Anno II – Numero 173 AVVISO 1. Assemblea Ordinaria 2013 e Giuramento di Galeno Giovedì 09 Maggio 2013, S.S. Gregorio, Duilio Assemblea Ordinaria 2013 e Giuramento dei Giovani Farmacisti nel nome di GALENO Notizie in Rilievo Lunedì 20 Maggio p.v. presso la sede dell’Ordine si terrà il giuramento di Galeno per i nuovi iscritti nel 2013 e subito dopo Prevenzione e l’assemblea Ordinaria. salute 2. Esami del sangue: gli esami per il fegato. GRAVIDANZA: FDA LANCIA ALLERTA SU FARMACO ANTIEMICRANIA Alimenti e Salute 3. La dieta che aiuta a conservare una pelle giovane. Scienza e Salute 4. Zanzare: vero e falso in venti risposte. 5. Tiroidite di Hashimoto 6. Gravidanza: FDA lancia allerta su farmaco anti-emicrania La Fda (Food and Drug Administration), organo americano di controllo dei farmaci e della sicurezza alimentare, ha lanciato l'allerta sull'uso in gravidanza di alcuni farmaci che prevengono l'emicrania. In particolare, il valproato di sodio potrebbe abbassare il QI dei nascituri. I prodotti con valproato controindicati includono anche l'acido valproico e il sodio divalproex. I farmaci che contendono valproato sono già stati riconosciuti associati a rischio per il feto. Il recente studio (Neurodevelopmental Effects of Antiepileptic Drugs) ha fornito ulteriori prove che possono costituire un rischio per il QI, portando a un rafforzamento degli avvisi. Le donne incinte che prendono questi farmaci o che rimangono incinte mentre li stanno assumendo, dovrebbero rivolgersi al medico e evitare di interrompere bruscamente l'uso perche' in questo modo potrebbero originarsi problemi, anche fatali, per la donna e per il feto in via di sviluppo. (Agi) SITO WEB ISTITUZIONALE: www.ordinefarmacistinapoli.it iBook Farmaday E-MAIL: [email protected]; [email protected] SOCIAL – Seguici su Facebook –Diventa Fan della nostra pagina www.facebook.com/ordinefarmacistinapoli PAGINA 2 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 173 GLI ESAMI DEL SANGUE Una sintetica «biblioteca» dei principali valori che si possono trovare sul referto Esami per il RENE EMOCROMO Azotemia, Creatininemia MCHC, MCV, RDW, EMOGLOBINA, GLOBULI ROSSI, EMATOCRITO, GLOBULI BIANCHI, ELETTROFORESI DI PROTEINE PLASMATICHE BILIRUBINA, GAMMA GT, Fosfatasi alcalina, Transaminasi ESAMI PER IL FEGATO Esami per CUORE e METABOLISMO Esami per il FERRO Esami Malattie Infettive Colesterolo, Trigliceridi, Glicemia, Troponina, D-Dimero, NT-pro-BNP, Proteina C-reattiva, Calcemia, Paratormone, Vitamina D, Calcitonina Sideremia, Transferrina serica, Ferritina Test per l’HIV GLI ESAMI PER IL FEGATO Sono diversi i test ematici che possono dare indicazioni sullo stato di salute del fegato. È importante valutarli nel loro insieme 10-100 U/L* Gamma GT Donne Che cosa si misura: l’esame misura la concentrazione di GGT, o Uomini GAMMA GT 4-18 U/L* 6-28 U/L* gamma glutamil transpeptidasi, nel sangue. GGT è un enzima che si trova soprattutto nel fegato e che di norma è presente nel sangue a livelli molto bassi. In presenza di un danno epatico, la quota di GGT nel sangue aumenta. In particolare, GGT è l’enzima epatico più sensibile per rilevare problemi a carico dei dotti biliari (canali per il passaggio della bile dal fegato all’intestino, dove contribuisce alla digestione dei grassi). Quando e perché il test è indicato: In genere il medico prescrive questo test in associazione ad altri esami di funzionalità epatica (fosfatasi alcalina, bilirubina, transaminasi AST e ALT), per valutare la presenza di una malattia del fegato o dei dotti biliari. Perciò l’esame è indicato per quei soggetti che manifestano segni o sintomi di una malattia epatica quali: ittero, nausea e vomito, gonfiore e dolori addominali, urine scure, sensazione di fatica e malessere generale, prurito. L’esame può essere inoltre utilizzato per distinguere tra una malattia delle ossa e un disturbo epatico nei casi di livelli elevati di fosfatasi alcalina, un altro enzima che può essere misurato con un test specifico. Il GGT è utilizzato anche nel caso di un sospetto abuso di alcol: risulta aumentato nel 