BACINO IDROGEOLOGICO DELLE MADONIE
Inquadramento geografico e morfologico
Le Madonie costituiscono il più importante complesso montuoso della Sicilia
Occidentale, esse sono limitate convenzionalmente ad est dalla Fiumara di Pollina ed ad
ovest dal F. Imera Settentrionale.
Dal punto di vista cartografico l’area delle Madonie ricade nei Fogli a scala 1:100.000
259 “Termini Imerese” e 260 “Nicosia” della Carta d’Italia edita dall’I.G.M.
L’area delle Madonie, sita nel settore orientale della provincia di Palermo, è
caratterizzata dalla presenza di rilievi prevalentemente calcareo-dolomitici tra i quali
spiccano Monte dei Cervi (1794 m s.l.m.) tra Scillato e Collesano, Monte S. Salvatore
(1912 m s.l.m.) Pizzo Carbonara (1979 m s.l.m.) tra Polizzi Generosa, le Petralie e
Castelbuono, Pizzo Dipilo (1385 m s.l.m.) tra Gratteri ed Isnello, Rocca di Sciara (1080 m
s.l.m.) presso Caltavuturo.
Il bacino idrogeologico delle Madonie ricade all’interno dei bacini idrografici dei fiumi
Imera settentrionale, Roccella, Pollina e Imera meridionale.
Il nucleo centrale del massiccio carbonatico delle Madonie, presenta alla sommità, in
corrispondenza di P.zo Carbonara, M. Ferro e P.zo Antenna, un altopiano carsico posto a
quote superiori ai 1600 m.
I rilievi maggiori sono attorniati da vaste plaghe di argille ed arenarie che danno vita a
colline e monti rotondeggianti od a creste allungate.
La fascia costiera è caratterizzata dalla presenza di spianate terrazzate che dal livello
del mare si elevano sino alla quota di circa 250 m.
Negli alvei dei corsi d’acqua maggiori, quali l’Imera settentrionale ed il Pollina si
rinvengono acquiferi multifalda di una certa rilevanza, ospitati nei depositi alluvionali.
L’assetto geomorfologico del gruppo montuoso delle Madonie è molto vario ed è il
risultato del modellamento operato da differenti processi morfogenetici sulle diverse
litologie affioranti e dall’interazione di tali processi con le vicissitudini tettoniche
susseguitesi nel corso del tempo.
1
Fig. 1- Schema morfostrutturale delle Madonie occidentali (da AGNESI 2000).
Fra i tanti fattori responsabili dell’attuale assetto geomorfologico madonita non si
possono trascurare le variazioni climatiche susseguitesi nel Quaternario, caratterizzate
dall’alternanza di fasi climatiche fredde e calde.
2
Secondo Hugonie (1979), numerose forme di versante sono da mettere in relazione non
solo alla fase morfodinamica legata al sollevamento pleistocenico subito dalle Madonie,
ma anche all’alternarsi di sistemi morfoclimatici differenti.
Fig. 2- Schema geomorfologico dell’area di Pizzo Carbonara (da AGNESI et al. 2000).
Lo studio dei differenti processi morfogenetici del massiccio delle Madonie (Figg. 1 e
2) è di particolare interesse in quanto questi ultimi influenzano le modalità di infiltrazione
dell’acqua piovana e la circolazione idrica sotterranea. A tal proposito una particolare
attenzione deve essere riservata alle forme e ai processi carsici, che nelle Madonie si
sviluppano soprattutto nei calcari mesozoici della piattaforma carbonatica panormide.
Il paesaggio carsico madonita è caratterizzato sia da forme carsiche epigee (doline,
polje, valli cieche, inghiottitoi e campi solcati o karren), sia da forme ipogee (inghiottitoi,
pozzi carsici, grotte). La presenza di inghiottitoi in numerose doline delle Madonie fa
pensare ad un collegamento fra le forme epigee e quelle ipogee che condiziona la
circolazione idrica sotterranea.
3
Fig. 3 - Schema geologico dei Monti di Termini Imerese e delle madonie occidentali (da ABATE et al., 1988).
Lo sviluppo dei processi carsici nelle Madonie ebbe inizio con molta probabilità quasi due
milioni di anni fa e raggiunse il suo acme durante le fasi glaciali quaternarie a causa delle
variazioni eustatiche del livello del mare e dell’erosione delle coperture terrigene. Occorre
però tenere conto che numerosi furono i fattori concomitanti responsabili del suo sviluppo,
4
fra cui l’intensa fratturazione del corpo carbonatico e l’esistenza di un vasto altopiano
sommitale con andamento sub-orizzontale. La presenza, infatti, di un altopiano
subpianeggiante, disposto a quote superiori ai 600 m s.l.m. favorisce tuttora la persistenza
del manto nevoso e l’istaurarsi di processi di crioclastismo e di termogelivazione
responsabili dell’aumento del grado di fratturazione e dei processi di dissoluzione chimica.
L’intensa carsificazione dei terreni carbonatici, influenza la circolazione idrica
superficiale e sotterranea, infatti la presenza di circuiti carsici sotterranei impostati lungo
linee di dissoluzione preferenziale favorisce il rapido deflusso delle acque lungo particolari
direttrici tettoniche.
Anche l'analisi dei processi e delle forme fluviali è di particolare interesse per lo studio
geologico-strutturale e idrogeologico delle Madonie, per tale motivo occorre precisare che:
§
la quasi totalità dei corsi d’acqua è di carattere torrentizio, ad eccezione del
F. Imera meridionale e settentrionale e della Fiumara di Pollina;
§
con esclusione dell’area endoreica di P.zo Carbonara, M. Ferro, M. Spina
Puci, caratterizzata dall'assenza di rete idrografica superficiale, l'area studiata mostra
un drenaggio molto sviluppato in corrispondenza di depositi argillosi;
§
il pattern assume una configurazione di tipo sub-parallelo e sub-angolare
qualora, come spesso accade, risente del controllo tettonico. L'analisi della rete
idrografica fornisce alcune informazioni su presunti allineamenti tettonici orientati EW (V.ne Faguara), NW-SE (T. Vicaretto) e NE-SW (V.ne Madonna degli Angeli),
confermate da diversi autori che si sono interessati dell’inquadramento tettonicostrutturale delle Madonie.
Inquadramento geologico
I Monti delle Madonie ricadono nel settore settentrionale della catena nord siciliana
(Fig. 3) e sono il risultato della sovrapposizione tettonica miocenica di vari corpi geologici
carbonatici, carbonatico-silicoclastici e terrigeni, d'età Trias sup. - Miocene inf., con
vergenza generalmente meridionale (Fig. 4).
Le falde tettoniche, che costituiscono il settore madonita della catena siciliana, hanno
raggiunto gli attuali rapporti reciproci fra l’inizio del Miocene e l’inizio del Pliocene.
5
Tali corpi derivano dalla deformazione di una successione bacinale pelagica e di
scarpata (Dominio Imerese Auct.), e di una successione di piattaforma carbonatica
(Dominio Panormide Auct) individuatesi durante le fasi distensive mesozoiche e coronate
da depositi terrigeni silicoclastici (Flysch Numidico Auct.).
Subordinati sono gli affioramenti, ridotti a placche isolate, dei depositi pelitici (Argille
Varicolori Auct.) e calcareo-marnosi (Fm. Polizzi e Tusa) del Dominio Sicilide Auct.
Fig. 4- Progressione delle deformazioni in Sicilia durante il Miocene-Pleistocene (da NIGRO & RENDA, 2000).
6
I maggiori rilievi risultano generalmente circondati da terreni di natura terrigena e
fluvio-deltizia (Fm. Cozzo Terravecchia Auct.) e subordinatamente da depositi ascrivibili
al ciclo evaporitico messiniano, ed ai “Trubi” pliocenici.
