06-Microbiologia, Canali Unificati, 14-03-2013
HIV e AIDS
Questa è l’anatomia del virione dell’HIV (Human Immunodeficency Virus). Dopo
tutto quello che abbiamo detto in precedenza vediamo di soffermarci su questa
struttura: innanzi tutto, partendo dall’interno, troviamo due molecole genomiche
di RNA e questo è l’unico virione che presenta al suo interno un corredo genetico
diploide. Infatti le due molecole di RNA non sono complementari tra di loro ma
sono una assolutamente identica all’altra. Vi ho detto che la simmetria è
elicoidale perché la struttura interna segue l’andamento dell’RNA , quindi si
circolarizza, e la struttura che favorisce questa circolarizzazione è la P25/ P24 che
è la proteina interna che costituisce la parte più capsidica del virione stesso.
Inoltre è importante considerare il fatto che all’interno sono presenti queste
sferule, gli enzimi virionici (a volte più di uno). Questi enzimi sono fondamentali
perché non si trovano nelle nostre cellule ma devono essere attivati nel momento
in cui avviene la replicazione del virus. Esistono nella struttura del virione dell’HIV
alcune proteine importanti che non sono glicosilate e che quindi prendono il
nome sempre con una semplice P (che sta per protein). Tutte le strutture interne
come anche quelle di matrice sono proteine non glicosilate che sono la P24/P25
e la P17/P18 che avvolgono, che costituiscono il core . Invece è glicosilata la
componente esterna , che diciamo costituisce la membrana esterna del virus, con
la GP120 che è quella più esterna e la GP41 che è la più interna. Tutte e due
insieme costituiscono un’unica entità, codificata dal gene Env, che costituisce la
parte più esterna del virus, la GP160.
Nell’analizzare il genoma, l’organizzazione da evidenziare è quella dei tre geni
fondamentali : Gag, Pol ed Env. E questi sono i geni presenti in tutti i retroviride e
sono fondamentali. Altra cosa che si deve ricordare, perché spesso è proprio
questa la domanda su cui si cade agli esami, sono queste due strutture, LTR (Long
Terminal Repeats) che sono presenti da un lato e dall’altro del gene. L’LTR non è
un gene, è una sequenza nucleotidica: non tutte le sequenze nucleotidiche
codificano proteine e quindi hanno dignità genica, ma questo non vuol dire che
non siano altrettanto importanti. La funzione degli LTR è fondamentale perché è a
causa di queste sequenze che vi è la possibilità di agganciare il genoma virale al
nostro genoma, al genoma della cellula ospite. Senza l’LTR non può avvenire
l’integrazione, ed è questa la prima funzione fondamentale che bisogna
evidenziare. La seconda funzione degli LTR è che è in queste sequenze il punto
dove eventualmente si attacca ogni attivazione di trascrizione (adesso stiamo
parlando di DNA, di quando il virus è già a DNA). Tutto quello che segue si riferisce
non al virione con il suo RNA ma al Virus con DNA ovvero si riferisce al virus
integrato al DNA della cellula ospite. Per far sì che questo virus cominci ad
esprimersi fenotipicamente e quindi a far partire degli RNA messaggeri e la lettura
di questi suoi geni bisogna che intervenga l’LTR, senza l’LTR il virus non può
esprimere fenotipicamente.
Quindi l’LTR svolge due funzioni:
1, una funzione meccanica, diciamo, di aggancio al DNA della cellula
ospite;
2,una funzione di tipo “funzionale” che fa sì che venga espresso il virus in
quanto tale.
