a cura di ALBERTO ANTONIOTTO Antropologia e Peacekeeping Ed. Franco Angeli, 1999, 90pp. Il Professor Antoniotto, docente di antropologia culturale all’Università di Torino, giovandosi di una notevole esperienza nel campo delle operazioni di peacekeeping – egli ha lavorato, ad esempio, in Somalia come esperto del Ministero degli Affari Esteri e dell’Unhcr (High Commissioner for Refugees) – contribuisce con la sua analisi ad approfondire la comprensione di una pratica di intervento umanitario sempre più frequente negli ultimi anni. L’Autore, infatti, attraverso strumenti metodologici del tutto originali per questo soggetto, tratta analizza con i criteri propri dell’approccio antropologico i molteplici aspetti delle operazioni per il mantenimento della pace. L’argomento è di capitale importanza poiché, a fronte di un sempre maggior numero di crisi che vedono coinvolte masse ingenti di popolazioni inermi su cui si scatena la violenza delle fazioni in lotta, la comunità internazionale ha sempre più spesso permesso, ed anzi invocato, l’intervento di forze armate multinazionali al 64 fine del ristabilimento e del mantenimento della pace. Una caratteristica che differenzia le operazioni oggetto di questo studio da quelle di tipo “convenzionale” è certamente il fatto che le prime hanno la costante necessità di operare immerse in una popolazione civile devastata in molti casi da tragedie personali e sociali incalcolabili. Bisogna tenere presente, poi, che le aree geografiche in cui più frequenti sorgono le esigenze di un’azione per il mantenimento della pace, sono spesso zone culturali profondamente differenti dal background culturale dei contingenti inviati dalla comunità internazionale. È per questi due motivi che la conoscenza dell’antropologia culturale risulta un utile, per non dire necessario, supporto per un risultato pieno e positivo delle operazioni di peacekeeping. Una comprensione il più possibile approfondita della situazione in atto si impone, infatti, come la prima ed imprescindibile condizione per una gestione efficace di operazioni assai complesse. “Capire l’altro” è lo scopo che si prefigge l’antropologia intesa dall’Autore ed è la base di partenza per operare con successo con popoli e culture diversi nello svolgimento di missioni militari di pace. Risulta quindi fondamentale l’adozione di una chiave di lettura che favorisca la comprensione dei problemi contingenti nella loro dimensione storica, culturale e sociale ed è per questa ragione che l’antropologia si impone come il miglior strumento utilizzabile. Essa, infatti, è in grado di produrre una efficace ed utile lettura della situazione che tenga conto della identità, della etnicità, della cultura, dei bisogni e delle aspettative delle popolazioni coinvolte. L’Italia in questo campo viene presa ad esempio come “produttrice” di efficaci peacekeepers, aperti al dialogo, alla mediazione fra le parti in conflitto, alla interazione con le popolazioni locali e restii ad un acritico uso della forza. Dott. Massimiliano MONDELLI