Partiamo con l'analisi neoclassica di Hicks definendone il vincolo di bilancio: α è il nostro consumatore rappresentativo che appartiene ad un insieme A di consumatori, che sono tutti uguali tra loro per quanto riguarda la logica di comportamento, tutti massimizzano una funzione obiettivo, che è la funzione di utilità, per cui: uα è la funzione di utilità del consumatore rappresentativo α; Ωα è l'insieme delle possibilità di consumo del singolo consumatore α, che è vincolato dalla retta di bilancio; la retta di bilancio è composta secondo la tradizionale teoria del consumatore da due componenti: le dotazioni iniziali w, più i redditi percepiti dall'attività lavorativa, cioè da quanto tempo di vita, il nostro consumatore rappresentativo α mette a disposizione come offerta di lavoro, in cambio di un certo reddito. Questo reddito si somma alle dotazioni che il consumatore ereditava dal passato definiscono la retta vincolo di bilancio. Sulla base del vincolo di bilancio e sulla base delle preferenze del consumatore espresse dalla funzione di utilità di definisce l'insieme delle possibilità di consumo. La prima espressione: Eo = [w, (Ωα, uα), (Yβ) βͼB, (θβα)αͼA ] mi rappresenta la soluzione del problema del consumatore; il consumatore, massimizzerà la sua funzione di utilità, sulla base del vincolo di bilancio, definirà una domanda di beni, beni che fanno parte del paniere ottimale che il nostro consumatore ha definito. Questa componente, quindi definisce la domanda; definendo per prima la domanda dei singoli beni, aggregando poi tutte le domande individuali trovando cosi la domanda di settore, riferita ad un solo bene ed infine mettendo insieme quest'ultime si ottiene la domanda economica generale o domanda aggregata. Sul consumatore non diciamo poi più di tanto, poiché non ci dobbiamo focalizzare su di esso, ma è più per inquadrare la tematica della produzione, all'interno di questo quadro teorico e generale. La seconda parte della funzione, rappresentata da: (Yβ) βͼB, dove β è il nostro produttore individuale rappresentativo, quindi non si parla dell'impresa in questo caso, solo di produttori individuali, quindi non sussiste il problema del rapporto tra due forme di organizzazione, poichè esiste solo l'organizzazione di mercato, basata su scambi individuali. Il nostro β segue una logica di comportamento basata sul principio della razionalità massimizzante, che vale per ogni singolo produttore, e fa parte dell'insieme B dei produttori e delle imprese. Il nostro produttore, definisce il livello di produzione ottimale dato un'insieme delle possibilità di produzione che viene indicato con la lettera Y. Relativamente alla seconda parte della funzione menzionata sopra, anche in questo caso avviene un calcolo di massimo vincolato che definisce la funzione di produzione, che rappresenta in sé un vincolo, e noi sappiamo che l'insieme delle possibilità di produzione è composto da tutte quelle combinazioni input-output, che stanno al di sotto della funzione di produzione. Graficamente, o meglio geometricamente, ipotizzando la funzione di produzione con rendimenti marginali crescenti e rendimenti costanti di scala, cioè del tipo : Q = ƒ(N) ponendo Q (output) in ordinata e N (un qualsiasi fattore produttivo) in ascissa, (consideriamo solamente un fattore produttivo, per avere un grafico bidimensionale). la funzione di produzione ha derivata prima positiva e derivata seconda negativa, poiché vale la legge dei rendimenti marginali decrescenti. Questo è il nostro vincolo relativo ad un certo produttore β, poiché questa è la funzione di produzione di un singolo produttore, utilizzando una certa quantità di input produttivi. Il nostro produttore deve scegliere, dato che si basa su di un principio di razionalità massimizzante, una combinazione N-Q che si colloca sulla funzione di produzione, che rappresenta quindi la frontiera