75 per cento dei bevitori cronici. Come si fa il test: prelievo di sangue dalla vena di un braccio. È preferibile effettuare l’esame dopo almeno 8h di digiuno, perché il GGT diminuisce subito dopo i pasti. Si consiglia inoltre di evitare di bere alcolici nelle 24h precedenti l’esame, perché quantità minime di alcol possono causare aumenti del GGT. Esiste una variabilità che dipende dal sesso e dall’età: il GGT tende ad aumentare con l’età nelle donne, ma non negli uomini. Comunque rimane sempre più elevato nei maschi rispetto alle femmine. Come interpretare i risultati dell’esame: Livelli di GGT bassi o normali non destano preoccupazioni perché sono indicativi di una buona funzionalità epatica: le probabilità che il paziente soffra di una malattia del fegato sono quindi basse. In alcuni casi la riduzione del GGT potrebbe dipendere dall’assunzione di certi farmaci, come la pillola anticoncezionale o i clofibrati (usati per abbassare i livelli di grassi nel sangue). Valori elevati di GGT indicano invece che qualcosa non va a livello del fegato o dei dotti biliari; quanto più alto è il GGT, tanto più grave è il danno epatico. Tuttavia un semplice aumento del GGT non permette al medico di discriminare tra una malattia e l’altra; per questo motivo l’uso del GGT è controverso e le linee guida dell’Associazione americana per lo studio delle malattie epatiche non lo raccomandano come esame di routine. Un GGT alto può anche essere indice di abuso di alcol o di alcuni farmaci, tra cui i FANS, certi antidepressivi, alcuni antibiotici, antistaminici e ormoni come il testosterone. In questi casi non si riscontrano alterazioni degli altri enzimi epatici. Quando la fosfatasi alcalina è aumentata, se anche il GGT lo è, allora si può sospettare una disfunzione epatica o biliare; se invece il GGT è nella norma, è più probabile che l’aumento di fosfatasi alcalina sia spia di una malattia delle ossa. (Salute, Corriere) PAGINA 3 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 173 ALIMENTI E SALUTE LA DIETA CHE AIUTA A CONSERVARE UNA PELLE GIOVANE Grazie agli studi si arricchisce l’elenco degli alimenti anti-età Se è vero che, come si dice, "la bellezza viene da dentro", una sana alimentazione deve avere certamente un ruolo nel favorire un bell’aspetto, anche quando il passare del tempo lascia i suoi segni. Ma quali sono gli alimenti che più contribuiscono a ritardare l'invecchiamento cutaneo? Una delle novità più recenti giunge da uno studio pubblicato su PLoS-ONE. Alcuni ricercatori francesi, nell'ambito di un ampio studio sull'impatto della supplementazione alimentare, hanno voluto verificare, su quasi 3mila persone fra 45 e 60 anni, se il consumo dei "buoni" acidi grassi monoinsaturi (di cui è ricco l'olio d'oliva) fosse associato all'età della pelle. ACIDI GRASSI - Dalla ricerca è emerso che, in entrambi i sessi, l’invecchiamento cutaneo da esposizione alla luce solare era effettivamente minore fra chi consumava più olio d'oliva e questo indipendentemente dai fattori noti per influire sull'età della pelle, come il fumo. Fonti di acidi grassi monoinsaturi diverse dall'olio d'oliva - per esempio, carni e prodotti lattiero caseari - non sembravano invece esercitare la stessa azione protettiva. «Gli acidi grassi monoinsaturi dell'olio di oliva sono molto più "resistenti" ai danni causati dall’ossigeno, rispetto agli acidi grassi polinsaturi di cui sono ricchi gli oli di semi - dice Mauro Picardo, direttore del Laboratorio di fisiopatologia cutanea e del Centro di Metabolomica, all’Istituto Dermatologico San Gallicano di Roma -. Questo li rende meno propensi a generare prodotti dannosi, come i radicali liberi, che contribuiscono all'invecchiamento cutaneo. Inoltre, l'olio di oliva, quello extravergine in particolare, contiene quantità significative di sostanze con notevole attività antiossidante, come lo squalene e i polifenoli». Nello studio francese, si è anche osservato che il consumo di olio d'oliva era associato a una dieta salutare, di cui questo condimento potrebbe quindi rappresentare un indicatore. AMICI