Principi di conservazione

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PARTE 3
a3 euler/lagran rev 10.docx Rel. 26/02/10
Principi di conservazione ed equazioni di bilancio:
generalità
Indice
1. Il teorema di trasformazione ……………………………….…………………………… pag. 2
2. Principio di conservazione della massa ed equazione di continuità ……………………….. 4
3. Teorema della quantità di moto ……………………………………………………………………… 5
Nella dinamica dei corpi solidi o del punto materiale è consueto esprimere le
leggi di conservazione e le equazioni di bilancio usando l'approccio lagrangiano,
ovvero inseguendo il sistema, costituito sempre dalle medesime particelle materiali,
nel corso del suo moto.
Dato quindi un corpo (o un sistema di corpi) in movimento, la conservazione
di una qualunque grandezza fisica estensiva G ad esso relativa (per la quale valga,
beninteso, un principio di conservazione in senso stretto), si esprime imponendo che
la sua derivata totale rispetto al tempo (detta sostanziale, o molecolare, o
lagrangiana, appunto) sia nulla:
G ( t + dt ) − G ( t ) 
lim 
=0


dt →0 
dt
(1)
Se g rappresenta la grandezza intensiva, ovvero specifica per unità di massa,
corrispondente alla grandezza estensiva G, denotato con τ m il volume occupato dal
corpo in movimento, la (1) si può scrivere come:

gρ (t + dt)dV −
gρ (t)dV 
τ m (t)
 τ m (t +dt )

lim 
= 0
dt
dt→0


∫
∫
(2)
dove l’indice m indica che il volume di integrazione si muove solidalmente al corpo
considerato e può variare nel tempo se il corpo subisce deformazioni.
€
Il punto di vista lagrangiano presuppone che il sistema in esame sia inseguito
nel suo moto e che, pur variando nel tempo, sia il volume τ m da esso occupato, sia
la forma e l'estensione della superficie σ m che lo delimita, il sistema sia sempre
composto dalle medesime particelle materiali. Tale approccio non pone alcun
problema per i corpi solidi, in cui la coesione tra gli elementi materiali è
€
generalmente tale da conservare la loro connessione, anche durante il moto.
€
Sebbene il moto dei fluidi sia governato dai medesimi principi fisici che
governano quello dei corpi solidi, l'approccio lagrangiano, risulta concettualmente
inadatto a descrivere la dinamica di queste particolari sostanze materiali.
Per un elemento di fluido infatti la coesione molecolare è molto debole
rispetto alle forze che si vengono a produrre a causa del suo moto relativo agli altri
elementi di fluido che lo circondano, oppure alle pareti solide attorno alle quali esso
si trova a fluire. Il risultato è che un gruppo di molecole (ma anche di particelle di
continuo deformabile) inizialmente contigue e appartenenti ad una circoscritta
porzione di fluido, vengono rapidamente disperse in una regione di spazio
relativamente estesa. E ciò rende problematica l'identificazione del volume di
integrazione τ m in funzione del tempo. Si pensi poi alla difficoltà di effettuare
rilievi sperimentali con sonde che si devono spostare nel campo di moto esattamente
alla velocità locale ed istantanea di ciascun elementino di fluido.
€
Certamente più adatto a descrivere il moto dei fluidi è l'approccio euleriano,
che consiste nel formulare le relazioni di conservazione per un volume di controllo
τ c indeformabile e fisso nello spazio. Il volume di controllo può avere forma
arbitraria ed è concettualmente delimitato da una superficie σ c , perfettamente
permeabile, attraverso la quale il fluido può scorrere liberamente, variando le sue
proprietà in funzione del tempo.
€
1 - Il teorema di trasformazione
E' subito evidente che, se si vuole adottare il punto di vista euleriano, non è
sufficiente riscrivere la (2) sostituendo semplicemente al volume di integrazione τ,
mobile, il volume di controllo τ c , fisso. Infatti, nel caso di τ c fisso e indeformabile,
ciò equivarrebbe ad imporre la conservazione di due diverse masse di fluido, che si
trovano ad occupare il medesimo volume di spazio τ c , in due istanti di tempo
diversi. E chiaramente non esiste alcun principio fisico che possa imporre la
€
€
costanza della grandezza G per due insiemi diversi di materia.
L'approccio euleriano è reso possibile€dal teorema di trasformazione (o di
Leibnitz), che permette di esprimere correttamente, anche per un volume di controllo
fisso nello spazio, la derivata sostanziale (2), che è formulata per un volume solidale
con il corpo in movimento.
Tale teorema afferma infatti che:
"La derivata sostanziale della grandezza estensiva G è uguale alla somma
della derivata locale, o temporale, della quantità G contenuta nel volume di
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controllo fisso τ c , e del flusso di G attraverso la superficie σ c che delimita il
volume di controllo τ c ".
Sulla base del teorema di trasformazione possiamo quindi scrivere:
€
€
€