dell'insieme delle possibilità di produzione; ovviamente non potrà mai collocarsi in un punto che non stia sulla funzione di produzione (ma al di sotto) poiché non seguirebbe la sua logica di razionalità massimizzante. Di tutti questi punti il produttore, ne sceglierà uno e uno solo, e la regola della massimizzazione del profitto, che è la variabile che definisce la funzione di utilità del produttore è data quando (regoletta che si studia in microeconomica) l'utilità marginale del fattore produttivo, eguaglia il costo reale del fattore produttivo; in questo caso, quando dove Q'N è la produttività marginale del fattore produttivo lavoro (per ipotesi come fattore produttivo, consideriamo solo il lavoro); dove w è il prezzo del fattore produttivo lavoro; p è l'indice dei prezzi; e quindi w/p è il costo reale del fattore produttivo lavoro. Quel livello di produzione tale da garantire questa uguaglianza è la scelta unica e ottimale del nostro produttore. Quindi come esito della soluzione della curva del produttore noi abbiamo quindi una curva d'offerta del produttore della marce considerata, sommando tutte le curve d'offerta di tutte le merci, di tutti i produttori allora otteniamo la curva di offerta aggregata che può intersecarsi con la curva della domanda aggregata. La costruzione analitica e matematica è tale, sulla basi di ipotesi ad-hoc, che abbiamo una curva d'offerta inclinata positivamente e una curva di domanda inclinata negativamente e quindi siamo sicuri (costi quel che costi) che un punto di intersezione c'è ed è unico. Da qui ne deriva la definizione dell'equilibrio economico generale (fine ripasso microeconomica). C'è anche una terza funzione, di cui dobbiamo tener conto (θβα)αͼA funzione che fa de liaison (da ponte) tra l'attività di domanda e l'attività di offerta, cioè l'attività di consumo e l'attività di produzione perché nel modello classico di equilibrio economico generale di Arrow-Hahn (1971) le imprese (i produttori) sono una componente dell'insieme dei consumatori, il che vuol dire che i proventi che derivano dall'impresa si distribuiscono anche ai consumatori in una quota, che indichiamo simbolicamente con la lettera θ, che come possiamo vedere nella terza funzione (con pedice α e apice β), indica la quota della produzione organizzata da β che (a regime) si distribuisce al consumatore α. Questa è la descrizione di equilibrio economico generale in forma implicita (funzione E0); dove tutto ciò che riguarda il consumatore sia come scelte di consumo primarie, sia come quota che riceve da parte delle imprese si trova all'interno della prima parentesi quadre, e definisce in un certo senso la scelta ottimale del consumatore e poi la seconda parte della funzione E0 (dove compare ancora Y) è invece l'attività di produzione. Adesso ci concentriamo solo sull'attività di produzione; è qui che interviene Hicks, analizzando in particolare l'insieme delle possibilità di produzione. Ipotizziamo l'esistenza di due fattori produttivi, Capitale (K) e Lavoro (L), da cui si può definire una funzione di produzione a due fattori variabili che geometricamente viene disegnata su di un piano tridimensionale. Una delle tradizionale esplicitazioni delle funzioni di produzione a due variabili è la funzione CobbDouglas, (modo per disegnare la funzione di produzione, dandogli una forma concreta e quantificabile tridimensionalmente); io posso produrre tutto ciò che è fattibile, che quindi si pone al di sotto della funzione di produzione che abbiamo studiato precedentemente. È facile ed immediato notare che la scelta di produzione ottimale dipende dalla quantità di input utilizzato; e la quantità di input utilizzata ottimale per fa si che data la funzione di produzione e il vincolo tecnologico si arriva ad una scelta di produzione ottimale, dipende anche dal costo del fattore produttivo. Il costo dei fattori