1 Una riflessione sull’uso del corpo femminile maturo nella pubblicità. Giovanna Leone*, Tiziana Mastrovito*, Alberta Contarello** e Claudia Polo* *Università Sapienza di Roma ** Università di Padova 1. Nello specchio della pubblicità: tra rappresentazioni sociali e modelli “drammaturgici” di presentazione di sé La riflessione sulla pubblicità getta una luce particolare sul tema delle rappresentazioni sociali delle diverse età della donna, e dell’immagine del corpo che viene mostrata in ognuna di esse. L’idea generale che inquadra questa nostra riflessione è che lo studio della pubblicità possa essere usato come uno strumento per monitorare in che modo la comunicazione mediata agisca nella promozione dei significati condivisi e discussi nel discorso sociale sul corpo. In questo senso, concordiamo con Mininni sul fatto che “(i) media sono uno specchio fedele e insieme deformante della realtà perché l’immagine che offrono dipende anche dal loro modo di costruirla” (Mininni, 2004, p. 69). La pubblicità entra in modo del tutto peculiare in questa oscillazione solo apparentemente paradossale tra fedeltà e deformazione, individuata da Mininni come caratteristica fondativa della comunicazione mediatica. Essa infatti si propone scopertamente di influenzare i processi di scelta e i comportamenti delle persone che raggiunge. Allo stesso modo, però, ha bisogno di intercettare in profondità i desideri delle persone cui si rivolge, rispetto all’immagine ideale di sé che esse stesse vorrebbero mostrare sulla scena sociale e al ruolo che in essa vorrebbero giocare. Come luogo esplicito di influenza sociale, ma anche come allusione implicita ad un desiderio personale, la pubblicità si inserisce in maniera del tutto particolare nella definizione più generale della comunicazione come “specchio fedele e insieme deformante” della realtà sociale, e a nostro avviso può essere studiata invocando un duplice inquadramento teorico. In primo luogo, appare evidente il suo rapporto con la teoria delle rappresentazioni sociali. A questa forma specifica di comunicazione si attaglia infatti in modo del tutto specifico la riflessione, sviluppata in senso più generale da questo approccio teorico, sulla strettissima relazione tra rappresentazioni sociali e comunicazione. Tale relazione è articolabile su tre distinti livelli: • • • a livello dell’emergenza di alcuni aspetti della realtà sociale a scapito di altri a livello di supporto dei processi basilari di formazione delle rappresentazioni sociali stesse (oggettivazione e ancoraggio) a livello di inquadramento di alcune dimensioni classiche della psicologia sociale (quali la formazione di opinioni, atteggiamenti, stereotipi) (Moscovici, 1961/1976; Jodelet, 1989). Come discuteremo meglio in seguito, l’analisi empirica che farà da supporto a questa nostra esplorazione dello “specchio” che la pubblicità mette davanti agli occhi del suo pubblico cercherà di cogliere, all’interno dell’inquadramento teorico delle rappresentazioni sociali, soprattutto la prima tra queste articolazioni, cioè l’emergenza di alcuni aspetti della vita sociale nella rappresentazione pubblicitaria, e l’oscurità in cui sono invece relegati altri aspetti, a dispetto (o forse a ragione?) della loro centralità nella vita sociale contemporanea. 2 Se questo approccio teorico ci sembra dunque indispensabile per comprendere il legame tra comunicazione mediata e conoscenza quotidiana del mondo (Emiliani, 2003), il particolare fascino che la pubblicità può avere sui suoi destinatari – e l’esito finale della sua efficacia -- vanno forse oltre le dinamiche, pur basilari, con cui la comunicazione mediata contribuisce a dare una forma condivisa e un’illusione di padroneggiamento alla rappresentazione sociale della realtà. Seguendo la celebre metafora drammaturgica di Goffman (1959; 1971), potremmo infatti pensare che la pubblicità giochi la sua efficacia comunicativa solo se è in grado di raggiungere la duplice finalità che la caratterizza: evidenziare con chiarezza l’immagine normativamente richiesta per una performance sociale di successo e, nello stesso tempo, proporsi come un alleato credibile per colmare quel divario che sempre separa il sé reale dal sé ideale (Wojciszke, 1987), accrescendo la speranza di realizzazione del sé imperativo e dei sé potenziali (Higgins, Tykocinski e Vookles, 1990). La pubblicità si mostra, infatti, come situata in una speciale intercapedine tra quello che accade nella luce del palcoscenico e la penombra del dietro le quinte. Con i suoi “consigli per gli acquisti”, essa si propone dunque a chi la ascolta come una fonte che potrà svelare alcuni dei trucchi che consentono ai migliori attori di compiere le loro ammirevoli performance, mostrando il lavoro, altrimenti segreto, dell’insieme di invisibili tecnici che appoggiano con discrezione l’impresa, apparentemente solitaria, di chi è capace di tener bene la scena. Da questa sua speciale posizione, a metà strada tra la perfezione agita sul palcoscenico e il frettoloso armeggiare con cui si prepara dietro le quinte l’uscita di chi è di scena, la pubblicità cerca di presentarsi come una comunicazione che consente di partecipare al punto di vista speciale dei pochi che possono vedere gli andirivieni tra scena e fuori scena. Inoltre -- e soprattutto --, promette a chi la ascolta di potersi giovare di questi stessi saperi e trucchi nascosti, ovviamente se è disposto a pagarne il prezzo. Questa nostra proposta di lettura teorica della pubblicità vuole dunque di conciliare le posizioni classiche della teoria delle rappresentazioni sociali con l’idea che questa forma di comunicazione mediatica si rivolga a chi la ascolta come una proposta specifica di supporto per l’elaborazione di strategie più efficaci di presentazione “drammaturgica” del sé. Non a caso, una rassegna delle ricerche sulle differenze tra le pubblicità che mostrano come protagonisti uomini o donne – rassegna che eccede i limiti di questo nostro brevissimo intervento – consente di individuare immediatamente come fondamentale il contributo dello stesso Goffman a questo campo di riflessione (1979). Nel suo modo di ricerca come sempre illuminante, egli, infatti, ci ha mostrato quanto gli uomini e le donne comparissero sulla scena pubblicitaria – sia che essa riguardasse situazioni di lavoro, sia che rappresentasse scene di vita quotidiana – replicando le aspettative sociali dominanti: l’uomo come responsabile dell’azione e del suo buon svolgimento (medico nell’ambulatorio, padre che controlla la buona costruzione di castelli di sabbia dei bambini sulla spiaggia), la donna come comprimaria e supportiva, infermiera accanto al medico, compagna attenta accanto al marito. 2. Le scelte metodologiche: la messa in luce delle pubblicità con le anziane e con gli anziani. Uno dei primi interrogativi che ha mosso la nostra ricerca è stata appunto la curiosità di vedere se e come, in uno scenario sociale italiano che appare oggi storicamente molto diverso dalle ricerche classiche di Goffman (1979) e che presenta aspetti comunicativi relativi al genere per molti versi inquietanti, questi risultati si sarebbero replicati. 3 Un secondo interrogativo di fondo, cruciale anche dal punto di vista metodologico, ha riguardato la scelta del materiale di studio. Dovevamo rivolgerci a pubblicità cartacee o televisive? Commerciali o di progresso sociale? E soprattutto, dovevamo cercare di cogliere la differenza di genere rispetto a chi era il destinatario della pubblicità o rispetto a chi appariva nella pubblicità? Per quanto riguarda il primo interrogativo, la pubblicità cartacea appariva interessante, anche perché diverse ricerche avevano già dimostrato, in contesti socio-culturali diversi, in anni diversi e in riviste di tipo più tradizionale o più innovativo, una sostanziale tenuta dei risultati della ricerca seminale di Goffman (vedi per tutti il recentissimo Mager e Helgeson, 2010). Tuttavia, anche la ricerca sulla rappresentazione