RASSEGNA Ruolo della risonanza magnetica cardiaca nella diagnosi differenziale delle cardiomiopatie Giancarlo Casolo1, Jacopo Del Meglio1, Alessio Lilli1, Massimo Magnacca1, Carlo Tessa2 1 U.O.C. di Cardiologia, 2U.O.C. di Radiodiagnostica, Ospedale Versilia, Lido di Camaiore (LU) Cardiovascular magnetic resonance (CMR) is a unique diagnostic imaging tool for the assessment of cardiomyopathies, allowing a non-invasive detection of the most common diseases of the heart muscle. In the real world, patients with suspected cardiomyopathies who show signs and symptoms of heart failure should undergo a thorough diagnostic evaluation. Besides clinical and echocardiographic assessment, coronary angiography is the most important and common examination performed to detect or rule out coronary artery disease. This approach is relevant for the clinical decision-making, as it may obviate the need for further diagnostic evaluation of the heart structure and muscle function. CMR can reliably detect a variety of heart muscle diseases without requiring bioptic confirmation of the diagnosis. In addition, CMR provides anatomo-functional information that possesses incremental and independent prognostic value. This represents a new paradigm shift as it moves the attention from the coronary arteries to the heart muscle. CMR is useful in establishing the correct diagnosis of several clinical conditions and cardiomyopathies, thus guiding therapeutic strategies and influencing patient prognosis. Key words. Cardiac imaging; Cardiomyopathies; Cardiovascular magnetic resonance; Heart failure. G Ital Cardiol 2012;13(10):635-644 INTRODUZIONE All’inizio degli anni ’80 nel novero delle tecniche diagnostiche è stata introdotta per usi clinici la risonanza magnetica cardiaca o cardiovascolare (RMC). Nel volgere di pochi anni, questa metodica ha assunto un ruolo di grande importanza in alcuni quadri patologici e in particolare per lo studio della cardiomiopatia (CMP) sia su base ischemica che non ischemica e nella valutazione del paziente con insufficienza cardiaca1-5. Lo sviluppo tecnologico della RMC, la sua diffusione e il progressivo riconoscimento del suo importante ruolo diagnostico hanno determinato il suo crescente utilizzo nell’arena clinica contemporanea e, in tempi recenti, sono stati definiti dalle maggiori Società Scientifiche i criteri per un uso appropriato di questa tecnica6,7. Nell’ambito delle CMP, la RMC costituisce oggi uno strumento preciso ed affidabile per la diagnosi e la stratificazione prognostica quando riconducibili ad un danno strutturale8. Le numerose informazioni raccolte in questo specifico impiego hanno permesso di sviluppare nuove modalità assistenziali e di modificare la pratica clinica cardiologica. Scopo di questa rassegna è quello di descrivere le principali caratteristiche rilevabili dalla RMC nelle diverse CMP allo scopo di evidenziarne il suo ruolo nella diagnosi differenziale. © 2012 Il Pensiero Scientifico Editore Ricevuto 05.12.2011; nuova stesura 20.12.2011; accettato 22.12.2011. Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi. Per la corrispondenza: Dr. Giancarlo Casolo U.O.C. di Cardiologia, Ospedale Versilia, USL12, Lido di Camaiore (LU) e-mail: [email protected] LE POSSIBILITÀ DIAGNOSTICHE DELLA RISONANZA MAGNETICA CARDIACA Con la sola eccezione dello studio delle arterie coronarie, la RMC ha conosciuto un’evoluzione inarrestabile nelle sue capacità di studio anatomico, funzionale e strutturale grazie allo sviluppo di sequenze di immagine specifiche, l’impiego dei mezzi di contrasto e l’implementazione di soluzioni innovative sia hardware che di ricostruzione dell’immagine. Con gli attuali apparecchi l’anatomia e la funzione del cuore, la perfusione del miocardico, come anche aspetti quali l’edema, la fibrosi, l’emorragia, il contenuto di ferro del muscolo cardiaco, sono oggi a disposizione del clinico. Il prototipo classico dello scanner RMC prevede un campo di 1.5-3T, una bobina dedicata per lo studio del cuore a più canali5-32 ed un software specifico che include sequenze per lo studio del cuore, oltre che algoritmi di calcolo adeguati. Segnatamente i moderni scanner sono tutti utilizzabili per lo studio del cuore e dei vasi purché venga reso disponibile l’hardware e il software per la derivazione del segnale elettrocardiografico (necessario a sincronizzare l’acquisizione ai movimenti del cuore), sequenze idonee alla valutazione morfo-funzionale e delle variazioni di segnale indotte da flusso e mezzi di contrasto. L’esame standard, condotto sincronizzando l’acquisizione all’ECG del paziente, inizia in genere con sequenze a sangue scuro per la valutazione anatomica classica, seguite da più sequenze cine con frame rate adeguato (almeno 30 fps) a sangue chiaro per l’analisi di volume e cinetica delle camere cardiache e degli apparati valvolari. La somministrazione di mezzo di contrasto (chelati di gadolinio) consente di influenzare le proprietà magnetiche del miocardio. L’analisi delle variazioni dell’intensità di segnale nel tempo al primo passaggio permette di valutare eventuali disomogeneità di perfusione, mentre quella eseG ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 635 G CASOLO ET AL CHIAVE DI LETTURA Ragionevoli certezze. La risonanza magnetica cardiaca (RMC) permette in molti