Chi è Vittorino Andreoli? Nato a Verona nel 1940

Chi è Vittorino Andreoli?
Nato a Verona nel 1940, si laurea in Medicina e Chirurgia all'Università di Padova col
Prof. Massimo Aloisi e si dedica quindi alla ricerca sperimentale in biologia scegliendo come
"organo" l'encefalo.
Lavora in Inghilterra all'Università di Cambridge e negli Stati Uniti alla Cornell University
di New York. In questo periodo è assistente all'Istituto di Farmacologia dell'Università di Milano,
dove si rivolge alla ricerca neuropsicofarmacologica.
Il comportamento dell'uomo e la follia diventano ben presto il fulcro dei suoi interessi e
ciò determina uno a svolta del suo impegno verso la neurologia e successivamente la
psichiatria, discipline di cui diventa specialista.
Lavora alla Harvard University col Prof.S.S.Kety, con un'imp ostazione psichiatrica che
sembra permettere l'integrazione tra interessi biologici sperimentali e clinica.
Attualmente è Direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona - Soave. E' membro
della The New York Academy of Sciences. E' Presidente della Section Committee on
Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association.
OPERE
E' Direttori dei "Quaderni italiani di Psichiatria". Ha pubblicato: La terza via della
Psichiatria (Mondadori, 1980); La norma e la scelta (Mondadori, 1984) e, recentemente Un
secolo di follia (Rizzoli, 1991); Il matto inventato (Rizzoli, 1992); La violenza (Rizzoli, 1993);
Yono Cho (Rizzoli, 1994), Giovani (Rizzoli, 1995); Camice matto (Rizzoli, 1995); Voglia di
ammazzare (Rizzoli, 1996); E la luna darà ancora luce (Rizzoli, 1997); E vivremo per sempre
liberi dall'ansia (Rizzoli, 1997).
PENSIERO
Nel periodo compreso tra il 1962 e il 1984 egli formula, e per certi aspetti anticipa,
l'importanza della plasticità encefalica come "luogo" per la patologia mentale e, dunque,
sostiene che l'ambiente contribuisce a strutturare la biologia della follia.
Contemporaneamente in questi anni si dedica al rapporto tra la malattia mentale e i
processi creativi, sostenendo che anche i casi più "degenerati", non sono chiusi alle espressioni
più alte dell'uomo, inclusa l'arte.
Negli anni dall' '84 ad oggi ha elaborato e contribuito ad una concezione sul
comportamento criminale, che sostiene la compatibilità della "normalità" con gli omicidi più
efferati. Opponendosi in questo modo alla concezione lombrosiana 1 del delitto come sintomo
certo di malattia mentale.
1
Cesare Lombrosio, psichiatra e antropologo (Verona 1835 – Torino 1909). Spiegò la degenerazione morale del
delinquente con le anomalie fisiche (caratteri degenerativi lombrosiani). Famosa la sua opera Genio e follia (1864).
E’ ritenuto il fondatore dell’antropologia criminale.