricorso alla social knowledge (comprensione sociale delle
popolazioni locali)
• Ricerca costante di strumenti per aumentare l’efficacia degli
interventi
maggior disponibilità/apertura della World Bank a
considerare nuovi approcci non economici nella
realizzazione di progetti per lo sviluppo.
Necessità di reclutare esperti provenienti da discipline
sociologiche e antropologiche, il cui contributo deve essere
offerto in tutte le fasi del ciclo progettuale (Project cycle
model) (e non ex-post per spiegare cosa non ha funzionato)
Prima di allora invece il personale era esclusivamente
selezionato sulla base di competenze specifiche tecnicoscientifiche (ingegneri, geologi, agronomi, ecc) ed
economico-finanziarie.
• Coinvogimento delle popolazioni indigene (a
partire dal 1982)
• Collaborazione con ONG locali (coinvolgimento
delle organizzazioni della società civile)
• Critica 1: tutte queste specificità innovative guidate
da buoni propositi devono trasformare un progetto
in un investimento con un ritorno “positivo” (rate
of return) economico-finanziario (linguaggio
“econometrico”).
• Critica 2: To Learn by doing ----- advancing by
forgetting what they have learned => es. I saperi
locali (rappresentazioni popolari, saperi settoriali,
di genere) non vengono attualizzati, mobilitati e
resi operativi.
• L’esempio dei “bisogni”:
• Lo sviluppo deve essere perseguito per
soddisfare i bisogni della popolazione.
• A chi spetta il compito di definire quali siano
questi bisogni?
• Gli esperti o la popolazione locale?
• “they [the experts] think they know more
about the needs of the natives than the
natives themselves”
• Che cos’è un bisogno?
• Chi definisce i bisogni di chi? Chi parla e a
quale titolo può rappresentare anche i
bisogni di qualcun altro?
• Come si manifesta un bisogno?
• Come si formula la domanda agli
interlocutori locali?
• Per es. la domanda “Di che cosa hai bisogno”? 1)
Contiene già nella domanda una implicita risposta
che si modula secondo il tipo di bisogno che
l’interlocutore è disposto a soddisfare; 2): che
esistono da qualche parte dei bisogni da
soddisfare. In teoria potrebbe non avere bisogno di
nulla, se avesse bisogno di qualcosa si attiverebbe
in maniera autonomia e unilaterale.
• Spesso l’identificazione del bisogno è una
procedura “retorica” che permette di legittimare
attraverso le parole della popolazione locale (o di
un settore di essa) i progetti che i planners avevano
già in serbo.
La partecipazione degli
antropologi/sociologi
• Osservatore Antagonista – critica ai progetti e
mantenere le distanze dall’intervento diretto
nei progetti di sviluppo. In altre parole si
preferisce criticare dall’esterno ed evitare un
coinvolgimento diretto nel processo di
pianificazione e di implementazione dello
sviluppo. => incapacità a comprendersi, visioni
molto distanti tra gli antropologi da un lato e
istituzioni internazionali quali la World Bank e
il FMI.
• Partecipante riluttante – Molti giovani
antropologi non avendo accesso al mondo
accademico (riduzione/tagli di posti) trovano
lavoro presso altre istituzioni, società di
consulenza, di beneficienza, di aiuto
comunitario, agenzie internazionali, ecc. Tra gli
anni 70 e 80 nasce la new applied
anthropology che si concentra su tematiche
inerenti la salute, l’ambiente, l’istruzione, i
diritti umani.
• Abbandono della teoria della modernizzazione
e diffusione della teoria della dipendenza
• Il paradigma teorico di mutamento sociale e culturale
in voga richiede l’intervento dell’antropologo e del
sociologo in quanto studiosi in grado di penetrare la
realtà locale instaurando un rapporto diretto con i
diretti interessati. => critica dall’interno (vedi Cernea)
• Attivisti militanti. Lavorando sul campo diventano
praticamente “mediatori culturali”, tra i locali e le
istituzioni dei pianificatori, spesso gli antropologi si
trasformano in attivisti ed estremi difensori dei diritti
delle minoranze e dei gruppi marginalizzati dai
movimenti globali di trasformazione economica e dal
post-colonialismo. Si mantiene un approccio
fortemente critico nei confronti dei planners
(progettisti/pianificatori) e si promuove lo sviluppo
partecipativo.