casi di identificare con accuratezza e in modo completamente non invasivo l’etiologia di una cardiomiopatia altrimenti non riconoscibile senza impiegare metodiche cruente. Attraverso la documentazione di aree cicatriziali specifiche, la RMC consente di confermare od escludere la presenza di una malattia coronarica in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra ad etiologia sconosciuta. Accanto al riconoscimento etiologico, la RMC permette di raccogliere informazioni morfo-funzionali molto accurate, necessarie spesso a scelte di trattamento o per il follow-up della terapia medica. Infine, con la RMC è possibile raccogliere aspetti quali la presenza di aree di fibrosi, di aree cicatriziali, di depositi di amiloide o di ferro che posseggono valore prognostico. In alcuni casi il riscontro di aree di delayed enhancement può essere di ausilio nell’identificare i soggetti a maggior rischio su cui concentrare maggiori risorse o terapie specifiche. Questioni aperte. La grande diffusione degli scanner di risonanza non si è accompagnata ad una crescita di pari rilevanza di competenze e organizzazioni che rendono di fatto disponibile alla gran massa di pazienti questa possibilità diagnostica. La valutazione della fibrosi miocardica è ancora largamente semiquantitativa e può rendere meno accurata la misurazione del contenuto di collagene miocardico. Questo aspetto, oggetto di intensa ricerca, potrebbe consentire una precisa caratterizzazione tissutale ed ampliare le possibilità diagnostiche e prognostiche della RMC in molte condizioni patologiche. Le ipotesi. L’allargamento delle competenze nell’impiego della RMC e soprattutto delle sue potenzialità nella clinica cardiologica può costituire il cardine di un cambiamento culturale con ricadute cliniche importanti. Così, nel paziente con sospetta cardiomiopatia, l’esecuzione della RMC prima dell’angiografia coronarica può orientare immediatamente verso diagnosi specifiche, oppure rendere ininfluente il contributo dell’anatomia coronarica di fronte ad una cardiomiopatia ischemica con grave estensione cicatriziale. La scelta di impiegare un dispositivo, la sede del ventricolo da stimolare, oppure le più o meno realistiche aspettative di una terapia medica con o senza resincronizzazione cardiaca, possono essere significativamente modificate da una informazione accurata e precisa quale quella che può essere ottenuta mediante RMC. La contemporanea raccolta di informazioni precise circa lo stato dell’emodinamica cardiopolmonare, 636 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 della geometria ventricolare, della funzione delle valvole e dello stato del ventricolo, oltre a orientare una diagnosi, può modificare significativamente la strategia di trattamento e le ulteriori eventuali scelte diagnostiche. La possibilità di avviare un paziente con sospetta cardiomiopatia alla RMC è oggi più che una scelta una vera e propria necessità. Oltre ad una diagnosi più precisa, è possibile valutare più correttamente la prognosi ed attendersi più o meno eventi sulla base di elementi specifici quali la presenza/assenza di aree cicatriziali e la loro estensione. guita tardivamente permette di verificare la presenza o meno di accumuli extravascolari, in genere riconducili a fibrosi. Ulteriori sequenze possono valutare quantitativamente la velocità del sangue o dei tessuti, la sincronia della contrazione e l’ispessimento di parete, di evidenziare l’edema o l’emorragia, come anche di quantificare il contenuto di ferro presente. In genere, uno studio completo di anatomia, funzione, perfusione a riposo e da stress, oltre che il delayed enhancement, può essere completato in 40-50 min. Tempi minori sono possibili limitando l’esame alla sola valutazione morfo-funzionale o dopo contrasto. Ormai da molti anni sono disponibili sequenze che consentono di esplorare le arterie coronarie. Questa applicazione tuttavia richiede lunghe sessioni di esame, necessita di accorgimenti tecnici particolari, offre risultati incostanti nei diversi individui e, rispetto alla tomografia computerizzata multistrato, possiede un peso diagnostico minore. Tuttavia l’assenza di radiazioni ionizzanti e la ricchezza di informazioni che si possono ottenere in un solo esame rendono la RMC complessivamente una tecnica di grande interesse clinico. Il progresso tecnologico dovrebbe favorire nel prossimo futuro la soluzione di problemi quali i costi di esame, i tempi di esame ed analisi relativamente lunghi, l’esclusione dall’esame dei pazienti portatori di pacemaker o dispositivi di resincronizzazione cardiaca/defibrillatori impiantabili, e la variabilità di studio delle arterie coronarie. Le apparecchiature per risonanza magnetica oggi disponibili sono di norma tutte in grado di eseguire esami del cuore. Occorre tener presente che per la maggior parte delle necessità (studio di morfologia, funzione e delayed enhancement) la dotazione hardware/software in effetti non è considerata molto sofisticata ed è alla portata della totalità dei Centri. Il fattore limitante resta l’expertise e l’accesso allo scanner. Un discorso a parte merita l’organizzazione di un servizio che consenta un’attività ordinaria in ambito ospedaliero. Nella nostra organizzazione esiste un team cardioradiologico che opera in stretta collaborazione e del