DELLA PELLE - Ma sono diversi i componenti che potrebbero contribuire a mantenere giovane la pelle. Fra questi (come suggerisce una recente revisione pubblicata su DermatoEndocrinology) la vitamina C, i polifenoli e i due carotenoidi beta carotene e licopene. Anche la vitamina D - la cui produzione a livello cutaneo, dovuta all’esposizione ai raggi solari, si riduce sensibilmente con l'età - sembra avere un ruolo dermoprotettivo, come pure i probiotici. Alcuni studi, seppure preliminari, suggeriscono infatti che alcuni ceppi di probiotici possano esercitare i loro effetti benefici, oltre che sull'intestino, anche sulla pelle, attraverso la modulazione della risposta immunitaria cutanea. «Si tratta di un’osservazione nuova e di grande interesse commenta Picardo - che va ad aggiungersi a quanto già sapevamo: la cute riflette la salute generale dell'organismo, e una dieta corretta può avere un effetto positivo su entrambi i fronti. Una delle prove più convincenti l'ha fornita uno studio su gemelli monozigoti (e quindi identici) che ha dimostrato come l'invecchiamento della pelle fosse sensibilmente differente tra i gemelli, confermando che i fattori ambientali e stili di vita, indipendentemente dai fattori genetici, condizionano il nostro modo di invecchiare». (C. Favaro, Salute, Corriere) PAGINA 4 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 173 SCIENZA E SALUTE ZANZARE: VERO E FALSO IN VENTI RISPOSTE Trapassano i vestiti? Perché le punture ci fanno grattare? Sfatiamo le leggende metropolitane su questi insetti Mangiando aglio si tengono lontane le zanzare? Chi ha il sangue "dolce" viene punto di più? Si possono prendere brutte malattie da una puntura di zanzara? Le domande (e le leggende metropolitane) in merito ai ronzanti insetti sono moltissime: rispondiamo ai dubbi più frequenti con l'aiuto dell'entomologo S. Maini, del Dip. di Scienze Agrarie dell'Univ. di Bologna, e del dermatologo M. Monti, dell'unità di Dermatologia dell'Ist. Clinico Humanitas di Rozzano (Milano). Perché pungono solo le femmine? La zanzara femmina ha bisogno di un pasto di sangue per far maturare le sue uova; il maschio si nutre di sostanze zuccherine che trova in natura. La femmina punge per la prima volta dopo qualche giorno dalla sua formazione, a seguito della metamorfosi. Quante volte colpiscono? La zanzara vive dalle tre alle cinque settimane, durante le quali produce altrettanti cicli di uova: punge perciò dalle tre alle cinque volte in tutto. Perché alcune attaccano di giorno? Il comportamento fa parte delle caratteristiche intrinseche di ogni specie (si stima che ne esistano circa 2700); ad es., la zanzara tigre punge anche durante il giorno, mentre quella comune soltanto alla sera. Quanto sangue succhiamo? La femmina assume in genere una quantità di sangue circa uguale al suo peso, di 2-3 milligrammi. La "tigre" trapassa perfino i vestiti? Molte specie riescono a farlo. Il cotone a nido d'ape delle polo estive viene oltrepassato facilmente dalle zanzare. Quanto si spingono lontano dal "nido"? La zanzara depone le uova in luoghi idonei allo sviluppo delle larve, ovvero in raccolte d'acqua più o meno naturali, piccole o grandi, chiamate "focolai". La capacità di allontanamento dal focolaio e di dispersione nelle aree circostanti cambia a seconda della specie: alcune zanzare restano nel giro di poche centinaia di metri, altre arrivano a volare fino a 10-20 chilometri di distanza dal focolaio. Perché emettono il tipico ronzio? Il fastidioso rumore è provocato dallo sbattere velocissimo delle ali; si tratta di un insetto che può volare molto velocemente, coprendo fino a tre chilometri in un'ora. Dove prediligono cacciare? Ogni specie ha le sue preferenze alimentari, per cui non tutte le zanzare "amano " gli animali che troverebbero in campagna. La zanzara tigre, la più comune nelle nostre città, preferisce fare il pasto di sangue sull'uomo; una ricerca dell'Università La Sapienza di Roma ha mostrato che nel 75% delle zanzare "cittadine" si trova sangue umano, contro il 60% negli insetti "di campagna". Perché ci