Nel Pliocene medio-sup., le ulteriori deformazioni dell’edificio tettonico sono
associate a sistemi di faglie transpressive, orientate NE-SW, che hanno determinato
l’estrusione dei corpi tettonici geometricamente più bassi nell’edificio strutturale,
producendo, inoltre, sistemi fuori sequenza retrovergenti. L’analisi strutturale dell’intero
edificio tettonico delle Madonie ha permesso di riconoscere una pila di unità tettoniche
sovrapposte, così disposte, dal basso verso l’alto:
§
Unità Imeresi (Unità Monte dei Cervi, Unità Monte Quacella)
§
Unità Panormidi (Unità Pizzo Dipilo-Pizzo Carbonara)
§
Unità Sicilidi, che sovrastano tettonicamente il Flysch Numidico che
costituisce le coperture terrigene di entrambe le unità precedentemente menzionate;
§
Depositi post-orogeni del Tortoniano superiore - Pliocene inferiore
(terrigeni, evaporitici e carbonatici), che ricoprono in discordanza la sottostante
struttura a falde.
L’interpretazione tettonica che viene data alle Madonie prevede che l’Unità Pizzo
Dipilo - Monte Mufara, solidale con copertura di Flysch a megabrecce, si sia messa in
posto sui terreni dell’adiacente Bacino Imerese, prima del Langhiano superiore.
Tra il Tortoniano superiore ed il Messiniano si ha la deposizione delle molasse della
Fm. Terravecchia e di altri depositi terrigeni di ambiente deltizio evolventi a facies neritica
e successivamente evaporitica. Una ripresa dei vecchi piani di accavallamento si verifica
successivamente alla deposizione dei “Trubi”, nel Pliocene medio, con il coinvolgimento
dei terreni del Miocene superiore e del Pliocene inferiore.
Nel Pliocene superiore - Pleistocene il sollevamento, iniziato nel Miocene superiore,
si accentua e la parte settentrionale di questo tratto di catena si smembra in blocchi lungo
linee tettoniche ad andamento NW-SE e NE-SW. La completa emersione dell’area in
esame si realizza alla fine del Pleistocene superiore.
7
Una fase tettonica traslativa pliocenica è stata recentemente segnalata (Abate et al.,
1991), interessando il versante meridionale delle Madonie (località Nociazzi) in cui si
osserva la sovrapposizione delle Unità numidiche sulle Unità Sicilidi e di entrambi sui
terreni tardorogeni del Miocene superiore e del Pliocene inferiore.
Le Figg. 5-11 mostrano le stratigrafie dei terreni affioranti nei Monti delle Madonie,
mentre le Figg. 12-13 mostrano alcune sezioni geologiche significative.
Fig. 5- Stratigrafia della Fm. Terravecchia (da GRASSO & JONES, 1995).
8
Fig. 6- Stratigrafie del Flysch Numidico nell’area delle Madonie (da PESCATORE et al. 1987).
9
Fig. 7- Stratigrafie del Flysch Numidico nell’area delle Madonie (da PESCATORE et al., 1987).
10
Fig. 8- Stratigrafie del Flysch Numidico nell’area delle Madonie (da PESCATORE et al. 1987).
11
Fig. 9- Stratigrafie dell’area delle Madonie e dei Sicani orientali (da BROQUET, 1968).
Fig. 10- Schema e sezione geologica dell’area di Cefalù (da NIGRO & RENDA, 2004).
12
Fig. 11- Stratigrafia sintetica delle Madonie orientali (da NIGRO & RENDA, 2004).
13
Fig. 12- Sezioni geologiche delle Madonie (da BROQUET, 1968).
Fig. 13- Sezioni geologiche delle Madonie (da BROQUET, 1968)
14
Inquadramento idrogeologico
L’area delle Madonie ha suscitato grandissimo interesse non solo dal punto di vista
stratigrafico e strutturale, ma anche dal punto di vista idrogeologico; infatti gli elevati
valori delle precipitazioni annue e le particolari strutture idrogeologiche esistenti rendono
questo settore il più importante serbatoio idrico della Sicilia centro settentrionale.
L’assetto tettonico del settore delle Madonie ha delle chiare implicazioni sulla
circolazione idrica all’interno delle strutture idrogeologiche, che ivi è possibile distinguere.
Alcuni Autori (Bartolomei et al., 1983; Cusimano, 1987; Cusimano et al., 1992;
Mangano et al., 1970) ritengono che le sorgenti ricadenti sul versante meridionale dell’U.I.
P.zo Dipilo – P.zo Carbonara costituiscano i recapiti di circuiti idrici più superficiali, legati
a singole strutture orografiche e che il gruppo sorgentizio della Rocca di Cefalù si debba
ricondurre ad un circuito più profondo.
I vari tipi litologici simili affioranti nel settore delle Madonie sono stati raggruppati in
complessi aventi nel loro insieme una comprovata unità spaziale e giaciturale, un tipo di
permeabilità prevalente ed un grado di permeabilità relativa che si mantiene in un campo di
variazione piuttosto ristretto. Nei confronti dell’infiltrazione e della circolazione idrica tali
complessi presentano un comportamento sostanzialmente identico.
I principali complessi idrogeologici individuati sono:
Complesso calcareo-marnoso e argilloso-arenaceo-calcareo (Fm. Mufara)
E’ rappresentato essenzialmente da argilliti e marne variegate con intercalati livelli
calcilutitici, calcisiltitici, calcarenitici e brecce dolomitiche, mentre nel settore di Cozzo
Rasolocollo (Contino, 2002), da argilliti, marne ed arenarie quarzoso-micacee, brecciole
calcaree e brecce calcaree organogene (Fm. Mufara Auct., Carnico). Tale complesso, nella
sua globalità, presenta un grado di permeabilità molto basso, che si riduce ulteriormente
quando si presenta intensamente tettonizzato. Inoltre nella porzione superficiale di
alterazione, per la presenza di materiale lapideo inglobato nella massa argillosa marnosa di
fondo, si può osservare una bassa permeabilità per porosità e talora in tale porzione è
ospitata una falda idrica a superficie piezometrica libera, alquanto effimera in quanto
legata alle condizioni stagionali. La Fm. Mufara, costituita da una fitta alternanza di livelli
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calcilutitici e/o calcisiltitici e di marne giallognole, affiorante nel settore sud-occidentale ed
orientale del Monte Mufara e della Quacella, ed a sud-est di Monte Ferro, rappresenta il
limite di permeabilità definito del sovrastante complesso calcareo-dolomitico, con
comportamento di impermeabile relativo, giustificato dalla presenza al contatto di una serie
di sorgenti allineate lungo l’elemento geometrico rappresentato dal limite di permeabilità.
La permeabilità, bassa, è compresa tra i 10-7 e i 10-9 m/s. La vulnerabilità è bassa e
praticamente trascurabile.
Complesso calcareo-dolomitico
In questo complesso sono stati raggruppati vari termini litologici con grado di
permeabilità similare che ne giustifica l’associazione. Trattasi di calcilutiti e calcareniti
della Fm. Scillato Auct. del Trias sup., delle brecce dolomitiche, doloruditi e doloareniti
della Fm. Fanusi Auct., del Lias inf. e dei grossi corpi carbonatici risedimentati
(essenzialmente calcareniti e calciruditi) della Fm. Crisanti Auct., nonché dalle dolomie e
brecce dolomitiche della Fm. Quacella. Esso, per le caratteristiche idrogeologiche
rappresenta uno dei principali acquiferi del territorio delle Madonie, come attesta la
presenza di alcune sorgenti di una certa rilevanza ubicate a sud-ovest di Monte Quacella.
Stratificazione indistinta o malvisibile presentano le dolomie e le brecce dolomitiche
vacuolari delle Fm. Quacella e Fanusi.