quale fanno parte due cardiologi e due radiologi che assicurano una seduta settimanale ed eventuali necessità urgenti anche al di fuori della seduta programmata. Tale equipe opera ormai senza interruzioni da 5 anni. DELAYED ENHANCEMENT Una breve trattazione a parte lo merita il significato delle aree di delayed enhancement che la RMC può evidenziare anche nelle CMP. Ormai da molti anni è stato chiarito come il fenomeno del delayed enhancement sia legato alla particolare distribuzio- RISONANZA MAGNETICA CARDIACA NELLE CARDIOMIOPATIE ne tissutale e cellulare del chelato di gadolinio, generalmente impiegato nelle sequenze T1 pesate necessarie a consentire questa applicazione9. Il delayed enhancement si realizza quando, dopo alcuni minuti dalla somministrazione del contrasto ferromagnetico, si evidenzia un aumento di segnale rispetto al miocardio circostante attribuibile alle modificazioni della magnetizzazione indotte nel tessuto in esame. Nel caso di un infarto acuto, il gadolinio penetra nelle cellule e produce il tipico aumento di segnale al delayed enhancement già dopo pochi minuti dalla lesione. Successivamente, ed è ciò che si evidenzia nella fase di riparazione, il gadolinio occupa lo spazio extracellulare lasciato libero dalle cellule. In tal modo la presenza di aree di delayed enhancement semplicemente riflette la fibrosi riparativa. Pertanto la presenza di aree di delayed enhancement non può essere a priori attribuita alla fibrosi, ma questa relazione dipende dalla malattia in esame e anche dal suo stadio. Tuttavia, come si vedrà successivamente, il delayed enhancement costituisce un fenomeno di enorme rilevanza ai fini della diagnosi, del trattamento e della prognosi di molte CMP (Figure 1 e 2). Figura 1. Paziente con cardiomiopatia dilatativa non ischemica. A sinistra: immagini true-FISP ottenute in diastole (in alto) e sistole (in basso) su un piano passante per l’apice ventricolare sinistro, la valvola mitrale e la radice aortica. A destra: immagini ottenute sul piano asse corto del ventricolo sinistro dopo mezzo di contrasto con tecnica del delayed enhancement. Non si documentano aree di hyperenhancement nel contesto del miocardio. Figura 2. Paziente con pregresso infarto miocardico antero-settale. A sinistra: immagine su un piano passante per l’apice ventricolare sinistro, la valvola mitrale e la radice aortica. A destra: immagine ottenuta sul piano asse corto. Tecnica delayed enhancement. Dopo mezzo di contrasto si evidenziano aree transmurali di enhancement indicative di fibrosi a tutto spessore nel territorio dell’arteria interventricolare anteriore. LA RISONANZA MAGNETICA CARDIACA E LE CARDIOMIOPATIE Le CMP costituiscono una famiglia di malattie del miocardio assai diverse tra loro. Nella classificazione dell’American Heart Association (AHA) del 2006 si distinguono le classiche forme primitive e secondarie10. Tra le forme primitive sono comprese quelle acquisite, geneticamente trasmesse e le forme miste. Assai più utile ai fini della presente trattazione è la sistemizzazione proposta dalla Società Europea di Cardiologia nel 2008 che differenzia le CMP prevalentemente, ed almeno inizialmente, sull’aspetto morfologico e funzionale11. La RMC è in grado di caratterizzare dal punto di vista morfo-funzionale la stragrande maggioranza delle CMP di interesse clinico. Nessun singolo strumento diagnostico possiede la versatilità, la robustezza, la semplicità, l’immediatezza dell’informazione, la precisione e soprattutto l’applicabilità clinica della RMC. In un recente documento di consenso sulla RMC, l’impiego nelle CMP è considerato appropriato sia per identificare l’etiologia di una cardiopatia da causa sconosciuta associata a scompenso cardiaco sia per meglio valutare pazienti con cardiopatie sospette ma non caratterizzate7. L’etiologia ischemica o comunque legata ad aterosclerosi coronarica risulta generalmente agevole in quanto caratterizzata da una o più lesioni cicatriziali del ventricolo sinistro12,13. Sebbene, assai di rado, la CMP ischemica possa presentarsi anche in assenza di aree necrotiche pregresse, in genere si rilevano una o più ampie aree di pregresso infarto. La lesione ischemica appare sia transmurale che subendocardica con grado variabile di interessamento dello spessore di parete, in genere con massima estensione subendocardica (regione più suscettibile all’ischemia) e progressivamente minore verso l’epicardio. Tale distribuzione della necrosi riflette e conferma l’aspetto della necrosi miocardica su base ischemica ormai stabilizzata, rilevabile su preparati autoptici con appropriate colorazioni specifiche per il tessuto connettivo. La RMC, unica metodica non invasiva, consente di visualizzare presenza, estensione e transmuralità di una pregressa lesione infartuale (Figura 2). La presenza di una o più lesioni con queste caratteristiche identifica l’etiologia “ischemica” della CMP con elevata accuratezza14,15. Al di fuori dell’etiologia ischemica, la RMC può identificare l’etiologia di una cardiopatia, in presenza di una disfunzione ventricolare sinistra di origine incerta. Grazie alla combinazione di aspetti morfo-funzionali e, soprattutto, della presenza di specifici pattern di delayed enhancement dopo mezzo di contrasto, la RMC può individuare con elevato grado di accuratezza la CMP