Altro fenomeno importante che deve essere tenuto presente soprattutto per il virus
dell’epatite B ( le similitudini tra l’HIV e il virus dell’epatite b sono tante) è che a
differenza del virus epatitico b che ha un genoma che sfrutta tantissimo l’overlap
(ovvero quando due geni risiedono sulle stesse sequenze nucleotidiche ma
possono essere letti e tradotti in più proteine grazie a stop-codon diversi e quindi vi
è un risparmio nucleotidico notevole), l’HIV lo fa solo nei cosiddetti geni non
strutturali, accessori, che sono il Vif, Tat , Vpu, Vpr , Rev e il Nef. Se notate questi
geni accessori per buona parte risiedono o uno sull’altro oppure sfruttano le
sequenze del Pol o dell’Env. Fanno un cerchio overlap e non solo, spesso sono
spezzettati in più frammenti e quindi, quando devono essere espressi, devono
subire un processo post trascrizionale piuttosto preciso cioè lo splicing (che serve in
questo caso proprio per esprimere meglio). Tutto questo evidenzia l’evoluzione
molecolare molto sofisticata di questi virus, di questa famiglia dei retro-viride.
Vediamo i singoli geni :
Il gene Gag codifica per le proteine del nucleo del capside (e quindi del core
virale) e per la proteina della matrice virale che da consistenza al virione. Quindi le
proteine codificate sono la P24, cioè una proteina di 24 kDa che compone il
capside virale, due proteine che fanno da base al core virale che sono la P9/P7 e
la P7/P6, la proteine P17 della matrice virale, nessuna glicoproteina.
Il gene Pol è abbastanza esteso, il più esteso, il più lungo e codifica per la DNA
polimerasi RNA dipendente o trascrittasi inversa, però non soltanto per questa ( a
differenza di ciò che molti libri di testo riferiscono) perché ci sono altri enzimi
codificati dal gene Pol (altrettanto importanti nel ciclo replicativo) :la
ribonucleasi, la proteasi e l’integrasi, tutti enzimi associati al virione. Tutti questi
enzimi sono target dei farmaci che noi attualmente utilizziamo nei malati affetti
da AIDS (Aquired Immune Deficiency Syndrome). Quindi possiamo dire che tutta
la terapia che si utilizza in questo momento contro l’HIV si basa principalmente sui
prodotti di un solo gene, il gene Pol.
Il gene Env è quello più ”cattivo”, perché è su questo che è presente una
poliproteina, la P88 che poi subisce una mutazione post- traduzionale, quindi viene
glicosilata, e diventa quel complesso chiamato GP160. La proteasi virale scinde il
precursore GP160 nelle due glicoproteine , la GP120 e la GP41. La GP120 sta fuori
ed è l’antirecettore o recettore, a secondo dei punti di vista, mentre GP41 sta
dentro ed è la proteina idrofobica. È la GP41 che stabilirà la specificità del virus, la
selettività cellulare (ovvero riconoscerà il co-recettore che stabilirà il ceppo da
prediligere all’inizio dell’infezione), mentre la GP120 è generica e stabilirà la
reattività del virus per il CD4 che però è presente in quasi tutte le cellule del
sistema immunocompetente. Nel caso dell’HIV sono i macrofagi quindi i ceppi
macrofagotropi i ceppi preferiti e poi successivamente, malauguratamente,
compariranno tra le preferenze i ceppi linfocitotropi e quindi avremo l’esordio
della malattia .
Per quanto riguarda invece i geni accessori o regolatori ci sono complesse
operazioni di splicing sugli RNA messaggeri, perché questi geni regolatori sono
frammentati, spezzettati, e fanno un overlap in vicinanza del gene Env e questo
ha un suo significato che analizzeremo successivamente.
Il gene Vif (Virion Infectivity Factor ) codifica per proteine che non si trovano nel
virione, ma sono proteine virali, cioè le codifica il virus quando è dentro la cellula
ma non le contiene mai il virione fuori la cellula: si tratterà quindi di proteine non
strutturali. Questo gene è necessario per il virus intracellulare infettante: infatti i
virioni che hanno problemi con questo gene sono scarsamente infettanti per i
linfociti o per i macrofagi poiché non riescono a far esprimere bene soprattutto si
pensa la GP120.
Il gene Vpu codifica per la proteina virionica u presente soltanto nell’HIV, una
proteina di trasporto per la GP120 verso la membrana cellulare: quindi ha un ruolo
nel guidare il corretto assemblaggio o “assiemaggio” del virione completo nella
fase di gemmazione.