La fratturazione si sviluppa in più sistemi, generalmente il principale presenta un
andamento quasi perpendicolare al secondario ed anche se non è accompagnata da
fenomeni carsici particolarmente sviluppati, fa di questi termini degli eccellenti acquiferi
dotati di elevata permeabilità da 10-2 a 10-4 m/s. Uno scarso ruolo idrogeologico
presentano, di contro, le modeste intercalazioni di vulcaniti in seno alle radiolariti della
Fm. Crisanti.
La notevole esposizione, in affioramento, consente un’alimentazione di grande entità
che genera sorgenti d’elevata portata.
La vulnerabilità è da considerare da elevata ad alta, legata alla maggiore o minore
carsificazione dei calcari.
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La permeabilità prevalente è alta per fatturazione e localmente per porosità
allorquando tale complesso si presenta intensamente cataclasato e le forme carsiche sono
poco sviluppate se raffrontate al complesso idrogeologico precedente.
In questo complesso si localizzano le più cospicue falde idriche sotterranee del
territorio madonita e dagli stessi prendono alimentazione le grosse manifestazioni
sorgentizie (vedi gruppo sorgentizio di Scillato). Tale complesso affiora maggiormente nel
rilievo di Monte dei Cervi e più a sud nella Rocca di Sciara (o Montagna di Caltavuturo) e
nella Montagna di Sclafani Bagni, queste ultime due sede di circolazione idrotermale.
Quando il complesso si sovrappone tettonicamente alle sequenze argillose del Flysch
Numidico (C.da Faguara e P.lla Colla), si hanno diversi fronti di emergenza idrica dove
ricadono sorgenti di buona produttività: Faguara (∼14 l/s), Romito (∼11 l/s), e Faggio (<5
l/s).
Altre sorgenti per soglia sottoposta sono: Fra Paolo (∼9 l/s), Canalotto (∼9 l/s) e Canna
(∼10 l/s). Quest’ultima sorgente sembra sia alimentata da condotti carsici, come
testimonierebbe la presenza di alcuni inghiottitoi lungo il V.ne Canna e nella parte alta di
P.zo Canna. Quando sul complesso dolomitico seguono stratigraficamente le coperture
numidiche, questo è sede di una falda idrica confinata (come confermano i dati della
galleria di Fosso Canna).
Complesso prevalentemente calcareo
In tale complesso sono stati unificati i termini calcarei e calcareo-dolomitici, pertinenti
alle successioni derivanti dalla deformazione del dominio Piattaforma Panormide. Esso,
per le sue caratteristiche idrogeologiche, rappresenta il principale acquifero del territorio
delle Madonie e riveste un’importanza strategica ai fini di nuovi interventi per la ricerca e
quindi per l’incremento delle disponibilità idriche attuali.
Bisogna altresì ricordare che le strutture idrogeologiche che comprendono tale
complesso sono sviluppate verso nord sino alla Rocca di Cefalù.
Tale complesso appare ovunque discretamente stratificato ed intensamente fratturato e
carsificato.
La serie calcarea presenta una ricchezza di forme carsiche, fondamentalmente doline
ed inghiottitoi, sviluppate maggiormente nei rilievi di Pizzo Carbonara e di Pizzo Dipilo.
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Tale complesso si caratterizza per l’alto grado di permeabilità relativa per fessurazione
e carsismo epigeo ed ipogeo
(Agnesi et al., 1998) che permette forti aliquote di
infiltrazione efficace. La risorsa idrica sotterranea viene restituita gradualmente attraverso
un gran numero di sorgenti pedemontane, anche di buona portata, che assicurano notevoli
aliquote d’alimentazione alle principali sorgenti delle Madonie (come quelle site a sud di
Monte Ferro ed a nord di Pizzo Dipilo).
L’indice di carsificazione aumenta verso l’alto stratigrafico e di conseguenza il grado
di permeabilità è notevolmente crescente verso l’alto. Mediamente la permeabilità varia da
10-4 a 10-3 m/s.
Anche in questo complesso, la fratturazione si sviluppa in più sistemi, generalmente il
principale presenta un andamento quasi perpendicolare al secondario.
La vulnerabilità è da considerare molto elevata, ma la modesta antropizzazione delle
aree di alta quota
e la mancanza di centri di pericolo diffusi o puntuali la limitano
notevolmente.
Questo complesso assieme a quello calcareo dolomitico costituisce l’acquifero
principale dell’area madonita ed ospita una falda, in rete di frattura e condotti carsici.
Quando al complesso calcareo fa seguito la copertura terrigena impermeabile numidica, la
falda idrica risulta confinata ed è in comunicazione con la falda libera presente in
corrispondenza delle aree di ricarica.
Complesso calcareo marnoso e silico-marnoso
Sono raggruppati in tale complesso le sequenze di argilliti silicee, radiolariti e marne a
radiolari della Fm. Crisanti Auct., le calcilutiti e calcisiltiti con intercalati banchi di
biocalcareniti gradate (Fm. Caltavuturo Auct.), le calcilutiti, calcisiltiti e marne con liste di
selce (“Scaglia” Auct.) e le calcilutiti, calcareniti e marne della Fm. Polizzi Auct.
La permeabilità per fessurazione è bassa e questa aumenta localmente nelle successioni
calcarenitiche. Trattasi di terreni nei quali la porosità è quasi nulla, mentre la fessurazione,
in special modo per la Fm. Polizzi, è legata al grado di tettonizzazione, rilevante, anche se
spesso le diaclasi sono occluse da materiale siltoso-lutitico. La permeabilità è comunque
mediamente contenuta entro 10-5 a 10-7 m/s.
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Le radiolariti e le argilliti silicee quando sono particolarmente potenti, possono
rivestire un ruolo di impermeabile relativo per i sovrastanti complessi idrogeologici, dando
luogo ad alcune manifestazioni sorgentizie localizzate, lungo il limite di permeabilità
definito, costituito dalle stesse argilliti.
Nelle altre successioni descritte sopra, la presenza di livelli più marnosi favorisce
localmente l’instaurarsi di manifestazioni sorgentizie a carattere altamente stagionale.
Le sorgenti, legate ad affioramenti di modesta estensione, sono di scarsa portata.
Questi termini ricoprono, a volte, terreni a maggiore permeabilità contribuendo alla
loro alimentazione ed anche, parzialmente, alla loro protezione. La vulnerabilità va
considerata da media a bassa.
Complesso delle megabrecce carbonatiche meso-cenozoiche
Trattasi per lo più di megabrecce ed olistoliti calcarei in corpi lenticolari o stratiformi
con potenza estremamente variabile da pochi centimetri a diverse decine di metri ed
intercalati a vari livelli nelle successioni argillose del Flysch Numidico come, ad esempio,
nella galleria di Fosso Canna. La permeabilità è estremamente variabile per porosità e per
gli elementi di più grosse dimensioni talora si ha una circolazione idrica resa manifesta da
una serie di emergenze di portata irrisoria. Il maggiore sviluppo di tale complesso si ha nel
settore orientale di M. San Salvatore.
La porosità è quasi nulla, mentre la fessurazione è legata al loro grado di
tettonizzazione; la permeabilità varia da 10-7 a 10-8 m/s.
I modesti affioramenti generano piccole sorgenti di portata effimera. La vulnerabilità è
media, ma estremamente localizzata.
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Complesso argilloso arenaceo del Flysch Numidico
Nel complesso sono rappresentate le sequenze pelitico-arenacee del Flysch Numidico.
Trattasi, infatti, di arenarie con intercalazioni di argille e di arenarie conglomeratiche. La
permeabilità è essenzialmente per fessurazione in corrispondenza dei livelli arenacei. I
valori di permeabilità sono variabili in funzione dello stato di fratturazione dei banchi
arenacei. La prevalenza dei termini arenacei rispetto a quelli pelitici comporta una
circolazione idrica sotterranea che, seppure discontinua, è nell’insieme di un certo interesse
data la frequenza dei piani di fratturazione. Ciò è reso evidente da tutta una serie di piccole
manifestazioni sorgentizie che bordano, a diversa quota, i banconi arenacei sovrastanti
termini poco permeabili o in seno alla stessa successione dove si hanno intercalazioni
argillose di maggiore potenza. La permeabilità è compresa tra i 10-7 e i 10-9 m/s.