• Due grossi cambiamenti nella retorica dello sviluppo:
• 1) La diffusione delle teorie marxiste critiche che
indicarono come obsoleto il paradigma della modernità.
• - Divisione strutturale fra Nord e Sud del mondo;
• - Il comportamento economico delle popolazioni del “sud”
non è irrazionale, bensì razionale e tradizionale;
• - Le tecnologie espresse dal sapere locale e le istituzioni
locali dei paesi in via di sviluppo devono essere viste come
risorse e strategie adattive e non ostacoli da
rimuovere/sopprimere. La cultura di una comunità,
insomma, non può essere vista come un ostacolo allo
sviluppo o causa di povertà.
• I piani di intervento locale funzionano soltanto se sono
calibrati in funzione degli interessi e necessità locali.
• Bisogna abbandonare l’equazione
sviluppo = civilizzazione.
• Il termine sviluppo perpetua un’immagine
colonialista del sud del mondo ancorato ad un
passato tecnologicamente arretrato e quindi
sottosviluppato (vedi l’evoluzionismo sociale del
XIX secolo)
• Intorno allo “sviluppo” si costruisce una nuova
retorica che si sostituisce/sovrappone a quella
della civilizzazione: nuova guida verso il
perseguimento della modernità
• 2) Critica post-moderna alle teorie sulla
globalizzazione e sullo sviluppo, in quanto mero
prodotto di una razionalità occidentale che oppone
schemi di trasformazione economica, politica e
sociale a contesti incompatibili con essi.
• Necessità di agire in un contesto di post-sviluppo e
critica post-moderna;
• Retorica dello sviluppo che riproduce indicatori e
classificazioni arbitrari (per es. La recente
classificazione operata dalla Banca Mondiale nelle 6
regioni mondiali in via di sviluppo che comprendono
un totale di 152 paesi con realtà socio-economiche
non paragonabili, ma che per necessità pratica di
pianificazione rimangono inseriti in tali
raggruppamenti arbitrari).
• Writing, speaking, thinking beyond the
language of development.
• La scholarly rhetoric (dell’expertise) svolge un
ruolo molto importante nella produzione della
conoscenza e nella produzione di gerarchie.
Può:
• includere ed escludere
• creare rappresentazioni mistificate
(rappresentare il consenso dove magari non
c’è)
• distogliere l’attenzione da condizioni di
conflitto e di potere
La critica post-moderna – una
nuova agenda radicale
•
•
Tutti i rapporti sociali sono anche rapporti di
genere. Quindi il genere assume una propria
dignità empirica, tanto quanto l’etnicità, la
classe, il ruolo, il potere, l’età ecc.
Approccio anti-positivista: il linguaggio della
scienza è un linguaggio di oppressione e di
potere
•
•
•
le pratiche classiche di ricerca vengono
messe in discussione (ipotesi, prove dei dati
empirici, conferma o rigetto delle ipotesi
ecc.), e non sono più trattate come pratiche
fondamentali assiomatiche.
La neutralità del ricercatore o l’oggettività
del metodo scientifico vengono contestate.
Non solo non sono raggiungibili, ma non
sono neanche desiderabili.
La ricerca deve promuovere gli interessi delle
classi subalterne e delle donne.
• L’approccio scientifico viene messo in discussione. E’ un
“modello di arroganza”. Produce modelli astratti e predittivi,
genera ordine all’interno di uno schema classificatorio. La
visione post-moderna della cultura promuove invece la
complessità in continua trasformazione, la variazione e
l’autonomia individuale che genera una multivocalità e una
frammentarietà di posizioni culturali.
• Metodologia qualitativa ha il sopravvento su quella
quantitativa;
• La storia di vita e il metodo biografico vengono riscoperti e
dominano la scena. Questo metodo meglio di altri riesce a
dare voce agli individui che non hanno una posizione sociale
riconosciuta come importante. Mediante la storia di vita, la
storia sociale ruota intorno al narratore che ne diventa il
protagonista; non è più l’individuo, quindi, a dover ruotare
intorno alla storia degli eventi.
•
Il colonialismo ha creato una situazione in
cui le minoranze e i popoli oppressi non
hanno mai avuto la possibilità di parlare per
se stessi, con la propria voce. Ora ci sono le
condizioni perché questa situazione possa
finalmente cambiare.