Il gene Vpr invece codifica per la proteina r che è associata alla P7/P6 del nucleo
del capside e favorisce il trasporto all’interno del nucleo del genoma virale: quindi
è un fattore che promuove l’integrazione del virus dentro la cellula ospite.
Il gene Nef è stato quello che ha destato più studi, più lavori scientifici e forse
come peso, come importanza equivale al Tat. E’ importantissimo perché associato
ad una minore efficienza della replicazione dell’HIV: i virus Nef difettivi hanno una
patogenesità attenuata. Nef vuol dire Negative Factor ed è un gene abbastanza
grosso e qui c’è un controsenso perché è un gene che noi sappiamo avere una
regolazione negativa, down regolation, dell’espressione del CD4 , e che quindi
impedisce il diffondersi del virus all’interno dell’organismo. Il significato è che il virus
nel momento in cui si trova all’interno dell’organismo ha la necessità di calmare se
stesso, poiché il virus ha tutto l’interesse nel non fare ammalare l’individuo, nel non
portarlo a conseguenze drastiche, mortali o di diffusione totale. Deve però far
persistere se stesso PERSISTERE NON LATENTIZZARE nel caso dell’HIV. Questo ha
messo in moto un meccanismo che da un lato sembrerebbe calmare l’infettività,
la capacità infettiva del virus, dall’altra addirittura agisce come fattore paracrino
che abbassa la capacità delle cellule che ancora non sono state infettate di
accogliere eventuali virioni che fuoriescono, come una sorta di contraltare per
mantenere se stesso.
Il gene a cui in questo momento noi stiamo indirizzando la nostra attenzione è il Tat
(Trans Attivatore della Trascrizione), che agisce sull’LTR e provoca un rilascio
maggiore di RNA messaggeri: quindi c’è un’espansione, un’esplosione dell’attività
infettante. È composto da due distinti esoni distanziati che devono essere messi
insieme da un evento di splicing . Agisce quindi sull’LTR a livello 5’ e ne aumenta
l’attività ma la cosa più importante è l’azione paracrina perché questa proteina
fuoriesce dalla cellula infettata e va a stimolare geni trascrizionali di una serie
notevole (a riguardo c’è una letteratura vastissima) di geni cellulari soprattutto a
carico del sistema immunocompetente può esaltare ad esempio la produzione di
determinate citochine, ma soprattutto può anche ampliare, aumentare la
replicazione di altri virus, può slatentizzare dei virus latenti e questo fa capire come
la situazione sia molto complessa. Infatti quando noi abbiamo un quadro di un
paziente affetto da HIV o da AIDS spesso arriva alla nostra osservazione per strane
patologie dal punto di vista virologico , lasciando stare gli altri microorganismi di
cui poi parlerà la Iannello (poi c’è tutta una parte che riguarda le infezione
micotiche, da protozoi ecc ). A causa dell’aids si scoprì la polmonite da
Pneumocystis carinii, che nessuno pensava esistesse, in cui si notavano queste
lesioni polmonari di cui non si conosceva l’origine; ma uno degli esempi più classici
(che poi farà vedere nelle prossime lezioni) è il Sarcoma di Kaposi che prima era
misconosciuto e con l’avvento dell’HIV cominciò a manifestarsi perché è una
patologia complessa. Ormai sappiamo che è causato da un herpes virus,
dall’HHV8, tant’è che adesso viene soprannominato herpes virus di Kaposi, ma
non basta da solo perché ha bisogno di una costellazione immunologico e di
transattivazione del suo essere latente: in buona sostanza è possibile che tra di noi
molti abbiamo l’HHV8 dormiente nel loro genoma come avviene per la
stragrande maggioranza dei virus herpetici linfocitotropi noi abbiamo hhv6, hhv7,
hhv8 che albergano in noi , possono dare delle blande manifestazioni
esantematiche nell’infanzia, dopo di che si nascondono e possono coesistere con
noi senza che noi ce ne accorgiamo; ma ogni qualvolta intervengano dei fattori
che possano incrementarne la riproduzione, noi abbiamo manifestazioni
patologiche.