La vulnerabilità è bassa e praticamente trascurabile.
Complesso prevalentemente arenaceo
In tale complesso sono raggruppate le sequenze arenaceo conglomeratiche del Flysch
Numidico e quelle arenacee del Flysch di Reitano. Questo complesso presenta un certo
interesse idrogeologico locale nei settori dove maggiormente si sviluppa, in quanto il
numero delle manifestazioni sorgentizie è sempre legato all’estensione degli affioramenti
ed alla frequente presenza di banconi arenacei, generalmente molto fratturati. In
corrispondenza di quest’ultimi la permeabilità è generalmente discreta e può assumere, in
qualche caso, anche valori elevati. Le arenarie del Flysch di Reitano Auct. possono
presentare talora locali fenomeni di decementazione che comportano un certo grado di
permeabilità per porosità, ma questo comunque resta del tutto subordinato al grado di
permeabilità dovuto alla fratturazione.
La permeabilità è modesta per porosità, localmente più elevata per la presenza di
fessurazione diffusa; i valori medi sono prossimi a 10-6 m/s.
Per la presenza di insediamenti antropici, la vulnerabilità, generalmente bassa per
questi acquiferi è da considerare media. Tale complesso ospita esigue falde idriche
discontinue in rete di frattura. Le sorgenti più significative sono: Camparelle, (∼8 l/s),
Centomasi (∼8 l/s), Piano Lana.
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Complesso prevalentemente argilloso-marnoso
In questo complesso sono riunite, per evidenti affinità litologiche, oltre che
idrogeologiche, le numerose formazioni pertinenti alle Unità Sicilidi e quelle oligomioceniche. Infatti, in tale complesso sono rappresentate: le argille serravalliane-tortoniane
(Pre-Terravecchia Auct.), le marne e le argille sabbiose del Tortoniano (Fm. Terravecchia
Auct.), le argille sottilmente stratificate, siltiti e arenarie del Flysch Numidico (facies
pelitica), le Argille Varicolori Auct., frequentemente tettonizzate, talora caotiche, ed
inglobanti una frazione lapidea più o meno abbondante, le alternanze dei livelli arenacei e
argilloso-marnosi delle vulcanoclastiti di Tusa (Fm. di Tusa o “Tufiti di Tusa” Auct.), e
quelle argilloso-marnose e calcarenitiche e calcisiltitiche della Fm. Gratteri Auct. Questi
vari termini compositi svolgono la funzione di impermeabile relativo rispetto tutti gli altri
complessi idrogeologici del settore delle Madonie.
Infatti, il ruolo idrogeologico di questi termini è da ritenere inesistente non essendoci
nelle aree del loro affioramento delle vere falde idriche a cui essi potrebbero fare da limite
di permeabilità definito o da strato confinante.
Caratteristiche leggermente diverse presenta il Flysch Numidico nella sua facies
pelitica a causa della giacitura dei livelli arenacei inglobati nelle argilliti, talora
intensamente tettonizzate. Le caratteristiche di permeabilità relativa del complesso in
oggetto sono molto variabili da livello a livello e da zona a zona ma in ogni caso essa
rimane notevolmente bassa. La permeabilità è, quindi, da bassa a bassissima con valori
compresi tra 10-8 a 10-10 m/s.
Tali successioni, in special modo per il Flysch Numidico pelitico, per il loro assetto
geometrico e per i ripetuti accavallamenti tettonici, possono raggiungere spessori anche di
migliaia di metri.
Modeste falde idriche, localizzate nelle ridotte coltri d’alterazione di tali successioni
terrigene, sono captate da pozzi di grande diametro e di modesta profondità (3-6 m) o
talora alimentano sorgenti quasi sempre temporanee.
La vulnerabilità è praticamente nulla, salvo in situazioni localizzate, per la presenza di
piccole sorgenti o pozzi.
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Complesso conglomeratico
Conglomerati poligenici per lo più ciottolosi, più o meno cementati, con clasti
prevalentemente carbonatici e/o arenacei e matrice sabbiosa, si rilevano nel settore
meridionale ed occidentale delle Madonie. Tali conglomerati presentano, di solito,
giacitura massiva o mal stratificata con livelli e lenti sabbiosi, talora sabbioso-argillosi
specialmente alla base. Lo spessore è estremamente variabile ed il complesso mostra una
permeabilità da discreta a buona per porosità, regolata dalla presenza o meno di una
matrice argillosa e talora, per i livelli più cementati, da una permeabilità per fessurazione
in funzione della presenza o meno di materiali siltitici o lutitici che ne condizionino
l’occlusione. Tutto ciò permette l’alimentazione di un certo numero di sorgenti la cui
portata è generalmente modesta, eccezionalmente di circa 10 l/s, ma con poca variabilità,
ed è funzione prevalentemente della limitata estensione degli affioramenti del suddetto
complesso, il quale quasi sempre è sostenuto da terreni a permeabilità più bassa (argillosi),
che delimitano nettamente l’acquifero costituendo un limite di permeabilità definito. La
permeabilità generalmente è da media a bassa e compresa tra 10-5 a 10-6 m/s. Le lenti
argilloso-siltose,
riscontrabili
a
diverse
altezze
stratigrafiche,
negli
orizzonti
conglomeratici, costituiscono dei limiti di permeabilità indefiniti responsabili, della
formazione di falde idriche sospese o localmente confinate.
La vulnerabilità va considerata da media a bassa con condizioni locali di maggiore
sensibilità a situazioni d’inquinamento puntuale.
Complesso calcareo gessoso-marnoso
Vengono rappresentati in tale complesso tutti i termini pertinenti alla serie evaporitica
e quelli marnosi e marnoso-calcarei dei “Trubi” Auct. del Pliocene inf., molto più
sviluppati nel settore meridionale delle Madonie. Fondamentalmente in tale complesso
sono raggruppati: marne e marne calcaree (“Trubi”), gessareniti alternate a banchi di gesso
macrocristallino con intercalazioni argillose, calcareniti e calcari organogeni biolititi a
Porites (Fm. Baucina Auct.). Le permeabilità relative variano in funzione dello stato fisico,
come ad esempio lo stato di dissoluzione carsica dei gessi. In relazione allo stadio fisico
dei vari litotipi si può assegnare una permeabilità variabile da media a bassa per porosità e
subordinatamente per fessurazione. Intercalazioni impermeabili quali argille gessose,
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interrompono localmente la circolazione all’interno del complesso, il quale si presenta
alquanto smembrato e dislocato per cui viene a mancare spesso la continuità idraulica fra i
rilievi che costituiscono il paesaggio tipico dei settori meridionali dell’area. I rilievi in
questione costituiscono quindi dei singoli serbatoi idrici, anche di piccole dimensioni, che
in particolari rapporti di giacitura con gli impermeabili regionali, danno luogo a
modestissime manifestazioni sorgentizie, generalmente per soglia di permeabilità
sottoposta.
Le acque che tale complesso racchiude sono in parte altamente mineralizzate, ed in
genere più o meno scadenti e quindi non utilizzabili per scopi idropotabili.
Gli affioramenti dei “Calcari a Porites” della Fm. Baucina, dei termini messiniani e
dei soprastanti “Trubi” pliocenici sono limitati a plaghe discontinue presenti a monte di
Campofelice di Roccella, a Sud di Caltavuturo, a Sud ed a Sud-Est di Polizzi, ad Est e
Sud-Est di Petralia ed a Monte Corvo, mentre corpi lenticolari di fanglomerati messiniani
affiorano nei dintorni di Nociazzi ad Ovest di Petralia Sottana.