produttivi è dato dall'esito di uno scambio di mercato che si svolge sul mercato dei fattori produttivi, e quindi fuori dall'ambito della produzione in sé e per sé. Il salario reale w/p sarà quel salario di equilibrio che si determina come punto di intersezione della curva di offerta di lavoro e la curva di domanda di lavoro; ammesso che sia possibile costruire una curva di domanda di lavoro e una di offerta di lavoro (punto che suscita alcune criticità). Questo vale per il lavoro, ma vale anche per il fattore produttivo capitale, anche la quantità ottimale di capitale dipende dallo scambio che avviene sul mercato del fattore produttivo capitale, dove ci sarà un'offerta di capitale, e una domanda di capitale. Supponiamo che ciò possa essere fatto senza problemi, possiamo dimostrare sotto opportune ipotesi che il punto di equilibrio nel mercato del fattore produttivo capitale è unico e stabile, e quindi se è definibile un'offerta di capitale e una domanda di capitale (anche per questo fattore, ci sono dei problemi di criticità). E adesso dato questo utilizziamo il sistema degli isoquanti. Innanzi tutto, introduciamo due concetti base: dovremmo considerare una funzione a due variabili, con due input quindi, ma per semplicità consideriamo una funzione di produzione ad un solo fattore variabile (per non disegnare un piano tridimensionale) e consideriamo solo il Lavoro. La domanda che si pone Hicks è la seguente: cosa succede se avviene un'innovazione tecnologica? Innovazione tecnologica nel lato della domanda, dal di fuori dell'impresa. Il nostro produttore rappresentativo, in nostro β, non fa nulla per evitare il progresso tecnologico, perché non può fare nulla. Come diceva Joan Robinson, il progresso tecnologico nella teoria neoclassica da ricondursi all'interno di un'attività di scienziati/ingegneri/Dio, ma non dal lato del produttore. Supponiamo che venga resa disponibile una tecnologia diversa da quella che produce l'attuale funzione di produzione, tale da migliorare la produttività del fattore produttivo lavoro. Innanzitutto, in un'ottica di razionalità, l'innovazione tecnologica funzionale è quella che migliora la produttività dei fattori produttivi, non che la peggiora ovviamente; altrimenti, questo cambiamento tecnologico, non verrebbe adottato. Supponiamo di trovarci lungo l'ordinata y* (dove di solito il simbolo * indica il punto di equilibrio per la funzione) che fa riferimento al punto A, dove la quantità di input ottimale, che il nostro produttore deve utilizzare è L*; questo accade all'istante t0. Adesso passa un annetto e siamo al tempo t1, e la natura umana ha prodotto una nuova tecnologia che aumenta la produttività del fattore produttivo lavoro e significa che utilizzando ad esempio per ipotesi la stessa quantità di lavoro L* io produttore, produrrò un po' di più, arrivando a yB. Il fatto di utilizzare la stessa quantità di input rispetto alla scelta ottimale, al tempo t0 adesso al tempo t1 mi consente di incrementare la produzione da y* a yB vuol dire che io mi sono posizionato su di una funzione di produzione Q1, con(al tempo t1). Cosa mi dice questo ragionamento? Mi dice che un cambiamento tecnologico, ha come effetto sulla funzione di produzione, quello di spostarla, di farla salire più sopra (in termini tecnici), di spostarla in alto, non sicuramente in basso perché a quel punto qualsiasi cambiamento tecnologico che mi riduce l'utilità, non verrebbe adottato. Invece il nostro produttore, che massimizza, ha interesse, a parità di utilizzo del fattore produttivo, se è in grado di produrre di più, ovviamente ad adottare e utilizzare quella tecnologia innovativa. Ma...questo passaggio, come avviene? Allora, se osserviamo questo esempio, notiamo che la quantità di input nella condizione di equilibrio al tempo t0 alla condizione di equilibrio al tempo t1 è rimasta invariata, è sempre costante, ma...