dilatativa primitiva, la CMP ipertrofica, l’amiloidosi ed altre forme restrittive, la CMP del ventricolo destro, ed altre malattie che possono determinare un danno miocardico non ischemico. Accanto alla diagnosi delle cardiopatie, nel corso degli anni la RMC ha dimostrato di possedere un significativo ruolo prognostico8. Accanto alla riconosciuta rilevanza di marker e fattori identificabili anche con altre metodiche, è stata soprattutto la possibilità di dimostrare la presenza e misurare l’estensione dello scarring miocardico a sancire il ruolo prognostico della RMC16. Di particolare rilevanza risulta la presenza e l’entità di fibrosi miocardica, non solo valutata tradizionalmente, che occupa ampia parte della ricerca clinica. L’utilizzo di nuove sequenze ed accorgimenti tecnici specifici è orientato alla raccolta di miG ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 637 G CASOLO ET AL sure quantitative e precise di patologiche quantità di collagene in modo da ampliare sia il valore diagnostico che prognostico della RMC in molte condizioni patologiche e nella fattispecie nelle CMP17. Per tutte le caratteristiche sopra esposte la RMC è oggi considerata un esame sicuramente appropriato in presenza di molte CMP accertate o sospette per definirne sia l’etiologia che la prognosi. Cardiomiopatia dilatativa Nella forma dilatativa primitiva, la RMC offre una valutazione di volumi, massa e cinetica ventricolare che non risente delle modificazioni geometriche del cuore. Questa applicazione, ancorché in genere sottovalutata, in realtà consente di misurare con precisione parametri che possono far optare per un impianto o meno di un dispositivo, offrire elementi prognostici precisi, evidenziare opportunità di stratificazione prognostica ancora non esplorate. In ogni caso una precisa valutazione di volume e funzione costituisce un valido strumento per monitorizzare l’effetto della terapia sui parametri morfo-funzionali e per avere un follow-up affidabile in soggetti con grandi volumi ventricolari e valori di frazione di eiezione ridotti. Sicuramente però l’elemento più interessante è senz’altro la possibilità di escludere con buona accuratezza l’etiologia ischemica di una CMP. Quest’ultima, infatti, è in genere il risultato di una o più necrosi del miocardio che determinano cicatrici identificabili con la tecnica del delayed enhancement. Nelle forme cosiddette “primitive” è possibile documentare cicatrici prevalentemente intramiocardiche (Figura 3), ma talora anche di aspetto “ischemico” e cioè compatibili con la fisiopatologia ischemica dell’infarto14,15. In altre parole, la presenza di cicatrici non consente di escludere con certezza la genesi ischemica della lesione, ma l’assenza di aree di delayed enhancement subendocardiche o transmurali esclude virtualmente la presenza di una cardiopatia ischemica. La presenza e l’entità delle cicatrici comportano una prognosi peggiore rispetto all’assenza di aree patologiche al delayed enhancement18,19. I target diagnostici della RMC nelle forme dilatative sono dunque la documentazione o meno di una progressiva Figura 3. Delayed enhancement ottenuto su più livelli del piano asse corto del ventricolo sinistro in un paziente con cardiomiopatia dilatativa. In questo paziente il delayed enhancement mostra l’aspetto cosiddetto “midwall” (frecce) cioè un enhancement confinato entro lo spessore miocardico, indicativo di genesi non coronarica della cardiomiopatia. 638 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 dilatazione del ventricolo sinistro, le modificazioni della funzione sistolica e la presenza di fibrosi miocardica. Quest’ultima, oltre ad evidenziare una prognosi peggiore, è stata correlata alla presenza di aritmie ventricolari maligne e conseguente probabilità di scarica efficace dei defibrillatori impiantabili impiegati in prevenzione primaria20. Del tutto recentemente è stato dimostrato come la presenza di ampie aree cicatriziali alla RMC nella CMP dilatativa identifichi i soggetti con scarsa risposta alla terapia medica, oltre ai parametri ottenibili con l’ecocardiografia21. Nell’ambito delle CMP acquisiste una forma dilatativa nella quale la RMC è di grande importanza è la CMP infiammatoria. Ormai da diversi anni la RMC ha dimostrato di possedere un ruolo rilevante nel riconoscere i segni di infiammazione e di interessamento miocardico nelle miocarditi22. La RMC può evidenziare, localizzare e quantificare sia l’edema che l’iperemia, nonché la fibrosi che si manifesta in questa condizione. Attraverso l’impiego di sequenze specifiche T1 e T2 pesate è possibile nell’80% dei casi porre diagnosi di miocardite con la sola RMC23. Il delayed enhancement di questa condizione nella fase acuta non rappresenta ovviamente evidenza di fibrosi. La sede tipica ma non esclusiva della parete laterale, l’espressione prevalente subepicardica, la transitorietà spesso completa del delayed enhancement, costituiscono manifestazioni dell’infiammazione in cui edema, iperemia e cellularità partecipano a determinarne l’espressione. Tali caratteristiche possono in casi selezionati permettere la diagnosi, evitando manovre invasive quali la biopsia endomiocardica24,25. Cardiomiopatia ipertrofica La CMP ipertrofica viene in genere facilmente riconosciuta con l’ecocardiografia e non pone problemi