∫ τ m (t+dt) gρ(t + dt)dV − ∫ τ(t)m gρ(t)dV   ∂


lim
=  ∫ gρ dV + ∫ gρV ⋅ n dS


σc
dt→0
 ∂t τ c

dt


(1.1)
€
dove il vettore V denota la velocità misurata nel
superficie σ c che delimita il volume di controllo τ c
tale superficie, definito positivo se uscente dal volume
riferimento cui è solidale la
ed n è il versore normale a
τc.
€ legge di conservazione per la generica grandezza G, può pertanto scriversi
La
€
nella
€ forma:
€
€
∂
(1.2)
gρ dV +
gρV ⋅ n dS = 0
σc
∂t τ c
∫
∫
La relazione (1.2) mostra un ulteriore vantaggio intrinseco nell'approccio
euleriano: nel caso di fenomeni stazionari, che costituiscono una parte non
trascurabile €
di quelli studiati, il termine che contiene l’integrale si annulla
identicamente e la legge di conservazione risulta del tutto indipendente dal tempo.
Questa è una semplificazione notevole, che viene a mancare qualora si adotti invece
l'approccio lagrangiano: in tal caso infatti, pur in presenza di fenomeni stazionari 1,
la dipendenza dal tempo permane comunque, attraverso la posizione del volume di
integrazione, che è necessario inseguire e che, se si esclude la condizione di quiete,
varia in funzione del tempo.
Dalla (1.2), che esprime la conservazione di G in forma integrale, si può
ricavare la corrispondente forma differenziale o indefinita, applicando al secondo
integrale (quello di superficie), il teorema della divergenza (o di Gauss), che afferma
che:
"Se in un campo vettoriale avente vettore caratteristico V è data una
superficie chiusa σ che delimita un volume τ , l'integrale della divergenza di V
esteso al volume τ uguaglia il flusso del vettore V uscente dalla superficie σ di τ ".
Di conseguenza:
∫τ
div V dV =
c
∫σ
V ⋅ n dS
(1.3)
c
€
1
Un problema si definisce stazionario (o permanente) se, scelto arbitrariamente un punto
del dominio, ogni variabile del problema assume valore costante nel tempo, nel punto
considerato.
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Sostituendo la (1.3) nella (1.2), e portando il segno di derivata all'interno
dell'integrale (il che è lecito essendo il volume di controllo invariante nel tempo), si
ottiene:
 ∂(gρ)
∫ τ 
c