è sempre cosi??? Nessuno mi garantisce che sia cosi, poiché innanzitutto devo tener conto che c'è un altro fattore produttivo, che è il capitale, che nel grafico per ragioni di semplificazione, non abbiamo utilizzato (sarebbe lo stesso grafico, solo che al posto di L, c'è K) e inoltre non abbiamo considerato la funzione di produzione come esito di utilizzo simultaneo dei due fattori produttivi. Quindi non è detto che nell'ordine naturale delle cose, quando si rende disponibile una nuova tecnologia questo mi consente di aumentare la produzione, ma mi modifica la composizione di utilizzo dei miei fattori produttivi; se prima, per produrre y* avevo bisogno di L* e K*, adesso che produco yB, magari utilizzo combinazioni di lavoro/capitale diverse da quella di partenza. Per studiare quest'approccio nella microeconomia si utilizza il rapporto di saggio marginale di sostituzione tecnica (SMST). In pillole, se io utilizzo una funzione di produzione : a due variabili, e ne vado ad analizzare come varia la produzione in seguito al fatto che una nuova tecnologia si è resa disponibile; applico il calcolo differenziale a Y, cioè mi chiedo, come varia Y nel tempo a variare di K ed L, in seguito all'introduzione di una nuova tecnologia, dove, il primo termine indica qual è quell'aumento di produzione che è ottenuto in seguito all'adozione della nuova tecnologia e in seguito alla modificazione del fattore produttivo Lavoro. Nell'esempio che facevamo prima, la variazione di L, sarebbe pari a 0, poiché sia il punto A che il punto B presentano un utilizzo del fattore produttivo lavoro pari a L*, quindi la differenza tra i due punti a livello di utilizzo di lavoro è pari a 0 (L* - L*); ma questo non è detto che avvenga sempre. Il secondo termine indica l'effetto sulla variazione della produzione dovuto al fatto che il progresso tecnologico, potrebbe aver modificato l'intensità e la produttività dell'altro fattore produttivo, in questo caso il Capitale K. Sommando i due effetti e sulla base dell'ipotesi che non vale la funzione di produzione di squadra, per cui le derivate parziali della funzione di produzione relative ai suoi singoli fattori, sono pari a zero; semplificando si ottiene: che mi dice come varia nel tempo, il rapporto lavoro capitale (i fattori produttivi che stiamo considerando) in seguito all'aumento della produzione dovuto all'innovazione tecnologica. Questo si chiama saggio marginale di sostituzione differenziale (SMS) che posso rappresentare geometricamente come la derivata prima della tangente alla funzione di isoquanto in un suo dato punto. Ed è questo il contenuto originale di Hicks, perché è lui che inventa la teoria degli isoquanti, in cui ipotizzo un grafico positivo (vedi grafico sottostante a livello di isoquanto), dove metto per convenzione Capitale in ordinata e il Lavoro in ascissa, un certo livello di produzione pari a 100 per ipotesi () ed in questo caso descrivo tutte le infinite coppie di capitale e lavoro, tali da garantire un output pari a 100. Ovviamente la curva che vado a disegnare è inclinata negativamente. Questo poiché, ad esempio, osservando il punto A, che ha una combinazione KA, LA che mi consente di produrre y = 100; se diminuisco la quantità di capitale utilizzato, per produrre sempre 100, dovrò aumentare la quantità di utilizzo del secondo fattore produttivo, ad esempio prendiamo il punto B, dove LB è maggiore di LA e KB è minore di KA. È un po' come la costruzione delle economie di indifferenza (in microeconomia), dove a parità di utilità, in un paniere di due beni, se diminuisco il consumo di un bene deve per forza, per mantenere inalterato il livello di utilità, aumentare il consumo dell'altro bene. Qui a parità di output pari a 100 per ipotesi, se diminuisce la quantità di utilizzo di un determinato input, perché io punti sempre a 100, si chiama isoquanto non a caso, devo