significativi relativamente alla sua valutazione fisiopatologica. Presenza ed entità dell’ostruzione, interessamento dell’atrio sinistro, aree asinergiche si possono facilmente evidenziare con l’esame ecocardiografico standard. La RMC nel corso degli anni ha dimostrato una superiore capacità nel riconoscere aree di ipertrofia presenti anche in segmenti miocardici diversamente mal esplorabili26,27, misurare con precisione la massa miocardica, ma soprattutto ha aiutato a ridefinire l’espressione fenotipica delle diverse varianti di CMP28 (Figure 4 e 5). Con l’utilizzo del delayed enhancement già da alcuni anni è stato possibile documentare la presenza di aree cicatriziali nel contesto del ventricolo sinistro di molti pazienti con CMP ipertrofica29 (Figura 6). Tali aree cicatriziali sono presenti anche in soggetti minimamente asintomatici e rivestono significato clinico indicando una propensione alle aritmie ventricolari e allo sviluppo di scompenso cardiaco30. Accanto a ciò, il riscontro di scarring è stato associato alla presenza di aritmie ventricolari31. Specifici pattern cicatriziali sono stati così associati ad outcome differenti. Più recentemente la presenza e l’entità delle aree cicatriziali sono state dimostrate associarsi alla mortalità per tutte le cause e cardiaca, indipendentemente dai parametri clinici e strumentali già disponibili32. In particolare, la presenza di scarring identifica pazienti a maggior rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco e deterioramento funzionale33. Grazie alla possibilità di misurare quantitativamente aspetti diversi rispetto alla fibrosi, anche misure tradizionali, quali la massa miocardica, si sono dimostrati utili nella stratificazione prognostica dei pazienti34. RISONANZA MAGNETICA CARDIACA NELLE CARDIOMIOPATIE Figura 4. Paziente con cardiomiopatia ipertrofica. La serie nella colonna a sinistra rappresenta le immagini sul piano orizzontale ottenute con tecnica spinecho-like (sangue scuro) che mostrano una patologica ipertrofia del setto interventricolare. Le due colonne a destra ottenute con tecnica cine-risonanza trueFISP si riferiscono al piano 4 camere (a sinistra) e 2 camere (a destra) durante il ciclo cardiaco. I diversi frame mostrano la progressione della contrazione ventricolare sinistra. gnostica, assegnando di fatto un ruolo al riscontro di aree di scarring ventricolare35. La RMC è stata impiegata nella malattia di Fabry, malattia d’accumulo lisosomiale legata al cromosoma X causata dalla deficienza dell’enzima alfa-galattosidasi. In un recente registro lo 0.5% dei pazienti con sospetta CMP ipertrofica ha in realtà questa entità nosologica36. L’aspetto morfologico può ricordare quello della CMP ipertrofica, ma il delayed enhancement dimostra un pattern di segnale differente e non specifico per la forma ipertrofica37. Figura 5. Cardiomiopatia ipertrofica. Cine-risonanza true-FISP, piano asse lungo del ventricolo sinistro. Nell’immagine 1 si osserva la diastole. Nell’immagine 2 si rileva movimento anteriore sistolico della valvola mitrale ed ostruzione all’efflusso ventricolare sinistro durante le fasi iniziali della sistole. Nelle immagini 3 e 4 si osserva come con l’avanzare della sistole compaia insufficienza mitralica su base funzionale. Le recenti linee guida American College of Cardiology Foundation (ACCF)/AHA per la diagnosi e trattamento della CMP ipertrofica hanno introdotto per la prima volta la RMC tra le tecniche che posseggono un rilevante ruolo sia nella diagnosi differenziale di questa patologia che nella stratificazione pro- Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro La prima descrizione in letteratura della diagnosi resa possibile solo dalla RMC di un caso di cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro (CAVD) è del 198738. Da allora è stata prodotta una ricca letteratura che ha evidenziato numerosi elementi semeiologici alla malattia; infatti la RMC può evidenziare alterazioni morfo-funzionali più accurate di quelle ottenibili con l’ecocardiografia. Tra questi elementi rientrano le alterazioni del profilo endocardico, le aree di bulging diastolico, i microaneurismi, l’accentuata trabecolatura. Analogamente sono facilmente rilevabili modificazioni del volume e della cinetica del ventricolo destro39-42. Da sottolineare infatti come la RMC costituisca a tutt’oggi la tecnica più affidabile ed accurata per lo studio del ventricolo destro. La RMC può evidenziare aree di ridotto ispessimento sistolico di parete ed aree di alterata cinetica regionale, che possono riguardare nei casi avanzati anche il ventricolo sinistro. Una specifica attenzione è stata attribuita in passato al segnale di G ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 639 G CASOLO ET AL Figura 7. Cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro. I pannelli A (diastole) e B (sistole) si riferiscono a immagini true-FISP sul ventricolo destro. Le frecce indicano aree di assente ispessimento sistolico in sistole. I pannelli C e D sono immagini di delayed enhancement del medesimo paziente sul piano orizzontale 4 camere. Si evidenziano numerose aree di hyperenhancement patologico del ventricolo destro (frecce tratteggiate) suggestive di aree di fibrosi, e interessamento con segnale alterato del versante destro del ventricolo sinistro (frecce bianche). 