AUTONOMIA, CAPACITÀ, LIMITE, INTERDIPENDENZA

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ACLI: Autonomia, Capacità, Limite, Interdipendenza
RIGENERARE, RILANCIARE, RIORGANIZZARE L’AUTONOMIA,
LA POLITICA E LA SOCIETÁ
Il contributo delle Acli trentine per una partecipazione attiva e
responsabile dei cittadini alla luce del personalismo cristiano
Il cristiano ha molto forte il senso di uno Stato che abbia iscritto nella sua dinamica il
principio del bene comune, che senta come invalicabile il rispetto di ogni persona, che
riconosca le realtà sociali a tutti i livelli, che si apra alla collaborazione internazionale.
Carlo Maria Martini
La crisi che stiamo vivendo pone una serie di sfide epocali che chiamano in causa la capacità della comunità
umana di invertire la rotta della crescita ad ogni costo e di rilanciare una nuova politica ancorata ai principi
della responsabilità in favore delle future generazioni.
Per questi motivi le Acli intendono ribadire che questo particolare momento storico può rappresentare
una grande occasione di cambiamento.
Dobbiamo però metterci in gioco partendo da alcune premesse che diventano imperativi ineludibili:
1. sostenere la cultura del limite contro la “religione della crescita”, basata sul mito del Pil, che sta
aumentando le diseguaglianze e distruggendo la biosfera;
2. lavorare concretamente per un nuovo modello economico fondato sulle relazioni e sulla
sostenibilità ambientale;
3. ripartire dalla centralità della persona – e quindi dell’equità e della giustizia sociale – per dare una
scossa alla politica;
4. ritornare ad uno stretto legame tra economia ed etica.
Le Acli vogliono urlare a gran voce che “insieme che la possiamo fare” rivedendo e ripensando i nostri stili
di vita, aggiornando le nostre regole democratiche, ristrutturando l’economia in chiave ecologica ed
avviando seri progetti di inclusione e partecipazione sociale.
Valori e strategie per un’Autonomia possibile
Per l’autonomia del Trentino i prossimi anni saranno i più duri dal dopoguerra.
Il nostro sistema di autogoverno rischia la marginalizzazione sotto i colpi di un risorgente centralismo dello
Stato e di un’ondata neo populista che intravvede nelle autonomie speciali una semplice occasione per
“fare i furbi” a danno dell’erario e degli altri contribuenti.
I problemi che abbiamo di fronte sono enormi sia dal punto di vista del bilancio, sia della stabilità
economica e sociale. Dovremo governare con maggiori competenze, maggiori spese e sempre meno
risorse.
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La di là delle notizie giornalistiche relative ai tentativi di primogeniture per la futura presidenza della nostra
provincia autonoma o alle proposte di nuove leadership, siamo convinti che, prima dell’immagine e della
propaganda valgano le idee ed i programmi.
Per questo ci rivolgiamo, innanzitutto, alle singole persone, alla cittadinanza, alle associazioni, alle forze
del lavoro e delle professioni; e poi, se ci ascolteranno, ai partiti. Lo facciamo nel tentativo di aprire una
“fase costituente dei cittadini” che accompagni ed aiuti la classe dirigente in formazione e la politica in
generale ad affrontare con metodo partecipato questa crisi.
Capire la crisi
Ci troviamo di fronte a una crisi che non è soltanto economica e finanziaria, ma che investe la politica, la
società, l’ambiente, la cultura a livello locale e globale.
È dunque una crisi di sistema che è importante conoscere in tutte le sue sfaccettature.
La causa della crisi è nell’ideologia della crescita
Dopo la cosiddetta “fine delle ideologie” è imperato nel mondo il “pensiero unico del mercato”
ancorato alla religione della crescita.