aumentare l'utilizzo del secondo fattore produttivo. Isoquanto = uguale quantità. Possiamo vedere che tra tutti i punti della funzione di produzione, possiamo anche immaginare il punto C, dove ho una quantità di lavoro che è molto aumentata ed è pari a Lc a cui è corrisposta una diminuzione del fattore capitale, pari a Kc; sono infine le combinazioni possibili dato che questa è una curva con infiniti punti. Possiamo però constatare che a seconda del punto in cui mi focalizzo, il rapporto capitale/lavoro che mi consente di produrre 100, si modifica, a meno, che non siamo nel caso eccezionale in cui siamo in presenza di un'iperbole equilatera, allora il rapporto rimane costante per tutti i punti della curva. La derivata prima di questa curva mi indica quindi la pendenza nel punto che prendo in considerazione; e se voglio ottenere la pendenza nel punto C, devo tracciare la tangente al punto C, calcolare poi il coefficiente angolare di suddetta retta, calcolando quindi la derivata prima, che in questo campo è data da ΔK/ΔL ; pendenza che ci dice che se aumento di una unità L, K ha una certa variazione (concetto di derivata). Questa funzione di isoquanti è simmetrica alla funzione di produzione. Tutti i punti dell'isoquanto, producono 100, ma il produttore, si posizionerà su di uno e uno solo, che mi rappresenta quella combinazione capitale lavoro ottimale. Ma quale punto sceglie? Da qui deriva le teoria della minimizzazione dei costi, perché ovviamente la scelta di quale combinazione ottimale di produzione il nostro produttore, sceglierà se il suo livello di produzione ottimale è 100, dipenderà anche dai costi dei fattori produttivi. Possiamo fare una funzione dei costi, chiamata funzione di isocosto; e il punto della funzione di isocosto, dati i prezzi dei fattori produttivi, che è esattamente tangente alla curva di isoquanto, quello sarà la soluzione ottimale, di miglior consumo del prodotto (punto E grafico), c'è tutta la teoria dei costi dietro. Immaginiamo cosi: se ho una funzione di produzione (K,L) qual è il costo complessivo per l'impresa per produrre 100? Sarà dato da: (w/p)L + (r/p)K = CT dove: w è il prezzo nominale del fattore produttivo lavoro; r è il prezzo nominale del fattore produttivo capitale (se immaginiamo che il capitale sia composto da macchine, questo è il prezzo delle macchine); CT sono i costi totali; e p è l'indice dei prezzi, relativo al potere d'acquisto reale, che ci permette di esprimere w ed r in termini reali. Parentesi sull'indice p. Io lavoratore razionale, in una situazione di perfetta e completa informazione com'è quella ipotizzata qui; quando al lavoratore sul mercato del lavoro gli viene offerto di essere pagato con 1000 euro, il lavoratore si chiede quanti beni che vuole acquistare, potrà effettivamente comprare con quei soldi; e la quantità dipende dal prezzo dei beni che voglio acquistare, quindi p in questo contesto è indice dei prezzi. perché in uno scenario futuro il datore di lavoro, potrebbe dire al lavoratore che gli aumenta il salario di 100 euro, ma se nel frattempo i prezzi sono aumentati del 30%, il potere d'acquisto reale del lavoratore è calato, anche se lui percepisce in busta paga un valore nominale superiore. Quindi quello che in realtà riguarda sia il produttore che il lavoratore, è il valore reale dei suoi guadagni, le sue retribuzioni; per quello abbiamo diviso per p, che è uguale per tutti e due, perché sia produttore che lavoratore dovranno spendere denaro sul mercato per comprare merce per i propri fabbisogni. Sia w che r sono valori nominali, determinati dal mercato dei fattori produttivi, quindi il nostro produttore, li prende come dato (non può pensare di modificarli). Se io risolvo per K,L e pongo K in funzione di L, ottengo una retta di bilancio: K = pCT/(r) – (w/r)L (equazione di una retta inclinata negativamente nel piano cartesiano [K-L]) e così ottengo che il costo totale per il suo coefficiente è l'intercetta rispetto all'asse delle Y, e w/r è il rapporto tra i prezzi nominali dei due fattori produttivi ed è inoltre il coefficiente angolare della retta. Ne posso avere tante di rette di questo tipo, a seconda di quali sono i salari, il prezzo del lavoro, e il prezzo del capitale; cosi come posso avere più di un isoquanto, una mappa di isoquanti, a seconda dei livelli di produzione. Qual è la funzione ottimale che corrisponde a quella che abbiamo studiato per cui la produttività del fattore produttivo, è uguale al suo prezzo? Analizzando invece questo tipo di modello, bisogna scegliere quel livello di isoquanto il più distante dall'origine, perché vuol dire che produco di più, compatibile con la struttura dei costi, che è data dalle rette di isocosto. Questo è il modo in microeconomia per rappresentare la soluzione ottimale del produttore, è un modo di presentazione diverso, concettualmente non cambia nulla, mentre vado a definire il massimo profitto nel modello in cui la produttività marginale del lavoro è uguale al salario reale (w/p in questo caso) tengo conto implicitamente della struttura dei costi. Con l'analisi degli isoquanti invece parto dalla minimizzazione dei costi per arrivare a scegliere il livello di produzione finale, utilizzando la stessa metodologia di analisi, ma con questa sottile differenza. ATTENZIONE IL NOSTRO RAGIONAMENTO A LEZIONE, DA QUI IN POI è L'ESATTO CONTRARIO DI QUELLO PRESENTE NELLA SLIDE/PAGINA 4 DEL DOCUMENTO DI RIFERIMENTO (cioè noi abbiamo considerato che gli isoquanti presenti nella mappa di isoquanti, si spostano sempre più distanti dall'origine, e non il viceversa, per quello ho cambiato i grafici) Quella che propone Hicks è interessante, perché questa è la soluzione al tempo t0, dove nel punto E abbiamo una certa combinazione K-L che è quella ottimale; questa è la situazione di partenza. Adesso immaginiamo che ci sia un cambiamento tecnologico, che consente di produrre di più come abbiamo precedentemente affermato, quindi è chiaro che l'isoquanto al tempo t0, si modificherà, e si sposterà più lontano dall'origine degli assi, poiché man mano ci allontaniamo dagli assi, più cresce la produzione e lo vediamo nel grafico seguente: Qui possiamo vedere una mappa di isoquanti (0,1,2), e questi isoquanti si spostano lungo il grafico, e possono modificare la loro pendenza durante lo spostamento, a seconda delle caratteristiche del progresso tecnologico. Primo caso (P.T. NEUTRALE) Se io per ipotesi, ipotizzo al tempo t1 un isoquanto che è perfettamente parallelo a quello al tempo t0, e i punti di equilibrio nei due periodi ( E0 ed E1) si collocano esattamente sulla bisettrice, si ha che in questo spostamento dovuto al progresso tecnologico la combinazione ottimale dei due input è rimasta invariata, il rapporto K/L quando producevo 100 rimane invariato anche quando vado a produrre 120. In questo caso, il progresso tecnologico non ha modificato il saggio marginale di sostituzione, quindi siamo in grado di dire che l'inclinazione dell'isoquanto è il saggio marginale di sostituzione, cioè ΔK/ΔL. La variazione del SMS passando dall'isoquanto al tempo t0, all'isoquanto al tempo t1 è rimasto invariato nell'esempio ipotizzato; allora in questo caso si ha un particolare tipo di progresso tecnologico, che viene chiamato progresso tecnologico NEUTRALE. Ovvero, detto in altri termini, il progresso tecnologico è detto neutrale quando il suo impatto sull'attività di produzione, lascia invariante il rapporto Capitale/Lavoro, cioè la combinazione ottimale degli input utilizzati. Però non è detto che avvenga sempre questo, abbiamo altre due possibilità. Ci sono due approcci per disegnare il cambiamento nel passaggio da un periodo all'altro considerando l'effetto del progresso tecnologico; fino ad ora abbiamo considerato