•
•
Approccio dialogico e polivocale (o polifonico) nei
confronti del soggetti studiati. L’antropologo
avendo messo in discussione la propria autorità, si
raffronta con i suoi informatori/soggetti come suoi
pari. Il risultato finale della ricerca diventa dunque
opera di una moltitudine di autori partecipanti:
l’antropologo di cui udiamo la propria voce nel
testo, e i nativi/informatori, la cui voce non era mai
stata presente nel testo etnografico, mentre ora lo
è.
Vi è uno sdoppiamento della scrittura, perché sia
l’etnografo che l’informatore vengono narrati in
prima persona, in forma di dialogo, dove ciascuno
ha il proprio spazio e la propria voce.
• Come si traduce tutto questo in termini di
critica alle politiche dello sviluppo?
• Alternative di sviluppo (partecipativo,
sostenibile, partnernariato, nuova
governance)
• Alternative allo sviluppo (soluzioni
trasformative provenienti dalla comunità
locale, dalle conoscenze e saperi locali e
indigeni) – Arturo Escobar e James Ferguson
• La World Bank and il FMI sono visti come mere istituzioni
di potere, portatrici di interessi alteri rispetto a quelli che
invece si propongono di difendere;
• l’organizzazione scientifica dello sviluppo è fallimentare,
ed ha un impatto distruttivo. La burocratizzazione della
pianificazione, espressione tipica di questa organizzazione
scientifica, è la maggiore di queste forze oppressive.
• Le popolazioni del sud sono costrette a conformarsi ad un
paradigma che li rende poi complici della propria
condizione di oppressi e artefici della logica dello sviluppo
• Affrancarsi dalla logica di mercato, oppressiva e sterile e
non assoggettarsi alla supponente arroganza di chi nutre
nei confronti delle popolazioni “ai margini” un
atteggiamento subdolamente razzista.
• Compito degli antropologi:
• occuparsi del modo in cui le istituzioni dello
sviluppo (ONG incluse) contruiscono il proprio
campo di pensiero e di azione (la retorica del
discorso);
• Il modo in cui gli operatori che interagiscono con
queste istituzioni si adeguano all’apparato di
potere e alla sua retorica,
• Per esempio: quando, in quanto cultural brokers,
traducono la realtà del locale in un linguaggio
tecnocratico estraneo (si riproduce una
asimmetria di potere del tutto analoga a quella
instauratasi nel periodo coloniale);
• Per es.: quando si adottano certe pratiche e si
utilizzano certi termini in maniera acritica:
sviluppo sostenibile. Soddisfare i bisogni di una
generazione senza intaccare quelli delle
generazioni successive. I bisogni rimangono
piuttosto vaghi; quale è il senso della
sostenibilità per tecnocrati che non hanno
tempo di operazionalizzare innovazioni
concettuali come questa, ma che continuano a
ragionare in termini di consumo, crescita, PIL
ecc.?; e che vivono in una società che promuove
uno stile di vita non-sostenibile?
• Quali indicatori misurano lo “sviluppo” dei paesi?
• Human Development Index (developed by the United
Nations Development Programme at the start of the
1990s): Per capita GDP, life expectancy, measure of
educational attainment (vedi anche: Human
development reports).
• Gini coefficient; Gender Parity Index; Gender-related
Development Index; Gender Empowerment Measure;
Physical quality-of-life index; Child Development Index;
Human Poverty Index
• Atri indici alternativi: Happy Planet Index; Gross national
happiness; Democracy Index; Freedom House; Genuine
Progress Indicator.
• Chi definisce questi indicatori? Una organizzazione
internazionale? Uno stato? Una comunità locale?
Riflessioni critiche sullo sviluppo
• Sviluppo: crescita e progresso? Cambiamento sociale,
crescita economica? Sviluppo stardardizzato e oggettivo
oppure diversificato e autonomo?
• Concetto evoluzionistico darwiniano: evoluzione = sviluppo
=civilizzazione
• Concetto durkheimiano: transizione della società, da
tradizionale a moderna.
• Sviluppo = sistema di esercizio del potere altamente
organizzato che costituisce uno strumento di dominio delle
potenze coloniali e neo-coloniali Occidentali esercitato sui
paesi economicamente più poveri.
• Sviluppo partecipativo e sviluppo sostenibile: sono
ossimori?
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