La permeabilità è bassa per porosità, mentre acquista una certa rilevanza laddove la
fessurazione dei calcari e/o dei gessi è più accentuata ed è comunque compresa tra 10-4 e
10-7 m/s.
La copertura costituita da marne e calcari marnosi bianchi a globigerinidi (“Trubi”),
dove presente, isola totalmente o parzialmente gli acquiferi sottostanti.
Le modeste estensioni di tali complessi giustificano l’esistenza di piccole sorgenti con
portate che raramente superano 1 l/s.
I calcari ed i gessi sono stati coltivati, in passato, con piccole cave oggi quasi
totalmente abbandonate.
Negli affioramenti prospicienti la linea di costa settentrionale, in discordanza sui
“Trubi”, sono presenti depositi marini terrazzati prevalentemente ghiaioso-sabbiosi, di
modesto spessore, massimo 3 ÷ 4 m, il cui ruolo è paragonabile a quello del complesso
alluvionale descritto precedentemente.
La vulnerabilità del complesso evaporitico va considerata da media a bassa; più
rilevante ove in affioramento sono presenti i gessi e/o calcari, minore o quasi trascurabile
laddove i “Trubi” mascherano i sottostanti termini evaporitici.
23
Complesso alluvionale e depositi litorali
Il complesso alluvionale, affiorante nei fondovalle e lungo le foci, si presenta in corpi
lenticolari costituiti da materiali poligenici, da grossolani a fini. La presenza ripetuta di
corpi lenticolari siltoso argillosi, più frequenti nei tratti fluviali a bassa inclinazione e verso
la costa, determina nel complesso la separazione di livelli a diversa permeabi1ità e
potenza. La presenza di livelli a diverso grado di permeabilità permette, quindi, di definire
tale complesso multifalda, in quanto la falda ospitata in tali materiali è irregolarmente
suddivisa in una serie di corpi idrici sovrapposti la cui quota piezometrica è alquanto
variabile.
La permeabilità può variare da 10-4 a 10-7 m/s.
Nei depositi alluvionali dei fiumi Imera e Pollina, che limitano ad ovest ed est l’area
madonita, è possibile riconoscere materiali derivanti dall’azione erosiva dei corsi d’acqua,
rappresentativi di tutte le litofacies affioranti nel complesso delle Madonie, trasportati e
depositati nelle zone depresse delle aree prossime alla costa.
Non si hanno pianure alluvionali, fatta eccezione per quelle dei tratti finali dell’Imera e
del Pollina.
Lo spessore del materiale alluvionale in tali tratti finali è più potente (in genere intorno
ai 40-50 m, al massimo 50-60 m, in prossimità delle confluenze laterali), dato che si
desume dalla presenza di numerosi pozzi idrici scavati per lo più nei paleoalvei dei fiumi
in questione e che si spingono sino a tali profondità. L’incisione operata da questi fiumi su
queste alluvioni ha portato alla formazione di terrazzi fluviali, come nel caso dell’Imera
dove è possibile osservare il successivo alternarsi di livelli sabbiosi, argillosi e ciottolosi
che testimoniano il ripetersi di fenomeni di piena e di magra.
Da quanto detto per il complesso alluvionale i terreni permeabili ed impermeabili per
porosità si succedono nel materasso alluvionale alquanto irregolarmente e ciò è dovuto ai
fenomeni di trasporto dei corsi d’acqua. Ne consegue che la produttività idrica di tale
complesso è alquanto variabile da punto a punto.
I depositi litorali si estendono largamente lungo i tratti di costa, con maggiore
frequenza in prossimità delle foci dei fiumi Imera e Pollina. In questi tratti si sviluppano
ampie fasce di terreni sabbiosi di origine fluviale rielaborati dal mare, talora con
disposizione in cordoni successivi e paralleli alla costa. Prevalgono sabbie fini, con alcune
24
presenze di frazioni molto fini o anche episodi di origine palustre che abbassano di molto
la permeabilità per porosità, ostacolando in tal modo l’ingresso dell’acqua marina verso
l’interno.
II substrato è costituito da:
§
argille e marne varicolori numidiche e serravalliano-tortoniane (PreTerravecchia Auct., ecc.) lungo l’alveo del Fiume Imera Settentrionale, salvo il
tratto mediano laddove affiorano i conglomerati tortoniani (Fm. Terravecchia);
§
argille e marne con rare intercalazioni arenacee (facies pelitica del Flysch
Numidico) lungo l’alveo del Torrente Pollina e del suo affluente il Torrente
Castelbuono;
§
argille ed alternanze arenaceo-conglomeratiche della Fm. Terravecchia,
“Trubi” e depositi marini terrazzati presenti lungo la costa, ad Ovest di Cefalù
sino all’alveo del Fiume Imera;
L’alimentazione del complesso alluvionale è dipendente dalle dimensioni del bacino di
dominio o dalla presenza di acquiferi con cui risulta in contatto idraulico.
Le conoidi alluvionali sono presenti lungo il corso dell’Imera settentrionale ed allo
sbocco dei corsi d’acqua minori che ritagliano i depositi fluvio-marini terrazzati.
Lo sfruttamento del complesso alluvionale si realizza tramite pozzi, per lo più a largo
diametro (i più antichi), e da perforazioni realizzate nell’ultimo cinquantennio, più
frequenti nelle zone terminali dei corsi d’acqua e lungo la fascia costiera (dalla foce del
Fiume Imera settentrionale fino alla foce del Torrente Piletto, ad Est).
La vulnerabilità degli acquiferi costituiti dalle alluvioni è alta, oltre che per la notevole
permeabilità media, anche per le condizioni di sfruttamento antropico cui sono sottoposte,
specie nei fondovalle e lungo la costa. La viabilità frequente, i numerosi insediamenti, da
piccole a medie dimensioni, le coltivazioni agricole specializzate, irrigue, con uso di
prodotti chimici di vario tipo, l’esistenza di cave di materiali inerti e di discariche
incontrollate, anche di piccole o minime dimensioni, come gli accumuli di carcasse d’auto,
lo scorrere di acque inquinate provenienti dai centri urbani, presenti nel tratto montano dei
bacini di dominio e, comunque, la bassa profondità dei livelli piezometrici, a volte quasi
affioranti, rendono notevole il rischio d’inquinamento, sia puntuale che diffuso.
25
Detrito di falda e coperture eluvio-colluviali
Lungo i fianchi dei principali rilievi carbonatici ed al piede delle potenti bancate
quarzarenitiche del Flysch Numidico sono presenti materiali detritici e talvolta prodotti
eluviali e depositi colluviali. I materiali detritici sono costituiti essenzialmente da clasti
eterometrici, anche di grandi dimensioni. Talora sono presenti sottili lenti di materiale
derivato dal dilavamento di suoli. La base d’appoggio è in genere fortemente inclinata
verso valle. La permeabilità risulta generalmente medio-bassa, da 10-5 a 10-7 m/s ed il
drenaggio è molto rapido. L’alimentazione superficiale è solo quella diretta, salvo il
travaso dagli acquiferi con cui è in contatto; l’esaurimento avviene in tempi brevi; lo
spessore in genere non supera i 30 - 40 m. Se questi poggiano su terreni permeabili,
determinano un più lento deflusso sotterraneo verso gli acquiferi sottostanti.
In genere il loro grado di cementazione è basso, talora nel loro spessore si rinvengono
lembi a terre rosse residuali o prodotti di dilavamento dei rilievi che complessivamente
determinano una marcata diminuzione della permeabilità per porosità. Ancora possono
riscontrarsi valori più bassi se i detriti di falda provengono dalle fitte alternanze di arenarie
e argille.
Il ruolo idrogeologico è quello di drenare e di distribuire in profondità le acque di
infiltrazione e quelle drenate dai rilievi a cui sono addossati.