640 Figura 6. Paziente con cardiomiopatia ipertrofica. Asse corto su più livelli. Delayed enhancement dopo 0.2 mM/kg e.v. di Gd-DTPA. Si evidenziano aree cicatriziali miocardiche quasi a tutto spessore della parete antero-settale. Le frecce indicano le giunzioni tra i due ventricoli dove si concentrano la maggior parte delle aree di hyperenhancement nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica. Altre cardiomiopatie Nel corso degli ultimi anni tutte le principali CMP sono state esaminate con RMC permettendo di descriverne le principali caratteristiche. Tra queste, la CMP non-compaction, la miocardiopatia amiloidotica, oltre a numerose altre patologie primitive o secondarie del miocardio. parete laddove un suo aumento è stato attribuito alla presenza di grasso epicardico. Quest’ultimo è stato considerato specifico per la diagnosi generando confusione e molti falsi-positivi43,44. Il significato di un aumentato segnale di parete è stato oggi molto ridimensionato, essendo rilevabile in molte condizioni e persino nei soggetti normali. Accanto alle alterazioni della cinetica regionale e globale del ventricolo destro in assenza di cause note, i pazienti con CAVD possono mostrare alterazioni del segnale di parete dopo somministrazione del mezzo di contrasto45 (Figura 7). Queste aree di scarring sarebbero più specifiche di altri elementi nella diagnosi, sebbene non siano evidenziabili che in una minoranza dei casi. Il ruolo clinico della risonanza magnetica nel caso di CAVD sospetta o confermata è ancora incerto; si ricorre in genere a questa metodica in modo piuttosto liberale nonostante le scarse evidenze della letteratura46. Il livello di appropriatezza attribuito dall’ACC/AHA per questa applicazione è uno dei più alti e una rivisitazione dei criteri diagnostici della malattia da parte di un’apposita Commissione della Società Europea di Cardiologia ne esalta l’impiego seppure con elementi molto contenuti47. In particolare, nonostante l’ampia letteratura e prassi legata allo studio e al rilievo del grasso epicardico, a questo non viene attribuito alcun valore; nello stesso tempo vengono valorizzate con riferimenti quantitativi le valutazioni della funzione sia globale che regionale e delle dimensioni ventricolari destre. Non compattazione La CMP non-compaction è un’entità nosologica di riscontro recente e crescente sia nell’età infantile che nell’età adulta48. È caratterizzata dalla presenza di aree di marcata e inusuale trabecolatura in genere dei segmenti medi ed apicali del ventricolo sinistro, talora associata a disfunzione e dilatazione49 (Figura 8). Spesso coesistono alterazioni segmentarie della cinetica, trombosi endoventricolare e aspetti suggestivi per CMP ipertrofica50. Nel corso degli anni aree di non compattazione del ventricolo sinistro sono state documentate in pazienti senza disfunzione ventricolare e non è chiaro se, oltre la vera e propria CMP, esistano aspetti di non compattazione anche in altre condizioni patologiche o addirittura talora possa costituire una variante normale. La diagnosi necessita del riconoscimento della non compattazione. Utilizzando la RMC, uno studio indica come la diagnosi sia accurata quando si documenti un rapporto tra lo spessore di parete non compatta con quella compatta in telediastole >2.349. Recentemente è stato dimostrato come l’estensione delle aree di non compattazione correli con l’entità della disfunzione ventricolare sinistra51. G ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 Amiloidosi cardiaca L’amiloidosi costituisce di gran lunga la principale causa di CMP restrittiva. È causa di significativa morbilità ed è in generale fatale. Non tutti i tipi di amiloidosi interessano il cuore, ma nel tipo a catene leggere (AL) la deposizione si verifica nel 90% dei casi52. RISONANZA MAGNETICA CARDIACA NELLE CARDIOMIOPATIE Figura 8. Paziente con cardiomiopatia non-compaction. A destra le immagini sistoliche, a sinistra le immagini diastoliche orientate nei principali piani intrinseci del ventricolo sinistro. Sia in diastole che in sistole si apprezzano ampie aree di non compattazione ventricolare. In presenza di amiloidosi cardiaca, la RMC può evidenziare un aumento degli spessori di parete del miocardio, un alterato rilasciamento diastolico, dilatazione biatriale, versamento pericardico o pleuropericardico, oltre ad un caratteristico diffuso segnale dai tessuti caratterizzato da scarsa profondità del contrasto spontaneo. Tali reperti, talora specifici, non sono però in grado di identificare in modo affidabile l’amiloidosi cardiaca. Assai più importante è invece il contributo delle immagini ottenute al delayed enhancement dopo mezzo di contrasto. La deposizione miocardica di amiloide causa infatti un’espansione dello spazio interstiziale che costituisce il presupposto per l’alterato comportamento del segnale miocardico dopo somministrazione di mezzo di contrasto. Infatti, l’aumentata presenza di mezzo di contrasto nell’interstizio, oltre alla riduzione del T1 e T2 causata dall’amiloide, produce un pattern caratteristico53,54 (Figura 9). Poiché l’amiloide inizia a deporsi a livello subendocardico, è questo strato miocardico quello che mostra le maggiori alterazioni di segnale. La RMC è stata impiegata nello studio dell’interessamento cardiaco in