In fig. il Sarcoma di Kaposi
Si sta allestendo il vaccino contro l’HIV e siamo a buon punto ma non è possibile
fare una vaccinazione così come è possibile farla per la stragrande maggioranza
dei virus, cioè individuando l’immunogeno nella componente più esterna, così
come facciamo per l’epatite b di cui è stato individuato in quel caso HBsAg che
corrisponde alla GP120 dell’HIV: lì però non c’è il rimaneggiamento, è stabile ed è
stato facile prendere il gene con tecniche di DNA ricombinante. L’ HBsAg è una
glicoproteina, ed è chiaro che nel caso del dna ricombinante noi non ci possiamo
servire di cellule procariote perché queste non hanno capacità post traduzionali.
LE CELLULE PROCARIOTICHE NON SANNO AGGIUNGERE GLICIDI, ZUCCHERI ALLE
PROTEINE. Ma ci sono delle cellule eucariotiche che possono essere facilmente
coltivate in vitro in grandi quantità, ad esempio le Saccharomyces cerevisiae. Il
vaccino che si fa contro epatite b è prodotto proprio dalle fabbriche di birra
praticamente perché il Saccharomyces cerevisiae è una cellula eucariota, un
fungo e quindi aggiunge zucchero. Nel caso dell’HIV noi tutto questo non lo
possiamo fare. Questa impossibilità risiere nella “quasi specie” perché c’è una
forte variabilità visto che la trascrizione inversa non ha proof reading quindi non
avendo la possibilità di correggere errori nell’ambito della trascrizione inversa noi
abbiamo una serie di virioni diversi gli uni dagli altri sia all’interno dei diversi
individui infetti ma soprattutto nei diversi stadi dell’infezione all’interno dello stesso
individuo. La variabilità è particolarmente evidente in alcune zone di Env, mentre
altri geni Tat sono GENI CONSERVATI ecco perché si è scelto come indicatore
della vaccinazione questo gene.
In fig. percentuali virioni di HIV nei vari fluidi
Questi sono dati un po’ vecchiotti però danno informazioni sul problema della
distribuzione dell’aids: come vedete purtroppo la stragrande maggioranza dei
casi di AIDS conclamata sotto osservazione riguardano chi fa uso di sostanze
stupefacenti e questo è dovuto molto probabilmente al fatto che le stesse
sostanze stupefacenti oltre ad essere un veicolo meccanico (iniezione delle
sostanze tramite siringhe infette), favoriscono anche l’ attecchimento del virus nel
soggetto perché provocano uno stato di abbassamento delle difese naturali che
dovrebbero bloccare le fasi iniziali dell’infezione. Non c’è nessuna differenza, state
attenti, tra TRASMISSIONE ETEROSESSUALE e TRASMISSIONE OMOSESSUALE. Quindi la
barzelletta che si raccontava all’inizio e che è stata poi anche la causa della
diffusione della malattia, visto che agli inizi, quando scoppiò questa malattia,
c’era questa legenda metropolitana che riguardasse solo le abitudini sessuali
omosessuali , e così l’eterosessuale si riteneva immune ma non è così e i dati lo
hanno confermato. C’è anche la TRASMISSIONE PERINATALE che è molto più
diffusa in alcune aree geografiche del mondo come ad esempio in Africa. Poi c’è
una TRASMISSIONE PER CAUSE IGNOTE e anche (sempre diffusa in regione prive di
un controllato sistema sanitario) la TRASMISSIONE PER TRASFUSIONE EMATICA.
Quindi quasi tutti, il 95 per cento di coloro che si infettano sviluppano poi la
malattia con esito letale dopo un periodo di anni chiamato LATENZA CLINICA
(attenzione al termine che non si riferisce alla LATENZA VIRALE infatti il virus è
presente e si moltiplica quindi può infettare altre persone). Per tutto il periodo
asintomatico la malattia viene contenuta e contrastata dalla risposta immune
dell’organismo. Successivamente avviene una progressiva diminuzione dei Linfociti
T CD4 positivi, che solitamente sono mille per microlitro e questa progressiva
diminuzione conduce prima alla pre Aids e poi all’AIDS conclamata. Quando non
c’è questo tipo di aggancio sul linfocita T helper noi non abbiamo alcun tipo di
sintomatologia. Con la riduzione dei linfociti sotto il livello critico (soglia critica =
500 linfociti CD4 per microlitro) si iniziano a notare le manifestazioni cliniche.