La globalizzazione si è retta sullo sviluppo indefinito e sui consumi sempre in crescita; ciò ha
implicato la ricerca spasmodica di nuovi mercati e di nuove risorse energetiche: ma il mondo è
saturo dal punto di vista dell’offerta, cioè dei mercati, ed è limitato dal punto di vista ambientale
ed energetico. Si sono quindi inventati ulteriori bisogni, realizzando oggetti inutili che presto si
sono trasformati in rifiuti e si sono progettati prodotti finanziari che si sono rivelati tossici e
truffaldini. Per continuare a crescere e consumare gli Stati si devono indebitare, tagliando però i
servizi essenziali ai cittadini e lasciando alle future generazioni il peso di un modello insostenibile.
Non può esistere uno sviluppo infinito su un pianeta “finito”
In un anno “divoriamo” risorse pari a un pianeta Terra e mezzo. É “l’impronta ecologica” la quale
indica che stiamo consumando molto di più di quello che la Terra riesce a rigenerare, intaccando
riserve non recuperabili e togliendo così alle prossime generazioni le risorse per vivere. Negli ultimi
40 anni abbiamo perduto il 30% della biodiversità complessiva: ciò significa meno risorse alimentari,
meno capacità di rigenerazione degli ambienti naturali animali e vegetali, più erosione delle coste,
più anidride carbonica nell’atmosfera, più ecosistemi a rischio di distruzione. Il modello di crescita
economica richiede però ancora più materie prime non rinnovabili (non solo minerali o idrocarburi,
ma anche foreste, acque dolci…), il cui accaparramento genererà conflitti. Il riscaldamento globale
sarà la conseguenza: un aumento della temperatura di 20 C nei prossimi 30 anni produrrà eventi
estremi di cui stiamo già intuendo la portata. Serve, qui ed ora, individuare un punto di svolta.
La politica è in crisi perché c’è la crisi
La crisi economica ha investito la politica facendo cadere ciò che non era più presentabile e
sostenibile. Ma è solo l’inizio. In crisi c’è l’idea di “politica come professione” che ha generato una
casta di privilegiati abbarbicati attorno al debito pubblico e alla spesa incontrollata.
Mancando le risorse, la crisi della politica ha investito la rappresentanza e lo stesso sistema
democratico.
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Nel mondo globalizzato gli Stati novecenteschi vedono perdere il loro potere a discapito delle
multinazionali, delle banche, dei colossi tecnologici che agiscono in libertà poiché praticamente non
esiste un diritto internazionale condiviso da rispettare.
In Italia la buona politica è devastata da scandali senza precedenti e da una mentalità corrotta e
distorta che si è impadronita della classe dirigente nazionale.
Per questo è necessario formare una nuova classe dirigente che veda nella politica un puro e
semplice servizio per il prossimo, senza privilegi e “deroghe” sui mandati.
Lavoro: quel pane da spartire
Il processo di modernizzazione e l’automazione dei cicli produttivi hanno espulso i giovani dal
lavoro e dal diritto di cittadinanza. Serve una grande assunzione di responsabilità, sia dentro il
sistema produttivo sia fra le generazioni, affinché il lavoro venga redistribuito e torni a
rappresentare un mezzo di emancipazione e formazione del cittadino.
È necessario ripartire dal lavoro e dalla ristrutturazione e riconversione dell’economia per legarla al
territorio e ai veri bisogni dei cittadini-consumatori.
Cultura: questa è una crisi di senso
Viviamo un profondo e diffuso senso di smarrimento. La cultura si è ridotta a puro nozionismo. I
giovani conoscono l’informatica, magari le lingue e qualche altra cosa, ma non il senso del vivere, le
modalità per interagire positivamente con l'altro. Benedetto XVI nella Caritas in veritate ci ha fatto
capire che la cultura di oggi si preoccupa “del come e non dei perché”.
L'istruzione e la formazione non riescono più a vedere la persona nella sua integrità e perciò i
percorsi proposti non rispondono al bene completo della persona.
Il sistema educativo deve quindi collegarsi ai valori universali che si fondano sul vivere civile per
cogliere il senso delle cose e dare un fine al vivere umano.
Il cristianesimo deve riscoprire la grazia rigenerante della persona del Cristo e del suo Vangelo.