corso di amiloidosi. In un recente studio è stato possibile documentare nel 97% dei pazienti con biopsia cardiaca positiva per amiloide, la presenza di un delayed enhancement prevalentemente transmurale o subendocardico55. Nel 46% dei pazienti con ecocardiografia non suggestiva per amiloidosi, la RMC ha evidenziato depositi di amiloide miocardico. Accanto a questo importante elemento diagnostico, la presenza di aumento di segnale all’enhancement tardivo possiede un valore prognostico indipendente e più potente di mortalità ad 1 anno rispetto ai parametri ecocardiografici e clinici più comuni56. Sarcoidosi Fino al 50% dei pazienti con sarcoidosi polmonare ha un interessamento cardiaco e solo il 5% ha disturbi cardiaci. Pertanto, pur essendo la principale causa di morte in questi pazienti, l’interessamento cardiaco è di difficile esplorazione. La RMC può Figura 9. Paziente con amiloidosi confermata alla biopsia miocardica. A sinistra si osserva la diastole (A) e la sistole (B) sul piano orizzontale (4 camere). Si noti l’aumentato spessore di parete, la funzione sistolica ancora apparentemente normale, la dilatazione biatriale, l’ampio versamento pleurico destro e, in minor misura, sinistro. A destra, delayed enhancement in 4 camere (DE1), 2 camere (DE2) ed asse corto (DE3). Accanto all’inusuale assenza di segnale intracavitario (***), si evidenzia tenue captazione subendocardica diffusa del miocardio ventricolare (frecce). Tale aspetto è patognomonico per l’interessamento amiloidotico del cuore. evidenziare l’interessamento infiammatorio miocardico o gli esiti di questo con il delayed enhancement. In un ampio studio condotto su 81 pazienti con diagnosi confermata alla biopsia, circa un quarto dei pazienti era identificabile alla RMC con pattern di enhancement eterogeneo57. Inoltre, la presenza di delayed enhancement sembra offrire informazioni prognostiche peculiari in questa condizione. Emocromatosi Il sovraccarico cardiaco di ferro, quale quello che si verifica nella talassemia, può condurre a dilatazione, ipertrofia e disfunzione cardiaca. La RMC può identificare in modo preciso ed accurato il contenuto di ferro, sfruttando le proprietà magnetiche della materia58. Attraverso la quantificazione del T2* miocardico è possibile monitorizzare l’effetto della terapia con i farmaci chelanti il ferro. Il T2* cardiaco non correla con il contenuto di ferro epatico e, indicando con precisione l’interessamento cardiaco, può costituire un marker più efficace delle biopsie epatiche nel guidare le scelte cliniche e terapeutiche59. Diagnosi differenziale delle cardiomiopatie La diagnosi clinica di CMP non ischemica è spesso legata all’esclusione della coronaropatia. A sua volta l’esame standard utilizzato per escludere la malattia coronarica è l’angiografia coronarica. Come è noto, questo esame offre una visione luminografica dei vasi arteriosi coronarici, permettendo di evidenziare con elevata accuratezza la presenza di lesioni ostruttive coronariche. È ormai assodato invece che la coronarografia convenzionale non è in grado di descrivere con precisione la presenza o meno dell’aterosclerosi coronarica non ostruttiva; quest’ultima è assai più efficacemente descritta dall’ecografia intravascolare o dalla tomografia computerizG ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 641 G CASOLO ET AL zata multistrato coronarica60,61. Pertanto l’angiografia convenzionale non è strumento sufficiente ad escludere l’etiologia aterosclerotica di un’eventuale patologia del miocardio, sebbene nella maggior parte dei casi una disfunzione deve essere in qualche modo correlabile a lesioni estese e significative. Peraltro, la sola informazione relativa al lume coronarico non offre alcun dettaglio circa la qualità del miocardio servito da quel circolo coronarico, malato o meno all’angiografia14. In realtà, come è intuibile, è possibile la coesistenza di una CMP e di una malattia coronarica come rilevato da più studi sia in vivo che post-mortem14,15,62,63. Grazie all’impiego crescente della tomografia computerizzata multistrato coronarica è oggi possibile escludere la malattia coronarica in presenza di disfunzione ventricolare di natura sconosciuta virtualmente in tutti i pazienti64. Partendo dalla constatazione che nell’identificazione dell’etiologia di una disfunzione ventricolare la valutazione del miocardio è assai rilevante e merita un’attenzione particolare65, un recente studio ha esplorato questo aspetto specifico dimostrando come l’implementazione della RMC prima della coronarografia costituisca un approccio prudente, clinicamente appropriato e costo-efficace rispetto al comportamento usuale basato sull’utilizzo sistematico ed in prima battuta della coronarografia66. RICADUTE PRATICHE DELLE INDICAZIONI ALL’ESAME CON RISONANZA MAGNETICA CARDIACA Sebbene considerata una metodica di grande rilevanza nella diagnosi e stratificazione prognostica, non è chiaro nella gestione clinica delle CMP quando eseguire l’esame e con quale frequenza ripeterlo. Al momento non vi sono indicazioni precise né dalle linee guida o di consenso, né evidenze da studi condotti ad hoc. Appare evidente come la RMC possa e debba essere eseguita quanto prima possibile nei casi in cui la diagnosi etiologica sia ignota o dubbia. Tale comportamento può generare risultati