Le MANIFESTAZIONE CLINICHE principali sono le infezioni OPPORTUNISTICHE:
compaiono delle infezioni che prima non si vedevano e questo è il primo segnale
di allarme, vi è quindi la COMPARSA DI INFEZIONI PROVOCATE DA AGENTI CHE
NORMALMENTE NON DANNO INFEZIONE (nel senso di malattia). COMPARSA DI
TUMORI NON USUALI (linfomi, cerebrali primitivi, Sarcoma di Kaposi) AIDS DEMENTIA
COMPLEX, ovvero una COMPROMISSIONE DEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE (non si
capiva all’inizio se era il virus stesso dell’HIV ad attaccare le cellule cerebrali, ma
anche se è vero che riconosce, avendo il CD4, la MICROGLIA che non è altro che
unione di macrofagi cerebrali ed è quindi vero che riconosce e può infettare
queste cellule in realtà non è stato ancora provato che il virus in sé possa
provocare danni a livello cerebrale anche se il rilascio della GP120 ha effetti sulla
conduzione del sistema nervoso ). Oltre alla diminuzione dei linfociti T, i soggetti
infetti da HIV presentano delle CITOPENIE PERIFERICHE in rapporto ad una
profonda compromissione della capacità di sopravvivenza. I progenitori
ematopoietici sono le CD34 positive del midollo osseo e del sangue circolante. Le
CD34 non sono suscettibili ad infezione da HIV perché non hanno l’espressione del
CD4 e la loro compromissione è soprattutto conseguenza del rilascio di alcune
citochine, chemochine in questo caso. IL Tissue Growth Factor Beta 1 endogeno è
rilasciato a causa della interazione della GP120 e della esposizione della TGF beta
1 esogeno iperprodotto dei macrofagi stimolati dal Tat. Anche qui come avviene
per il sistema nervoso centrale gli elementi cellulari sono coinvolti in maniera
indiretta sia attraverso la GP120 che fa agire la chemochina, sia attraverso il Tat
che va ad agire come danneggiatore di queste cellule. Michael Jordan (? O
Magic Johnson ??) è stato sieropositivo per un periodo lunghissimo. Un 5 per cento
di coloro che contraggono il virus, e non sono pochissimi, infettati da 10, 12 anni e
anche di più, non presentano segni della malattia, compromissione della risposta
immune, e presentano un numero normale, sempre superiore alla soglia critica dei
500 linfociti T helper per microlitro. Se si riesce a capire com’è possibile che questi
soggetti non abbiano mai sviluppato la malattia o comunque non l’abbiano
ancora sviluppata, il problema dell’AIDS potrebbe essere risolto. Alcuni studi
hanno dimostrato che c’è una minore capacità replicativa del virus infettante,
che i ceppi che infettano questi individui sono risultati Nef negativi. Ma altri non
hanno confermato questi studi, cioè non sono prove che hanno un valore
altamente statistico. C’è un’elevata risposta immune dei linfociti T citotossici. C’è
un’iperproduzione di chemochine che bloccano i co-recettori, poi c’è la
produzione di sostanze antivirali da parte dei CD8 linfociti Tcitotossici killer…ma c’è
altro??? Sicuramente c’è una base genetica di costituzione dell’individuo: ci sono
individui naturalmente refrattari a tutte le malattie (quelli che non prendono mai
l’influenza ad esempio) e questo può essere bello ma può avere anche
conseguenze. (Tanti anni fa quando si iniziò campagna di vaccinazione contro
l’epatite quelli che dovevano essere vaccinati con maggiore urgenza erano i
chirurghi perché corrono rischi di entrare a stretto contatto con sangue infetto.