della figura femminile televisiva appariva particolarmente interessante, non solo teoricamente ma anche metodologicamente, in quanto sempre più sorretta negli ultimi anni da approcci di tipo quali-quantitativo. Anche in questo caso, una rassegna in proposito eccede gli obiettivi dell’intervento odierno. I risultati più aggiornati sono inoltre da demandare, in attesa della divulgazione dei risultati della revisione quindicinali di Pechino + 15 (10-12 marzo 2010) e dei monitoraggi promossi dalla Wacc e dalla Iwmf previsti per settembre 2010. Va tuttavia sottolineato, sia pure in estrema sintesi, che le ricerche più innovative, svolte nell’ottica degli studi su gender e media televisivi, si sono rivelate quelle, etnografiche, sul consumo quotidiano delle audiences femminili, e quelle sulla presenza femminile nella produzione di notizie televisive e di pubblicità. Ma soprattutto, visto l’obiettivo del nostro lavoro, ciò che più vale la pena di sottolineare è come l’ambito pubblicitario televisivo sia stato considerato lo spazio televisivo dove maggiormente sono stati messi in atto modelli di stereotipizzazione del corpo femminile. Rispetto a questo interrogativo sul materiale da selezionare per lo studio, dunque, la nostra scelta è stata di mettere a confronto pubblicità televisive e pubblicità cartacee, limitando la nostra ricerca alle sole pubblicità di tipo commerciale, che alludono più apertamente all’obiettivo di una autopresentazione sociale basata sul successo, e mettendo per ora tra parentesi l’analisi delle pubblicità di tipo sociale e partecipativo (quali ad es, le campagne di Pubblicità Progresso) che chiamano in causa un più complesso insieme di aspetti valoriali, attinenti ad una presentazione etica di sé e, quindi, ad una maggior capacità di autoconsapevolezza oggettiva (Wicklund e Frey, 1980) da parte dei suoi fruitori. A partire da queste scelte di fondo, abbiamo compiuto una prima indagine esplorativa – di cui in questa sede non si darà conto, per brevità espositiva – che ha evidenziato interessanti differenze nelle immagini di uomini e donne, mostrate nelle pubblicità cartacea di giornali rivolti ad un pubblico generalista o a target specifici (ad es. giornali per adolescenti uomini o donne, o giornali per persone particolarmente attente alla loro salute fisica). Quello che ci è però apparso come il risultato forse più interessante di questa prima esplorazione, da cui emergevano molte altre differenziazioni rispetto al genere, alle varie età rappresentate, al target di riferimento della pubblicazione e al tipo di prodotto pubblicizzato, era la quasi completa invisibilità delle persone anziane nella scena pubblicitaria. Una invisibilità resa ancora più scioccante dalle ben note considerazioni demografiche sull’invecchiamento crescente della popolazione nazionale, o da quelle economiche sul contributo fondamentale dato dalle persone anziane al mantenimento dell’equilibrio nel reddito. Sia come consumatori, sia come protagonisti della vita economica, ci si sarebbe dunque potuto aspettare che gli anziani fossero degli interlocutori di cui certo i pubblicitari non potevano non accorgersi. Il problema che però si poneva era, ancora una volta, di tipo “drammaturgico”. Vedere in quasi tutte le pubblicità donne dalla pelle levigata nello splendore di una età ancora giovane, essere testimonial di creme per il viso destinate a donne evidentemente più anziane, ci portava a chiarire ancora meglio il problema. Quello che mancava non erano le pubblicità per gli anziani e le anziane; ma le pubblicità con gli anziani e le anziane. Nel teatro della 4 pubblicità, in altri termini, le persone anziane potevano entrare dall’ingresso del pubblico pagante; ma non certo dalla porta degli artisti. E’ stato questo risultato della nostra prima esplorazione che ci ha condotto a decidere di mettere in luce maggiormente, nell’odierna discussione, soprattutto la descrizione di quelle poche pubblicità – sia cartacee sia televisive – che decidevano, controcorrente, di mettere in scena le persone anziane ed il loro corpo. In parallelo con quanto affermato nelle note discussioni che hanno animato il dibattito degli storici sul tema delle mentalità (cfr. Burke, 1986), siamo infatti anche noi convinte che una rappresentazione di senso comune si distingue non solo per quello che enfatizza e seleziona come carattere emergente della propria realtà sociale, ma soprattutto per quello che ignora: non solo per ciò che pronuncia, ma anche per ciò che manca (Moscovici , 1961/1976 ). 