potenzialmente in grado di modificare l’iter diagnostico-terapeutico. Al di fuori della necessità diagnostica, l’esame può essere richiesto per quantificare con accuratezza volumi e funzione ventricolare sia ai fini terapeutici che di follow-up. Il timing e la frequenza di ripetizione dell’esame divengono così funzione delle scelte terapeutiche. Nel considerare aspetti specifici, quali la presenza di scarring od aree di delayed enhancement, esistono segnalazioni esclusivamente relative alle miocarditi e alle malattie da accumulo di ferro dove nel tempo è possibile monitorizzare cambiamenti dei parametri utili ai fini prognostici. Nel caso della CMP da sovraccarico di ferro, è stata suggerita una RMC ogni 2 anni nei casi di sospetta malattia e ad intervalli ≤1 anno nei casi di malattia conclamata nella quale monitorizzare la terapia chelante67. CONCLUSIONI La RMC costituisce una metodica diagnostica non invasiva, poliparametrica, quantitativa, ripetibile particolarmente utile nella diagnosi, follow-up e stratificazione prognostica dei pazienti con CMP. Nei limiti delle classificazioni eziologiche, la 642 G ITAL CARDIOL | VOL 13 | OTTOBRE 2012 RMC è in grado di riconoscere la maggior parte delle CMP attraverso la documentazione di caratteri peculiari basati su aspetti anatomici, funzionali e strutturali altrimenti non ottenibili. In alcune condizioni può costituire una valida alternativa alla biopsia miocardica, soprattutto laddove gli aspetti diagnostici della RMC sono particolarmente specifici. Nell’iter diagnostico delle CMP, laddove attualmente l’angiografia coronarica riveste un ruolo fondamentale e spesso esclusivo, la RMC amplia le possibilità di gestione del paziente, individua in molti casi l’etiologia della CMP e consente di ottimizzare i percorsi clinici attraverso una valutazione prognostica altrimenti impossibile. Per molte CMP la RMC evidenzia aspetti morfo-funzionali caratteristici, in questo offrendo una visione più nitida e meno influenzata da fattori individuali che possono limitare la presenza di una buona finestra acustica. Ancora una volta però il vero valore aggiunto è costituito dalla possibilità di evidenziare uno specifico pattern di delayed enhancement. La presenza e la localizzazione di aree di delayed enhancement, siano esse espressione di aree cicatriziali, di esiti infiammatori, di scarring o di ampliamento dell’interstizio, permettono di identificare con elevata accuratezza molte CMP specifiche. Come per tutte le malattie cardiache, la presenza di aree cicatriziali identifica soggetti a maggior rischio di eventi aritmici, oltre che di possibile progressivo peggioramento della funzione ventricolare. Nonostante il ruolo fondamentale delle altre metodiche diagnostiche, in primis dell’ecocardiografia, la RMC costituisce oggi uno strumento che permette una visione clinica senza precedenti sia sul versante diagnostico che nella scelta terapeutica e nell’identificazione sempre più accurata del rischio di eventi del paziente con CMP sospetta od accertata. RIASSUNTO La risonanza magnetica cardiaca (RMC) rappresenta una tecnica diagnostica ormai considerata insostituibile nella diagnosi differenziale delle cardiomiopatie. Attraverso le informazioni anatomo-funzionali, ma soprattutto quelle relative alla composizione dei tessuti, la RMC permette di caratterizzare non invasivamente molte delle cardiomiopatie di riscontro clinico più comune. Nel mondo reale il paziente accede alla diagnostica per segni o sintomi di scompenso cardiaco. Dopo la valutazione clinica e la valutazione ecocardiografica, l’esame principale ad essere effettuato è la coronarografia, eseguita allo scopo di escludere o dimostrare una malattia coronarica. Questo approccio può, nella pratica, costituire uno snodo decisivo del procedimento diagnostico. La dimostrazione di malattia coronarica da un lato e la sua esclusione dall’altro di fatto dipendono da questo approccio “coronarocentrico”. Questo approccio pragmatico può escludere indagini successive, quali quelle che invece tengono conto del miocardio e della sua struttura e qualità. La RMC ha ormai dimostrato di poter identificare correttamente senza necessità di conferma bioptica molte cardiomiopatie di comune osservazione. Inoltre molte delle informazioni che oggi la RMC può offrire posseggono valore prognostico indipendente. È oggi quindi possibile disporre di un approccio “miocardiocentrico”. La disponibilità di informazioni anatomo-funzionali più precise può costituire un passo ridondante ma, al contrario, orientare la diagnosi o addirittura identificare correttamente l’etiologia di una cardiomiopatia può modificare sostanzialmente l’iter terapeutico e la stratificazione prognostica dei pazienti. Parole chiave. Cardiomiopatie; Imaging cardiaco; Risonanza magnetica cardiaca; Scompenso cardiaco. RISONANZA MAGNETICA CARDIACA NELLE CARDIOMIOPATIE BIBLIOGRAFIA 1. Bandettini WP, Arai AE. Advances in clinical applications of cardiovascular magnetic resonance imaging. Heart 2008;94: 1485-95. 2. Pennell DJ. Cardiovascular magnetic resonance. Circulation 2010;121:692-705. Approfondita rassegna circa le potenzialità diagnostiche della risonanza magnetica cardiaca nelle principali malattie cardiovascolari. 3. Beek AM, van Rossum AC. 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