che il progresso tecnologico aumentando la produttività del singolo fattore produttivo, consenta a parità di fattore produttivo di produrre di più e quindi l'effetto del progresso tecnologico è quello di aumentare la produzione. Ma non è detto che avvenga sempre questo, perché non è detto che l'aumento di produzione del progresso tecnologico sia sempre quello che mi consenta di massimizza il profitto. Esempio: potrebbe anche darsi che aumentando la produzione da 100 a 120 la nuova quantità prodotta corrisponda ad un profitto inferiore a quello che avevamo in 100; è teoricamente possibile questo, perché il mio obiettivo non è massimizzare la produzione, ma massimizzare il profitto (π). Formula profitto: (rimembrando microeconomia) La regola della massimizzazione del profitto è che la produttività marginale dei fattori produttivi, sia pari al suo costo. Quindi il progresso tecnologico che mi migliora la produttività dei singoli fattori produttivi potrebbe portarmi anche a produrre sempre 100, però avendo aumentato la produttività dei singoli fattori produttivi, ho bisogno in questo caso di meno fattori produttivi e quindi risparmio sui costi e cosi aumenta il mio profitto. Il progresso tecnologico ha quindi due effetti diversi, ma che utilizzano la stessa logica: può comportare un aumento di produzione, quindi definirà isoquanti sempre più distanti dall'origine; può comportare una parità di produzione portando ad una riduzione di capitale e/o lavoro (può presentare teoricamente isoquanti che si spostano verso l'origine). Noi studiamo l'effetto del progresso tecnologico sulla variazione della combinazione ottimale dei fattori produttivi non sulla variazione di output. Secondo caso (CAPITAL DEEPENING) Per semplicità nei nostri esempi, supponiamo valga il primo caso; quindi supponiamo che al tempo t1 il nuovo isoquanto dovuto alle nuove condizioni tecnologiche sia di questo tipo, non esattamente parallelo come prima. Nuovo equilibrio in E1, dove il rapporto K/L si è modificato e quindi abbiamo ottenuto che l'effetto del progresso tecnologico ha aumentato più che proporzionalmente l'utilizzo di Capitale, rispetto all'utilizzo di Lavoro. Quindi vuol dire che il la variazione del rapporto SMS, cioèΔL/ΔK è diminuita (nelle slide indicata con ΔSMSKL ) ; questo è un tipo di progresso tecnologico che si chiama Capital deepening (da deepen = approfondire) o progresso tecnologico a maggior intensità di capitale, perché favorisce l'utilizzo del fattore capitale, oppure si chiama Labour saving(risparmiatore di lavoro), cioè progresso tecnologico a minor intensità di lavoro; dove l'aumento del fattore produttivo lavoro, c'è stato, ma è stato meno che proporzionale rispetto al fattore produttivo capitale. Quindi in termini relativi, rapportato all'utilizzo del fattore produttivo capitale, la quantità di lavoro si è ridotta. Terzo caso (Labour Deepening) Il terzo ed ultimo caso è quando si ha un progresso tecnologico più rigido per cui il nuovo isoquanto al tempo si posiziona, diventando un po' più rigido e quindi meno elastico, e si determina una nuova posizione di equilibrio sull'isoquanto, a cui corrisponde una combinazione ottimale dei fattori produttivi, che hanno favorito relativamente il fattore lavoro a scapito del fattore capitale. In questo caso, abbiamo un progresso tecnologico chiamato Labour deepening o ad alta intensità di lavoro o capital saving (risparmiatore di capitale) o a minor intensità di capitale. Riassumiamo tutto ciò che abbiamo visto Abbiamo solo queste tre possibili soluzioni, da cui deriva la famosa tassonomia del progresso tecnologico di Hicks, che dice che in un contesto di teoria della produzione standard quando la funzione di produzione si sposta verso l'alto e che nel nostro caso, rappresentiamo quando l'isoquanto si sposta considerando simultaneamente i due fattori produttivi ( nel caso