3. I principali risultati A partire da queste considerazioni teoriche e metodologiche, abbiamo selezionato, da un insieme più ampio di pubblicità esaminate in comunicazioni stampate e televisive rivolte a diversi tipi di pubblici (vedi tab.1.), solo le pubblicità che presentavano persone anziane tra i loro protagonisti. Come si vede, si tratta di un insieme molto esiguo per la pubblicità cartacea (6.6%); nella pubblicità televisiva tale percentuale, pur sempre ridotta, tende tuttavia a crescere (22,3%). Questa prima differenza nelle due percentuali di presenza di pubblicità con anziani ci sembra interpretabile nella struttura stessa dei due tipi di comunicazione: la prima, statica, che rimanda alla scelta di un’immagine, la seconda, dinamica, in cui è possibile mostrare una scena o, talvolta, raccontare una storia. Mentre, dunque, è possibile che una persona anziana possa svolgere un suo ruolo all’interno di una scena o di una storia pubblicitaria, la presenza in una immagine del suo corpo sembra essere ritenuta, nel caso della pubblicità cartacea, come qualcosa da non mostrare. Tab. 1 – Le pubblicità esaminate pubblicità periodici % totale pubblicità con anziani L’Espresso 295 13 4,4% Panorama 417 17 4,1% Famiglia Cristiana 247 33 13,4% Totale 959 63 6,6% Rai1 514 149 28,9% Rete4 1193 231 19,4% La7 1501 336 22,4% Totale 3208 716 22,3% 5 A partire da questa prima selezione, abbiamo cercato di descrivere più in dettaglio l’uso di questi corpi o di questi protagonisti anziani all’interno di tale selezione di pubblicità cartacee (N = 63) e televisive (N = 716) che, sia pure minoritarie rispetto alla raccolta complessiva da cui erano tratte, erano tuttavia abbastanza numerose da consentire un’analisi sufficientemente dettagliata e significativa. Il primo dato descrittivo (Fig. 1) consente di notare in che modo le persone anziane venivano messe in scena. Si nota la netta predominanza delle pubblicità in cui si sceglie di mostrare un anziano uomo, soprattutto nel caso della pubblicità televisiva (64%); la donna anziana sola risulta invece molto meno presente (22%), soprattutto nel caso della pubblicità cartacea. Ritornando all’osservazione, già introdotta, tra immagini, scene e storie di pubblicità, la scelta che appare meno praticata è dunque quella di mostrare il corpo anziano della donna. Fig. 1 I protagonisti della pubblicità con gli anziani 70% 64% 62% 60% 50% 41% 40% donna 32% uomo 27% 30% 22% coppia 22% 20% 16% 14% 10% 0% TV STAMPA Totale Questi primi risultati sono maggiormente specificati da un’analisi del tipo di caratteristiche cui fa riferimento la pubblicità, nel momento in cui compie l’infrequente scelta di fare appello ad un protagonista anziano o anziana. Avendo raggruppato in macro-categorie le molteplici caratteristiche con cui si presentavano le pubblicità raccolte, si nota un andamento che, pur sostanzialmente simile nel suo profilo complessivo, presenta tuttavia alcune differenze significative tra pubblicità televisiva e cartacea. Nella pubblicità televisiva (tab. 2), in particolare, è ancora all’uomo (50%), o, in lievissimo subordine, alla coppia (48%) che è affidato il ruolo di mostrare una capacità attiva di impegno nel sociale, o una dominanza legata al prestigio e all’eleganza (43% per l’uomo solo, 55% per la coppia); mentre alla donna, quando sola, si attribuisce molto meno tale capacità (11%) e tale prestigio (18% ) , mentre le si affida di più la rappresentazione della malattia o, più in generale, dell’indebolimento corporeo (ad es., nel mostrare la necessità di dotare la casa dell’anziana di sedieascensori che consentano di non salire a piedi le scale, o di vasche da bagno dall’uscita facilitata). 