fanno grattare? Mentre punge la femmina immette nell'ospite la saliva, che contiene sostanze anticoagulanti per contrastare le difese della preda e assicurarsi un buon apporto di sangue. È la saliva a essere irritante e a determinare una risposta più o meno marcata a seconda del soggetto punto. PAGINA 5 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 173 Esistono persone iper-sensibili? Sì, e in chi è allergico la reazione alla puntura è eccessiva, il pomfo immediato, con eritema e a volte perfino linfedema (gonfiore da accumulo di linfa); in alcuni casi si formano papule rilevate e dure che possono durare anche qualche giorno. L'allergia tende a risolversi col tempo nella maggior parte dei casi, ma ci sono adulti che continuano ad avere una iper-reattività alla zanzara. Di norma invece il prurito compare subito e dura circa mezz'ora, quindi si ha la "bollicina" che però è piccola e scompare velocemente. Possono essere veicolo di virus? In linea teorica è possibile (la malaria è diffusa proprio dalle zanzare, nei Paesi dove è endemica) ed è anche successo con il virus Chikungunya, del quale si è avuto un piccolo focolaio in Romagna. Tuttavia, si può essere abbastanza tranquilli perché il rischio è basso; in futuro potrebbe diffondersi in Italia tramite le zanzare la febbre da virus del Nilo Occidentale, già comune ad esempio in alcuni territori degli Stati Uniti. Perché spesso le difese falliscono? Oltre alla naturale perdita di efficacia di questi prodotti con il tempo, i repellenti interagiscono con la pelle e i suoi odori: questo significa che su alcune persone i repellenti possono funzionare poco, su altri addirittura non servire affatto per tenere lontane le zanzare. C’è qualcosa che le attira? Gli odori che emana il nostro corpo e l'anidride carbonica che produciamo respirando sono i fattori principali che rendono una persona più o meno "appetibile" per il pasto delle zanzare. Esistono alimenti anti-zanzara? Sì, se influenzano il nostro odore. L'aglio, per esempio, lo modifica, ma non ci sono prove scientifiche che riesca a tenere lontane le zanzare. I profumi sono controproducenti? Quelli impiegati nella cosmesi, come dopobarba o veri profumi, non attraggono le zanzare; anzi, se mascherano gli odori corporei possono perfino funzionare da repellenti. Però nell'interazione con la pelle l'aroma può cambiare e avere effetti diversi. Il gruppo sanguigno influisce? Il gruppo sanguigno non ha alcuna importanza, ma esistono davvero persone che vengono punte con maggior frequenza, per colpa del mix specifico di odori che emanano. Viene punto di più chi suda molto? Chi suda tanto emette più odori e più vapore acqueo, per cui è più "attraente" per le zanzare. Anche la temperatura corporea alta attira l’insetto. Non a caso la zanzara che diffonde la malaria punge le persone febbricitanti, quando il protozoo causa della malattia è al massimo di presenza nel sangue. Spegnere le luci ci protegge? Le zanzare non hanno una vista molto sviluppata, ma percepiscono luce e calore e ne sono attratte. Che «funzione» hanno le zanzare? Anche le zanzare rientrano nell’equilibrio dell'ecosistema: le larve nutrono animaletti acquatici e "ripuliscono" l'acqua da sostanze organiche e batteri, gli "adulti" sono cibo per pipistrelli e uccelli. Perché ci sono anche se non fa caldo? Soprattutto la zanzara tigre, più resistente a temperature basse, può essere presente anche oltre la primavera-estate. (Salute, Corriere) PAGINA 6 FARMADAY – IL NOTIZIARIO IN TEMPO REALE PER IL FARMACISTA Anno II – Numero 173 SCIENZA E SALUTE TIROIDITE DI HASHIMOTO La causa più frequente di IPOTIROIDISMO Per comprendere la rilevanza di questo argomento pensate che la Tiroidite di Hashimoto (chiamata anche tiroidite linfocitaria o Tiroidite Autoimmune Cronica) è l'infiammazione della tiroide più diffusa al mondo. Tende ad avere una distribuzione familiare ed è circa 6 volte più frequente nella donna rispetto all'uomo; la sua incidenza aumenta con l'età. E' una malattia di tipo "autoimmune" cioè determinata da una auto-aggressione del proprio