La proposta del personalismo cristiano
Ripartire dalla persona per le Acli significa ripartire dal personalismo cristiano, una proposta che si fonda
sulla capacità dell’individuo di diventare persona, in grado di esprimere le proprie potenzialità nell’ambito
di una comunità includente e solidale.
Occorre una nuova etica che, secondo la definizione del filosofo francese Paul Ricoeur, è “auspicio di una
vita buona – con e per gli altri – all’interno di istituzioni giuste”.
Un’etica che diventa sempre di più “bioetica”, in un senso molto ampio, che coinvolge cioè tutta la vita
all’interno della biosfera che abbraccia il pianeta.
Tutti dovremmo agire secondo un nuovo imperativo, così formulato da Hans Jonas: “Agisci in modo che le
conseguenze della tua azione siano compatibili con la permanenza di un’autentica vita umana sulla terra”.
Economia, ambiente, piccole scelte quotidiane, impegno politico, azione sociale, attività culturale, stili di
vita e di consumo: tutto deve essere ri-orientato secondo una autentica coscienza ecologica.
Un sguardo dall’alto sul Trentino
In Trentino viviamo una situazione particolare dovuta sia alla nostra autonomia speciale sia ad una radicata
tradizione culturale e sociale, tipica della migliore civiltà alpina, che si fonda sulla comunità, sulla
cooperazione, sul senso del limite, sul lavoro, su un rapporto equilibrato con l’ambiente.
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Possediamo una grande vitalità della società civile che si esplica in un patrimonio invidiabile di associazioni,
di gruppi che si riuniscono intorno a un progetto, di circoli ricreativi, sportivi o turistici.
Tuttavia non possiamo non notare quella che possiamo definire pasolinianamente una “crisi antropologica
della società trentina”. Una crisi che si compone in un impasto sociale particolare fatto di opportunismo ed
assistenzialismo, caduta di creatività e competitività, chiusura e protezionismo culturale. Luci e ombre che
dobbiamo affrontare con il coraggio del cambiamento.
In crisi non c’è dunque solo la politica, ma anche la cosiddetta “società opulenta”. Le Acli vogliono pertanto
offrire un contributo di idee agli altri soggetti della società civile e al mondo della politica trentina
attraverso la declinazione di quattro parole: autonomia, capacità, limite, interdipendenza. È l’acrostico di
Acli, un modo per presentare le tre fedeltà tradizionali dell’associazione (Vangelo, lavoro, democrazia) e il
“parlare con il fare” che ha visto in questi anni le Acli trentine impegnarsi sul fronte della casa, del lavoro,
della formazione.
A come autonomia: inclusione, innovazione, partecipazione
Questa crisi economica coincide con la crisi della nostra autonomia. Per questo ribadiamo che le proposte
contro questa recessione economica devono andare di pari passo con la difesa e il rilancio dell’autonomia.
Il tema dell’autonomia si incontra infatti con quello, attualissimo della responsabilità sociale,
dell’autosufficienza energetica ed alimentare, con una nuova idea di sviluppo coerente dei territori secondo
una logica di autogoverno e di rete con le realtà limitrofe.
L’autonomia può essere in altre parole il vero antidoto alla marginalizzazione e all’omologazione
economica e sociale, il vero motore della competitività di sistema. Difenderla significa però assumersi
l’impegno di grandi cambiamenti: lotta agli sprechi, ai privilegi, alla burocrazia, alle rendite, al familismo
clientelare.
Una certa visione poco lungimirante dell’autonomia ha infatti prodotto seri danni al tessuto imprenditoriale,
ma anche alle dinamiche democratiche con una sorta di redistribuzione delle risorse pubbliche operata in
barba alla meritocrazia ed in un’ottica tutt’altro che lungimirante e strategica.
Il modello di Provincia/bancomat deve finire.
A livello individuale la tanto sbandierata consapevolezza dell’identità trentina dovrebbe tradursi in
comportamenti coerenti, non basati sull’egoismo che ricerca il piccolo profitto privato, ma da azioni
orientate da una coscienza responsabile secondo la quale “il mio bene coincide con il bene di tutti”.