Dopo seconda vaccinazione si andavano a vedere le risposta immuni degli
anticorpi contro l’antigene s. Un gruppo di questi non aveva anticorpi.) In termine
immonologico si dice che il sistema immunitario di quegli individui non vede
l’antigene, è cieco nei confronti di quell’antigene, molto probabilmente non ha il
clone corrispondente ma ancora non si sa. A volte questo fenomeno si ottiene per
essere stati troppo esposti, un’IPERESPOSIZIONE, che si può ottenere per esempio in
individui allergici tramite desensibilizzazione, ovvero si inocula l’antigene in modo
tale che distrugga il clone soprapponendosi al pre-esistente . Le cellule che
presentano al sistema immunitario l’antigene, sono le cellule APC (Antigen
Presenting Cell). Questo antigene deve essere ristretto, non più con l’NHC in classe
prima come avviene nella risposta, ma la presentazione deve avvenire tramite un
NHC in classe seconda presente in macrofagi, cellule dendritiche, di Langerhans,
ecc. Il linfocita che riconosce quel clone interagisce e parte la stimolazione. Se
invece antigene salta questo livello di presentazione e va direttamente in contatto
con il clone del linfocita che esprime il recettore per quell’antigene il clone
linfocitario scompare, viene deselezionato anziché essere espresso. C’è un
equilibrio molto delicato.
Ci si è lasciati andare alla fantasia volendo individuare addirittura le razze più
suscettibili all’AIDS: ad esempio si disse che la razza “nera” era più suscettibile
all’infezione visto il dilagare dell’AIDS in Africa ma in realtà non si considerava il
fatto che in Africa non si hanno i soldi per comprare le medicine e nemmeno per
comprare alimenti sufficientemente proteici ai bambini per poter far sviluppare
loro gli anticorpi. Quindi l’elemento razziale non sussiste. Oppure dopo che si scoprì
che in tutta la fascia del Maghreb dell’Africa che sta di fronte a noi c’era una
bassa incidenza di AIDS si disse che era perché i popoli nordafricani hanno scarsa
recettività per il virus, ma in realtà era sbagliato perché si scoprì che il minore
contagio era conseguenza della migliore igiene sessuale e questo ha controllato il
dilagare della malattia. Ci sono due componenti che noi possiamo sfruttare a
nostro vantaggio nei soggetti con AIDS: dopo la trasmissione se noi da subito
riusciamo a diminuire la carica infettante, da 1000 ad esempio a 100, noi creiamo
una situazione di sieropositività si ma il viral load, il carico virale è basso e ci sono
probabilità molto più remote che possano svilupparsi ceppi virali linfocitotropi.
Infatti il punto centrale è che il motivo per cui da sieropositività si passa a pre-AIDS
sta proprio nel fatto che virioni, possiamo dire mutati, iniziano ad attaccare linfociti
T ( virioni linfocitotropi). Le chemochine vengono prodotte immediatamente dopo
infezione e come vengono prodotte allo stesso modo vengono metabolizzate,
molto velocemente. È possibile pensare ad una somministrazione iatrogena di
chemochine come facciamo per l’interferon? È una possibilità, ma raggiungere la
concentrazione giusta nel luogo giusto è molto difficile perché viene
metabolizzata in fretta la chemochina. Una possibilità interessante è quella di
incrementare invece la nostra capacità di produzione di chemochine. È sempre
preferibile una stimolazione all’autoproduzione piuttosto che una somministrazione
diretta. Normalmente i CD8 linfociti T citotossici sono i veri panzer del sistema
immunitario, demoliscono le molecole infettanti, e ci sono soggetti iper-reattivi nei
confronti delle infezioni grazie ad una grande forza di linfociti T citotossici e sono
spesso proprio questi individui che facilmente superano anche influenza che oltre
ad avere una grande resistenza naturale sono anche iper-reattivi nella risposta
specifica. Noi abbiamo nei confronti di un’ azione di insulto virologico 3 livelli di
risposta: la prima è una resistenza naturale quindi l’individuo reagisce contro
quella particella virionica in maniera naturale, con chemochine, citochine, umori,