I depositi detritici presentano una permeabilità media anche superiore a quella delle
alluvioni, ma la loro posizione e disposizione morfologica, la rarità della viabilità, la quasi
totale mancanza d’insediamenti residenziali od occasionali, l’assenza di coltivazioni
particolari, salvo qualche modesto pascolo, rendono il rischio d’inquinamento di questi
termini piuttosto modesto. Le più estese presenze di questi depositi sono localizzate:
§
a Nord e ad Ovest di Monte Castellaro;
§
a Sud ed ad Est del Monte dei Cervi;
§
ad Ovest ed a Nord-Ovest di Pizzo Carbonara; ove i detriti sono di origine
prevalentemente carbonatica.
26
Minori affioramenti si hanno sui terreni numidici a Sud di Cefalù ed a Sud di
Castelbuono; si tratta di detriti prevalentemente sabbioso-siltosi dovuti al disfacimento dei
banchi arenacei.
Schema idrogeologico
Per struttura idrogeologica si intende, generalmente, un “dominio dotato di una
comprovata unità litostratigrafica, strutturale e morfologica, all’interno del quale esistono,
a grande scala, condizioni idrogeologiche piuttosto omogenee”. I rapporti fra le varie
strutture idrogeologiche individuate nelle Madonie sono stati sintetizzate nello schema
idrogeologico di Fig.14 (Aureli et al., 2001).
All’interno del bacino idrogeologico delle Madonie, è possibile distinguere quattro
strutture idrogeologiche autonome.
Tali strutture idrogeologiche sono:
§
Unità idrogeologica Monte dei Cervi,
§
Unità idrogeologica di M.Quacella,
§
Unità idrogeologica Pizzo Carbonara-Pizzo Dipilo,
§
Unità idrogeologica Pizzo Catarineci.
Le prime due unità idrogeologiche sono costituite da una successione litostratigrafia
afferente al dominio Imerese, la terza è formata da unità litostratigrafiche del dominio
Panormide, e la quarta da sequenze arenaceo conglomeratiche del Flysch Numidico.
27
Fig. 14 - Schema idrogeologiche delle Madonie (da AURELI et al.,2001).
28
Unità idrogeologica Monte dei Cervi: (codice corpo idrico: R19MDCS01)
E’ costituita da un’ossatura calcarea dolomitica e calcareo-silico-marnosa. All’interno
del rilievo sono riconoscibili vari termini argilloso-arenacei attribuibili al Flysch Numidico
(facies pelitica) che sembrano sigillare l’idrostruttura. Questa può essere considerata una
grande struttura anticlinalica allungata in senso nord-sud con immersione di strato
prevalenti verso sud e sud-est. Inoltre, tale idrostruttura risulta interessata da una fitta
maglia di faglie dirette di direzione NE-SW e da un’altra, quasi ortogonale a questa, con
direzione NW-SE.
Prospezioni geofisiche, per lo più eseguite lungo le fasce pedemontane o poco lontano
dalla struttura, hanno messo in evidenza, al di sotto delle coperture plastiche
prevalentemente
afferibili
al
Flysch
Numidico,
strutture
carbonatiche
che
si
approfondiscono verso NW e NE.
Considerata la bassa permeabilità dei terreni che vengono a contatto con le rocce
carbonatiche ai bordi o nelle depressioni tra strutture, appaiono evidenti in generale, le
condizioni di tamponamento esistenti all’intorno della struttura (soglie di permeabilità).
Accanto a queste condizioni, nelle serie idrogeologiche esistono altresì dei limiti di
permeabilità definiti, coincidenti con il contatto fra le calcareniti e calciruditi e brecce
risedimentate della Fm. Crisanti e le argilliti silicee e radiolariti della stessa formazione.
La distribuzione e l’entità delle manifestazioni sorgentizie più importanti sembrano
indicare che la direzione preferenziale del flusso delle acque sotterranee è verso SW e NW,
rispettivamente verso il gruppo sorgentizio di Scillato (circa 400 m s.l.m., la portata
variabile da 450 a 550 l/s dai dati dello STIR relativi al 2002) e verso le sorgenti di
Collesano (sorgente Favara di Collesano: quota circa 380 m s.l.m., la portata variabile da 7
a 17 l/s dai dati dello STIR relativi al 2002), la cui localizzazione è in accordo con
l’andamento plano-altimetrico della soglia di permeabilità.
Unità idrogeologiche di secondo ordine si hanno a SW di Monte dei Cervi e
precisamente la Rocca di Sciara, Cozzo Ebreo e la Montagna di Sclafani.
La Rocca di Sciara è delimitata da un sistema principale di faglie dirette avente
direzione NE – SW, ruotante sino ad E-W e da un secondo sistema di direzione NW-SE.
La struttura infine è delimitata da una faglia inversa di direzione NE-SW che ruota sino ad
29
E-W. Gli strati presentano una direzione generale NE-SW ed immersioni SE con pendenze
medie di 30°.
La Montagna di Sclafani si presenta con una forma a cuneo delimitato a sud da una
faglia inversa di direzione E-W. La struttura è inoltre delimitata da faglie dirette aventi il
medesimo andamento della struttura della Rocca di Sciara.
Dall’Unità
idrogeologica
Montagna
di
Sclafani
scaturiscono
delle
sorgenti
termominerali. Secondo Schmidt di Friedberg (1966), il grado di mineralizzazione di tali
sorgenti sarebbe legato alla risalita di acque profonde ad elevata salinità legate al grande
serbatoio individuato dai pozzi per ricerche petrolifere Avanella I e Colla I. Il valore del
d18O (- 4.34) di dette acque indicherebbe, secondo questo autore, la possibilità di scambi
isotopici con la roccia serbatoio, ipotesi che contrasta col calcolo delle temperature
profonde col geotermometro SiO 2 (circa 50° C). Invece, secondo Alaimo et al., 1987 il
geotermometro Na-K-Ca indicherebbe temperature in profondità dell’ordine di 250 °C. Il
movimento dei fluidi avverrebbe dalle posizioni di alto degli affioramenti verso le zone
depresse, che nel settore considerato costituiscono il cosiddetto “graben di Cerda”. Tale
flusso idrico sotterraneo interesserebbe poi anche le idrostrutture minori quali la Montagna
di Sclafani, Cozzo Rosso-Ebreo e la Rocca di Sciara (dove si hanno manifestazioni termali
a bassa entalpia in contrada Fuci).
30
Unità idrogeologica Monte Quacella: (codice corpo idrico: R19MDCS02)
Questa unità deriva dalla deformazione di una zona di raccordo fra la Piattaforma
carbonatica Panormide ed il Bacino Imerese, costituiti da depositi carbonatici mesozoici
ripetutamente scagliati che sono ricoperti dalle sequenze scollate del Flysch Numidico. La
successione stratigrafica, è costituita dai depositi della Fm. Mufara, seguiti verso l’alto da
depositi di scarpata rappresentati da brecce dolomitiche infraliassiche (Fm. Fanusi). A
luoghi, queste dolomie sono ricoperte da sottili livelli di radiolariti (Fm. Crisanti) e/o
“scaglia rossa” (Fm. Caltavuturo) contenente megabrecce ad elementi di piattaforma
carbonatica. In discordanza su tutti i terreni precedenti si rinviene una successione
caratteristica costituita da livelli argillosi arenacei del Flysch Numidico con frequenti
intercalazioni di megabrecce calcaree dell’Oligocene sup. - Aquitaniano.
Verso l’alto sul Flysch Numidico a megabrecce seguono livelli di argilliti e
quarzareniti del Flysch Numidico s.s..
Spesso la copertura numidica (Flysch Numidico) si presenta scollato dal substrato e a
sua volta ripetutamente scagliata. Talvolta, il Flysch Numidico si interpone fra i corpi
tettonici di dimensioni maggiori costituiti da successioni carbonatiche meso-cenozoiche.