La nostra autonomia affonda le sue radici nel tempo dei grandi dissodamenti medievali che hanno generato,
con le Magnifiche comunità, le Regole, gli Usi civici e le proprietà collettive, le prime forme di autogoverno.
Autonomia significa pertanto tutela dei beni comuni (il paesaggio, le risorse naturali, il sistema
comunitario e associativo), cura del territorio, un modello economico consapevole dei limiti della montagna,
ma anche laboratorio di forme innovative di partecipazione democratica.
L’Euregio, per essere una innovativa forma di collaborazione transfrontaliera, è chiamata a recuperare
questo passato, a innestarsi nella migliore tradizione alpina che fa coincidere lo sviluppo umano con
l’armonia naturale e viceversa. Meno autostrade, meno buchi nelle montagne, più rapporti culturali, più
conservazione dell’esistente perché la vera rivoluzione sta nel recupero di una tradizione declinata al futuro.
Per questo ribadiamo che la difesa dell’autonomia non può limitarsi alla sola sfera istituzionale e alla mera
contrattazione con Roma, ma deve diventare una battaglia partecipata e radicata nella comunità, non per
rinchiudersi nei propri privilegi, ma per aprirsi al nuovo.
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La politica deve farsi carico, assumendo anche un ruolo profetico, della necessità di questa missione rivolta
al cambiamento del modello economico e alla ricerca di una “politica ad impronta ecologica zero”.
C come capacità: la priorità formativa
Essere personalisti cristiani significa credere nelle vere capacità della persona e lavorare ad un sistema
formativo che faccia emergere le effettive potenzialità che sono dentro ognuno di noi. Il bene comune si
“nutre” delle capacità individuali che dobbiamo cogliere, accompagnare, formare con spirito fraterno ed
altruista. Per questo le Acli pongono al centro della loro azione sociale il tema della formazione e
dell’accompagnamento dei giovani verso una riconversione ecologica dell’economia.
Due priorità: l’educazione e la formazione
In una società che ha smarrito il senso del futuro noi vogliamo ripartire dalla formazione dei giovani
e dalla continua ricerca di nuove opportunità economiche ed occupazionali. In questo senso l’Enaip
deve proseguire nella sua missione di formazione professionale, rivendicando la dignità e la
necessità dei lavori manuali.
Questa crisi ci obbliga inoltre al recupero delle esperienze materiali e dei saperi ereditati dal
passato. In una società mercantile abituata ad acquistare tutto ci si è dimenticati del valore della
manualità e del “saper fare”. Risulta quindi fondamentale, anche per rafforzare gli anticorpi sociali
da attivare contro questa crisi, tornare all’educazione, alla trasmissione e agli insegnamenti relativi
alla cultura materiale. È giunto quindi il tempo di tornare alle “scuole di economia domestica”
all’interno delle quali valorizzare l’esperienza degli anziani e dei pensionati, vera tesori di
esperienza che potrebbe essere messa al servizio dei giovani sulla base di un nuovo patto
generazionale.
Le Acli sono anche una scuola di vita e di partecipazione. Per questo, assieme alla Federazione
Trentina della Cooperazione e al Consorzio dei Comuni Trentini, abbiamo fondato la Scuola di
Comunità attraverso la quale puntiamo a formare giovani cittadini, motivati e competenti per
affrontare i nodi del presente e le sfide del futuro facendo leva sui principi della responsabilità e
della democrazia.
Riconversione ecologica ed occupazione
Il lavoro è tornato al centro dell’attenzione globale. Le Acli, attraverso le attività del Patronato,
dell’Enaip e della “Casa sociale e del lavoro”, hanno investito da anni nel potenziamento del
“sistema Trentino”.
I nuovi lavori saranno sempre più connessi all’idea di riconversione ecologica dell’economia e, in
misura minore, di “manutenzione del territorio”. Risulta fondamentale a riguardo il rilancio per le
politiche della casa anche attraverso un piano straordinario per il recupero dei centri storici e delle
aree già urbanizzate contribuendo in tal modo sia al soddisfacimento di un bisogno primario come
la casa, sia al recupero del territorio e del paesaggio senza intaccare nuovi spazi.