fattori meccanici, ivo incluso anche fagocitosi (macrofago che incontra agente
esterno che non è per forza antigene e quindi non ha bisogno di recettori, è
meccanismo rapido). Il macrofago è attore fondamentale, perché la resistenza
naturale all’infezione soprattutto avviene a livello macrofagico e avviene
quotidianamente perché si hanno sempre almeno due livelli di aggressione
continua dall’esterno (apparato respiratorio e apparato digerente). Ad esempio a
livello dell’alveolo polmonare c’è una sentinella, il macrofago alveolare, che
immagazzina tutte le schifezze che arrivano tramite vie respiratorie e le distrugge
ma fa anche un’altra cosa: se queste cose che arrivano sono troppo nocive è
disposto anche a sacrificare se stesso e morendo porta con lui tutto quello che ha
fagocitato riversandosi in lume esterno ricoperto da un muco che ha
continuamente un movimento che va da parti intime verso l’esterno ed è il colpo
di tosse che esplica questo. La pellicola di muco tramite le ciglia porta fuori
macrofagi con schifezze. Il fumo paralizza movimento ciliare e provoca ad
esempio tosse del mattino ovvero l’espulsione di tutto quello che il movimento
ciliare non è riuscito a mandar fuori. Il Macrofago di Kuppfer nel fegato invece si
occupa di resistenza in sistema gastroenterico. Il fegato blocca tutte schifezze.
Macrofago oltre al lavoro da spazzino del primo livello, al secondo livello ricopre la
veste di principale famiglia di cellule capace di indurre risposte immunospecifica.
Senza macrofago non possiamo avere risposta immune. Unico sistema che porta
a morte certa è quello dell’assenza monocita-fagocita. Possiamo vivere anche
senza linfociti paradossalmente ma senza monociti e macrofagi no. Si crea una
sorta di Trade union tra resistenza naturale e risposta immunospecifica ovvero
creazione di anticorpi e intervento di cellule panzer. Come mai HIV intervenendo
su CD4 conduce a sfacelo del sistema immunitario e a morte? Perché CD4 linfociti
T helper che poi vedremo sono gli organizzatori di risposta immune. Se ho
un’infezione herpetica in realtà lesione non è dovuta a replicazione virus ma se ad
esempio considero la cellula A infettata dal virione, posso notare che il virione non
esce da questa cellula per infettare cellula B ma passa all’altra tramite
desmosoma e la infetta velocemente. La Progressione della malattia continua
anche in presenza di un elevato titolo anticorpale. Il linfocita T citotossico uccide
cellula infettata, ma non basta questa eliminazione selettiva: nel frattempo virus
dilaga senza esprimere ancora antigene in una nuova cellula e così via. A questo
punto interviene il CD4 che arriva in questa sede e vede questa situazione e così
inizia a rilasciare tutta una serie di citochine, tra cui la più importante è la gamma
interferon, che non ha niente a che vedere con alfa e beta interferon. Queste
citochine proteiche attraggono macrofagi e li bloccano sul posto: quindi,
abbiamo cellule reclutate e bloccate in zona ben precisa. Queste cellule
vengono attivate e distruggono tutto (sia cellule conclamatamente infette, sia
cellule che non esprimono ancora l’antigene virale) ma sempre con fattori che
circoscrivono azione, così il virus viene fermato, ma nel caso dell’herpes si forma la
pustola. L’Elemento risolutivo è risposta aspecifica specificamente indotta che è
una risposta aspecifica, perché il macrofago uccide tutto aspecificamente, ma è
indotta dal linfocita T helper che l’ha indotta specificamente perché specifico ad
esempio dell’herpes. Se questo riguarda l’epitelio dermico va bene ma se
riguarda ad esempio sistema nervoso le conseguenze della risposta aspecifica
specificatamente indotta sono drastiche. In un certo senso quando un virus
colpisce il sistema nervoso sarebbe meglio lasciarlo fare ma ovviamente il modus
operandi del nostro sistema immunocompetente è sempre lo stesso e quindi non
fa differenza tra cellule dermiche e neuroni.
Sonia Siracusa