Un esempio tipico è la sovrapposizione tettonica osservabile da Pomiere, dove l’anticlinale
di rampa di Fosso Canna (dolomie Fanusi) giace sulle successioni numidiche secondo un
piano di faglia inversa ad alto angolo.
Inoltre i dati litostratigrafici rilevati nella galleria di derivazione di Fosso Canna hanno
evidenziato diversi contatti anomali interpretabili come una serie di corpi diversamente
scagliati, sovrascorsi in parte dalla copertura terrigena numidica e probabile prosecuzione
delle superfici di thrusts affioranti in superficie.
La genesi delle numerose sorgenti è da imputare quindi all’assetto tettonico che si
realizza in tale settore (per lo più sorgenti per soglia di permeabilità). La circolazione
idrica nel sottosuolo è condizionata, oltre che dalla fitta rete di fratture e fessure e dalle
molteplici forme carsiche, anche dagli allineamenti tettonici.
I rapporti tettonici individuabili in questo complicato settore madonita permettono di
ricostruire i probabili circuiti idrici e la loro direzione di deflusso sotterraneo e giustificare
inoltre le acque drenate all’interno della galleria di derivazione di Fosso Canna.
31
I dati litostratigrafici rilevati in galleria permettono di riconoscere al di sotto della
copertura numidica dei contatti anomali legati alla tettonica compressiva. Questo assetto
strutturale favorirebbe, inoltre, il collegamento idraulico delle successioni dolomitiche di
Pizzo Canna con le dolomie intercettate in galleria, ma anche fra queste ultime e le
dolomie di Monte Quacella e di Pizzo dell’Inferno. Le venute idriche in galleria si
localizzano in corrispondenza non solo delle dolomie ma anche dei livelli quarzarenitici e
carbonatici inclusi nel Flysch Numidico (portata complessiva variabile fra i 10 e 20 l/s). La
natura geochimica di queste acque (composizione prevalentemente carbonatica) fa
supporre inoltre l’esistenza di rapporti idraulici laterali che permettano travasi idrici dalle
dolomie di Monte Quacella e di Pizzo Canna.
Da questa idrostruttura sgorgano diverse sorgenti, alcune delle quali captate
dall’Acquedotto Madonie Est (sorgenti Margi, Margi Soprano, Margi Menta, Gisa,
Galleria Cella, Faguara, Romito, Fra Paolo ed altre) che alimenta i comuni di Caltanissetta,
Enna e centri minori. La disponibilità di tale acquedotto dovrebbe essere integrata con le
acque dell’invaso di Blufi. Altre sorgenti quali Pietà, Urrà, Sorgitore e Grotticelli sono
gestite dall’EAS, dal Consorzio di Bonifica Palermo 2 e dai Comuni di Caltavuturo e
Sclafani Bagni.
La distribuzione e l’entità delle manifestazioni sorgentizie più importanti sembrano
indicare che la direzione preferenziale del flusso delle acque sotterranee sia verso SW, SE
e NE, rispettivamente verso il gruppo sorgentizio di Pietà, Urra, Sorgitore e Grotticelli
(portata media circa 100 l/s), verso le sorgenti Caterratti e verso le sorgenti Faguara,
Romito, Fra Paolo e Canna.
Unità
idrogeologica Pizzo Carbonara-Pizzo Dipilo: (codice corpo idrico:
R19MDCS03)
L’Unità idrogeologica di Pizzo Carbonara - Pizzo Dipilo, è costituita da depositi
prevalentemente carbonatici del corpo centrale della Piattaforma Carbonatica Panormide
che si sviluppano a partire dal Norico.
Nella prima successione stratigrafica, si succedono: marne, calcilutiti a radiolari,
calcareniti risedimentati, brecce dolomitizzate (Fm. Mufara) di età norica, nelle quali
proseguono le facies di piattaforma carbonatica e di scogliera del Norico, seguite, con una
32
grossa lacuna, da terreni in facies di retroscogliera e di complesso di scogliera del Giura
sup. - Cretaceo inf. e medio e da calcilutiti a foraminiferi planctonici (“Scaglia”) del
Cretacico superiore. In discordanza sui depositi giura-cretacei, si ritrovano sedimenti di
scarpata costituiti di argilliti, marne e biocalcareniti risedimentate a grossi foraminiferi,
alghe e molluschi, ecc. (Fm. Gratteri) di età Eocene sup. - Oligocene, a loro volta seguiti
da argilliti arenacee e quarzareniti (Flysch Numidico).
L’assetto tettonico è caratterizzato dall’accavallamento di tale unità sulla già
menzionata Unità di Monte dei Cervi. E’ possibile osservare tale accavallamento tettonico
lungo i fianchi occidentali di Monte Mufara. Qui si realizza il contatto tra i calcari
permeabili panormidi ed i livelli impermeabili del Flysch Numidico che costituiscono la
copertura dell’Unità Monte dei Cervi, isolandola idrogeologicamente
Le strutture di Pizzo Dipilo e di Pizzo Carbonara presentano un andamento
monoclinalico con strati immergenti verso N-E e N-W e sono interessate da un sistema di
faglie con direzione prevalente NE-SW.
L’U.I. P.zo Carbonara-P.zo Dipilo rappresenta nel settore delle Madonie la struttura
geologica più idonea a favorire un certo accumulo idrico, non solo perché è essenzialmente
costituita da calcari intensamente carsificati e fratturati, ma anche perché è limitata
lateralmente da terreni impermeabili (argille ed arenarie del Flysch Numidico). Prospezioni
elettriche metterebbero in evidenza una continuità nel sottosuolo del serbatoio idrico sino a
collegarsi con la struttura affiorante della Rocca di Cefalù (Coltro & Ferrara, 1980,
Mangano et al., 1970), punto terminale di maggiore scarico della falda idrica (Fig. 15,
sorgenti della Rocca), recapito in parte sottomarino, in quanto molti collettori carsici sono
semisommersi o in contatto con il mare (Cassinis, 1967, Dagh Watson, 1982).
33
Fig. 15- Transetti lungo la costa cefaludese realizzati per lo studio dello scarico idrico a mare (da Dagh Watsono, 1982,
modificato).
Ancora, numerosi gruppi sorgentizi di un certo interesse si rinvengono pure nel settore
meridionale di Monte Mufara, dove il deflusso delle acque sotterranee è chiaramente
condizionato dall’affioramento a quota elevata del piano di sovrascorrimento.
Pizzo Dipilo presenta anch’essa uno scarico generalizzato delle acque sotterranee
verso N e NE, ma l’entità ed il numero delle manifestazioni sorgentizie sono più scarse
(Tribuna > 7 l/s, Capo d’Acqua 3.5 l/s).
34
Unità idrogeologica Pizzo Catarineci: (codice corpo idrico: R19MDCS04)
Questa unità idrogeologica è costituito da successione di argilliti siltose e quarzareniti
(facies arenacea del Flysch Numidico) con intercalazioni lenticolari più o meno potenti di
arenarie e/o conglomerati quarzosi. Alla sommità, in alcuni siti, la successione numidica è
coronata da un corpo discordante di argille siltose con rare intercalazioni quarzarenitiche
(facies pelitico-arenacea). Tettonicamente è costituita da una struttura blandamente
sinclinalica ripetutamente scagliata. Si tratta di un acquifero multifalda con falde idriche
sospese, che hanno sede nelle intercalazioni arenaceo conglomeratiche. L’acquifero
presenta un evidente interesse idrogeologico locale nei settori dove è maggiore il numero
delle manifestazioni sorgentizie. La permeabilità è generalmente discreta e può assumere,
in qualche caso, anche valori medi alti (fino a 10-5 m/s), anche se, a grande scala, la
permeabilità si stima tra 10-6 e 10-7 m/s. La potenza massima dell’acquifero è di circa 300
m. Il complesso acquifero riposa sui termini pelitici del Flysch Numidico, da considerare
praticamente impermeabili (10-9 m/s).