6 Tab. 2 Le caratteristiche degli anziani e delle anziane protagonisti della pubblicità televisiva ESPERIENZA SAGGEZZA ELEGANZA PRESTIGIO BELLEZZA GIOVINEZZA DONNA UOMO COPPIA (n=158) (n=455) (n=153) presente 62% 79% 46% assente 38% 21% 54% presente 18% 43% 55% assente 82% 57% 45% presente 23% 22% 22% assente 77% 78% 78% IMPEGNO SOCIALE presente 11% 50% 48% assente 89% 50% 52% MALATTIA presente 31% 20% 17% 69% 80% 83% INDEBOLIMENTOassente Tab. 3 Le caratteristiche degli anziani e delle anziane protagonisti della pubblicità stampata ESPERIENZA SAGGEZZA ELEGANZA PRESTIGIO BELLEZZA GIOVINEZZA IMPEGNO SOCIALE DONNA UOMO COPPIA (n=17) (n=26) (n=20) presente 82% 85% 95% assente 18% 15% 5% presente 35% 69% 55% assente 65% 31% 45% presente 41% 12% 40% assente 69% 88% 60% presente 41% 77% 20% assente 69% 23% 80% 7 MALATTIA presente INDEBOLIMENTOassente 18% 27% 70% 82% 78% 30% Questo andamento è parzialmente differente nella pubblicità cartacea. All’uomo solo (69%) o, in misura minore, alla coppia anziana (55%) rimane il primato del prestigio e dell’eleganza; all’immagine pubblicitaria stampata dell’uomo si collega, in percentuale schiacciante (77%), la capacità di azione e di impegno sociale. In questo caso, tuttavia, la donna non è rappresentata nei suoi aspetti di malattia e di indebolimento, mostrata invece nel caso di un’immagine di coppia. All’immagine di una donna sola, al contrario, è collegata la presenza evidente di caratteristiche estetiche elevate, che consentono di non manifestare troppo la realtà dell’ invecchiamento del proprio corpo (41%), mentre nella stragrande maggioranza dei casi (88%) un’analoga qualità formale non è richiesta all’immagine maschile illustrata nella pubblicità cartacea. Le due figure successive (fig. 2 e 3), che mostrano il contesto in cui sono inseriti gli anziani protagonisti delle pubblicità e la scelta delle persone che sono messe loro vicine, contribuiscono a specificare meglio il quadro complessivo delle rilevazioni. Fig. 2 Da soli o in compagnia: il contesto che in cui sono inseriti i protagonisti anziani della pubblicità 100% 87% 80% 93% 82% 70% 68% 54% 60% 40% 20% 46% 32% 30% 13% 18% 7% 0% solo/a in compagnia solo/a TV in compagnia stampa donna uomo coppia Mentre infatti la coppia anziana (93%) è mostrata soprattutto nella pubblicità televisiva, seguita dalla scelta di mostrare un anziano uomo, in compagnia di altri (87%), nell’immagine fissa della pubblicità cartacea la donna è mostrata soprattutto da sola (82%). Anche la scelta dei coprotagonisti conferma l’idea di solitudine associata all’uso dell’immagine del corpo anziano femminile; nella scena o nella storia televisiva il contesto sociale in cui la donna sola viene presentata è soprattutto quello familiare, mentre l’uomo è mostrato in contesti sociali più differenziati, collegati ai diversi tipi di prodotti reclamizzati, qui riassunti nella dizione riassuntiva di “altro”. 8 Fig. 3 La scelta dei co-protagonisti 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% famiglia amici nessuna altro famiglia TV amici nessuna altro stampa donna uomo coppia Ma la notazione forse più interessante viene dalla caratterizzazione del tono complessivo che viene dato al messaggio pubblicitario. Appare qui suggestivo notare come la scelta controcorrente di mostrare l’immagine della donna anziana nella pubblicità cartacea (41%) e, ancora più, la narrazione televisiva pubblicitaria che la vede protagonista (59%) venga sovente associata alla scelta più complessiva di dare un tono ironico alla propria comunicazione con i consumatori. Fig. 4 La scelta del tono della pubblicità con gli anziani 100% 80% 80% 60% 62% 59% 36% 40% 20% 19% 20% 45% 42% 21% 38% 41% 41% 31% 20% 20% 18% 8% 0% 0% ironico serio