degli isoquanti analizzo sempre una funzione a tre variabili, dove considero però costante il livello di produzione, per poterla rappresentare in un grafico bidimensionale). Se utilizzo questo tipo di rappresentazione, quando c'è l'effetto immaginiamo che porta ad un aumento della produzione, per cui si suppone un aumento dei profitti, cosa che non sempre è detta, come abbiamo constatato precedentemente, dato che gli isoquanti possono spostarsi anche verso l'origine (quando il progresso tecnologico riduce l'utilizzo dei fattori produttivi); ma è la stessa cosa, poiché se gli isoquanti vanno verso destra o sinistra è indifferente perché noi dobbiamo analizzare come si modifica la coppia capitale lavoro, nel passaggio da un isoquanto all'altro. E si hanno 3 possibilità relativamente alla variazione del rapporto capitale/lavoro: questo rapporto rimane costante => progresso tecnologico neutrale questo rapporto aumenta => progresso tecnologico a maggior intensità di capitale questo rapporto diminuisce => progresso tecnologico a maggior intensità di lavoro da qui viene fuori la classificazione del progresso tecnologico secondo Hicks. Conclusione in due parole: Nell'analisi del progresso tecnologico neoclassico si ribadisce innanzitutto che il progresso tecnologico è esogeno; l'unica cosa che aggiunge Hicks in un'analisi multi periodale (dove considero da 2 ad n periodi) è che il progresso tecnologico dall'esterno viene calato all'interno nella teoria della produzione marginalista. C'è un tempo t0 dove il progresso tecnologico è assente, e un tempo t1 dove c'è stata innovazione tecnologica, venuta da fuori. Non c'è una teoria dell'origine del progresso tecnologico. L'approccio è comunque essenzialmente statico, perché confrontiamo una situazione di equilibrio fra il tempo t0 e il tempo t1, questo è un problema di statica comparata, ovvero è un'analisi che si dice anche Path Indipendent, cioè in cui la nuova configurazione di equilibrio al tempo t1 non dipende dal percorso che è stato fatto per passare dal tempo t0 al tempo t1, cioè non prendo in considerazione i punti in mezzo, rispetto al cambiamento da t0 a t1, ciò vuol dire che implicitamente modo con cui l'equilibrio si trasforma non influenza le condizioni di equilibrio al tempo t1. Questo vuol dire che io non utilizzo quindi una metodologia di analisi differenziale dinamica, perché un'analisi dinamica in termini matematici è quando io ho una funzione in cui nell'asse delle ascisse c'è il tempo che scorre e in ordinata c'è una variabile che si modifica nel corso del tempo; il punto di arrivo di questa variabile è influenzato dallo scorrere del tempo, non è che vado a prendere punto di partenza e punto di arrivo. Quindi è sempre un'analisi statica, pur comparata, sempre in termini di equilibrio perché è relativa ai punti che massimizzano il profitto dei produttori sulla base delle condizioni di equilibrio generate dai singoli fattori produttivi. Di fatto l'attività di produzione si riduce solo ad attività di scambio, le due variabili che definiscono le scelte ottimali di produzione, cioè la produttività dei fattori produttivi e il prezzo dei fattori produttivi; sono una, la prima, esogeneamente determinata, poiché dipende da condizioni tecnologiche date e dall'innovazione tecnologica esistente e quindi non viene modificata dall'operato del produttore e la seconda variabile che definisce la produzione di ottimo, dipende dallo scambio nel mercato dei fattori produttivi. Il processo di produzione, di trasformazione da input ad output in realtà non viene considerato. La spiegazione per cui un produttore sceglie quel determinato livello di output non è figlio delle modalità di produzione, ma dipende da uno scambio nel mercato dei fattori produttivi e da un progresso tecnologico esogeneamente dato. Quindi in realtà questa non è una teoria del progresso tecnologico.