Capacità produttiva: verso il Terzo Sistema Trentino
La domanda per il Trentino del futuro è la seguente: riusciremo a produrre ricchezza in modo
adeguato e innovativo? La nostra autonomia deve essere capace di reggersi sulle proprie gambe
proponendo un originale modello di sviluppo.
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Da questo contesto emergono dunque i vari soggetti che vengono a costituire il cosiddetto “Terzo
settore”, terzo perché alternativo, meglio giustapposto e – magari – in concorrenza con lo Stato e il
mercato. Il commercio equo e solidale, la cultura cooperativa, l’associazionismo capace di gestire
servizi sono alcuni esempi di come sia possibile un nuovo tipo di economia.
Le Acli si collocano sicuramente in questo movimento, in grado di svolgere una funzione economica
e soprattutto politica, ridando un protagonismo diffuso dei cittadini e proponendo alla nostra
incerta classe dirigente soluzioni positive e innovative. Le Acli sono associazioni per il sociale, a
movente ideale, che praticano sempre di più una sussidiarietà orizzontale, condividono cioè con il
pubblico alcune quote di sovranità gestendo (accanto ad altri soggetti) importanti servizi, come ad
esempio il Caf ed il Patronato.
Le Acli vogliono dunque diventare una vera e propria “impresa sociale” che punti alla costruzione di
un welfare civile che sappia superare la contrapposizione tra interesse individuale e interesse
pubblico in nome di due nuovi principi cardine: la reciprocità e la fraternità.
L’apparato pubblico ha spesso mortificato l’iniziativa di singoli e associazioni. Occorre rimettere
insieme le connessioni dei cittadini, la sicurezza sociale condivisa che riunisce aspetti materiali e
valoriali, in senso di un destino comune. Le Acli devono recuperare “desiderio e ardore”, come
suggerisce il sociologo Giuseppe De Rita e proporsi obiettivi ambiziosi: riunire le proprie
associazioni, le cooperative, le piccole imprese, l’universo agricolo, le molteplici iniziative del Terzo
settore presenti in Trentino per dare vita a un vero e proprio “Terzo sistema”.
L come limite: sobrietà felice, risparmio, tutela ambientale
Parlare di limite significa invertire la rotta della modernità che si fonda sull’illusione di un progresso
infinito. Esso però ci sta conducendo alla crisi ambientale ed energetica. La cultura del limite non spinge
alla rinuncia, al privato, alla decadenza ma alla consapevolezza che il benessere del futuro va costruito su
basi nuove, sulla sobrietà, sul riuso, sull’equilibrio naturale.
Fin quando c’erano nuove terre da scoprire e da conquistare, fin quando le risorse naturali erano
enormemente maggiori del fabbisogno allora poteva valere l’idea di un progresso infinito. Oggi non
possiamo più ragionare in questo modo, ma, partendo dal limite e dalla possibilità di darci insieme norme e
regole, dobbiamo pensare a un nuovo tipo di relazioni e comportamenti.
Chi vuole operare nella società, chi vuole modificare la situazione deve pensare a una libertà in relazione,
che nasce e si sviluppa davanti all’altro, insieme con l’altro e non “nonostante l’altro”.
Il venir meno delle regole che avevano cercato di governare l’economia mondiale fino agli anni ’80 e la
conseguente decadenza degli organismi internazionali di controllo hanno determinato l’odierna incapacità
di risolvere la crisi. Ognuno accusa l’altro di essere causa della crisi oppure di non saperla affrontare.
Occorrono nuove regole e nuove istituzioni globali.
In politica limite significa porre un freno all’ingordigia di singoli e di organismi collettivi che sta minando le
fondamenta del vivere civile. Limite nelle spese della politica, nei rimborsi elettorali, nei mandati a cariche
elettive, nel cumulo di poltrone. Ma il limite è anche il motore delle vere riforme: non un concetto statico e
benché meno un precetto, bensì l’avvio di una nuova fase di mutamenti cognitivi, di messa in campo di
nuove soluzioni tecnologiche e di processo, di vere riforme di struttura.