neutro ironico TV serio stampa donna uomo coppia neutro 9 Osservazioni conclusive: un po’ d’ironia ci salverà? Al termine di queste brevissime notazioni, possiamo affermare in primo luogo che questa prima esplorazione ci ha confermate nel nostro interesse per lo studio della comunicazione pubblicitaria che sceglie, in modo molto minoritario, di fare pubblicità mostrando la figura di persone anziane. Nella pubblicità sia cartacea che televisiva l’anziano (soprattutto se donna) è infatti, significativamente, quasi invisibile, o comunque tende (soprattutto nelle pubblicità su carta stampata e soprattutto nel caso delle donne) ad essere mostrato in una dimensione di solitudine/isolamento. Qualora si mostrino nella pubblicità persone anziane nel corso di interazioni sociali, queste si svolgono, nel caso delle donne, prevalentemente in ambiente domestico e familiare. Più in generale, la donna anziana è rappresentata come fonte di esperienza e saggezza, ma non come una risorsa sociale, mentre l’immagine dell’uomo anziano conserva quelle caratteristiche di attività e di competenza già registrate nelle classiche ricerche di Goffman (1979). In sintesi, sia la scarsa frequenza generale dell’uso di immagini di persone anziane per la confezione di pubblicità, sia le caratteristiche delle poche pubblicità che compiono questa scelta, ritenuta evidentemente rischiosa, mostrano una rappresentazione ambivalente della terza età: come condizione desiderata di successo e indipendenza (per gli uomini o per le coppie), ma anche e soprattutto come condizione indesiderata di declino e dipendenza (in special modo per le donne sole). Questa sostanziale conferma delle rilevazioni pionieristiche di Goffman trova però una inaspettata forma di cambiamento nell’emergere di un nuovo filone, presente soprattutto nelle pubblicità televisive, che tratta in modo ironico le aspettative stereotipiche legate sia al genere che all’età, quasi “strizzando l’occhio” alle proprie destinatarie più anziane. E’ forse questo aspetto, della pubblicità controcorrente che usa ironicamente gli stereotipi sull’anziano invisibile e sull’anziana sola, che ci sembra possa offrire una originale chiave di uscita dalla normalità irreale che la pubblicità manipola usualmente, nello spazio di manovra che si apre tra l’esperienza del proprio sé reale e l’interiorizzazione di quei sé ideali che, pur se di fatto irraggiungibili, sono comunque continuamente riproposti nel discorso sociale. La complicità cercata da alcuni pubblicitari (soprattutto televisivi) con il pubblico delle donne anziane è, a nostro avviso, un’interessante anomalia a cui vale la pena di dare voce e attenzione. Bibliografia Burke P. (1986). Strengths and Weaknesses of the History of Mentalities. History of European Ideas, 7 , pp. 439-451. Emiliani, F. (2003). Vita quotidiana e conoscenza sociale. In G. Mantovani (a cura di), Manuale di psicologia sociale. Firenze: Giunti. Goffman, E. (1959). The Presentation of Self in Everyday Life, Garden City, New York: Anchor. (Tr. It. La vita quotidiana come rappresentazione, Il Mulino, Bologna, 1969). Goffman, E. (1971). Relations in Public: Microstudies of the Public Order. New York: Basic Books (Tr. It. Relazioni in pubblico, Bompiani, Milano, 1981) Goffman, E. (1979). Gender advertisements. New York: Harper & Row. Higgins, E.T., Tykocinski, O., & Vookles, J. (1990). Patterns of Self Beliefs: The psychological significance of relations among the actual, ideal, ought, can, and future selves. In J.M. Olson and M.P. Zanna (Eds.), Processes in self perception: The Ontario Symposium. Hillsdale, N.J. : Erlbaum. 10 Jodelet D. (1989). “Rappresentazione sociale: fenomeni, concetti, teorie” in S. Moscovici (a cura di), Psicologia sociale. Roma: Borla editore, pp. 336 – 367. Mager, J. , Helgeson J. G. (2010) Fifty Years of Advertising Images: Some Changing Perspectives on Role Portrayals Along with Enduring Consistencies. 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