Il grado di vulnerabilità è da molto basso a medio negli orizzonti più fratturati.
Il flusso sotterraneo, attorno 40 l/s, si dirige verso S e SE, e si manifesta nelle sorgenti
delle pendici meridionali ed orientali di Pizzo Catarineci, alcune delle quali ancor oggi
captate per uso idropotabile (la sorgente Montagna che alimenta il comune di Geraci
Siculo), altre un tempo dotate di maggiori portate ed ormai esaurite (ad es. Sconchipani che
era utilizzata per l’approvvigionamento idrico di Petralia Sottana). Inoltre, nel corpo idrico
ricade la sorgente Pietra Giordano che viene captata ed imbottigliata con la denominazione
“Acqua Geraci”, e la sorgente Sambuco, che serve il comune di Gangi.
Non si ha notizia della esistenza di pozzi.
35
Caratterizzazione geochimica
Rispetto al censimento dei punti d’acqua reperiti nei vari studi consultati, sono
stati scelti 17 siti che fossero rappresentativi dei 4 corpi idrici significativi
preliminarmente individuati.
Per ogni sito di misura sono state condotte le misure, sia sul campo che in
laboratorio, relative ai parametri di base preveste dalla.tab. 19 del D. Lgs.152/99.
Le temperature delle varie sorgenti sono correlate con la quota di emergenza e
quindi con il relativo bacino di alimentazione, infatti le sorgenti Cateratti e
Faguara, che affiorano intorno ai 1400 m di quota, hanno le temperature più basse.
Nel caso di Favara di Collesano si riscontra una temperatura più elevata
rispetto a quella che le compete in relazione alla sua quota di emergenza, tale
anomalia è probabilmente legata a deboli fenomeni di termalismo, non a caso
l’acquifero connesso a questa sorgente è ubicato in corrispondenza di uno dei
principali lineamenti tettonici dell’area.
Sia la conducibilità che il pH mostrano valori compatibili con acquiferi
carbonatici, fanno eccezione:
-
la sorgente di Presidiana, che affiora, al livello del mare, alla base della
Rocca di Cefalù. Questa posizione, anche in virtù del suo sistema di
alimentazione, comporta una debole contaminazione marina, che, sulla base
della composizione chimica ed isotopica è stata stimata intorno al 4-6 %.
-
la sorgente di Piano Lana che afferisce all’acquifero quarzarenitico di
Monte Catarineci, a bassissima salinità.
36
Cl + SO4
50
50
25
0
0
25
25
Ca + Mg
Na + K
Monte dei Cerci
Monte Quacella
Pizzo Carbonar-Pizzo Dipilo
Pizzo Catarineci
Acqua di mare
50
0
0
25
50
HCO3 + CO3
Diagramma classificativo Langelier-Ludwig per il bacino idrogeologico delle Madonie.
Nel diagramma di Langelier-Ludwig la maggioranza dei campioni risultano
essere del tipo bicarbonato-alcalino terroso, caratterizzata da un pH variabile
intorno a 7.5 e conducibilità comprese in un range tra 270 - 540 µS/cm. Questi
campioni rappresentano uno dei termini di riferimento nel panorama geochimico
delle Madonie a cui sono riconducibili tre dei corpi idrici significativi
preliminarmente individuati (Monte Carbonara-Pizzo Dipilo,
Monte dei Cervi,
Monte Quacella).
L’altro termine è rappresentato dalla sorgente di Piano Lana, ubicata a quota
elevata sulle pendici di Monte Catarineci, il cui acquifero è impostato nella
porzione quarzarenitica del Flysch Numidico. La composizione chimica di
quest’acqua ricade nel quadrante delle clorurato-solfato-alcalino terrose, con la
particolarità di avere un basso contenuto salino.
Esistono poi tutta una serie di termini di mescolamento, sempre con una
marcata prevalenza carbonatica, che ricadono all’interno del quadrante delle
bicarbonato-alcalino terrose. Un esempio abbastanza eloquente è dato dalla
sorgente Favara di Collesano.
Fortemente anomala è la sorgente di Presidiana che ricade nel quadrante delle
acque clorurato-solfato-alcaline. Questa caratterizzazione è dovuta ad una
37
contaminazione marina, che, su basi sia chimiche che isotopiche, è stata stimata
intorno al 4-6 %.
Questo tipo di contaminazione compromette l’utilizzabilità di quest’acqua per
scopi idropotabili. Attualmente, per utilizzarla, viene miscelata con acque a basso
contenuto salino, come le acque della sorgente di Scillato.
Nei diagrammi triangolari, relativi alle concentrazioni delle principali specie
cationiche ed anioniche misurate, il rapporto calcio/magnesio permette di
differenziare le emergenze idriche riferibili ad acquiferi prettamente calcarei da
quelli dolomitici. Al primo gruppo appartengono sorgenti quali Favara di Isnello e
San Giorgio, che insistono su terreni costituiti dai termini più marcatamente
calcarei della Piattaforma Panormide, alle quali si contrappongono emergenze
quali Faguara, Canna e Cataratti, caratterizzate da un rapporto Ca/Mg riferibile ad
acquiferi più dolomitici (Dolomie di M.Mufara).
Na++K+
Pizzo Carbonara-Pizzo Dipilo
Monte dei Cervi
Monte Quacella
Pizzo Catarineci
Acqua di mare
Ca++
Mg++
Diagramma ternario Ca-Mg-Na+K per il bacino idrogeologico delle Madonie.
38
SO4=
Cl-
HCO3-
Diagramma ternario Cl-SO4-HCO3 per il bacino idrogeologico delle Madonie.
Simboli come in figura precedente.
Il
diagramma
triangolare,
relativo
alle
specie
anioniche,
conferma
le
differenziazioni già individuate con il diagramma di Langelier-Ludwig, di una
prevalenza di acque bicarbonatiche, ad eccezione di piano Lana e Presidiana per i
motivi che abbiamo ampiamente descritto precedentemente. Sia la mappa dei nitrati
che dello ione ammonio mostrano valori medio bassi che non superano rispettivamente 25
mg/l e 0,05mg/l.
39
Carta dei Nitrati per il bacino idrogeologico delle Madonie
Carta dell’ NH4+ per il bacino idrogeologico delle Madonie
40
Caratteristiche isotopiche del bacino idrogeologico
Le acque prelevate nel bacino idrogeologico delle Madonie hanno una posizione che si
approssima alla retta relativa alle acque meteoriche del Mar Mediterraneo (δD =8δ18O +
20) di Gat & Carmi (1970).
20
+
r2 =
= 6.
0. 3
93 δ 18
O
δD
δD
=
8δ
18
O
0
4.
92
+
22
Media ponderata delle acque meteoriche del bacino
Acqua di mare
retta delle acque di falda del bacino
Monte dei Cervo
Monte Quacella
Pizzo Carbonara-Pizzo Dipilo
Pizzo Catarineci
δD
-20
10
-40
δD
=
8
δ 18
O
+
-60
-80
-12
-10
-8
-6
-4
18
δ O
-2
0
2
Diagramma δD -δ18O ( in ‰ rispetto a SMOW) delle acque del bacino idrogeologico
Il confronto con le acque meteoriche locali mostra una certa omogeneità ad eccezione
di pochi punti ed in particolare della sorgente Presidiana che, per quanto detto
precedentemente, subisce un apporto marino che positivizza la sua composizione isotopica.
Se tralasciamo questi punti, si può risalire ad una zona di alimentazione media valutabile
oltre i 1500m slm. Il gruppo montuoso che presenta queste caratteristiche di elevazione,
oltre che una compatibilità geologico-strutturale, idrogeologica e geochimica isotopica è
costituito dalle Madonie.
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