La vera spending review non è l’austerità imposta ai più deboli, ma il risparmio di tutti
Il risparmio non è necessariamente un criterio moralista, può e dovrebbe essere una scelta consapevole di
stile di vita e una precisa scelta politica orientata ad obiettivi mirati e condivisi. Pensiamo al trasporto
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pubblico e alla mobilità alternativa, alla cultura del riuso, alle banche del tempo, ai gruppi di acquisto
solidale, alle filiere corte e ai prodotti a km zero. La società civile, i consumatori consapevoli e responsabili,
stanno già mettendo a punto alcuni comportamenti che, lungi dal risolvere alla radice questa crisi, possono
incidere per limitarne di danni più eclatanti.
Dal punto di vista della rappresentanza le Acli intendono impegnarsi per garantire a questa parte
significativa dalla nostra comunità adeguate forme di organizzazione e visibilità sia nei confronti della
società che della politica. Una politica che può rinnovarsi attraverso il “decalogo delle 10 R”: il Risparmio, il
Riciclo, il Recupero, il Riutilizzo, la Riduzione, la Rivalutazione dei saperi materiali di un tempo, il
Ripensamento degli stili e dei tempi di vita, la Rigenerazione della società e della politica, la Ridistribuzione
delle risorse, la Rilocalizzazione delle imprese produttive (in questo caso non per andare all’estero, ma per
radicarsi nel loro territorio d’origine).
I come interdipendenza: solidarietà e mondialità
I concetti di sovranità, di nazionalità e di indipendenza stanno subendo una grande trasformazione e
vengono sostituiti da quelli di interdipendenza, connessione, multiculturalità. Tale visione del mondo si
condensa nello slogan “pensa globalmente e agisci localmente”.
L’interdipendenza è un dato di fatto politico ed economico: in un mondo ormai unificato dai rapporti
finanziari, dagli scambi commerciali e dalle comunicazioni in tempo reale, avvenimenti all’apparenza
insignificanti influenzano contesti a prima vista lontani e separati. Oggi tutto è interconnesso. I
cambiamenti climatici causati dalle attività umane sono la prova evidente che nessuno può salvarsi da solo.
Le comunità e le città anche piccole sono segnate dall’intreccio di identità che scaturisce
dall’interdipendenza globale. Migrazioni, spostamenti di individui e gruppi, scambi culturali, solidarietà e
conflitti generano pluralismo etico e religioso. Governare questi processi significa progettare il futuro.
Il Trentino di domani deve valorizzare i suoi testimoni più genuini a partire dalla rete dei missionari e degli
operatori umanitari sia cattolici sia laici, dall’impegno pubblico e privato dei volontari in progetti di
solidarietà internazionale; dall’attenzione verso l’inclusione dei migranti nel nostro tessuto sociale potata
avanti con generosità ed altruismo da tante associazioni di volontariato.
Una delle questioni dirimenti per lo sviluppo del Trentino consisterà nel passaggio dall’assistenzialismo per
gli immigrati al loro attivo protagonismo. Non bisogna soltanto formare gli stranieri al lavoro (già le Acli
trentine lo fanno con vari progetti) ma renderli capaci di creare lavoro e innovazione riconoscendo loro
pari diritti e doveri di cittadinanza, nonché la libertà di praticare i rispettivi culti religiosi.
Dalle derive ai nuovi approdi
Questo documento, assieme agli allegati relativi al nostro impegno associativo, si propone come
un punto di partenza per una riflessione interna al movimento aclista a partire dalla Presidenza e
dal Consiglio provinciale per coinvolgere militanti ed associati in un percorso di elaborazione di
proposte rivolte alla nostra azione sociale ed, in parte, alla costruzione di proposte politicoamministrative per la buona gestione della nostra autonomia provinciale.
Al termine di questo percorso partecipato sarà cura degli organi dirigenti raccogliere ulteriori
sottolineature e proposte operative per presentare un vero e proprio progetto di nuova impresa
sociale ed un manifesto della società civile trentina per il futuro dell’autogoverno provinciale.
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