+ div(gρV)dV = 0

∂t
(1.4)
Ora, ricordando che il volume di controllo τ c è del tutto arbitrario, l'integrale
esteso a τ c può essere sempre nullo se, e solo se, è identicamente nulla la funzione
€
integranda, cioè se:
∂(gρ)
(1.5)
+ div(gρV) = 0
∂t
La (1.5) rappresenta l'equazione di conservazione per la grandezza estensiva G
in forma differenziale o indefinita.
€
Scritta per esteso, in coordinate cartesiane x, y, z, la (1.5) diventa:
∂ ( gρ ) ∂ ( gρu ) ∂ ( gρv ) ∂ ( gρw )
+
+
+
=0
∂t
∂x
∂y
∂z
(1.6)
2 - Principio di conservazione della massa ed equazione di
continuità.
L'equazione di continuità stabilisce che all'interno di un fluido non si possono
verificare ne una generazione, ne una distruzione di massa. In altri termini, per la
massa vale una legge di conservazione in senso stretto che stabilisce che questa si
conserva invariata nel tempo.
L'equazione di continuità si può scrivere in forma integrale oppure in forma
differenziale (o indefinita). Per ricavarle entrambe, usiamo le equazioni di
conservazione (1.2), oppure (1.4) e (1.5), che abbiamo scritto per la generica
grandezza intensiva (o specifica) g.
Nel caso della massa, la grandezza specifica per unità di massa, che si è
indicata genericamente con g, è pari all'unità. E’ infatti evidente che, se un integrale
esteso ad un volume della quantità gρ, come quello che compare nell’equazione
(1.2), dove la densità ρ ha le dimensioni di una massa per unità di volume (e cioè
Kg /m3 ), deve necessariamente avere le dimensioni di una massa (ovvero Kg ),
allora g non può che essere un puro numero, pari all’unità. Pertanto le forme
dell'equazione
€ di continuità si ottengono direttamente sostituendo l'unità alla
variabile g e sono, rispettivamente:
€
∂
ρdV +
ρV ⋅ n dS = 0 (2.1)
[∂ρ ∂t + div(ρV)] dV = 0 (2.2)
τc
σc
∂t τ c
€
∫
∫
∫
∂ρ ∂t + div(ρV) = 0
€
€
€
Parte 1 - Pag. 4
(2.3)
3 - Teorema della quantità di moto.
Il teorema della quantità di moto (o secondo principio della dinamica, o
seconda legge di Newton) afferma che:
"La variazione della quantità di moto di un sistema di masse, nell'unità di
tempo, uguaglia la risultante delle forze esterne ad esso applicate".
Se il vettore Q rappresenta la quantità di moto di un sistema di fluido, rispetto
ad un riferimento inerziale, si ha quindi:
DQ
=F
Dt
€
(3.1)
Nel paragrafo 1 si è applicato il teorema di trasformazione senza specificare se
la grandezza estensiva G fosse uno scalare, oppure un vettore, dal momento che la
sua validità è dimostrabile in€entrambi i casi.
Analogamente a quanto fatto per la conservazione della massa, se sostituiamo
alla generica grandezza intensiva g, la quantità di moto per unità di massa, ovvero il
vettore velocità V , otteniamo la forma integrale:
DQ ∂
=
Dt ∂t
€
∫τ
Vρ dV +
c
∫σ
Vρ(V ⋅ n) dS = F
(3.2)
c
e le forme differenziali:
€
dove:
€
∂
∂
(ρv i ) +
(ρv iv j ) = ρc i + fi
∂t
∂x j
(3.3)
c i rappresenta la generica componente della forza di campo per unità di
massa (generalmente l'accelerazione di gravità),
fi indica€la generica componente della forza per unità di volume
equivalente alle forze di superficie.
Ovviamente, essendo la quantità di moto e le forze grandezze vettoriali, la
€
(3.3) equivale ad un sistema di tre equazioni scalari che, se si denotano con u, v e w
le tre componenti secondo una terna cartesiana x, y e z del vettore velocità, si
possono scrivere come:
D ( ρu ) ∂ ( ρu ) ∂ ( uρu ) ∂ ( vρu ) ∂ ( wρu )
=
+
+
+
= ρc x + f x
Dt
∂t
∂x
∂y
∂z
(3.4a)
D ( ρv ) ∂ ( ρv ) ∂ ( uρv ) ∂ ( vρv ) ∂ ( wρv )
=
+
+
+
= ρc y + f y
Dt
∂t
∂x
∂y
∂z
(3.4b)
D ( ρw ) ∂ ( ρw ) ∂ ( uρw ) ∂ ( vρw ) ∂ ( wρw )
=
+
+
+
= ρc z + f z .
Dt
∂t
∂x
∂y
∂z
(3.4c)
Parte 1 - Pag. 5
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