sistema immunitario: la produzione di anticorpi e cellule killer verso il tessuto tiroideo ne determina la progressiva distruzione e l'evoluzione frequente verso l' IPOTIROIDISMO cioè una riduzione dell'attività funzionale della ghiandola. I pazienti affetti da TIROIDITE DI HASHIMOTO presentano una sintomatologia molto variabile correlata all'andamento clinico della malattia, all'età di insorgenza ed alla presenza di altre malattie concomitanti. Quando la malattia esordisce in forma acuta (minoranza dei casi) vi è una rapida distruzione ghiandolare con conseguente liberazione nel sangue dei depositi di ormoni tiroidei: la tiroide può essere dolente, aumentata di volume ed ì sintomi sono quelli tipici dell'ipertiroidismo (tachicardia, astenia, dimagramento, febbre, insonnia etc..). Nella maggior parte dei casi l'esordio è lento e spesso asintomatico: per molto tempo la tiroide mantiene una normale produzione ormonale ed i sintomi insorgono solo quando c'è l'evoluzione verso l'ipotiroidismo. La Tiroidite di Hashimoto è la principale causa di ipotiroidismo. L'evoluzione, spesso lenta, verso una ridotta funzionalità tiroidea è frequente. I sintomi tipici dell'ipotiroidismo sono il facile affaticamento, la depressione, l'intolleranza al freddo, la difficoltà di concentrazione, la perdita dei capelli. Concomita spesso anche un ingrossamento della ghiandola (gozzo) che progressivamente diviene più dura alla palpazione. Nella donna possono verificarsi anche irregolarità mestruali. Questa malattia può essere associata ad altre malattie tipicamente legate ad una alterata funzione del sistema immunitario quali: malattia di BasedowGraves, gastrite atrofica, morbo celiaco, epatite C, miastenia, xerostomia, cheratocongiuntivite sicca, deficit surrenalico, insufficienza ovarica prematura (P.O.F. o menopausa precoce), vitiligo, Sindrome di Schmidt (insufficienza surrenale, ipoparatiroidismo, diabete, insufficienza ovarica). La diagnosi oltre che sui rilievi anamnestici (storia familiare e personale clinica del paziente) e sull'esame obiettivo (ispezione e palpazione della ghiandola e del collo) si basa su importanti indagini di laboratorio e strumentali come il dosaggio del TSH (ormone ipofisario che controlla la tiroide), FT4 ed FT3 (frazioni libere degli ormoni tiroidei circolanti nel sangue); la ricerca degli anticorpi (AC) anti-tireoperossidasi (un enzima tiroideo) è positiva nel 95% dei casi e quella degli anticorpi anti tireoglobulina lo è nel 60% dei casi; utili anche la ricerca di AC anti-recettore del TSH e l'ecografia tiroidea. Talvolta può anche essere necessario il ricorso all'esame citologico (ago-aspirato) e/o alla scintigrafia. Nella diagnostica differenziale è bene sempre escludere l'assunzione di farmaci che possono indurre la formazione di anticorpi contro la tiroide: amiodarone, alfa-interferone, interleuchina-2): riferite sempre al vostro medico od allo specialista le medicine che avete assunto o che state assumendo. La terapia è data in relazione alla funzione tiroidea al momento della diagnosi. Essendo frequente uno stato di ipotiroidismo spesso si basa sulla somministrazione (terapia sostitutiva) di levotiroxina (LT4); nei rari casi di riscontro in fase ipertiroidea sarà utilizzata una terapia inibente la funzione ghiandolare. La tiroidite del post-partum è una forma particolare di infiammazione tiroidea sempre su base autoimmune che esordisce molto presto dopo il parto con ipertiroidismo transitorio seguito da ipotiroidismo. Questa patologia è distinta da un ritorno frequente ad una funzione ghiandolare normale. Preme qui sottolineare l'importanza del monitoraggio clinico di questi pazienti sia per i necessari aggiustamenti della terapia ma anche per la sorveglianza rispetto alle malattie che precedono o che possono accompagnare questa condizione. Per le donne è da enfatizzare il rischio di insufficienza ovarica prematura (menopausa precoce): si tratta di una evenienza non frequente ma che bisogna comunque considerare in donne che non hanno ancora avuto un successo riproduttivo. (Salute, Donne)